Codice di Procedura Penale art. 727 - Trasmissione di rogatorie ad autorità straniere 1 .

Giovanni Diotallevi

Trasmissione di rogatorie ad autorità straniere 1.

1. Le richieste di assistenza giudiziaria per comunicazioni, notificazioni e per attività di acquisizione probatoria sono trasmesse al Ministro della giustizia il quale provvede all'inoltro all'autorità estera entro trenta giorni dalla ricezione. Il Ministro comunica senza ritardo all'autorità giudiziaria richiedente la data di ricezione della domanda.

2. Quando le convenzioni in vigore tra gli Stati membri dell'Unione europea, ovvero le disposizioni del diritto dell'Unione europea, prevedono l'intervento del Ministro della giustizia, questi può disporre con decreto che non si dia corso all'inoltro della richiesta di assistenza giudiziaria nei casi e nei limiti stabiliti dalle convenzioni e dagli atti indicati. Nei rapporti con Stati diversi da quelli membri dell'Unione europea, tale potere può essere esercitato, oltre a quanto previsto dalle convenzioni, in caso di pericolo per la sovranità, la sicurezza o altri interessi essenziali dello Stato.

3. Il Ministro della giustizia comunica tempestivamente all'autorità richiedente l'avvenuto inoltro, ovvero il decreto di cui al comma 2.

4. Quando la richiesta di assistenza giudiziaria non è stata inoltrata dal Ministro della giustizia entro trenta giorni dalla ricezione e non sia stato emesso il decreto previsto dal comma 2, l'autorità giudiziaria può provvedere all'inoltro diretto all'agente diplomatico o consolare italiano, informandone il Ministro.

5. Nei casi urgenti, l'autorità giudiziaria provvede all'inoltro diretto a norma del comma 4 dopo che copia della richiesta di assistenza è stata ricevuta dal Ministro della giustizia. Resta salva l'applicazione della disposizione del comma 2 sino al momento della trasmissione della domanda, da parte dell'agente diplomatico o consolare, all'autorità straniera.

6. Quando un accordo internazionale prevede la trasmissione diretta della richiesta di assistenza giudiziaria, l'autorità giudiziaria ne trasmette copia senza ritardo al Ministro della giustizia.

 

7. Quando, nei rapporti di assistenza giudiziaria con Stati diversi da quelli membri dell'Unione europea, le convenzioni internazionali prevedono la trasmissione diretta delle domande di assistenza, l'autorità giudiziaria provvede alla trasmissione diretta decorsi dieci giorni dalla ricezione della copia della stessa da parte del Ministro della giustizia. Entro il termine indicato, il Ministro della giustizia può esercitare il potere di cui al comma 2.

8. In ogni caso, copia delle richieste di assistenza giudiziaria formulate nell'ambito di procedimenti relativi ai delitti di cui agli articoli 51, commi 3-bis e 3-quater, e 371-bis, comma 4-bis, è trasmessa senza ritardo al procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo2.

9. Quando, a norma di accordi internazionali, la richiesta di assistenza giudiziaria può essere eseguita secondo quanto previsto dall'ordinamento giuridico dello Stato, l'autorità giudiziaria indica all'autorità dello Stato estero le modalità e le forme stabilite dalla legge ai fini dell'utilizzabilità degli atti richiesti.

[2]  Comma modificato dall'art.2-bis, comma 3, lett. d), d.l. 10 agosto 2023, n. 105, conv., con modif., in l. 9 ottobre 2023, n. 137 che ha sostituito le parole: «agli articoli  51, commi 3-bis e 3-quater, e 371-bis, comma 4-bis» alle parole: «all'articolo  51,  commi 3-bis e 3-quater».

Inquadramento

 Con l'espressione rogatorie attive vengono definite quelle richieste che l'Autorità giudiziaria italiana formula all'Autorità giudiziaria di un altro Stato « per comunicazioni, notificazioni e per attività di acquisizione probatoria », in ogni fase del procedimento, sia esso ordinario o speciale, di cognizione o di esecuzione, principale o incidentale, ovvero, ancora, nel corso di un giudizio di prevenzione, con l'unico limite che l'atto richiesto non consista nell'esecuzione di una misura restrittiva della libertà personale. Tale forma di cooperazione giudiziaria è necessaria per eseguire all'estero un atto processuale non eseguibile in Italia, e per acquisire gli atti di un procedimento penale svoltosi all'estero, e quindi l'acquisizione delle prove già formate o precostituite, fermo restando la disciplina relativa all'immissione degli esiti delle prove acquisite su specifica richiesta all'autorità straniera ovvero autonomamente da questa, per fini propri dell'ordinamento interno. Il superamento dei limiti posti a garanzia dalle convenzioni internazionali da parte dello Stato richiesto rileva solo sul piano dei rapporti interstatuali e non determina il sorgere di diritti soggettivi in capo ai singoli da far valere all'interno dei singoli ordinamenti (Cass. II, n. 20131/2003); così la Corte ha rigettato la doglianza del ricorrente volta a far rilevare l'invalidità, per violazione del principio della doppia incriminabilità previsto dalla normativa pattizia, del sequestro preventivo eseguito a mezzo di rogatoria dall'autorità giudiziaria dello Stato estero, anche perchè in tema di rogatoria internazionale, trovano applicazione le norme processuali dello Stato in cui l'atto viene compiuto, con l'unico limite che la prova non può essere acquisita in contrasto con i principi fondamentali dell'ordinamento giuridico italiano, e dunque con il diritto di difesa, il cui concreto esercizio deve considerarsi correttamente garantito anche quando l'atto venga formato con la sola assistenza del difensore, senza la presenza dell'imputato (Cass. VI, n. 44488/2010); è inutilizzabile, dunque, ai fini del giudizio ordinario, il verbale di esame testimoniale assunto a seguito di rogatoria all'estero quando l'atto istruttorio non sia stato preceduto dall'avviso di svolgimento della prova all'autorità rogante italiana che ne abbia fatto richiesta o, comunque, quando il difensore dell'imputato non sia stato posto in condizione di assistervi(Cass.,  I, n. 38598/2021); l'atto istruttorio assunto all'estero è utilizzabile quando si contesti la mera inosservanza delle regole dettate dal codice di rito dello Stato italiano richiedente come l'omesso preavviso della facoltà di non rispondere alle domande ex art. 64, comma 3, lett. b) ma non l'assenza nell'ordinamento dello Stato richiesto di una normativa a tutela delle garanzie difensive, (Cass. VI, n. 43534/2012); è stata dichiarata manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 727, in relazione agli artt. 24 e 111 Cost., nella parte in cui non prevede la diretta partecipazione dell'imputato alla rogatoria non trattandosi di un principio costituzionalmente garantito, ed essendo il diritto di difesa assicurato dall'assistenza del difensore (Cass. VI, n. 44488/2010). Non devono essere confuse le norme che regolano l'acquisizione della prova con quelle che ne disciplinano la sua utilizzazione. In questa ultima ipotesi lo Stato potrà eventualmente rinunciare all'utilizzazione delle prove acquisite, una volta valutate in relazione al proprio ordinamento e accertata la loro contrarietà alle leggi interne o a quelle riguardanti l'ordine pubblico (tra le quali possono essere ricomprese quelle concernenti il diritto di difesa).

