Codice di Procedura Penale art. 9 - Regole suppletive.

Sergio Beltrani

Regole suppletive.

1. Se la competenza non può essere determinata a norma dell'articolo 8, è competente il giudice dell'ultimo luogo in cui è avvenuta una parte dell'azione o dell'omissione.

2. Se non è noto il luogo indicato nel comma 1, la competenza appartiene successivamente al giudice della residenza, della dimora o del domicilio [43 c.c.] dell'imputato [60, 61].

3. Se nemmeno in tale modo è possibile determinare la competenza, questa appartiene al giudice del luogo in cui ha sede l'ufficio del pubblico ministero che ha provveduto per primo a iscrivere la notizia di reato [330 s.] nel registro previsto dall'articolo 335.

Inquadramento

L'art. 9 detta i criteri ulteriori per la determinazione della competenza quando risulti inapplicabile il criterio dell'ultimo luogo in cui si è verificata una parte dell'azione o dell'omissione costituente il reato.

La giurisprudenza ha precisato che le regole suppletive dettate dall'art. 9 non sono equipollenti, ma devono ritenersi organizzate secondo un ordine gerarchico; ne consegue che, se è noto il luogo di consumazione di una parte dell'azione, la competenza non può essere determinata in ragione del criterio della priorità d'iscrizione della notizia di reato (Cass. IV, n. 8588/2008).

L'ultimo luogo in cui è avvenuta parte dell'azione od omissione

L'art. 9, comma 1, nell'indicare, quale elemento discriminatore ai fini dell'attribuzione di competenza territoriale, « parte dell'azione o dell'omissione », si riferisce, esclusivamente, alla parte di condotta che si presenta essenziale ai fini dell'integrazione della fattispecie di reato; ogni altra materialità potrà assumere valore a fini probatori, ma non allo scopo di determinare la competenza, i cui criteri — almeno nell'ambito delle regole generali — hanno riguardo esclusivamente alla consumazione del reato e, quindi, soltanto a quelle condotte che attuano tale situazione giuridica, anche nella sua forma imperfetta del tentativo (Cass. I, n. 1620/1993: fattispecie nella quale la S.C. ha ritenuto non utilizzabile il criterio di collegamento stabilito dall'art. 9, comma 1, in presenza di un'importazione di sostanze stupefacenti in ordine alla quale non si era stati in grado di individuare il luogo di superamento della linea di confine, precisando che tutto quanto avviene successivamente rappresenta un post factum indifferente ai fini dell'esistenza del delitto e, conseguentemente, anche della competenza).

Il criterio sussidiario costituito dall'ultimo luogo nel quale si è verificata parte dell'azione o dell'omissione che costituisce il reato, fa riferimento al contesto unitario della condotta criminosa, sicché, nel caso di una pluralità di reati, l'espressione « parte dell'azione » non deve intendersi come frammento del singolo reato, ma va riferita al complesso dell'attività criminosa della quale il reato o i reati facciano parte (Cass. I, n. 45364/2008), ed attribuisce rilevanza esclusivamente alla condotta dell'imputato e non alla condotta della persona offesa (Cass. I, n. 10265/2010).

Casistica

Reati permanenti

In caso di reato permanente, quando è ignoto il luogo in cui ha avuto inizio l'azione criminosa, il giudice competente per territorio può essere individuato in relazione al luogo in cui è avvenuta una parte dell'azione, utilizzando i criteri residuali di cui all'art. 9 (Cass. VII, n. 2851/2018).

Reati associativi

In tema di associazione per delinquere (art. 416 c.p.), qualora gli atti del processo non offrano elementi certi per l'individuazione del giudice del luogo in cui ha avuto inizio la consumazione del reato ex art. 8, comma 3, deve farsi ricorso ai criteri sussidiari previsti dall'art. 9. Alla luce di tale disposizione, possono utilizzarsi anche criteri desumibili dai reati-fine, con particolare riferimento a quello della consumazione dell'ultimo reato fine, specialmente nel caso in cui detti reati siano stati tutti commessi nello stesso luogo e siano tutti dello stesso tipo (Cass. VI, n. 3067/1999: nella specie, l'associazione aveva ad oggetto i reati di accesso abusivo a sistema informatico e frode informatica, mediante ingresso in rete telefonica, attraverso un'utenza dalla quale venivano abusivamente raggiunte, in modo fraudolento e reiterato, utenze estere, e la S.C. ha ritenuto operante il criterio dell'ultimo reato-fine consumato dai componenti dell'associazione, che, nel caso concreto, coincideva con l'ultima manipolazione del sistema informatico conseguente all'ultima telefonata eseguita, ritenendo, pertanto, la competenza territoriale del giudice del luogo dell'ultima telefonata).

