Codice Penale art. 6 - Reati commessi nel territorio dello Stato.Reati commessi nel territorio dello Stato. [I]. Chiunque commette un reato nel territorio dello Stato [4 2] è punito secondo la legge italiana [11]. [II]. Il reato si considera commesso nel territorio dello Stato, quando l'azione o l'omissione, che lo costituisce, è ivi avvenuta in tutto o in parte, ovvero si è ivi verificato l'evento che è la conseguenza dell'azione od omissione. InquadramentoLa norma in esame, in ossequio al principio di territorialità, afferma che un soggetto viene punito in base alla legge penale italiana se ha commesso un reato nel territorio dello Stato (per la cui nozione si rinvia al commento agli artt. 3 e 4). Secondo una logica espansiva dell'applicazione della legge penale italiana, il capoverso della disposizione in esame, in omaggio al criterio dell'ubiquità, estende il locus commissi delicti anche a semplici frazioni dell'azione o dell'omissione nonché alla mera realizzazione dell'evento. Aspetti generaliIn relazione al principio della territorialità della legge penale, il legislatore ha accolto la teoria della ubiquità, per cui il reato si considera commesso nel territorio dello Stato quando l'azione o l'omissione che lo costituiscono è ivi avvenuta in tutto o in parte, ovvero, si è ivi verificato l'evento (Cass. VI, n. 26716/2003). La frazione di condottaPer parte dell'azione o dell'omissione deve intendersi una frazione dell'azione “tipica”, ossia del reato consumato o tentato (Mantovani, PG, 903). Perché scatti la punibilità in Italia non occorre, però, che la parte di azione od omissione ivi realizzata sia essenziale per l'integrazione del reato, ma è sufficiente che nel territorio nazionale sia stato posto in essere anche uno solo degli atti del processo criminoso essenziali per la configurabilità del reato medesimo (Cass. I, n. 2640 /1995). In dottrina, v. Cadoppi-Veneziani, Manuale, 129; Padovani, Diritto, 54; Fiandaca-Musco, PG, 132. Tuttavia, il riferimento all'azione e all'omissione o all'evento del reato esclude che possa attribuirsi rilevanza alla realizzazione sul territorio nazionale di altri elementi del fatto, come una circostanza aggravante o un presupposto della condotta. Ai fini dell'affermazione della giurisdizione italiana in relazione a reati commessi in parte all'estero, non può essere riconosciuta rilevanza ad un generico proposito, privo di concretezza e specificità, di commettere all'estero fatti delittuosi, poi lì integralmente realizzati, sotto il profilo soggettivo e oggettivo (Cass. VI, n. 56953/2017). L'eventoL'evento a cui fa riferimento il capoverso dell'art. 6 è l'evento in senso naturalistico, ossia la modificazione del mondo esterno dipendente dalla condotta, e non l'evento in senso giuridico, cioè l'offesa arrecata dal fatto all'interesse tutelato (Siniscalco, 1057; Padovani, Diritto, 55; Mantovani, PG, 904). Infatti, se l'evento fosse inteso in senso giuridico, la previsione di cui all'art. 7, sulla punibilità dei reati commessi all'estero ma la cui offensività si realizza in Italia, diverrebbe del tutto superflua (si pensi, ad esempio, ai delitti previsti nei primi quattro numeri dell'art. 7 , che sarebbero già punibili in forza dell'art. 6, comma 2). La rilevanza del tentativoLa dottrina più risalente riteneva che la soglia minima di condotta rilevante ex art. 6 fosse data dal tentativo (Pannain, 203; Siniscalco, 1051). Tuttavia, la dottrina più moderna e prevalente non ritiene necessario il raggiungimento nel territorio dello Stato della soglia del tentativo, perché, altrimenti, l'art. 6 diverrebbe superfluo, in quanto l'art. 56 già assicura la punizione degli atti idonei diretti in modo non equivoco a commettere un delitto realizzati in Italia (A. Cadoppi-P. Veneziani, Manuale di 129; C. Fiore-S. Fiore, Diritto, 98; F. Mantovani, PG, 903; Pagliaro, PG, 155; Padovani, Diritto, 54; Fiandaca-Musco, PG, 132). Inoltre, richiedendosi il tentativo, non sarebbe punibile la contravvenzione tentata in Italia, ma consumata all'estero, perché l'art. 56 limita la punizione del tentativo ai soli delitti. Questa conclusione contrasterebbe con l'art. 6 che si riferisce al «reato» e non al «delitto». Del resto, mentre