Codice di Procedura Penale art. 742 - Poteri del Ministro della giustizia e presupposti dell'esecuzione all'estero 1 .Poteri del Ministro della giustizia e presupposti dell'esecuzione all'estero 1. 1. Nei casi previsti da accordi internazionali o dall'articolo 709, comma 2, il Ministro della giustizia, anche su domanda del pubblico ministero competente, chiede l'esecuzione all'estero delle sentenze penali ovvero vi acconsente quando essa è richiesta dallo Stato estero , sempre che non contrasti con i princìpi fondamentali dell'ordinamento giuridico dello Stato2. 2. L'esecuzione all'estero di una sentenza penale di condanna [533] a pena restrittiva della libertà personale [18 c.p.; 656] può essere domandata o concessa solo se il condannato, reso edotto delle conseguenze, ha liberamente dichiarato di acconsentirvi e l'esecuzione nello Stato estero è idonea a favorire il suo reinserimento sociale. 3. L'esecuzione all'estero di una sentenza penale di condanna a pena restrittiva della libertà personale è ammissibile, anche se non ricorrono le condizioni previste dal comma 2, quando il condannato si trova nel territorio dello Stato richiesto e l'estradizione è stata negata o non è comunque possibile.
[1] Le parole «Ministro della giustizia» sono state sostituite alle parole «ministro di grazia e giustizia» dall'art. 9, comma 1, lett. a), n. 1, d.lgs. 3 ottobre 2017, n. 149. Già precedentemente ai sensi del d.lgs. 30 luglio 1999, n. 300, come da ultimo modificato dal d.l. 18 maggio 2006, n. 181, conv., con modif., in l. 17 luglio 2006, n. 233, la denominazione «Ministro di grazia e giustizia» era da intendersi « Ministro della giustizia» . [2] Le parole «il Ministro della giustizia, anche su domanda del pubblico ministero competente, chiede» sono state sostituite alle parole «il ministro di grazia e giustizia domanda», e le parole «, sempre che non contrasti con i princìpi fondamentali dell'ordinamento giuridico dello Stato» sono state aggiunte dall'art. 9, comma 1, lett. a), n. 1, d.lgs. 3 ottobre 2017, n. 149. Già precedentemente ai sensi del d.lgs. 30 luglio 1999, n. 300, come da ultimo modificato dal d.l. 18 maggio 2006, n. 181, conv., con modif., in l. 17 luglio 2006, n. 233, la denominazione «Ministro di grazia e giustizia» era da intendersi « Ministro della giustizia» . InquadramentoLe norme che vanno dall'art. 742 all'art. 746 rispondono all'esigenza di identificare l'assistenza giudiziaria in materia penale con la cooperazione giudiziaria nel sistema penale. Il metodo della cooperazione per assistenza giudiziaria è stato affiancato dal metodo della cooperazione per gestione comune del procedimento, comprensivo degli istituti della trasmissione dell'azione punitiva penale e amministrativa ad uno Stato estero, con contestuale assunzione da parte dello Stato estero del procedimento, nonché della delega ad uno Stato estero dell'esecuzione della pena principale inflitta con decisione definitiva, con l'assunzione, da parte di quest'ultimo Stato, dell'esecuzione ove necessario previo riconoscimento, del giudicato straniero (Diotallevi, 807). La riforma che ha interessato il Libro XI, attuata con la legge delega n. 149/2016 e il d.lgs. n. 149/2017, introducendo una serie di adattamenti alla disciplina codicistica per renderla omogenea con la procedura di cooperazione semplificata, ha realizzato una linea di demarcazione più definita concernente i rapporti tra i Paesi dell'UE e quelli con le Autorità degli Stati terzi. Si è accentuata l’attuazione del principio del mutuo riconoscimento delle sentenze e delle altre decisioni giudiziarie nei rapporti con gli altri Stati membri dell'Unione europea (art. 4, comma 1 lett. f, l. n. 149/2016). Il d.lgs. n. 149/2017 ha mantenuto in capo al Ministro della giustizia il potere di vigilare sull'osservanza delle condizioni eventualmente poste per l'esecuzione dello stato estero della sentenza della quale è stato chiesto il riconoscimento (v. anche sub art. 742-bis ). La prospettiva dei diritti