Reati concernenti sostanze stupefacenti

La regola suppletiva dettata dall'art. 9, comma 1, trova applicazione esclusivamente quando, nel territorio nazionale, si è consumata una parte della condotta essenziale per l'integrazione della fattispecie, dovendosi, in caso contrario, fare riferimento ai criteri contemplati dai successivi commi della norma menzionata (Cass. IV, n. 29187/2007: fattispecie in tema di concorso nella detenzione di sostanze stupefacenti del committente di un trasporto di droga dall'Olanda, mai giunta nel territorio nazionale per l'avvenuto arresto dei “corrieri” in Svizzera; in applicazione del principio, la S.C., nel rigettare il ricorso dell'imputato, ha ritenuto la condotta di istigazione degli stessi “corrieri” consumata nel territorio nazionale, ancorché sufficiente a determinare la giurisdizione del giudice italiano, tuttavia non essenziale alla realizzazione del fatto tipico, e, conseguentemente, ha individuato, nel luogo di residenza, dimora o domicilio dello stesso imputato, il criterio di attribuzione della competenza in concreto applicabile).

L'art. 73 d.P.R. n. 309/1990, è una norma a più fattispecie alternative, nell'ambito della quale l'importazione nel territorio dello Stato non può essere ritenuta fine a sé stessa, in quanto preordinata alla detenzione, al trasporto ed alla eventuale cessione della sostanza stupefacente, e quindi si ricollega alle altre condotte illecite. Queste ne risultano “assorbite”, sotto il profilo sanzionatorio, ma hanno rilevanza autonoma, agli effetti dell'individuazione, ex art. 9, comma 1, del giudice competente per territorio; ove risulti incerto il luogo di ingresso in Italia della sostanza, è da considerare territorialmente competente il giudice del luogo in cui è stata accertata con certezza una parte (l'ultima frazione) della complessiva condotta criminosa (Cass. IV, n. 6203/2009, e Cass. n. 17626/2004, quest'ultima in fattispecie nella quale la competenza è stata stabilita in riferimento all'ultimo luogo in cui era avvenuta una parte dell'azione, coincidente con il luogo in cui l'indagato deteneva la droga a fini di spaccio).

Il reato di detenzione di sostanze stupefacenti a fine di spaccio ha natura giuridica di reato permanente: ne consegue che, quando è ignoto il luogo in cui ha avuto inizio l'azione criminosa, il giudice competente per territorio può essere individuato in relazione al luogo in cui è avvenuta una parte dell'azione, utilizzando i criteri residuali di cui all'art. 9 (Cass. IV, n. 8665/2010: nella specie, sempre in relazione al reato di detenzione di sostanza stupefacente trasportata su di un autocarro, la S.C. ha escluso la competenza territoriale dell'a.g. del luogo di partenza del carico, poiché, trattandosi di cospicua quantità, notoriamente prodotta all'estero, doveva applicarsi l'art. 9, non essendo noto il luogo di introduzione nel territorio dello Stato; conforme, Cass. VII, n. 2851/2018, sempre in tema di detenzione di sostanza stupefacente, che ha confermato la competenza per territorio dell'autorità giudiziaria del luogo in cui l'imputato era stato sorpreso in possesso della sostanza, ed escluso la competenza territoriale di quella del luogo indicato dall'imputato come luogo di acquisto del possesso dello stupefacente, non ritenendo accertato il luogo di inizio della condotta illecita, in ragione dell'inaffidabilità e della reticenza delle dichiarazioni dell'imputato).

In relazione al reato di cessione di droga, la S.C. ha ritenuto legittimo il ricorso ai criteri di cui all'art. 9 in un caso nel quale, essendo l'accordo criminoso per l'acquisto avvenuto per telefono, non risultava possibile individuare il luogo di realizzazione della condotta (Cass. IV, n. 24719/2016).