l'idoneità e l'univocità degli atti costituenti il tentativo devono essere valutate con giudizio ex ante, per stabilire se gli atti compiuti in Italia integrano parte del reato occorre considerarli ex post, in rapporto all'intero sviluppo dell'attività criminosa (Mantovani, Diritto, 903). In questo senso è orientata anche la giurisprudenza, che ritiene sufficiente a radicare la giurisdizione italiana la circostanza che sul territorio nazionale si sia verificata una parte della condotta, anche minima e consistente in frammenti privi dei requisiti di idoneità e inequivocità richiesti per il tentativo, purché preordinata al raggiungimento dell'obiettivo criminoso (Cass. IV, n. 6376/2017). I criteri di collegamento nelle varie fattispecieNei reati a condotta vincolata, gli atti debbono integrare una parte della condotta tipica, mentre nei reati a condotta libera, essi debbono essere causalmente collegati con l'evento. Le fattispecie omissive si considerano commesse nel territorio nazionale se il soggetto avrebbe dovuto tenere la condotta prescritta in Italia oppure se qui si è verificato l'evento non impedito (Marinucci-Dolcini, Corso, 124; Mantovani, PG, 904; Siniscalco, 1056). Per quanto riguarda il reato omissivo colposo, la giurisprudenza lo considera commesso nello Stato quando abbia avuto luogo in tale territorio anche una sola parte della omissione causativa dell'evento (Cass. II, n. 22147/2011) , precisando che deve trattarsi di un frammento della condotta, intesa in senso naturalistico, che, pur se priva dei requisiti di idoneità e univocità richiesti per il tentativo, sia apprezzabile in modo tale da collegare la parte della condotta realizzata in Italia a quella svoltasi all'estero (Cass. IV, n. 31665/2024, relativa ad un caso di omicidio colposo con violazione della normativa antinfortunistica sul lavoro, il cui evento si era verificato all'estero). Nei reati sottoposti a condizione obiettiva di punibilità, il locus commissi delicti va individuato nel luogo ove si è verificata tale condizione (Gallo, I, 172). In caso di concorso di persone, data la struttura unitaria dell'istituto, si ritiene applicabile la legge penale nazionale a tutti i compartecipi e a tutta l'attività criminosa, ovunque realizzata, quando in Italia sia stata posta in essere una qualsiasi attività di partecipazione ad opera di uno qualsiasi dei concorrenti, a nulla rilevando che tale attività parziale non rivesta in sé carattere di illiceità, dovendo essa essere intesa come frammento di un unico iter delittuoso da considerarsi come inscindibile (Cass. III, n. 35165/2017). In dottrina G. De Vero, Corso, 330; Padovani, Diritto, 54; Mantovani, PG, 904. Nel caso di reato caratterizzato dalla pluralità di eventi, «a rendere applicabile la legge penale italiana è sufficiente che uno solo fra tali eventi si sia verificato nel territorio dello Stato» (Marinucci-Dolcini, Corso, 306). Il reato abituale dovrà ritenersi commesso in Italia anche quando le azioni qui compiute non sarebbero di per sé sufficienti ad integrarlo (Mantovani, PG, 903). Parimenti, si considera commesso in Italia il reato permanente anche quando solo una minima parte della condotta complessiva sia stata svolta nel nostro territorio (Mantovani, PG, 903). Per quanto riguarda la continuazione, l'unificazione dei reati per l'esecuzione di un medesimo disegno criminoso riguarda solamente alcuni effetti, quali la pena, ma non incide sul luogo del commesso reato (Cass. VI, n. 25889/2006). Ne consegue che i vari episodi criminosi devono essere scissi in base alla loro realizzazione in Italia o all'estero. Pertanto, non potranno ritenersi punibili reati commessi interamente all'estero, sebbene in esecuzione del medesimo disegno criminoso. E ciò anche se tali reati commessi all'estero sono in continuazione con altri che risultano punibili ex art. 6. Potrà ritenersi sussistere continuazione tra i reati commessi in Italia ed i reati commessi in tutto o in parte all'estero solo qualora questi ultimi siano punibili in base alla legge italiana. In tema di reati associativi, per determinare la sussistenza della giurisdizione italiana occorre verificare in quale luogo è divenuta concretamente operativa la struttura dell'associazione, potendosi attribuire importanza anche al luogo in cui sono stati realizzati i singoli delitti commessi in attuazione del programma criminoso, quando essi stessi rivelino, per il numero e la consistenza, il luogo di operatività della predetta struttura (Cass. VI, n. 10088/2011). Casistica