Peraltro con la nuova disciplina introdotta dal d.lgs. n. 52 del 2017è stata prevista anche la possibilità di effettuare l'audizione e di partecipare all'udienza con il sistema della videoconferenza e della teleconferenza con il limite che essa non debba porsi in contrasto con i principi fondamentali dell'ordinamento e con il previo consenso del soggetto interessato, anche nelle rogatorie passive. E' stata equiparata la disciplina delle rogatorie a distanza con la previsione concernente le rogatorie attive previste dall'art. 205-ter disp. att. c.p.p., introdotto dall'art. 16 l. n. 367/2001 nel rispetto dei principi affermati dalla sentenza della Corte cost.  n. 379/1995, applicabili anche alla disciplina delle rogatorie in fase di indagini preliminari secondo la quale non possono essere ritenute violate le garanzie difensive previste dagli artt. 253 ss., e 113 ss. disp. att., perché il diritto di difesa può subire da parte del legislatore, restrizioni ed adattamenti, consigliati dalla peculiarità delle diverse situazioni processuali, allorché si vogliano salvaguardare altri interessi ragionevolmente ritenuti meritevoli di tutela (Cass. I, 4 giugno 1997, Finocchi). Così è stato ritenuto legittimo l'inserimento nel fascicolo del dibattimento, ai sensi dell'art. 431, lett. c) e d), di atti istruttori pervenuti dall'estero, ove siano irripetibili. Sono state  ritenute sempre utilizzabili nei confronti del coindagato le dichiarazioni rese dal concorrente nel medesimo reato nel corso dell'interrogatorio assunto all'estero per rogatoria, ancorché lo stesso, in conformità a quanto previsto dalla legge dello Stato richiesto, non sia stato preventivamente avvisato dell'utilizzabilità anche nei suoi confronti delle medesime dichiarazioni, atteso che l'art. 64, comma 3, lett. a), non è norma inderogabile di ordine pubblico (Cass. VI, n. 34412/2010). È stato altresì ritenuto legittimo il provvedimento di sequestro preventivo disposto anteriormente all'attivazione di una rogatoria internazionale, in riferimento a beni esistenti all'estero, dovendosi distinguere il momento decisorio della misura, rientrante nella competenza dell'autorità giudiziaria interna secondo la normativa nazionale, da quello esecutivo, su cui il controllo è di esclusiva competenza dell'autorità straniera secondo la sua legislazione) (Cass. III, n. 49437/2009), mentre la lettura in dibattimento delle dichiarazioni rese nel corso delle indagini preliminari dalla persona offesa residente all'estero non comparsa può essere disposta soltanto qualora venga dimostrata l'assoluta impossibilità di procedere all'esame dibattimentale della stessa anche ricorrendo ad una rogatoria internazionale. Le eventuali difficoltà logistiche che l'esperimento della rogatoria comporterebbe non sono di per sé ragioni sufficienti a legittimare il ricorso alla lettura (Cass. II, n. 5101/2010, con nota di Iacobacci, 476). Al contrario, invece, è stato affermato che al fine del ripristino della misura coercitiva della custodia cautelare, divenuta inefficace per motivi formali, il giudice non è tenuto ad avvalersi dell'istituto della rogatoria per eseguire l'interrogatorio dell'indagato libero, che si trovi all'estero nell'ipotesi in cui l'indagato, dopo la scarcerazione era ritornato in patria e non si era presentato all'udienza per rendere l'interrogatorio ex art. 302, c. 1 c.p.p. (Cass. VI, n. 21298/2009). Le informazioni relative ad atti compiuti dalla polizia straniera non assunte per rogatoria, ma direttamente acquisite dalla polizia giudiziaria italiana nell'ambito di un rapporto di collaborazione transnazionale con la polizia che ha operato, non sono equiparabili ad un'informazione acquisita da informatori privati o da fonte confidenziale e ai fini della loro utilizzabilità, non trova applicazione l'art. 203 (Cass. VI, n. 12387/2017).

L'autorità rogante, che nella domanda di assistenza giudiziaria non abbia indicato specifiche formalità per il compimento dell'atto istruttorio richiesto , non può compiere alcun vaglio circa la legittimità delle modalità di acquisizione esperite dall'autorità straniera, tanto più ove l'atto di indagine sia stato compiuto in precedenza, nel corso di investigazioni da quest'ultima autonomamente avviate, in quanto vige la presunzione di legittimità dell'attività svolta in forza del principio di reciproca fiducia, fermo restando che l'atto, una volta introdotto nel procedimento penale italiano, soggiace a tutte le regole sostanziali e processuali quanto alla sua valutazione e alla possibilità, da parte dell'imputato, di esercitare le prerogative difensive (Cass., III, n. 1396/2022). Non sono affette da inutilizzabilità cosiddetta patologica e sono pertanto utilizzabili dal giudice italiano con il consenso delle parti le informative redatte dalla polizia estera e da questa consegnate direttamente ad autorità di polizia italiane, al di fuori di procedure formali di rogatoria, attesa l'assenza di divieti di legge e la conformità di tale prassi alla consuetudine internazionale (Cass., II, n. 11032/2020).

Oggetto delle rogatorie attive

  La domanda di assistenza rivolta allo Stato estero è una serie articolata di attività mirate alle necessità del procedimento o del processo. In relazione ai soggetti legittimati ad avanzare la richiesta di rogatoria, il giudice ed il magistrato del pubblico ministero, il complesso delle attività esperibili deve essere ritenuto riferibile anche ad atti propri della fase delle indagini preliminari e non solo a quelli della fase propriamente processuale; un aspetto problematico riguarda la legittimazione del procuratore nazionale antimafia a richiedere lo svolgimento di indagini finalizzate alla ricerca di beni che si trovano all'estero e che possono divenire oggetto di un'eventuale richiesta di sequestro o confisca (in dottrina Melillo, 2003, 313).

 Possono costituire oggetto di rogatoria tutti i mezzi di prova (esami di testimoni, esame delle parti, confronti, ricognizioni, esperimenti giudiziali, perizie, acquisizioni di documenti) ed i mezzi di ricerca della prova (ispezioni, perquisizioni, sequestri, intercettazioni di conversazioni e comunicazioni), la trasmissione di corpi di reato e di prove documentali nonché tutte quelle prove che, pur non essendo disciplinate dalla legge, siano idonee, conformemente al disposto dell'art. 189, ad assicurare l'accertamento dei fatti e non pregiudichino la libertà morale della persona. Si applicano le norme processuali dello Stato in cui l'atto viene compiuto, con l'unico limite che la prova non può essere acquisita in contrasto con i principi fondamentali dell'ordinamento giuridico italiano e dunque con il diritto di difesa (Cass., II, n. 2173/2017 ; Cass., II, n. 33258/2021).

 L'attività di comunicazione, di notificazione o di acquisizione probatoria prevista nella rogatoria può incontrare un limite intrinseco ed oggettivo nella possibilità giuridica di esecuzione della rogatoria, in relazione ai poteri di fatto riconosciuti all'Autorità giudiziaria nello Stato richiesto.

Costituisce principio di diritto internazionale universalmente riconosciuto che le rogatorie vanno eseguite secondo la legge dello Stato richiesto (Cass., II, 3 dicembre 1990, Inzaghi). Non possono costituire oggetto di rogatoria le richieste di informazioni sui precedenti penali dell'imputato, perché consistenti in meri atti amministrativi, né gli atti processuali che incidono sulla libertà personale dell'imputato o dell'indagato, essendo questi ultimi propri di un procedimento di estradizione. Peraltro nel caso in cui l'autorità giudiziaria estera consenta alla trasmissione diretta all'autorità giudiziaria italiana della relativa documentazione (e le rispettive autorità centrali di governo nulla osservino al riguardo) si perfeziona una pattuizione fra le Parti interessate idonea a derogare alla normale disciplina di cui all'art. 15 della Convenzione Europea di assistenza giudiziaria, atteso che in materia il Ministero svolge un'attività di semplice trasmissione della documentazione all'autorità giudiziaria rogante (Cass., VI, n. 36852/2004).

L’ordine europeo di indagine penale (O.E.I.)

