Codice di Procedura Penale art. 723 - Poteri del Ministro della giustizia 1 2

Giovanni Diotallevi

Poteri del Ministro della giustizia  12

1. Il Ministro della giustizia provvede sulla domanda di assistenza giudiziaria di un'autorità straniera, trasmettendola per l'esecuzione all'autorità giudiziaria competente entro trenta giorni dalla ricezione della stessa, salvo quanto previsto dal comma 3.

2. Quando le convenzioni in vigore tra gli Stati membri dell'Unione europea, ovvero gli atti adottati dal Consiglio e dal Parlamento dell'Unione europea, prevedono un intervento del Ministro, questi può disporre con decreto di non dare corso alla esecuzione della domanda di assistenza giudiziaria nei casi e nei limiti stabiliti dalle convenzioni e dagli atti indicati.

3. Nei rapporti con Stati diversi da quelli membri dell'Unione europea, tale potere può essere esercitato altresì in caso di pericolo per la sovranità, la sicurezza o altri interessi essenziali dello Stato.

4. Quando un accordo internazionale prevede la trasmissione diretta della richiesta di assistenza, l'autorità giudiziaria che la riceve ne trasmette copia senza ritardo al Ministero della giustizia.

5. Il Ministro della giustizia non dà altresì corso alla rogatoria quando risulta evidente che gli atti richiesti sono espressamente vietati dalla legge o sono contrari ai principi fondamentali dell'ordinamento giuridico italiano o ancora quando vi sono fondate ragioni per ritenere che considerazioni relative alla razza, alla religione, al sesso, alla nazionalità, alla lingua, alle opinioni politiche o alle condizioni personali o sociali possano influire negativamente sullo svolgimento o sull'esito del processo e non risulta che l'imputato abbia liberamente espresso il suo consenso alla rogatoria.

6. Nei casi in cui la richiesta di assistenza ha ad oggetto la citazione di un testimone, di un perito o di un imputato davanti all'autorità giudiziaria straniera, il Ministro della giustizia ha facoltà di non dare corso alla stessa quando lo Stato richiedente non offre idonea garanzia in ordine all'immunità della persona citata. Il Ministro ha altresì facoltà di non dare corso alla richiesta di assistenza giudiziaria quando lo Stato richiedente non dà idonee garanzie di reciprocità.

7. Nei casi in cui il Ministro della giustizia esercita il potere di cui al presente articolo ne dà comunicazione alle autorità giudiziarie interessate.

[1] V. l'art. 13 l. 9 agosto 1993, n. 328, di ratifica ed esecuzione della Convenzione sul riciclaggio, la ricerca, il sequestro e la confisca dei proventi di reato, fatta a Strasburgo l'8 novembre 1990. 

Inquadramento

Un rapporto di assistenza giudiziaria può instaurarsi o in base ad una convenzione ratificata e resa esecutiva o in forza di una prassi consolidata con il paese che richiede o a cui è richiesto il compimento di un atto processuale. Al di fuori di questi casi il rapporto di assistenza può essere sempre instaurato in forza del cosiddetto principio di reciprocità non convenzionale, in base al quale la richiesta è avanzata a titolo di cortesia con la promessa implicita, derivante dalla situazione concreta e da una prassi internazionale consolidata, di regolare nello stesso modo future analoghe domande avanzate dallo Stato richiesto, anche perché nel codice per le rogatorie passive è stato ritenuto ammissibile lo stesso oggetto (comunicazioni, notificazioni ed attività di acquisizione probatoria) previsto per quelle attive (art. 727, comma 1), chiara espressione del principio di reciprocità. Per le c.d. informazioni spontanee, invece, non sarebbe applicabile la disciplina rogatoriale in quanto tali informazioni potranno essere utilizzate, nei c.d. riti a prova contratta e, nel dibattimento, troveranno ingresso ai sensi dell'art. 78 disp. att.  

Con la direttiva 2014/41 è stata introdotta nel nostro ordinamento la disciplina dell'ordine europeo di indagine penale (OEI) , entrata in vigore a partire dal 22 maggio 2017. Il d. lgs. 21 giugno 2017, n. 108, trasponendola nel nostro sistema, ha sancito la sua piena operatività all'interno dell'U.E.