fondamentali della persona con il d.lgs. n.149/2017,ha ricevuto un chiaro riconoscimento proprio in forza del principio del mutuo riconoscimento, in quanto l'art. 696-ter ha previsto che l'A.G. provvede al riconoscimento e all'esecuzione se non sussistono fondate ragioni per ritenere che l'imputato o il condannato verrà sottoposto a trattamenti che integrano una grave violazione dei diritti fondamentali (in dottrina, v. Piattoli Girard,295 ss.; Diotallevi, 1152 e ss). I presupposti dell'esecuzione all'esteroL'esecuzione all'estero delle sentenze penali può avere finalità coincidenti con gli interessi del condannato, quando stia espiando la pena in Italia. Per rispettare i contatti socio-culturali lo Stato interessato può richiedere allo Stato di residenza o di origine, di eseguire la condanna per cui, all'inizio, era stata richiesta l'estradizione. La valutazione della scelta tra le alternative da parte del Ministro, farà riferimento alle esigenze del condannato, ma anche a considerazioni di ordine politico relative alla natura del reato, all'allarme sociale suscitato, alla funzione della pena come mezzo di prevenzione del reato. Così in tema di esecuzione all'estero di sentenze di condanna a pena restrittiva della libertà personale, non è stata disposta l'esecuzione in Albania della condanna inflitta in Italia quando il residuo di pena da espiare sia stato convertito nella misura alternativa dell'espulsione dal territorio dello Stato ai sensi dell'art. 16, comma 5, del d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286. (L'art. 3 dell'Accordo stipulato tra la Repubblica Italiana e la Repubblica di Albania il 24 aprile 2002, ratificato con legge 11 luglio 2003, n. 204, aggiuntivo alla Convenzione di Strasburgo del 21 marzo 1983 sul trasferimento delle persone condannate, lì dove prevede che possa prescindersi dal consenso del soggetto quando la condanna comporti una misura di espulsione dallo Stato di condanna, o il riaccompagnamento alla frontiera, si riferisce alle ipotesi in cui la misura di allontanamento sia successiva alla scarcerazione e si aggiunga alla condanna, non invece a quella in cui costituisca sanzione sostitutiva di quella detentiva)(Cass., VI, n. 42056/2021). Il potere di iniziativa del ministro della giustiziaIl ministro della giustizia ha il potere di richiedere l'esecuzione all'estero oppure di acconsentirvi, qualora gli Accordi o le Convenzioni internazionali attribuiscano l'iniziativa in tal senso ad uno Stato diverso da quello di condanna. L'art. 9, comma 1, lett. a), n. 2 d.lgs. n. 149/2017, ha attribuito anche al P.M. competente la possibilità di chiedere l'esecuzione all'estero della sentenza sempre che non contrasti con i principi fondamentali dell'ordinamento giuridico dello Stato. Sulla domanda di esecuzione all'estero di una sentenza a pena restrittiva della libertà, alla corte d'appello compete non solo accertare la sussistenza delle condizioni che rendono legittimo il trasferimento all'estero del condannato, ma verificare l'esistenza dello stesso presupposto su cui l'istituto dell'esecuzione all'estero si fonda, cioè la possibilità, materiale e giuridica, che la pena inflitta da una sentenza di condanna italiana abbia esecuzione nello Stato estero richiesto, con la conseguenza che, se al momento della deliberazione prevista dall'art. 743 la pena inflitta non risulti eseguibile all'estero, legittimamente l'autorità giudiziaria adotta una deliberazione sfavorevole (Cass. VI, n. 47887/2004). Perta nto l 'esecuzione di una sentenza di condanna a pena detentiva in uno Stato (nella specie, l'Albania) con il quale vige la Convenzione di Strasburgo sul trasferimento delle persone condannate, non è ammessa in mancanza del preliminare accertamento, ad opera della Corte d'Appello nel cui distretto sia stata pronunciata la condanna, del rispetto delle condizioni che rendono legittimo il trasferimento ai sensi dell'art. 3 della Convenzione medesima (Cass. I, n. 57806/2017). La posizione giuridica del