In relazione al reato di detenzione di sostanza stupefacente, la S.C. ha confermato la sentenza che aveva determinato la competenza per territorio in relazione al luogo in cui l'imputato era stato sorpreso in possesso della sostanza, ed escluso la competenza territoriale dell'autorità giudiziaria del luogo indicato dall'imputato come luogo di acquisto del possesso dello stupefacente, non ritenendo accertato il luogo di inizio della condotta illecita, in ragione dell'inaffidabilità e della reticenza delle dichiarazioni dell'imputato (Cass. VII, n. 2851/2018).

Altre applicazioni

Per applicazioni in tema di diffamazione on line, si rinvia sub art. 8.

La competenza territoriale a conoscere di un reato a consumazione prolungata in cui concorrano più soggetti, tutti residenti in luoghi diversi, non può essere determinata secondo la regola prioritaria di cui all'art. 8, comma 1, né secondo quella suppletiva di cui al successivo art. 9, comma 1, ma va stabilita facendo ricorso al criterio residuale del luogo di prima iscrizione della notitia criminis (Cass. II, n. 11933/2013: fattispecie in tema di tentativo di estorsione estrinsecantesi in reiterate richieste di somme di danaro).

Ai fini della determinazione della competenza territoriale per il reato di truffa consumata all'estero, nell'ipotesi in cui anche uno solo degli eventi (artifici e raggiri, induzione in errore, atti di disposizione patrimoniale, ingiusto profitto) si sia realizzato nel territorio dello Stato, è competente il giudice dell'ultimo luogo in cui si è verificato uno dei suddetti fatti, in applicazione degli artt. 6 c.p. e art. 9, comma 1, c.p.p. (Cass. II, n. 1474/2017, che ha confermato la competenza del tribunale del luogo in cui la parte offesa aveva effettuato il bonifico, destinato ad un conto corrente aperto su una banca estera).

Ai fini della determinazione della competenza territoriale per il delitto di ricettazione (art. 648 c.p.), qualora non possa determinarsi il luogo in cui è stato commesso il reato, che deve essere individuato in quello in cui il bene di provenienza delittuosa è stato ricevuto, devono trovare applicazione le regole suppletive di cui all'art. 9, fermo restando, però, che deve escludersi la possibilità di considerare “parte dell'azione” la protrazione degli effetti permanenti del reato istantaneo e, quindi, di attribuire, per tale via, la competenza per territorio al giudice del luogo in cui la detenzione della res è stata accertata, ovvero in cui l'agente è stato sorpreso nel possesso del bene medesimo (Cass. II, n. 42423/2009).

Nei casi in cui la competenza per territorio per i delitti previsti dal d.lgs. n. 74/2000 non possa essere determinata a norma dell'art. 8, non si applicano i criteri residuali di cui all'art. 9, ma è competente il giudice del luogo di accertamento del reato ex art. 18, comma 1, d.lgs. n. 74/2000, cit. (Cass. III, n. 5791/2008, in tema di occultamento o distruzione di documenti contabili, che ha individuato, quale luogo di accertamento del reato, quello in cui l'imputato, richiesto dalla p.g. di esibire il registro I.V.A. vendite, aveva dichiarato falsamente di averlo smarrito).

Ai fini della determinazione della competenza per territorio per il delitto di indebita compensazione (art. 10-quater d. lgs. n. 74/2000), atteso che l'obbligazione tributaria può essere adempiuta presso qualsiasi concessionario operante sul territorio nazionale, va applicato, nella conseguente impossibilità di fare riferimento al luogo di consumazione di cui all'art. 8 c.p.p., il criterio sussidiario del luogo dell'accertamento del reato di cui all'art. 18, comma 1, stesso d. lgs., prevalente, per la sua natura speciale, rispetto alle regole generali dettate dall'art. 9.

Residenza, dimora, domicilio dell'imputato

Nei casi in cui non sia noto il luogo indicato nel primo comma dell'art. 9, il  comma 2 stabilisce che la competenza spetta successivamente al giudice della residenza, della dimora o del domicilio dell'imputato.

La dottrina ha evidenziato che l'impiego dell'avverbio «successivamente» indica, inequivocabilmente, che la dimora assume rilievo soltanto quando sia ignota la residenza, ed il domicilio quando siano ignoti sia la residenza che la dimora, osservando che la disposizione trova una plausibile ratio nel rilievo che i predetti criteri sono strettamente connessi alle abitudini di vita dell'imputato, e fondano sulla presunzione della sua più agevole reperibilità, privilegiando l'effettività rispetto alle situazioni meramente momentanee formali (Macchia, Sub art. 9, in Amodio-Dominioni, 50).