Con la  direttiva 2014/41 è stata introdotta nel nostro ordinamento la disciplina dell'ordine europeo di indagine penale (OEI) , entrata in vigore a partire dal 22 maggio 2017. Il d.lgs. n. 108/2017, trasponendola nel nostro sistema, ha sancito la piena operatività della stessa all'interno dell'U.E.

L'OEI ha sostituito le rogatorie  nella raccolta transnazionale delle prove nel contesto dell'Unione, sostituendo per quanto di ragione la Convenzione di assistenza giudiziaria del 1959, la convenzione di applicazione dell'accordo di Schengen del 1990, la convenzione relativa all'assistenza giudiziaria del 2000, e la decisione-quadro 2003/577 sul sequestro probatorio (così l'art. 34 della direttiva).

 Le rogatorie restano in vigore nei rapporti fra l'Italia e gli Stati dell'Unione che non hanno aderito alla direttiva (ossia la Danimarca e l'Irlanda), e nei rapporti fra l'Italia e gli Stati che non appartengono all'Unione, come l'Islanda. la Norvegia e dopo la Brexit anche il Regno Unito (v. in dottrina  Camaldo, 2017).

La linea ispiratrice del nuovo strumento è quella della cooperazione orizzontale. L'OEI è trasmesso direttamente dall'autorità giudiziaria di emissione a quella di esecuzione. I controlli governativi sono opzionali. L'autorità di esecuzione non è tenuta ad attuare immediatamente l'OEI, ma deve sottoporlo ad una serie di controlli, che possono condurre a rinviarne o, addirittura, a rifiutarne l'esecuzione. Nella Relazione di accompagnamento è previsto che l'OEI possa essere emesso “alle condizioni stabilite dalla legge italiana, così scongiurando ogni pericolo che si vogliano aggirare” “limiti o vincoli posti dal diritto interno”, anche perché se i requisiti di ammissibilità previsti dalla legge italiana non fossero rispettati, i risultati degli atti istruttori compiuti potrebbero essere dichiarati inutilizzabili.

L'art. 10 § 1-b della direttiva prevede che se l'OEI concerne un atto “coercitivo”, cioè che possa interferire con i diritti fondamentali (v. il considerando n. 16), è necessario che quest'ultimo sia “disponibile in un caso interno analogo”, con la conseguenza che è necessaria la presenza dei requisiti di ammissibilità della prova previsti dalla lex loci. (v. anche l'art. 23 commi 1 e 2 con riferimento alle intercettazioni richieste dalle autorità straniere da svolgere con l'assistenza dell'autorità italiana).

L'art. 14 § 2 della direttiva prevede altresì la possibilità di contestare le “ragioni di merito dell'emissione dell'OEI” tramite un'impugnazione da proporre nello Stato di emissione. Nel decreto attuativo l'art. 28 ha trasfuso tale possibilità nella facoltà di contestare il sequestro disposto con l'OEI attraverso il riesame ex art. 324.  Così è stato formalizzato l'indirizzo giurisprudenziale (v. Cass.   S.U.,   n. 21420/2003)  ai sensi del quale il sequestro disposto all'estero presupporrebbe un provvedimento implicito di sequestro interno.

Per ciò che concerne le regole nazionali che disciplinano le modalità di raccolta delle prove, come la partecipazione del difensore alle perquisizioni, oppure all'adozione della tecnica dell'esame incrociato nell'assunzione delle prove dichiarative, la disciplina applicabile va individuata nell'art. 9 § 2 della direttiva, riportata nei suoi contenuti  nell'art. 4 comma 2 e art. 5 comma 3 del decreto, ove è previsto che l'autorità di esecuzione si atterrà alle “formalità” e alle “procedure” indicate dall'autorità di emissione, salvo che queste ultime siano in conflitto con i “principi fondamentali” del diritto dello Stato di esecuzione.

Alle prove acquisite con l'OEI sono applicabili le regole previste dall'art. 431 c.p.p. in rapporto alle prove acquisite con le rogatorie: sono pertanto utilizzabili i documenti e i verbali degli atti non ripetibili, nonché i verbali degli atti ripetibili rispetto ai quali “i difensori sono stati posti in grado di assistere e di esercitare le facoltà loro consentite dalla legge italiana”. Analoga previsione è contenuta nell'art. 36 del decreto, che, estende alle prove acquisite con l'OEI la prescrizione dell'art. 512-bis (in dottrina, Diotallevi ).

La rogatoria e l'attività di intercettazione telefonica e ambientale

Non è necessario esperire una rogatoria internazionale allorquando l'attività di captazione e di registrazione del flusso comunicativo avvenga in Italia e tanto sia nel caso di utenza mobile italiana in uso all'estero sia nel caso di utenza mobile straniera in uso in Italia, richiedendosi il ricorso alla rogatoria solo nell'ipotesi in cui l'attività captativa sia diretta a percepire contenuti di comunicazioni o conversazioni transitanti unicamente su territorio straniero (Cass. IV, n. 9161/2015; Cass. III, n. 25833/2016) e captate solo da un gestore straniero. È stata così ritenuta legittima l'intercettazione di attività di messaggistica cd. PIN to PIN effettuata in Italia tra persone in possesso di apparecchi Blacberry, mediante immissione dei dati, trasmessi dalla società con sede in Italia, direttamente sulla memoria centralizzata installata nei locali della Procura della Repubblica (Cass. III, n. 10788/2016); è stato precisato che l'acquisizione della messaggistica, scambiata mediante sistema Blackberry , non necessita di rogatoria internazionale quando le comunicazioni sono avvenute in Italia, a nulla rilevando che per “decriptare” i dati identificativi associati ai codici PIN sia necessario ricorrere alla collaborazione del produttore del sistema operativo avente sede all'estero. (Cass. IV, n. 16670/2016; Cass. IV, n. 40903/2016). Rientra nella giurisdizione italiana, e può dunque essere legittimamente autorizzata, la captazione di comunicazioni telefoniche che si svolgano attraverso utenze estere tra interlocutori che si trovino al di fuori del territorio dello Stato, allorquando il flusso comunicativo transiti comunque nel territorio italiano per il tramite del segmento della rete telefonica ivi presente (Cass. III, n. 24305/2017).

Nel caso in cui le relative operazioni riguardino un'utenza telefonica mobile, non rileva, al fine della individuazione della giurisdizione competente, il luogo dove sia in uso il relativo apparecchio, bensì esclusivamente la nazionalità dell'utenza, essendo tali apparecchi soggetti alla regolamentazione tecnica e giuridica dello Stato cui appartiene l'ente gestore del servizio. Ne consegue che non è necessario esperire una rogatoria internazionale, se le operazioni di intercettazione di un'utenza mobile nazionale in uso all'estero possono essere svolte interamente nel territorio dello Stato (Cass. IV, n. 35229/2005). È stato poi precisato, a prescindere dalla telefonia mobile, che non comporta violazione delle norme sulle rogatorie internazionali l'intercettazione di telefonate in partenza dall'Italia e dirette all'estero, in quanto tutta l'attività di intercettazione, ricezione e registrazione delle telefonate viene compiuta interamente sul territorio italiano, senza, tra l'altro, che sia necessario ricorrere alla tecnica dell'istradamento, cioè il convogliamento delle chiamate in partenza dall'estero in un «nodo» posto in Italia, in quanto la captazione ha ad oggetto una comunicazione che non solo transita, ma ha origine sul territorio nazionale, per cui il contatto con un'utenza straniera è del tutto occasionale e non prevedibile (Cass. VI, n. 10051/2008). Nel caso di intercettazioni compiute da autorità di polizia straniera e da questa trasmesse di propria iniziativa all'Autorità italiana senza apposizioni di condizioni di utilizzabilità, possono essere validamente acquisite al fascicolo del P.M., ai sensi dell'art. 78, comma 2, disp. att., trattandosi di atti non ripetibili compiuti da polizia straniera (Cass. II, n. 11032/2020). Nell'ipotesi di intercettazione di comunicazioni tra presenti eseguita a bordo di una autovettura attraverso una microspia installata nel territorio nazionale, dove si svolge altresì l'attività di captazione, non è richiesta l'attivazione di una rogatoria per il fatto che il suddetto veicolo si sposti anche in territorio straniero ed ivi si svolgano alcune delle conversazioni intercettate (Cass. II, n. 51034/2016). Il ricorso alla procedura del cosiddetto istradamento, convogliamento delle chiamate partenti da una certa zona all'estero in un «nodo» posto in Italia, non comporta la violazione delle norme sulle rogatorie internazionali, in quanto in tal modo tutta l'attività di intercettazione, ricezione e registrazione delle telefonate, viene compiuta completamente sul territorio italiano (Cass. I, n. 13972/2009; Cass. VI, n. 7634/2015). L'intercettazione ambientale a mezzo “captatore informatico” installato in Italia su telefono collegato ad un gestore nazionale, non richiede l'attivazione di una rogatoria internazionale per il solo fatto che le conversazioni siano eseguite in parte all'estero, e temporaneamente registrate tramite wifi locale, a causa dello spostamento dell'apparecchio sul quale è inoculato il “malware”, atteso che la captazione ha avuto origine e si è comunque realizzata in Italia, attraverso le centrali di ricezione presso la procura della Repubblica (Cass. II, n. 29362/2020).