 L'O.E.I. ha sostituito le rogatorie nella raccolta transnazionale delle prove nel contesto dell'Unione, incidendo sulle modalità di espletamento della rogatoria e sul limite spaziale della territorialità della giurisdizione (in dottrina De Amicis,2017, 154 e ss; Diotallevi, 2020,1056), direttamente legato al principio di sovranità. La nuova disciplina introdotta dall'art. 6, comma 1, lett. a) d.lgs. n. 149/2017 ha completamente riscritto i “Poteri del Ministro della Giustizia” in materia. In particolare, oltre a prevedere il termine di trenta giorni dalla ricezione della  richiesta per la trasmissione della stessa All'Autorità giudiziaria per l'esecuzione, è stata prevista una regolamentazione specifica per i rapporti tra gli Stati dell'Unione europea, differenziandola rispetto a quella prevista per gli stati diversi da quelli membri dell'Unione europea. Così quando le convenzioni in vigore tra gli Stati membri dell'Unione europea, ovvero gli atti adottati dal Consiglio e dal Parlamento dell'Unione europea, prevedono un intervento del Ministro, questi può disporre con decreto di non dare corso alla esecuzione della domanda di assistenza giudiziaria nei casi e nei limiti stabiliti dalle convenzioni e dagli atti indicati.

Nei rapporti con Stati diversi da quelli membri dell'Unione europea, tale potere può essere esercitato altresì in caso di pericolo per la sovranità, la sicurezza o altri interessi essenziali dello Stato La nuova disciplina ha meglio specificato le modalità di comunicazione tra Autorità giudiziaria e ministro nelle ipotesi in cui vi sia una trasmissione diretta della richiesta di assistenza tra Autorità giudiziarie. In questo caso quando un accordo internazionale prevede la trasmissione diretta della richiesta di assistenza, l'autorità giudiziaria che la riceve ne trasmette copia senza ritardo al Ministero della giustizia.  

 Ai sensi dell'art. 15, comma 4, della Convenzione europea di assistenza giudiziaria in materia penale, le domande di assistenza diverse dalla rogatoria e dalla richiesta di interrogatori e confronti ben possono essere oggetto di comunicazione diretta tra le autorità giudiziarie degli Stati contraenti; conseguentemente nessuna violazione di legge è stata ravvisabile nel mancato, preventivo inoltro della richiesta al Ministro della giustizia, come nell'ipotesi relativa alla domanda di assistenza giudiziaria avanzata dall'autorità giudiziaria spagnola direttamente a quella italiana, avente ad oggetto la richiesta di sequestro conservativo (Cass. I, n. 15996/2006). È stata ritenuta ammissibile, perché conforme alle norme convenzionali richiamate dall'art. 696, comma primo, e, in particolare, alle prassi instauratesi sulla base di dette norme, anche la trasmissione diretta della rogatoria tra autorità giudiziarie di Stati aderenti alla Convenzione europea di assistenza giudiziaria in materia penale, ancorché non facenti parte della cooperazione in ambito Schengen (nella specie, la Svizzera), al di là dei limiti fissati dall'art. 15 di tale convenzione, che, peraltro, non riguardano le richieste di indagini preliminari, tra le quali si pone la richiesta di sequestro probatorio. (Cass. VI, n. 23236/2016; Cass. I, n. 34576/2002). Più in generale le informazioni e gli atti trasmessi per autonoma determinazione dell'Autorità giudiziaria di uno Stato estero, o comunque di un organo di un'organizzazione internazionale o sovranazionale, possono essere pienamente utilizzati nel procedimento penale senza che rilevino i limiti e le condizioni afferenti all'utilizzazione degli atti assunti per rogatoria (Cass., I. n. 37250/2014, con nota Spagnoli, 2014).