Favoreggiamento personale Deve ritenersi commesso nel territorio dello Stato il delitto di favoreggiamento personale (art. 378 ) concretatosi nella consegna in territorio estero a un latitante di documenti falsificati, trattandosi di attività parzialmente maturatasi in Italia, da dove l'agente era partito per raggiungere il latitante, dopo avere concordato con quest'ultimo le modalità della consegna attraverso contatti telefonici (Cass. VI, n. 225/1999). Associazione criminosa L'adesione ad un sodalizio criminoso, che si è formato e ha operato in Italia, integra la partecipazione a un reato commesso nel territorio dello Stato anche qualora l'associato rimanga materialmente sempre all'estero, ove la sua condotta di partecipazione all'associazione si sia svolta per intero, con l'apporto di contributi apprezzabili alla organizzazione (Cass. V, n. 40643/2006). Frode nell'esercizio del commercio Il reato di frode nell'esercizio del commercio (art. 515 c.p.) si considera commesso nel territorio nazionale nel caso in cui la condotta abbia ivi avuto inizio con la consegna della merce al vettore per la spedizione all'estero (Cass. III, n. 34873/2009). Quindi, la preparazione, in territorio italiano, di un prodotto destinato al mercato estero avente caratteristiche diverse da quelle dichiarate è qualificabile come tentativo punibile di frode nell'esercizio del commercio ed è perseguibile, per il principio di territorialità, davanti al giudice italiano (Cass. III, n. 16386/2002, relativa ad una condotta costituita dall'imbottigliamento, in uno stabilimento sito in territorio italiano, di olio destinato al mercato britannico, descritto nelle etichette già applicate sulle bottiglie come proveniente esclusivamente dalla spremitura di olive di produzione italiana, mentre una parte di esso era in realtà ricavato dalla spremitura di olive di diversa provenienza). Omicidio Per il principio della territorialità, è sufficiente che un frammento dell'iter criminoso si sia verificato in Italia, purché risulti preordinato, con valutazione ex post, al raggiungimento dell'obiettivo criminoso. Ne consegue che la giurisdizione appartiene all'autorità giudiziaria italiana, anche se l'omicidio (art. 575) è stato commesso all'estero allorché l'arma del delitto e la benzina per bruciare il cadavere siano state procurate in Italia, in quanto si tratta di condotte preordinate a raggiungere l'obiettivo criminoso (Cass. I, n. 38019/2004). Diffamazione on line Il reato di diffamazione (art. 595) è un reato di evento che si consuma nel momento e nel luogo in cui i terzi percepiscono l'espressione ingiuriosa. Quindi, se realizzata mediante immissione nella rete internet di frasi offensive e/o immagini denigratorie, deve ritenersi commessa in Italia quando le offese e le denigrazioni sono percepite da più fruitori della rete che si trovino sul territorio nazionale, anche nel caso in cui il sito web sia stato registrato all'estero (Cass. II, n. 36721/2008). Riduzione in schiavitù Poiché il reato di riduzione in schiavitù (art. 600) ha natura necessariamente permanente, quando la consumazione del fatto, iniziata all'estero, sia proseguita in Italia, esso forma oggetto, ai sensi dell'art. 6, della giurisdizione del giudice italiano (Cass. V, n. 10311/2000). Appropriazione indebita Il delitto di appropriazione indebita (art. 646) si consuma nel momento e nel luogo in cui l'agente tiene consapevolmente un comportamento oggettivamente eccedente la sfera delle facoltà ricomprese nel titolo del suo possesso ed incompatibile con il diritto del proprietario. Ne consegue che deve considerarsi commesso nello Stato il delitto di appropriazione indebita, concretatosi nella mancata restituzione da parte del conduttore di un'autovettura, noleggiata all'estero, dopo averla utilizzata per trasferirsi in Italia (Cass. VI, n. 39873/2006). Ricettazione In considerazione della natura istantanea del reato di