In dottrina Trogu, 583; De Martis, 1352.

L'utilizzazione degli atti trasmessi dalle autorità giudiziarie straniere non è condizionata all'accertamento, da parte del giudice italiano, della regolarità degli atti compiuti dall'autorità straniera, vigendo una presunzione di legittimità dell'attività svolta e spettando al giudice straniero la verifica della correttezza della procedura, bensì alla compatibilità del diritto straniero, sulla base del quale l'atto sia compiuto, con i principi inderogabili dell'ordinamento interno, e spetta a chi eccepisca il difetto di compatibilità l'onere della prova, in particolare se paese membro dell'UE (Cass. IV, n. 19216/2020)

In tema di rapporti giurisdizionali con autorità straniere, le informazioni e gli atti trasmessi autonomamente dall'Autorità giudiziaria di uno Stato estero sono utilizzabili nel procedimento penale, non essendo, in tali casi, applicabile in via estensiva o analogica la disciplina speciale prevista dall'art. 729, comma 1, c.p.p. per le rogatorie dall'estero. (intercettazioni ambientali eseguite all'estero e spontaneamente ed autonomamente offerte dall'autorità giudiziaria olandese a quella italiana) (Cass. I, n. 354/2023).

Le condizioni internazionali di ammissibilità della rogatoria

L'obbligo convenzionalmente stabilito di prestarsi reciprocamente assistenza giudiziaria può estendersi in via generale a tutti i reati di diritto comune o può essere limitato, in via specifica, a singoli, determinati reati. Le convenzioni internazionali possono stabilire ulteriori regole, riguardanti l'oggetto possibile di una rogatoria, che si pongono quindi come condizioni internazionali di ammissibilità della rogatoria come per il riferimento ai limiti e principi sorti in tema di estradizione quale la facoltà di sottoporre l'esecuzione delle rogatorie, aventi per scopo perquisizioni o sequestri di cose, alle condizioni di doppia punibilità, estradabilità, compatibilità dell'atto istruttorio con la legge dello Stato richiesto, prevedendo, inoltre, la possibilità di applicare, qualora venga apposta riserva, il principio di reciprocità. Deve ritenersi comunque acquisito il principio in base al quale, in tema di rogatoria internazionale, trovano applicazione le norme processuali dello Stato in cui l'atto viene compiuto, con l'unico limite che la prova non può essere acquisita in contrasto con i principi fondamentali dell'ordinamento giuridico italiano e dunque con il diritto di difesa (Cass. II, n. 217/2016). La Ceag esclude dal suo campo di applicazione i reati militari e prevede la facoltà di rifiutare l'assistenza in ordine ai reati considerati dallo Stato richiesto come reati politici o connessi a reati politici, e per i reati fiscali. Il Trattato con gli Stati Uniti d'America implicitamente ammette l'assistenza per i reati fiscali, prevedendo la possibilità di rifiutarla esclusivamente per i reati di carattere militare e per quelli considerati di carattere politico dallo Stato richiesto. L'assistenza giudiziaria dello Stato richiesto può essere negata, qualora l'esecuzione della rogatoria possa essere pregiudizievole per la sovranità, la sicurezza, l'ordine pubblico o altri interessi essenziali dello Stato medesimo. Ulteriori limiti all'esecuzione delle rogatorie sono stati apposti con riferimento alla concorrente giurisdizione dello Stato richiesto sul fatto in ordine al quale dovrebbe essere prestata l'assistenza giudiziaria, e all'incompatibilità dell'azione o procedura cui si riferisce la domanda con il principio del ne bis in idem. Sui rapporti tra Italia e la Svizzera dopo la stipula del Trattato bilaterale ratificato dall'Italia con la l. n. 367/2001 la necessità di una preventiva autorizzazione dello Stato rogato è stata limitata alla sola ipotesi di ritrasmissione delle informazioni ad uno Stato terzo, per procedure relative a fatti « fiscali », con eccezione della c.d. truffa fiscale, per reati politici o militari, nulla prevedendo l'Accordo per le altre ipotesi. Per altro l'art. 4 della l. n. 367/2001, prevede invece un sistematico interpello delle Autorità svizzere in tutti i casi di utilizzazione indiretta delle informazioni, pur non essendo previsto alcun obbligo, al di là della specifica previsione del comma 3 del Trattato.

L'art. 4, richiamando l'art. 729, che vincola l'Autorità giudiziaria al rispetto delle condizioni poste dallo Stato estero all'utilizzabilità degli atti richiesti, non sembra impedire all'Autorità giudiziaria italiana l'utilizzazione, sebbene non espressamente autorizzata dalla Svizzera secondo i passaggi procedurali sopra descritti, di quelle notizie che in forza del trattato stesso sono già utilizzabili (Calvanese, 35 ss.). Sempre per quanto riguarda l'Accordo stipulato con le Autorità elvetiche deve sottolinearsi che la condizione della doppia punibilità per perseguire il reato di truffa fiscale opera esclusivamente nel caso di applicazione delle misure coercitive, e comunque appare sufficiente la circostanza che il fatto rappresentato dalle autorità svizzere sia punito come qualsiasi reato nel nostro ordinamento. La nuova disciplina processuale dunque non prevede, per l'ammissibilità di una rogatoria attiva, limiti di carattere generale legati a particolari tipi di reato, oppure alla natura delittuosa o contravvenzionale dell'ipotesi criminosa, o all'osservanza della regola della previsione bilaterale del fatto; non vi è neppure la previsione della contestuale pendenza di una procedura di estradizione e la collaborazione non viene limitata ai soli casi di estradabilità del reato che ha dato origine alla rogatoria medesima.