La competenza facoltativa ed esclusiva del ministro della giustizia

Al ministro della giustizia è stata riservata la valutazione in ordine all'eventuale compromissione della sovranità, della sicurezza o di altri interessi essenziali dello Stato, nonché quella relativa alle garanzie fornite dallo Stato richiedente in ordine all'immunità dei testimoni o alla reciprocità, condizione questa che giustifica la previsione del rifiuto facoltativo da parte del ministro, in considerazione della natura essenzialmente politica dei suoi atti e della discrezionalità delle valutazioni che essi presuppongono.

Il Ministro della giustizia invece non da' corso alla rogatoria, ai sensi del comma 4 dell'art. 725  quando risulta evidente che gli atti richiesti sono espressamente vietati dalla legge o sono contrari ai principi fondamentali dell'ordinamento giuridico italiano o ancora quando vi sono fondate ragioni per ritenere che considerazioni relative alla razza, alla religione, al sesso, alla nazionalità, alla lingua, alle opinioni politiche o alle condizioni personali o sociali possano influire negativamente sullo svolgimento o sull'esito del processo e non risulta che l'imputato abbia liberamente espresso il suo consenso alla rogatoria.

Secondo parte della dottrina e della giurisprudenza il provvedimento ministeriale, in realtà, deve essere considerato di natura amministrativa in quanto non concerne la direzione suprema degli affari dello Stato, e pertanto soggetto alla giurisdizione amministrativa.

La competenza congiunta del ministro e dell'Autorità giudiziaria

Al doppio vaglio del ministro e dell'Autorità giudiziaria è stata invece devoluta la valutazione della richiesta quando le convenzioni in vigore tra gli Stati membri dell'Unione europea, ovvero gli atti adottati dal Consiglio e dal Parlamento dell'Unione europea, prevedono un intervento del Ministro, e questi dunque puo' disporre con decreto di non dare corso alla esecuzione della domanda di assistenza giudiziaria nei casi e nei limiti stabiliti dalle convenzioni e dagli atti indicati. Allo stesso modo nei rapporti con Stati diversi da quelli membri dell'Unione europea, tale potere può essere esercitato altresi' in caso di pericolo per la sovranita', la sicurezza o altri interessi essenziali dello Stato.

La ragione di questa regolamentazione va individuata nel fatto che nell'ipotesi di rogatoria passiva appare sicuramente rilevante l'aspetto politico derivante dal rapporto interstatuale piuttosto che il profilo giurisdizionale, mediato e soltanto eventuale (v. Calvanese, 2019,60).

Assistenza giudiziaria e reati politici

Tra i casi di rifiuto, obbligatorio o facoltativo, non è stato previsto un divieto generale di assistenza giudiziaria internazionale in materia di reati politici, perché la ratio del divieto costituzionale in tema di estradizione per reati politici non può essere estesa sino a ricomprendere le rogatorie, con le quali non si incide sulla libertà personale del soggetto. Perciò è stato previsto con l'art. 2, lett. a), della Convenzione europea di assistenza giudiziaria in materia penale, una facoltà e non un obbligo di rifiutare la rogatoria. In materia di reati politici, militari e fiscali il ministro può dunque non dare corso alla rogatoria solo se emerga un chiaro intento persecutorio, a meno che non ci sia comunque il consenso dell'imputato, nel caso in cui lo stesso intenda acquisire prove a suo discarico. Una valutazione analoga non sembra consentita alla corte d'appello, che deve negare l'esecuzione della rogatoria, in forza di quanto disposto dall'art. 724, comma 5, lett. c), il quale non contiene l'avverbio « negativamente », che figura nell'art. 723, comma 2, con riferimento alla determinazione di un'influenza negativa sul processo.

Le immunità per le persone citate per rogatoria

Il legislatore ha introdotto una disposizione relativa all'immunità delle persone citate per rogatoria secondo la quale, nei casi di rogatoria all'estero il testimone, il perito o l'imputato citato a comparire innanzi all'Autorità italiana non può essere sottoposto ad alcuna restrizione della libertà personale per fatti anteriori alla notifica. Non è prevista nessuna sanzione né altro rimedio nel caso in cui non venga rispettata dalla parte che ha richiesto la rogatoria la garanzia consacrata nella c.d. immunità.