condannatoIl condannato deve investire della richiesta il ministro della giustizia. Il provvedimento negativo o il silenzio-rifiuto del ministro può essere impugnato davanti al giudice amministrativo. La richiesta dell'interessato di poter scontare in Italia la pena irrogata nello Stato estero, costituisce solo un mero presupposto sulla cui base il Ministro della Giustizia è legittimato a formulare la domanda di trasferimento, la cui accettazione da parte dello Stato destinatario determina la formazione dell'accordo (Cass. VI, n. 48961/2016). La Corte Edu, in casi attinenti il trasferimento di persone condannate per l'esecuzione della pena, ha per la prima volta riconosciuto una violazione del diritto dei ricorrenti ad un fair hearing previsto dall'art. 6, § 1, Cedu rispetto all'impossibilità di far valere dinanzi ad un tribunale indipendente le rispettive pretese ad un trasferimento in regime di «conversione della pena» anziché in quello, che avrebbe avuto conseguenze ben più gravose, di «continuazione della pena» (Corte Edu, 1 aprile 2010, Buijen c. Germania, e Corte Edu,1 aprile 2010, Smith c. Germania; in dottrina v. Pierini, 3606). La facoltà di revoca del ministro della giustiziaIl ministro può revocare la propria richiesta, formulata ex art. 743 all'Autorità giudiziaria italiana, anche dopo l'emissione del provvedimento favorevole della Corte d'appello, sino a quando non sia stata accolta dallo Stato estero; ovvero all'Autorità straniera, nel caso previsto dall'art. 742, almeno sino a quando questa non abbia deciso l'insussistenza, anche sopravvenuta, dei presupposti necessari. L'esercizio da parte del ministro del potere è comunque condizionato dalle convenzioni internazionali ove fissino in modo tassativo i requisiti per il suo esercizio; in caso contrario le previsioni delle convenzioni internazionali potranno essere integrate con quelle norme della disciplina codicistica, sempre che non contrastino con le previsioni pattizie. Le condizioni per l'esercizio del potere sono: a) l'esistenza di una decisione penale italiana divenuta irrevocabile; b) il consenso del condannato all'esecuzione della sentenza nel territorio di altro Stato; c) il diniego o l'impossibilità di ottenere l'estradizione; d) l'idoneità dell'esecuzione a favorire il reinserimento sociale del condannato; e) l'inesistenza dei limiti indicati dall'art. 744, nonché le condizioni eventualmente poste ai sensi dell'art. 742 bis. Il consenso del condannatoIl consenso del condannato è sempre richiesto salvo il caso in cui il condannato si trovi nel territorio dello Stato richiesto dell'estradizione e la stessa sia stata negata o non sia comunque possibile. Il consenso ha lo scopo di evitare che l'esecuzione all'estero si trasformi, di fatto, in un istituto analogo all'espulsione e che non venga meno il fine della risocializzazione del soggetto condannato. Il consenso presuppone la consapevolezza nel condannato della sua possibile consegna ad uno Stato estero, dell'esecuzione della pena secondo la legge dello Stato straniero, con le conseguenti modifiche della sanzione; dell'inapplicabilità della disciplina italiana, nonché di tutte le altre conseguenze eventualmente previste dalle convenzioni internazionali, ed in particolare della possibilità della non applicazione del principio di specialità, e della regolamentazione dell'eventuale modifica del titolo esecutivo a causa della revisione del processo o della concessione dell'indulto e dell'amnistia, condizioni perché ai sensi dell'art. 205 disp. att. il consenso espresso non possa essere revocato. La richiesta del condannato di trasferimento dell'esecuzione della pena ai sensi della Convenzione di Strasburgo, diversamente dal consenso alla consegna per l'esecuzione della pena in uno Stato estero, può essere revocata sino alla deliberazione della Corte d'appello. (Cass. III, n. 16022/2014; Cass. VI, n. 19774/2013). L'art. 12 Conv. europea citata prevede che ciascuno Stato contraente può accordare la