L'accertamento di residenza, dimora e domicilio impone l'acquisizione di tutti gli elementi probatori idonei a rivelare la situazione effettiva; in particolare, per quanto riguarda l'accertamento della residenza, assumono rilievo centrale le certificazioni anagrafiche (Marvulli, 222). In proposito, si rinvia a quanto disposto dall'art. 4 l. n. 1228/1954.

La determinazione della competenza territoriale in forza della regola suppletiva che fa leva sul luogo di residenza, dimora o domicilio dell'imputato deve tener conto del momento di commissione del reato, e non può dipendere dai comportamenti dell'imputato successivi al fatto e capaci di risolversi in una scelta del giudice (Cass. I, n. 411/2009).

La residenza dell'imputato (così come la dimora ed il domicilio) va individuata secondo criteri di effettività, poiché la legge non prescrive forme o modalità particolari per le ricerche relative al luogo di abitazione (Cass. II, n. 45743/2008: nel caso di specie, la S.C., confermando la legittimità dell'adozione, da parte del giudice di merito, del criterio di cui all'art. 9, comma 3, ha ritenuto che l'invocata residenza anagrafica non fosse suffragata da elementi che dimostrassero l'effettività; conforme, Cass. II, n. 47850/2012, per la quale la «mera residenza anagrafica» per persone senza fissa dimora non è di per sé sufficiente a determinare l'individuazione del locus fori, in quanto funzionale unicamente all'attivazione dei servizi sociali). Nel concetto di "dimora" dell'imputato è stato ricompreso anche il luogo di esecuzione degli arresti domiciliari (nel caso di specie, una comunità terapeutica), in quanto ad integrare la dimora è sufficiente una presenza pur transitoria, ma dotata di un minimo di stabilità, dell'interessato in un dato luogo (Cass. II, n. 51986/2016).

Secondo la giurisprudenza, qualora, per l'inidoneità degli altri criteri, debba farsi ricorso, al fine di determinare la competenza per territorio, alla regola suppletiva di cui all'art. 9, comma 2, ma più siano gli imputati, ciascuno dei quali residente, domiciliato o dimorante in luogo appartenente a circondario diverso da quello degli altri, stante la mancanza di univocità del dato di collegamento, deve necessariamente applicarsi l'ulteriore residuale criterio previsto dall'art. 9, comma 3, il quale indica la competenza del giudice del luogo ove ha sede l'ufficio del p.m. che, per primo, ha iscritto la notizia di reato nel registro di cui all'art. 335 (Cass. II, n. 1312/1997 e Cass. I, n. 40345/2010).

Si è ritenuto (Cass. I, n. 2739/2011) che la competenza territoriale in ordine al reato commesso mediante la diffusione di notizie lesive dell'altrui reputazione, allocate in un sito  web, va determinata in forza del criterio del luogo di domicilio dell'imputato, in applicazione della regola suppletiva di cui all'art. 9, comma 2 (per una più ampia disamina in argomento, si rinvia ancora una volta sub art. 8).

La priorità dell'iscrizione nel registro delle notizie di reato

Come extrema ratio, l'art. 9, comma 3, attribuisce rilevanza, ai fini della determinazione della competenza per territorio, al « luogo in cui ha sede l'ufficio del pubblico ministero che ha provveduto per primo all'iscrizione della notizia di reato nel registro previsto dall'art. 335 », in armonia con le previsioni di cui alla direttiva 35 (che sanciva l'obbligo, per il p.m., di iscrivere immediatamente la notizia di reato ed il nominativo di ogni persona alla quale il reato è attribuito, in un apposto registro): tale criterio, « anche se non consente di superare ogni riserva in ordine alla possibilità del denunciante di scegliere il giudice competente, è sembrato, tuttavia, preferibile al criterio del “luogo in cui ha sede l'ufficio del pubblico ministero che ha acquisito per primo la notizia del reato”, adottato nel Progetto del 1978, essendo, l'iscrizione nel registro, l'unico riscontro formale certo dell'acquisizione della notizia di reato » (Rel. prog. prel. c.p.p., 9 s.).