ricettazione (art. 648), il quale si consuma nel momento in cui l'agente ottiene il possesso della cosa, ciò che assume rilievo per stabilire la giurisdizione italiana è il luogo di ricezione, mentre nessun rilievo può attribuirsi, ai fini della perseguibilità in Italia, al luogo in cui viene accertata la detenzione della res illicita (Cass. II, n. 38230/2010). Riciclaggio Riciclaggio In tema di riciclaggio commesso in parte all'estero, sussiste la giurisdizione italiana nel caso in cui il delitto sia realizzato con condotte frazionate e progressive tenute da soggetti distinti, quando anche solo un frammento dell'azione posta in essere da alcuni dei correi, intesa in senso naturalistico, si sia svolta nel territorio dello Stato (Cass. II, n. 4583/2022). Abbandono dei migranti in acque extraterritoriali in situazioni di pericolo Sussiste la giurisdizione del giudice italiano relativamente al delitto di procurato ingresso illegale nel territorio dello Stato di cittadini extra-comunitari nella ipotesi in cui i migranti, provenienti dall'estero a bordo di navi «madre», siano abbandonati in acque internazionali, su natanti inadeguati a raggiungere le coste italiane, allo scopo di provocare l'intervento dei soccorritori che li condurranno in territorio italiano, poiché la condotta di questi ultimi, che operano sotto la copertura della scriminante dello stato di necessità, è riconducibile alla figura dell'autore mediato di cui all'art. 48, in quanto conseguente allo stato di pericolo volutamente provocato dai trafficanti, e si lega senza soluzione di continuità alle azioni poste in essere in ambito extraterritoriale (Cass. I, n. 15084/2021). Favoreggiamento dell'immigrazione illegale di cittadini extracomunitari Agli effetti della legge penale non può considerarsi commesso, neanche in parte, nel territorio dello Stato il reato di favoreggiamento dell'immigrazione illegale di cittadini extracomunitari previsto dall'art. 12, comma 1 e 3, d.lgs. n. 286/1998, allorché, essendosi la condotta concretata nel trasporto clandestino degli stranieri a mezzo di un autocarro traghettato su nave non battente bandiera italiana, la scoperta del «carico umano» sia avvenuta in acque internazionali, in quanto in tale eventualità le persone trasportate, dal momento della scoperta, cessano di trovarsi nella disponibilità di fatto del trasportatore (Cass. I, n. 5583/2003; nella specie, la Corte ha ritenuto che l'occultamento degli stranieri operato dal trasportatore sotto copertura di un apparente carico di merce era stato commesso per intero all'estero e che il risultato finale voluto, e cioè quello dell'introduzione dei clandestini in territorio italiano, non era ricollegabile allo stratagemma a tal fine escogitato dall'autore del fatto, bensì all'autonoma decisione del comandante della nave di adottare, in relazione al luogo e al momento dell'accertamento, le misure impostegli dal dovere di condurla a destinazione per apprestare efficace soccorso a persone che, per le disumane condizioni di trasporto, versavano in concreto pericolo di danni all'integrità fisica). Viceversa, è stata ritenuta sussistente la giurisdizione nazionale nel caso in cui il trasporto dei migranti - avvenuto in violazione dell'art. 12 d.lgs. n. 286/1998 a bordo di una imbarcazione priva di bandiera e, quindi, non appartenente ad alcuno Stato, secondo la previsione dell'art. 110 della Convenzione di Montego Bay delle Nazioni Unite sul diritto del mare - sia stato accertato in acque extraterritoriali, ma, successivamente, nelle acque interne e sul territorio nazionale si siano verificati, quale evento del reato, l'ingresso e lo sbarco dei cittadini extracomunitari per l'intervento dei soccorritori, quale esito causalmente collegato all'azione e previsto in considerazione delle condizioni del natante (Cass. I, n. 11165/2016; nella specie si era verificata in acque extraterritoriali una avaria al motore del natante che aveva iniziato ad imbarcare acqua e, al sopraggiungere della nave irlandese, si era ribaltato a causa degli spostamenti dei passeggeri; analogamente, da ultimo, Cass. I, n. 23866/2024). Stupefacenti In tema di stupefacenti, la competenza territoriale a conoscere del delitto di cui all'art. 