La domanda di assistenza giudiziaria per l'adozione all'estero di un provvedimento di sequestro. I rimedi

Ove lo Stato richiesto ecceda, nella concessione dell'assistenza, i limiti imposti a propria garanzia dalle convenzioni internazionali, nessuna nullità può essere eccepita da parte del soggetto interessato avanti all'autorità giudiziaria italiana in ordine all'atto eseguito all'estero, poiché i limiti posti a garanzia degli Stati riguardano esclusivamente i rapporti interstatali e, in mancanza di una esplicita previsione, non possono far sorgere diritti soggettivi in capo ai singoli all'interno dei rispettivi ordinamenti (Cass. II, n. 20131/2003) come nel caso in cui lo Stato richiesto trasmetta anche atti per i quali pendeva giudizio di opposizione presso l'Autorità giudiziaria di quel Paese (Cass. VI, 13 agosto 1996, Pacifico). In ordine alla richiesta di riesame proposta dinanzi all'autorità giudiziaria italiana avverso la domanda di assistenza giudiziaria per l'adozione all'estero di un provvedimento di sequestro probatorio, è stato ritenuto che anche una richiesta di assistenza giudiziaria all'estero per l'esecuzione di un sequestro probatorio, in quanto presuppone un provvedimento, sia pure solo implicito, dell'autorità giudiziaria italiana, è impugnabile mediante istanza di riesame dinanzi a quest'ultima, unica competente a valutare la sussistenza delle condizioni legittimanti l'adozione e il mantenimento della misura, salvi gli eventuali ulteriori rimedi esperibili secondo le regole stabilite dall'ordinamento dello Stato richiesto dell'assistenza. La peculiarità del procedimento per l'esecuzione di un sequestro probatorio all'estero rispetto a quello nello Stato è quella di creare sull'oggetto un doppio vincolo di indisponibilità operante per un verso sul territorio dello Stato richiesto e per l'altro sul territorio dello Stato richiedente, con la conseguenza quindi che entrambe le autorità interessate devono adottare un proprio, autonomo provvedimento, dal quale poi dipende l'indisponibilità del bene sequestrato sui rispettivi territori. Da ciò consegue la possibilità di una impugnazione anche separata delle due decisioni: così per ciò che attiene alla delibazione sull'ammissibilità della prova desumibile dalla cosa da sequestrare e alla preliminare imposizione di quel vincolo di indisponibilità che condiziona il successivo provvedimento coercitivo e il conseguente ulteriore vincolo imposto dallo Stato richiesto, che competono solo al giudice dello Stato richiedente, ben possono essere esperiti i rimedi previsti dal nostro ordinamento, tra i quali quello previsto dall'art. 257 (Cass. S.U., n. 21420/2003, con note di Primicerio, 2996; Calvanese, 3894; Diotallevi, 3900; Cass. V, n. 23112/2004). È stato poi ritenuto legittimo il provvedimento di sequestro preventivo di relazioni bancarie presso banche estere disposto senza l'attivazione di una rogatoria internazionale, in riferimento a beni esistenti all'estero, dovendosi distinguere il momento decisorio della misura, che rientra nella competenza dell'autorità giudiziaria interna, secondo la normativa nazionale, da quello esecutivo, su cui il controllo è di esclusiva competenza dell'autorità straniera, secondo la sua legislazione (Cass. II, n. 1573/2006; Cass. III, n. 49437/2009 relativo ad un sito web registrato all'estero ). E' stata ritenuta legittima l'acquisizione all'estero da parte della polizia italiana di documentazione in collaborazione con le autorità locali, secondo modalità prescindenti dall'espletamento di rogatorie internazionali, in una fase antecedente l'accertamento della notitia criminis, nella quale non trovano ancora spazio le garanzie di cui agli artt. 727 ss. (Cass. III, n. 41534/2002). È stato pure ritenuta possibile l'esecuzione, mediante rogatoria internazionale, anche del provvedimento di sequestro conservativo, a nulla rilevando che l'art. 727, comma 1, si limiti a riconoscere l'ammissibilità del ricorso a tale procedura solo per comunicazioni, notificazioni e altri atti di acquisizione probatoria, in quanto l'art. 3 della Ceag prevede l'obbligo, per la parte richiesta, di far eseguire, nelle forme previste dalla sua legislazione, le rogatorie concernenti il compimento di atti di istruzione, si applica anche al sequestro in esame che deve farsi rientrare tra tali atti (Cass. VI, n. 40807/2004).

Segue. La possibilità di interrogatorio dell'indagato

È stata risolta positivamente la questione relativa all'ammissibilità di una rogatoria avente per oggetto l'interrogatorio dell'indagato, qualora con esso si formuli una contestazione non fatta in precedenza, stante comunque la sua natura di atto complesso, che assolve a funzioni difensive e investigative, anche se non avrebbe solo natura di acquisizione probatoria, ma, con la contestazione dell'accusa, sarebbe anche un atto di sovranità, cui conseguirebbe il potere-dovere dello Stato assistente di procedere lui stesso. Dovrà, in ogni caso, valutarsi la circostanza relativa alla contemporanea presenza o meno di una procedura di estradizione. Qualora questa procedura non sia stata iniziata, alla contestazione dell'accusa soccorrerebbe, per l'ordinamento italiano, un invito a comparire ex art. 375 o uno dei provvedimenti restrittivi della libertà personale ai sensi degli artt. 281 ss. notificati rispettivamente, ai sensi degli artt. 169, 159, 160, 296; se invece l'interrogatorio viene eseguito in pendenza di una procedura di estradizione, l'atto esplica, oltre le funzioni sopra indicate, anche quelle previste dall'art. 294, in quanto i fatti relativi all'accusa sono già stati portati a conoscenza dell'indagato.

La partecipazione a distanza per l'imputato detenuto all'estero, e l'audizione a distanza per testimoni e periti

L'art. 205-ter disp. att., introdotto dall'art. 16 l. n. 367/2001, ha disciplinato l'utilizzazione dell'esame a distanza anche nella commissione rogatoria. La nuova disciplina ha introdotto i due nuovi istituti della partecipazione al processo dell'imputato attraverso la videoconferenza e l'audizione, con lo stesso mezzo, del testimone e del perito. Precondizione per l'applicabilità di tale istituto nei confronti dell'imputato è la sua impossibilità di trasferimento nel territorio italiano. È necessario che vi sia il consenso dell'imputato e che tale istituto sia previsto da accordi internazionali. In un caso in cui si contestava il ricorso alla videoconferenza internazionale In applicazione del Trattato di assistenza Italia-Usa è stata affermata la legittimità dell'uso di un siffatto mezzo processuale, ritenendo irrilevante la circostanza dell'assenza di un riferimento esplicito ad esso nella convenzione bilaterale, in quanto, da un lato la videoconferenza rientra nelle altre forme di assistenza, se compatibili con la legislazione dello Stato richiesto, di cui all'art. 1 § 2 del trattato medesimo, e, dall'altro, la condizione di legittimità del suo espletamento, prevista dall'art. 205-ter, comma 1, disp. att. e consistente nella sua previsione in accordi internazionali, non comporta la necessità di una previa disposizione pattizia generale, ma è soddisfatta dall'esistenza di un apposito e specifico accordo ad hoc, ricavabile anche per facta concludentia (Cass. S.U., n. 45276/2003, con  nota di  Pisani, 93,2004). In base alla nuova disciplina il mancato consenso all'utilizzazione della videoconferenza, non rimane una scelta priva di conseguenze per l'imputato, in quanto il suo stato di detenzione non può essere più considerato un legittimo impedimento ai sensi dell'art. 420-ter; da tale condizione non deriva più quindi la necessità di differire il dibattimento. A carico dello Stato estero grava l'obbligo di assicurare l'assistenza difensiva all'imputato, e che il difensore possa svolgere in maniera adeguata il suo ministero, anche attraverso la possibilità di avere colloqui riservati con il suo assistito.

Per quanto riguarda i testimoni e i periti la loro audizione deve svolgersi secondo i canoni stabiliti dagli accordi internazionali. In assenza si applica la disciplina introdotta dall'art. 147-bis disp. att. per quanto concerne l'esame a distanza. Sull'orientamento della dottrina di intendere la locuzione « luogo in cui viene assunto l'atto » non in senso formale (cioè l'Italia, paese che ha richiesto la videoconferenza) ma sostanziale (luogo fisico dell'assunzione, cioè lo Stato estero) nel senso di luogo dove si trova l'imputato si veda Bordieri, 1122; Piattoli, 1431). L'art. 17 della l. n. 367/2001 ha introdotto nel codice penale il nuovo art. 384-bis in base al quale potranno essere perseguiti i reati di rifiuto di atti legalmente dovuti, la simulazione di reato, l'autocalunnia, la calunnia, le false informazioni al pubblico ministero, la falsa perizia o interpretazione compiuti in occasione del collegamento audiovisivo realizzato per l'espletamento della rogatoria; tali fatti dovranno essere considerati commessi nel territorio dello Stato italiano e pertanto saranno perseguiti in base alle leggi del nostro ordinamento.