grazia, l'amnistia e la commutazione della condanna conformemente alla propria costituzione e alle altre leggi (Capaldo, VI, 865). L'art. 9, comma 1 lett. a), n. 2 d.lg. n. 149/2017 ha attribuito anche al p.m. competente la possibilità di chiedere l'esecuzione all'estero della sentenza sempre che non contrasti con i principi fondamentali dell'ordinamento giuridico dello Stato. Segue . L’assenza di necessità del consenso La giurisprudenza ha ritenuto ammissibile un consenso espresso solo in linea di principio, subordinato cioè alla verifica che la pena effettivamente riconosciuta come eseguibile sia ritenuta congrua dallo Stato di condanna Non è necessario il consenso della persona condannata se sussistano le condizioni di cui all'art. 2, comma 1, dell'Accordo aggiuntivo alla Conv. trasf. persone condannate, stipulato tra la Repubblica Italiana e la Repubblica di Albania quando in uno degli Stati è stata pronunciata sentenza definitiva di condanna nei confronti di un cittadino dell'altro Stato, quest'ultimo, su richiesta dello Stato di condanna, può procedere alla relativa esecuzione nel caso in cui la persona condannata si trovi sul suo territorio, nel rispetto della normativa interna relativa al riconoscimento del giudicato (Cass. VI, n. 47537/2007), a prescindere dunque dall'idoneità dell'esecuzione a favorire il reinserimento sociale della persona condannata (Cass. III, n. 10195/2015). La condizione del reinserimento socialeL'esecuzione all'estero della sentenza italiana giustifica la domanda o il consenso del ministro della giustizia solo se sia idonea a favorire il reinserimento sociale del condannato con riferimento alla solidità e validità dei legami socio familiari e all'assenza del rischio della sottoposizione del condannato ad atti persecutori o discriminatori (Cass. VI, n. 44089/2014, con nota Piras, 48). La disposizione potrebbe trovare applicazione anche in caso di applicazione delle sanzioni sostitutive delle pene detentive brevi, che comportino comunque una riduzione della libertà personale, come la semidetenzione e la libertà controllata ex artt. 53, 55, 56 l. n. 689/1981 , sempre che negli ordinamenti stranieri, siano presenti istituti analoghi a quelli di cui alla l. n. 689/1981; sembrerebbero da escludere invece le misure alternative alla detenzione (v. Corte cost. n. 146/2001; v. Cass. I, n. 18225/2014). Il caso del diniego o dell'impossibilità dell'estradizioneIn caso di diniego o d'impossibilità dell'estradizione non è necessario, per l'esecuzione all'estero della sentenza di condanna, né il consenso del condannato né l'idoneità della soluzione adottata al reinserimento sociale dello stesso. L'assenza di atti persecutori o discriminatoriPerché sia possibile l'esecuzione della sentenza penale italiana di condanna all'estero è necessaria anche l'assenza di qualsiasi elemento che possa far ritenere che il condannato sarà sottoposto ad atti persecutori o discriminatori per motivi di razza, di religione, di sesso, di nazionalità, di lingua, di opinioni politiche o di condizioni personali e sociali ovvero a pene o a trattamenti crudeli, disumani o degradanti in base all'art. 744 (Capaldo, cit.) La valutazione di tali pericoli è demandata al ministro della giustizia (Pisani, 513) (v. anche sub art. 744). BibliografiaDiotallevi, sub art. 742, in Codice di procedura penale. Rassegna di giurisprudenza e dottrina, diretta da Lattanzi-Lupo, Milano, X, 1152; Piattoli Girard, in Cooperazione giudiziaria penale, a cura di Marandola, Milano, 295 ss; Pierini, Buijen e Smith contro la Germania: all’esame della Corte europea dei diritti dell’uomo il trasferimento delle persone condannate sotto la convenzione di Strasburgo, in Cass. pen. 2010, 3606; Piras, Condannatoin Italia, ma il giudice gli nega il trasferimento nel suo paese d’origine: è violazione della Convenzione di Strasburgo?, in Dir. e giust. 2014, 48;. Pisani, Reinserimeto del condannato e cooperazione giudiziaria internazionale, in Riv. it. dir. proc. e pen. 2008, 513. |