73 d.P.R. n. 309/1990 si radica nel luogo d'ingresso delle sostanze entro il confine dello Stato, ove tale luogo sia accertato (Cass. VI, n. 2732/2008). Nel caso in cui il «corriere» della droga proveniente da uno Stato estero sia sbarcato in un aeroporto italiano al solo fine di transitarvi verso una ulteriore destinazione estera, il delitto di importazione di sostanze stupefacenti deve ritenersi comunque consumato in Italia con conseguente attribuzione della giurisdizione al giudice italiano, individuato, sotto il profilo della competenza territoriale, in quello del luogo d'ingresso della droga entro il confine di Stato (Cass. IV, n. 34116/2007). Sussiste la giurisdizione italiana anche per il cittadino straniero il quale, pur essendo stato sempre all'estero, abbia collaborato con un cittadino italiano per l'importazione in Italia di sostanza stupefacente, nella consapevolezza che si dava esecuzione a un reato quivi deliberato, il reato stesso deve considerarsi commesso nel territorio dello Stato (Cass. VI, n. 29702/2003). Il delitto di cui all'art. 73 d.P.R. n. 309/1990 si considera consumato in Italia, con conseguente giurisdizione del giudice italiano, anche nel caso di un l'imputato abbia organizzato la ricezione di sostanza stupefacente procacciata in uno Stato estero da altri e che abbia procurato il biglietto di viaggio per il corriere, essendo irrilevante l'arresto di quest'ultimo ancor prima della partenza (Cass. III, n. 30153/2018). Reati commessi in acque internazionali Sussiste la giurisdizione dell'autorità giudiziaria italiana anche in ordine a delitti consumati esclusivamente in acque internazionali, allorché essi siano in rapporto di connessione con reati commessi nel mare territoriale per i quali sia stato esercitato il diritto di “inseguimento" previsto dall'art. 23 della Convenzione di Ginevra sull'alto mare del 29 aprile 1958, ratificata dall'Italia con l. 8 dicembre 1961, n. 1658, in forza del quale è consentito l'inseguimento di navi straniere, sempre che questo si sia iniziato nel mare territoriale dello Stato rivierasco o nella zona contigua e si sia ininterrottamente protratto fino al fermo, allorché vi sia fondato motivo, da parte delle autorità di detto Stato, per ritenere che tali navi abbiano violato suoi regolamenti o leggi (Cass. I, n. 325/2001, relativa ad una fattispecie concernente naufragio e omicidio colposo plurimo verificatisi in acque internazionali come epilogo del reato di favoreggiamento dell'immigrazione clandestina scoperto in prossimità di coste italiane dalla Guardia di Finanza). Illecito trasferimento all'estero di cose di interesse storico o artistico Agli effetti della legge penale il reato di illecito trasferimento all'estero di cose di interesse storico o artistico previsto dall'art. 174 d.lgs. n. 42/2004 si considera commesso nel territorio dello Stato non solo per il cittadino italiano che provvede materialmente a trasferire fuori dal territorio nazionale i beni in questione, ma anche per il cittadino straniero che, fornendo la propria disponibilità ad immettere sul mercato estero i beni trasferiti, realizza un concorso morale che si salda alla condotta materiale di trasferimento dei beni (Cass. VI, n. 17503/2018). Esercizio abusivo di attività di gioco o di scommessa Il principio di ubiquità di cui all'art. 6 c.p. comporta che lo svolgimento nel territorio italiano anche solo di una parte della organizzazione di pubbliche scommesse rende applicabile la legislazione nazionale, pur quando il resto dell'organizzazione faccia capo a società straniere ed i giochi e le competizioni, oggetto delle scommesse, si svolgano all'estero (Cass. III, n. 39561/2017, relativa ad unafattispecie concernente la raccolta delle giocate svolta in Italia da una società straniera, priva della licenza di polizia prevista dall'art. 88 del T.U.L.P.S.). BibliografiaDean, Norma penale e territorio. Gli elementi di territorialità in relazione alla struttura del reato, Milano, 1963; Levi, Locus commissi delicti, in Riv. it. dir. proc. pen., 1949, 26; Pannain, Nozione di «reato commesso nel territorio dello Stato», in Riv. it. dir. proc. pen., 1935; Siniscalco, Locus commissi delicti, in Enc. dir., XXIV, Milano, 1974. |