V. anche sub artt. 726-quinquies e 726-sexies c.p.p. per le rogatorie passive.

I soggetti legittimati all'inoltro della rogatoria attiva

La legittimazione attiva, in relazione a questo tipo di rogatoria, è riconosciuta ai giudici ed ai magistrati del pubblico ministero. La dizione comprende sia l'organo requirente, che nella fase procedimentale potrà richiedere una commissione rogatoria per un'attività di acquisizione probatoria in senso lato, comprendente cioè anche l'attività d'indagine funzionale allo svolgimento del ruolo dell'accusa (Cass. I, 25 settembre 1997, Dentice), che il giudice per le indagini preliminari investito della richiesta di incidente probatorio, oltre che il giudice dell'udienza preliminare che il giudice del dibattimento. L'Italia in sede di ratifica della Convenzione europea di assistenza giudiziaria ha precisato che tra le Autorità competenti ai fini della detta convenzione vanno ricomprese anche la Corte costituzionale e le Commissioni parlamentari d'inchiesta. Rimangono invece escluse le parti private e, quindi, il difensore avrà unicamente la possibilità di sollecitare il giudice e il P.m. a richiedere l'inoltro della rogatoria utilizzando, a seconda delle fasi processuali, gli strumenti all'uopo predisposti dal codice, come per esempio, gli artt. 367,392,422,493,507 in quanto, anche con riferimento alla legge sulle indagini difensive l. n. 397/2000, la previsione contenuta nella l. n. 367/2001, non consente di usare tale strumento se l'oggetto di una prova orale riguardi una rogatoria.  Con il d.lgs. n. 149/2017 sono state recepite le previsioni di cui alla Convenzione sull'assistenza giudiziaria del 29 maggio 2000 con riferimento alle modalità di trasmissione delle rogatorie attive e al potere di blocco del ministro.

Le modalità di trasmissione delle rogatorie attive

Il nuovo art. 727 c.p.p., come riformulato dall'art. 7, comma 1, lettera del  decreto legislativo n. 149/2017 recepisce integralmente le previsioni di cui alla Convenzione sull'assistenza giudiziaria firmata dai Paesi membri dell'Unione europea il 29 maggio 2000, e con la firma successiva del Protocollo per l'assistenza giudiziaria penale riguardante le indagini bancarie attraverso l'inserimento del termine di trenta giorni dalla sua ricezione  entro i quali il Ministro della giustizia deve trasmettere all'Autorità rogante la richiesta a lui trasmessa da parte dell'Autorità giudiziaria. Il Ministro deve comunicare senza ritardo all'autorità giudiziaria richiedente la data di ricezione della domanda ovvero l'avvenuto inoltro della stessa. Allo stesso modo deve essere comunicato all'Autorità richiedente il decreto adottato dal Ministro nel caso in cui non abbia dato corso all'inoltro della richiesta di assistenza giudiziaria nei casi e nei limiti stabiliti dalle convenzioni e dagli atti indicati. Nei rapporti con Stati diversi da quelli membri dell'Unione europea, tale potere puo' essere esercitato, oltre a quanto previsto dalle convenzioni, in caso di pericolo per la sovranità, la sicurezza o altri interessi essenziali dello Stato. Quando la richiesta di assistenza giudiziaria non e' stata inoltrata dal Ministro della giustizia entro trenta giorni dalla ricezione e non sia stato emesso il decreto previsto dal comma 2, l'autorità giudiziaria può provvedere all'inoltro diretto all'agente diplomatico o consolare italiano, informandone lo stesso Ministro.

Il potere di blocco del ministro

Il Ministro della giustizia può disporre con decreto che non si dia corso all’inoltro della richiesta di assistenza giudiziaria nei casi e nei limiti stabiliti dalle convenzioni e dagli atti indicati. Nei rapporti con Stati diversi da quelli membri dell’Unione europea, tale potere può essere esercitato, oltre a quanto previsto dalle convenzioni, in caso di pericolo per la sovranità, la sicurezza o altri interessi essenziali dello Stato.

Il decreto con il quale il ministro blocca la richiesta di rogatoria sebbene abbia una sicura valenza politica, cui corrisponde una necessaria assunzione di responsabilità sotto tale profilo da parte dell’organo governativo, tuttavia, non può essere qualificato come atto politico; tale iniziativa, infatti, non sarebbe l’espressione della potestà costituzionale di governo, ma evidenzierebbe, nella fattispecie concreta, il comportamento dell’organo politico, senza proporre ed attuare finalità che non siano già state espresse in modo generico ( v. T.a.r. Emilia-Romagna, 7 ottobre 1976, n. 530; Cass. S.U., n. 515/1952). D’altro canto, anche l’atto con il quale il ministro concede l’estradizione, è stato ritenuto atto amministrativo e non politico, e, quindi, come tale, assoggettabile a ricorso di fronte al giudice amministrativo, senza che questi, però, possa prendere in esame questioni già dedotte o comunque deducibili dinanzi al giudice ordinario (Cons. St., 11 maggio 1966, n. 344; T.a.r. Lazio, 31 marzo 1992, n. 465). Nel caso di esercizio del potere di blocco da parte del ministro i soggetti legittimati ad adire il giudice amministrativo sono l’imputato e le altre parti del processo

La scansione temporale delle modalità d'inoltro della rogatoria all'estero

Il meccanismo procedurale che regola i rapporti tra l'Autorità giudiziaria ed il ministro della giustizia in ordine ai tempi entro i quali il ministro deve comunicare all'Autorità giudiziaria le decisioni adottate, e cioè l'avvenuto inoltro della rogatoria o l'emissione del decreto di blocco, è previsto dal combinato disposto dell'art. 727 c.p.p. e dell'art. 204 disp. att. Pertanto, il ministro dopo che ha comunicato « senza ritardo » all'Autorità giudiziaria la data della ricezione della richiesta, sempre « senza ritardo », e comunque entro cinque giorni successivi al proprio atto, deve comunicare la data in cui è stata inoltrata la rogatoria all'estero oppure è stato emesso il decreto di blocco. L'Autorità giudiziaria deve comunque attendere trenta giorni per l'adozione dei provvedimenti di sua competenza. Tali termini hanno carattere ordinatorio e non perentorio e l'inosservanza degli stessi da parte dell'Autorità giudiziaria, non costituisce causa d'invalidità della rogatoria compiuta, in relazione agli effetti derivanti in via generale dall'inosservanza delle disposizioni sulle modalità di trasmissione delle rogatorie.