Il principio di reciprocità

È prevista la facoltà per il ministro di non dar corso alla richiesta di collaborazione, qualora lo Stato richiedente non offra idonee garanzie di reciprocità. La garanzia non deriva da una formale dichiarazione dell'Autorità dello Stato richiedente, ma dall'esame dell'ordinamento giuridico dello Stato interessato.

La disciplina delle notifiche c.d. attive

Le notificazioni di atti processuali e di provvedimenti giudiziari di cui sono destinatari soggetti residenti, domiciliati o dimoranti all'estero devono essere ricomprese nel più ampio genus delle commissioni rogatorie. Questo tipo di rogatoria non necessita di alcuna attività istruttoria ma richiede esclusivamente la prova della ricezione del documento attraverso una apposita certificazione. Per le notificazioni dall'Italia verso lo Stato estero (c.d. notifiche attive) la disciplina dettata dagli artt. 723 ss., in base al principio generale contenuto nell'art. 696, è residuale rispetto alle Convenzioni e ai trattati bilaterali o plurilaterali esistenti. La disciplina delle notificazioni deve essere ricercata per i Paesi europei nella Convenzione del Consiglio d'Europa di assistenza giudiziaria in materia penale, dal suo protocollo addizionale e per gli Stati interessati, dalla Convenzione di applicazione dell'accordo di Schengen. Per molti paesi extra europei vengono in rilievo accordi bilaterali. Per gli Stati Uniti viene in rilievo il Trattato di mutua assistenza in materia penale, sottoscritto a Roma il 9 novembre 1982. Se l'assistenza venga richiesta per un procedimento collegato a violazione della legge in materia di sostanze stupefacenti, deve essere applicata la Convenzione delle Nazioni Unite firmata a Vienna il 20 dicembre 1988, che all'art. 7 disciplina la cooperazione giudiziaria. Nei casi in cui non possa essere applicata né la Convenzione di Vienna né altri accordi bilaterali la richiesta di notifica si baserà sul principio della cortesia internazionale con rapporto di reciprocità; l'accettazione o meno della richiesta è ovviamente lasciata alla piena discrezionalità dello Stato destinatario. La formulazione della richiesta di una notifica all'estero, ai sensi dell'art. 7 Ceag e del Trattato Italia-Stati Uniti, per limitare l'esame ai casi più frequenti, prevede la formulazione da parte dell'autorità procedente di un'autonoma richiesta di assistenza giudiziaria indirizzata alla competente Autorità giudiziaria straniera (v. artt. 14 Ceag e 3 Trattato Italia- USA) contenente l'indicazione dell'autorità da cui proviene la richiesta, l'oggetto e il motivo della domanda. Di regola la richiesta dovrà essere accompagnata dalla traduzione nella lingua dello Stato richiesto, in forza dell'art. 3, § 4, del Trattato, dell'art. 16, § 2, della Ceag e dell'art. 52 della Convenzione di applicazione dell'accordo di Schengen secondo il quale l'obbligo di traduzione è previsto « se vi è motivo di ritenere che il destinatario non comprenda la lingua nel quale l'atto è redatto ». Accordi aggiuntivi stipulati con la Repubblica federale tedesca e con quella di Austria rendono possibile l'invio di richieste di notifiche nella lingua dello Stato richiedente. In questa materia comunque appare opportuno osservare la disciplina della Cedu, la quale all'art. 6, § 3, lett. a), prevede che: « Ogni accusato ha il diritto soprattutto di essere informato, nel più breve tempo possibile, in una lingua che comprende, e in maniera dettagliata, del contenuto dell'accusa elevata contro di lui ». Il d.lgs. n. 32/2014, ha dato attuazione alla direttiva 2010/64/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 ottobre 2010, sul diritto alla interpretazione ed alla traduzione nei procedimenti penali. In Italia un decisivo impulso verso un'effettiva tutela del così detto “diritto alla comprensione” dell'imputato alloglotta nell'ambito del procedimento penale era seguito alla nuova formulazione dell'art. 111 della Costituzione.