Questo criterio residuale di determinazione della competenza per territorio attribuisce la cognizione allo stesso ufficio giudiziario anche per i concorrenti nel reato, i cui nominativi risultino iscritti nel registro delle notizie di reato di diversi uffici del p.m., dovendo prendersi in considerazione la notizia di reato oggettivamente considerata (Cass. I, n. 44182/2009).

L'adempimento dell'obbligo di immediata iscrizione della notizia di reato richiamato dalla regola suppletiva di cui all'art. 9, comma 3, deve intendersi in senso rigorosamente formale e, pertanto, deve essere apprezzato in relazione alla specifica ipotesi criminosa oggetto di iscrizione, e non anche in relazione all'eventuale, più ampio, contenuto della denuncia pervenuta all'ufficio del p.m., dal momento che il p.m. non ha l'obbligo di iscrivere quelle informazioni che prima facie non mettano in evidenza elementi indizianti, ma meri sospetti (Cass. II, n.679/2020:  fattispecie in cui, a seguito di furto avvenuto a giugno 2006, la Procura della Repubblica di Genova, competente per territorio aveva iscritto immediatamente un fascicolo per furto a carico di ignoti e, successivamente nel gennaio 2007, un imputato per ricettazione, mentre la Procura della Repubblica di Torre Annunziata, già nel giugno 2006, aveva iscritto il medesimo imputato per ricettazione: la S.C. ha ritenuto competente il Tribunale di Torre Annunziata, non essendo stato individuato il luogo in cui la ricettazione era stata consumata).

Al fine di determinare la competenza per territorio facendo ricorso alla regola suppletiva in esame, non può essere assegnata giuridica idoneità a determinare lo spostamento della competenza ratione loci ad una precedente iscrizione di una notizia di reato vertente su fatti criminosi naturaliter diversi (Cass. II, n. 11849/2003: in applicazione del principio, la Corte, con riferimento ad un'associazione criminale operante tra l'Italia e l'estero, ha escluso che l'iscrizione effettuata per il reato di cui all'art. 416 c.p. potesse influire sulla competenza per territorio di altra autorità giudiziaria che aveva proceduto in epoca successiva all'iscrizione per il reato di cui all'art. 416-bis c.p.).

Parte della dottrina (Costabile, 315 s.), nel sospettare la disposizione di cui all'art. 9, comma 3, di illegittimità costituzionale per contrasto con gli artt. 3 e 25, comma 1, Cost., ha osservato che « quel giusto equilibrio che la Costituzione esige dalla legge quando sono in gioco interessi di pari valore che contrastano tra loro (...) suggerisce di attribuire all'ultimo criterio suppletivo (...) l'applicazione più residuale possibile », poiché « l'ordinamento deve consentire il ricorso a questa regola solo quando non è possibile prevederne altre che preservino il dettato costituzionale », ed, in particolare la garanzia del giudice naturale, precostituito per legge, e non artatamente determinato in virtù di iniziative strumentali delle parti.

Una più recente decisione (Cass. III, n. 37166/2016) ha chiarito che, in tema di competenza per territorio in ordine a reati permanenti commessi in parte all'estero:

- si applica il criterio dettato dall'art. 8, comma 3, c.p.p. quando la condotta criminosa ha avuto inizio in una individuata località nel territorio nazionale, proseguendo poi all'estero;

-  si applicano le regole suppletive stabilite dall'art. 9 c.p.p. qualora, invece, la consumazione abbia avuto inizio all'estero e sia proseguita nel territorio nazionale.

In applicazione del principio, la S.C. ha condiviso l'individuazione della competenza per territorio ai sensi dell'art. 9, comma 3, c.p.p. in riferimento ad un sodalizio criminoso costituito in Svizzera e radicatosi successivamente in territorio italiano.

Bibliografia

Costabile, Principio del giudice naturale precostituito per legge e disciplina della competenza per territorio, in Arch. n. proc. pen. 2003, 315; Macchia, Sub art. 9, in Codice di procedura penale. Rassegna di giurisprudenza e di dottrina, diretta da Lattanzi- Lupo, I, Agg. 2003-2007, Soggetti (artt. 1-108), a cura di Aprile- Bronzo- Cantone- Ciani- De Leo- Gargiulo- Macchia, Milano, 2008, 31; Marvulli, voce Competenza e incompetenza penale, in Enc. dir., V, Agg., Milano, 2001, 217.

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