Le vie di trasmissione della richiesta di rogatoria

Sulla base di quanto previsto dall'art. 727 e della disciplina contenuta nelle disposizioni convenzionali, si possono individuare almeno cinque vie di trasmissione per una richiesta di rogatoria:

1) via diplomatica: la richiesta di rogatoria viene trasmessa dal ministro della giustizia al ministro degli esteri per il successivo inoltro alle Autorità diplomatiche italiane all'estero e, da queste, alle relative Autorità consolari, le quali stabiliscono relazioni dirette con le Autorità giudiziarie territorialmente competenti;

2) trasmissione diretta da parte dell'Autorità giudiziaria italiana all'Autorità diplomatica o consolare italiana all'estero, in situazioni di particolare urgenza;

3) diretta corrispondenza fra Autorità giudiziarie: in genere tale modalità è prevista dalle convenzioni internazionali nei casi di particolare urgenza o qualora tra gli Stati vi sia una rilevante omogeneità tra gli ordinamenti giuridici; è prevista la trasmissione diretta tra le Autorità giudiziarie dall'art. 53 Convenzione di applicazione dell'Accordo di Schengen come anche tra Paesi non aderenti alla Convenzione di Schengen per la prassi instauratasi sulla Convezione europea di assistenza giudiziaria (v. Cass. I, n. 34576/2002; Cass. VI, n. 36852/2004). Tali situazioni adesso trovano analitica previsione nei commi 4, 5, 6, 7 del novellato art. 727, in cui è stato espressamente previsto che, quando la richiesta di assistenza giudiziaria non è stata inoltrata dal Ministro della giustizia entro trenta giorni dalla ricezione e non sia stato emesso il decreto previsto dal comma 2, con l'esercizio del potere di blocco, l'autorità giudiziaria può provvedere all'inoltro diretto all'agente diplomatico o consolare italiano, informandone il Ministro. Nei casi urgenti, l'autorità giudiziaria provvede all'inoltro diretto a norma del comma 4 dopo che copia della richiesta di assistenza è stata ricevuta dal Ministro della giustizia. Resta salva l'applicazione del potere di blocco previsto dal comma 2 sino al momento della trasmissione della domanda, da parte dell'agente diplomatico o consolare, all'autorità straniera. Quando un accordo internazionale prevede la trasmissione diretta della richiesta di assistenza giudiziaria, l'autorità giudiziaria ne trasmette copia senza ritardo al Ministro della giustizia. Infine, quando, nei rapporti di assistenza giudiziaria con Stati diversi da quelli membri dell'Unione europea, le convenzioni internazionali prevedono la trasmissione diretta delle domande di assistenza, l'autorità giudiziaria provvede alla trasmissione diretta decorsi dieci giorni dalla ricezione della copia della stessa da parte del Ministro della giustizia. Entro tale termine, il Ministro della giustizia può esercitare il potere di cui al comma 2. La trasmissione diretta è prevista anche tra Paesi non aderenti alla Convenzione di Schengen per la prassi instauratasi sulla Convezione europea di assistenza giudiziaria, (Cass. IV, n. 8588/2008) (nella specie, la Svizzera), al di là dei limiti fissati dall'art. 15 di tale Convenzione, che, peraltro, non riguardano le richieste di indagini preliminari, tra le quali si pone la richiesta di sequestro probatorio (Cass., VI, n. 23236/2016).

4) diretta corrispondenza tra i ministri della giustizia: allo stesso modo della via diplomatica, ha natura intergovernativa e può essere adottata per semplificare il sistema di trasmissione per via diplomatica ai sensi dell'art. 15 della Ceag;

5) sistema misto: in questo caso le modalità di trasmissione si compongono variamente secondo i sistemi sopra enunciati.

La rogatoria internazionale posta in essere senza la perfetta osservanza delle prescrizioni formali richieste dalle convenzioni internazionali potrà essere utilizzata in Italia, quale valida fonte probatoria, sempre che non siano stati travalicati i limiti espressamente enunciati nell'art. 31 delle preleggi e che non sussista nell'ordinamento alcuna preclusione alla sua utilizzazione (Cass. III, 9 marzo 1983, Busolo).

La lingua della rogatoria

Il problema della lingua in cui devono essere redatte le richieste di rogatoria, nonché gli atti ed i documenti allegati, in genere trova soluzione nelle disposizioni convenzionali. La Ceag stabilisce all'art. 16, n. 1, l'uso della lingua del paese richiedente, salva la facoltà, per gli Stati contraenti, di richiedere la traduzione nella propria lingua, in base all'art. 16, n. 2. Qualora manchino precise disposizioni, le richieste dell'Autorità giudiziaria italiana al ministro della giustizia vanno formulate in lingua italiana; ed è compito del ministero provvedere alla traduzione; secondo altra parte della dottrina per le rogatorie all'estero, quando prevista, la traduzione deve essere effettuata dall'Autorità giudiziaria richiedente, ai sensi dell'art. 143.

La cooperazione per la gestione comune del procedimento: la c.d. «concelebrazione» delle rogatorie

Per i casi di « concelebrazione » delle rogatorie, dell'acquisizione probatoria diretta in territorio straniero e delle rogatorie consolari la regolamentazione di tali attività va individuata sulla base delle norme convenzionali e dei principi generali dell'ordinamento giuridico e processuale. Con l'espressione « concelebrazione » della rogatoria viene indicato il caso in cui l'Autorità giudiziaria italiana presenzi in territorio straniero ad un atto istruttorio compiuto per rogatoria dalle Autorità locali. Se vi è una convenzione tra gli Stati, oppure se lo Stato richiesto lo consente, non vi è alcuna norma che vieti all'Autorità giudiziaria italiana di presenziare all'espletamento della rogatoria. La partecipazione dell'Autorità giudiziaria italiana va vista esclusivamente in funzione della futura rilevanza e valutazione della prova. Sotto questo profilo, la facoltà per il giudice italiano di assistere all'esecuzione della rogatoria attiva, in base all'art. 4 della Ceag, è rimessa al consenso dell'Autorità giudiziaria richiesta e non si concreta in un obbligo per il giudice stesso di assistervi (Cass. I, 21 febbraio 1983, Von Arb). Sono state così ritenute utilizzabili ai fini della decisione le prove dichiarative assunte all'estero in fase dibattimentale mediante rogatoria internazionale in assenza del pubblico ministero italiano, in quanto l'art. 4 della Ceag prevede come facoltativa la partecipazione delle parti, sempre che lo Stato estero vi consenta, ed è l'autorità straniera che raccoglie la prova nelle forme prescritte dalla lex loci (Cass. I, n. 26302/2004). La partecipazione del giudice italiano all'esecuzione di atti richiesti con rogatoria, c.d. rogatoria concelebrata, non costituisce esercizio all'estero del potere giurisdizionale, in quanto l'espletamento della prova viene comunque mediato dal giudice straniero nel rispetto della lex loci. Il risultato della rogatoria viene acquisito agli atti del procedimento solo in un momento successivo avanti all'autorità giudiziaria italiana nel corso del dibattimento, e non rilevano le disposizioni prescritte, a pena di nullità ex art. 178, lett. a), relative alle condizioni di capacità del giudice e alla costituzione dei collegi (Cass. VI, 24 ottobre 2001, Modeo). È consolidato comunque l'orientamento secondo il quale l'art. 727 non impedisce che, con il consenso delle autorità dello Stato straniero, le prove siano raccolte direttamente dall'autorità giudiziaria italiana. Di conseguenza, l'esame all'estero di testi ivi residenti, disposto nella fase dibattimentale ed eseguito direttamente dal giudice italiano, non configura, in senso tecnico-giuridico, per il principio di sovranità territoriale, un'udienza dibattimentale tenuta fuori dal territorio nazionale, né uno strumento non regolamentato di acquisizione della prova, diverso dalla rogatoria internazionale, ma una rogatoria eseguita con particolari modalità consentite dallo Stato straniero. La prova non può essere acquisita in contrasto con i principi fondamentali ed inderogabili dell'ordinamento italiano e, quindi, con l'inviolabile diritto di difesa; le concrete modalità di assistenza difensiva sono regolate dalla legge dello Stato in cui viene compiuto l'atto. Quindi per l'espletamento di tale rogatoria non è prevista la presenza dell'imputato, che non rientra tra gli ineludibili principi di ordine pubblico (Cass. V, 14 ottobre 1996, Colecchia, con nota di Diotallevi, 915; Cass. VI, 13 luglio 1999, Pafumi, con nota di Pierini, 3108). La lettura dei verbali delle dichiarazioni rese da persona residente all'estero postula l'avvenuta citazione, nelle forme prescritte dalla legge ex art. 727, del dichiarante, senza possibilità di forme sostitutive adottate dal singolo ufficio giudiziario ed asseritamente dovute a difficoltà organizzative dell'ufficio medesimo (Cass. II, n. 41260/2006, con nota di Romano, 2007, 476,). Sulla compatibilità della procedura con i principi dell'ordinamento italiano si vedano le S.U., che in tema di applicazione della CEAG, hanno ritenuto valida la prova testimoniale assunta nel procedimento avanti al giudice straniero senza la presenza, pur richiesta, del giudice italiano (Cass., S.U. n. 15208/2010, Mills,  con nota di Ferrari, 3024).