La Corte cost. con la sentenza interpretativa di rigetto n. 10/1993, ha ritenuto l'art. 143 una “clausola generale”, volta a garantire all'imputato che non intenda la lingua italiana, di comprendere l'accusa contro di lui formulata e di seguire il compimento degli atti cui partecipa. Sono stati riconosciuti due distinti diritti: quello alla interpretazione e quello alla traduzione degli atti in favore dell'imputato che non comprenda la lingua italiana, modificando sul piano processuale, gli artt. 143 e 104 e, sul piano degli oneri relativi al servizio di assistenza linguistica, il T.U. sulle spese di giustizia.

Per il diritto alla traduzione di atti del procedimento il comma 2 dell'art. 143 dispone che, negli stessi casi di cui al comma 1, l'autorità procedente dispone la traduzione scritta “entro un termine congruo tale da consentire l'esercizio dei diritti e della facoltà della difesa, dell'informazione di garanzia, dell'informazione sul diritto di difesa, dei provvedimenti che dispongono misure cautelari personali, dell'avviso di conclusione delle indagini preliminari, dei decreti che dispongono l'udienza preliminare e la citazione a giudizio, delle sentenze e dei decreti penali di condanna”. Per quanto concerne i provvedimenti che dispongono misure cautelari, va evidenziato, che la norma fa riferimento esclusivo alle misure cautelari personali con esclusione dell'obbligo per quelle patrimoniali. La nuova disciplina normativa, vista l'esistenza di una specifica disciplina di settore, non indica espressamente, tra gli atti di cui è obbligatoria la traduzione, quelli relativi all'esecuzione del mandato di arresto europeo, o alle misure coercitive personali in tema di estradizione “ritenuti essenziali per consentire all'imputato di conoscere le accuse a suo carico”.

La citazione a comparire davanti all'autorità giudiziaria dello Stato richiedente rivolto ad un teste o a un perito non può contenere la previsione di sanzioni in caso di mancata ottemperanza, in ossequio all'uso internazionale che lascia liberi questi soggetti processuali di non recarsi nel paese richiedente, in ragione del limite della sovranità territoriale. Il Trattato Italia-Usa esclude espressamente la possibilità del ricorso all'accompagnamento coattivo, pur rinviando alle altre sanzioni previste dal diritto interno dello Stato richiesto per la mancata comparizione dei testi. In base all'art. 52 della Convenzione di applicazione dell'accordo di Schengen le notifiche di atti processuali o provvedimenti giudiziari sono possibili per via postale, salvo i casi in cui l'indirizzo del destinatario sia sconosciuto ovvero lo Stato richiedente esiga la notifica « a mani » dell'interessato. In questi ultimi casi si ricorre all'Autorità giudiziaria territorialmente competente o, sempre tramite Interpol, all'Autorità giudiziaria (v. art. 15, §§ 4 e 5 della Ceag).

Il ricorso alla notifica per via postale dell'invito ad eleggere domicilio è ammissibile esclusivamente per i paesi dell'area Schengen, con esclusione così degli altri paesi europei. In questi casi la notifica dovrà essere effettuata attraverso la trasmissione degli atti ai rispettivi Ministeri della Giustizia. Negli altri casi o la materia è disciplinata da specifici accordi o verrà applicata la disciplina di cui all'art. 727. 

Bibliografia

Calvanese, La “nuova” assistenza giudiziaria: le rogatorie dall’estero e per l’estero, in AA.VV., La nuova cooperazione giudiziaria penale. Dalle modifiche al codice di procedura penale allʼordine europeo di indagine, a cura di M.R. Marchetti e E. Selvaggi, Padova, 2019, 60 ss.; De Amicis, in Cooperazione giudiziaria penale, a cura di Marandola, Milano, 154 e ss.; Diotallevi, Sub art. 723, in Codice di procedura penale. Rassegna di giurisprudenza e dottrina, diretta da Lattanzi-Lupo, Milano, 2020, V, 1055; Giovene, voce Rogatoria, in Dig. d. pen., Torino, 2000, 574;

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