Gli atti diretti di giurisdizione all'estero

I trattati e le convenzioni internazionali tendono a creare spazi territoriali comuni fra Stati diversi, per il compimento di atti diretti di giurisdizione all'estero e, in particolare, per l'esercizio, nei singoli Stati, della giustizia penale. La Convenzione dell'Unione Europea in tema di assistenza, abrogando l'art. 53 della Convenzione applicativa dell'accordo di Schengen, e ha introdotto un sistema di assistenza orientato alla massima speditezza secondo il modulo, coerente con l'obiettivo di uno spazio unico europeo dal punto di vista giuridico, del dialogo diretto con l'Autorità giudiziaria che deve eseguire l'atto d'indagine o probatorio. La rogatoria internazionale è lo strumento normale ma non esclusivo della collaborazione tra gli Stati per l'assunzione all'estero della prova penale, sicché nulla impedisce agli organi giudiziari italiani e, in genere, all'Autorità italiana, di compiere direttamente atti di acquisizione probatoria nel territorio di altro Stato nel rispetto, naturalmente, delle regole riguardanti i rapporti tra gli Stati e della disciplina processuale degli atti compiuti (v. sin da Cass. VI, 26 novembre 1987, Ammaturo; Cass. III, 24 aprile 1985, Ortolani). Tuttavia, poiché non esistono nel diritto internazionale norme consuetudinarie che possano obbligare gli Stati, al di fuori dei patti liberamente sottoscritti e nei limiti in essi specificati, a prestarsi reciproca assistenza giudiziaria, l'acquisizione probatoria diretta in territorio straniero da parte dell'Autorità giudiziaria italiana, senza il supporto dello specifico accordo internazionale, o senza l'esplicito consenso dello Stato estero, sarebbe inficiata da nullità assoluta ai sensi del combinato disposto degli artt. 179 e 178, comma 1, lett. a), per carenza di potere giurisdizionale; infatti l'art. 10, comma 1, Cost. prevede un meccanismo di adattamento automatico del diritto interno al diritto internazionale generale, secondo cui « l'ordinamento giuridico italiano si conforma alle norme di diritto internazionale generalmente riconosciute », e il compimento di attività di assunzione diretta di atti all'estero può essere considerato ammissibile, sul piano del diritto internazionale, soltanto se viene correlato ad una norma internazionale particolare, inserita in un trattato di cui è parte anche l'Italia, o alla verifica dell'esistenza del consenso dello Stato territoriale nel caso concreto (Cass. I, 14 gennaio 1982, Musbach). Per le modalità di partecipazione, vale la regola della reciprocità, ed entro tali limiti, può essere richiesta all'altro Stato il rispetto della prassi maturata in precedenza in suo favore.

La c.d. « rogatoria consolare »

Come « rogatorie consolari » vanno individuati quegli atti compiuti dall’Autorità consolare italiana all’estero, nell’ambito della propria sfera territoriale di attribuzioni, su delega dell’Autorità giudiziaria italiana. Il sistema è disciplinato dalla Convenzione di Vienna del 24 aprile 1964 e dal d.lgs. 3 febbraio 2011, n. 71 (che ha abrogato il d.P.R. 5 gennaio 1967, n. 200) il quale ha disciplinato nel capo V, le funzioni in materia di controversie, di polizia giudiziaria e di assistenza giudiziaria. È stata attribuita all’autorità consolare la funzione di amichevole composizione di controversie ed arbitrato sorte fra cittadini o fra questi e non cittadini. Se il tentativo riesce e le parti ne fanno richiesta, viene redatto il processo verbale dell’avvenuta conciliazione, che ha efficacia di scrittura privata riconosciuta in giudizio; l’ufficio consolare provvede, direttamente o tramite le autorità locali, in conformità alle disposizioni in materia di cooperazione giudiziaria dell’Unione europea, alle convenzioni internazionali ed alle leggi dello Stato di residenza, alla notificazione degli atti ad esso rimessi a norma delle vigenti disposizioni e compie gli atti istruttori ad esso delegati dalle autorità nazionali competenti; riceve le dichiarazioni, anche giurate, da chiunque rese, da far valere in giudizi nazionali; le istanze di gratuito patrocinio relative a giudizi nazionali; le istanze di procedimento o le querele e la loro remissione; gli atti di impugnativa avverso provvedimenti emessi da autorità nazionali. Il Capo dell’ufficio consolare svolge altresì funzioni di polizia giudiziaria e informa direttamente le competenti autorità giudiziarie nazionali di tutte le ipotesi di reato giunte a sua conoscenza e suscettibili di interessare la giustizia italiana e provvede, d’iniziativa o su istruzioni, ai possibili accertamenti. Cura che sia assicurata dalle autorità locali la custodia delle persone delle quali sia richiesta l’estradizione e, se del caso, di quelle ad essa consegnate dai comandanti di navi mercantili e di aeromobili civili italiani, per reati commessi a bordo. Le norme relative ai doveri ed alle prerogative dell’autorità giudiziaria si applicano ai funzionari consolari quando questi esercitano funzioni attribuite in Italia alla magistratura. Danno esecuzione alle rogatorie consolari. Quando la legislazione nazionale prevede la presenza ad atti istruttori di consulenti o difensori, l’appartenenza a tali categorie professionali può essere accertata anche in base alle leggi locali. La prassi internazionale ha evidenziato un atteggiamento di sfavore degli Stati stranieri a che le autorità consolari operanti sul loro territorio esercitino funzioni giurisdizionali (v. art. 20, comma 1, lett. g), della Convenzione consolare tra Italia e Gran Bretagna e l’art. 5 della Convenzione di Vienna sulle relazioni consolari del 1963, nei quali non è conferito direttamente in modo concreto il potere di compiere attività di acquisizione probatoria all’Autorità consolare, bensì è previsto, potenzialmente, in via astratta, un potere di compimento di atti, con il consenso dello Stato straniero).Così sarebbe rispettato il principio generale sulla sovranità territoriale, cui si collega l’art. 10, comma 1, della Costituzione, dal quale discende la scelta di non delegare l’esercizio di attività giurisdizionale ai consoli italiani in paesi nei quali convenzioni internazionali o usi locali non ne consentano lo svolgimento.

Le spese

Nell’ambito delle norme che disciplinano l’esecuzione delle rogatorie non vi è alcuna disposizione specifica che disciplini il tema delle spese che vanno ricomprese tra quelle di giustizia, anticipate in genere dallo Stato, ma poi a carico del condannato, trovando regolamentazione negli artt. 535, 541, 542, 592, 616, 637, 691, 693, 189-191 e 181 disp. att. La CEAG prevede all’art. 20 che, salve le spese da rimborsare alla persona comparsa innanzi all’Autorità giudiziaria richiedente, tutte le altre spese sono a carico dello Stato richiesto. Lo Stato richiedente deve invece provvedere al pagamento delle spese dovute per l’intervento di periti nel territorio della parte richiesta e per il trasferimento dei detenuti effettuato ai sensi dell’art. 11 della stessa Convenzione.

Bibliografia

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