Codice Penale art. 32 quinquies - Casi nei quali alla condanna consegue l'estinzione del rapporto di lavoro o di impiego (1).

Alessandro Trinci

Casi nei quali alla condanna consegue l'estinzione del rapporto di lavoro o di impiego (1).

[I]. Salvo quanto previsto dagli articoli 29 e 31, la condanna alla reclusione per un tempo non inferiore a due (2) anni per i delitti di cui agli articoli 314, primo comma, 317, 318, 319, 319-ter, 319-quater primo comma (3), e 320 importa altresì l'estinzione del rapporto di lavoro o di impiego nei confronti del dipendente di amministrazioni od enti pubblici ovvero di enti a prevalente partecipazione pubblica (4).

(1) Articolo inserito dall'art. 5 l. 27 marzo 2001, n. 97.

(2) L'art. 1 l. 27 maggio 2015, n. 69, ha sostituito la parola "tre" con la parola "due".

(3) Il riferimento all'art. 319-quater, primo comma, è stato inserito dall'art. 1, comma 75, l. 6 novembre 2012, n. 190.

(4)Ai sensi dell'art. 5 comma 4 l. 27 marzo 2001, n. 97: «salvo quanto disposto dall'art. 32-quinquies, nel caso sia pronunciata sentenza penale irrevocabile di condanna nei confronti di un dipendente di amministrazioni o di enti pubblici ovvero di enti a prevalente partecipazione pubblica, ancorché a pena condizionalmente sospesa, l'estinzione del rapporto di lavoro o di impiego può essere pronunciata a seguito di procedimento disciplinare. Il procedimento disciplinare deve avere inizio o, in caso di intervenuta sospensione, proseguire entro il termine di novanta giorni dalla comunicazione della sentenza all'amministrazione o all'ente competente per il procedimento disciplinare. Il procedimento disciplinare deve concludersi, entro centottanta giorni decorrenti dal termine di inizio o di proseguimento, fermo quanto disposto dall'art. 653 c.p.p.». Secondo poi l'art. 10 l. 27 marzo 2001, n. 97 (disposizioni transitorie), ai procedimenti penali in corso alla data di entrata in vigore della legge, non si applicano le pene accessorie e le sanzioni patrimoniali previste dalla citata legge, ferma restando l'applicazione delle sanzioni previgenti.

Inquadramento

La norma in esame prevede, quale sanzione accessoria alla condanna per i delitti di cui agli artt. 314, comma 1, 317, 318, 319, 319-ter, 319-quater, comma 1 e 320, l'estinzione del rapporto di lavoro o di impiego nei confronti del dipendente di amministrazioni od enti pubblici ovvero di enti a prevalente partecipazione pubblica.

L'allontanamento di funzionari condannati per gravi delitti è automatico e non è concesso alcun margine di discrezionalità all'ente di appartenenza del condannato, poiché — ad avviso del legislatore — la permanenza di costui in servizio presso l'amministrazione o ente di appartenenza getterebbe notevole discredito su tale ultimo soggetto.

Presupposti

La pena accessoria dell'estinzione del rapporto di lavoro o di impiego consegue ipso iure alla condanna per uno dei delitti indicati dall'art. 32-quinquies.

Si tratta di delitti contro la Pubblica Amministrazione (artt. 314, comma 1, 317, 318, 319, 319-ter, 319-quater, comma 1 e 320) che devono essere puniti con la pena detentiva pari o superiore a due anni (termine così ridotto dalla l. 27 maggio 2015, n. 69).

Autorevole dottrina ha ritenuto del tutto ingiustificato il mancato inserimento nella norma in esame di taluni gravi reati contro la pubblica amministrazione quali l'istigazione alla corruzione (art. 322) e l'abuso d'ufficio (art. 323) (Romano, Commentario, 279).

L'elencazione dei reati in ordine ai quali è possibile applicare la sanzione accessoria in esame è tassativa e l'applicazione ad altri reati sarebbe contra legem.

La formulazione della norma porta a ritenere che la sanzione de qua sia applicabile solo in ipotesi di delitto consumato e non anche in ipotesi di delitto tentato.

La Suprema Corte ritiene che l'estinzione del rapporto di impiego, in quanto conseguenza obbligatoria legata all’entità della pena inflitta, debba essere necessariamente applicata anche con la sentenza di patteggiamento, quando la pena principale sia pari o superiore ai due anni di reclusione (Cass. I, n. 1230/2021). La soluzione lascia perplessi sia perché la norma fa riferimento alla condanna, a cui appare problematico equiparare la sentenza di applicazione della pena, sia perché fino a due anni di reclusione non dovrebbero trovare applicazione le sanzioni accessorie in caso di patteggiamento.

La previsione in parola è complementare rispetto a quando disposto dall'art. 5, comma 4, l. 27 marzo 2001, n. 97, a mente del quale, ove sia pronunciata sentenza penale irrevocabile di condanna nei confronti dei dipendenti di amministrazioni o di enti pubblici ovvero di enti a prevalente partecipazione pubblica a pena condizionata sospesa, l'estinzione del rapporto di lavoro o di impiego può essere pronunciata all'esito del procedimento disciplinare.

Destinatari della sanzione accessoria in esame sono sia i dipendenti della pubblica amministrazione o di enti pubblici, sia coloro che abbiano realizzato il reato in concorso con l'intraneus e poi abbiano instaurato un rapporto di dipendenza con la pubblica amministrazione o enti pubblici (Romano, Commentario, 279).

Per « enti a prevalente partecipazione pubblica » devono intendersi quelle società che, pur essendo di natura privatistica, ricevono capitali di provenienza pubblica in quota maggioritaria (Romano, Commentario, 279).

Funzione

La sanzione accessoria in commento ha carattere interdittivo, in quanto inibisce la prosecuzione del rapporto di lavoro o di impiego.

Essa ha funzione sia di prevenzione generale che di prevenzione speciale, mirando a preservare la fiducia del cittadino nei confronti della pubblica amministrazione, nonché ad evitare il perdurare di condotte delittuose assai gravi.

Effetti

La sanzione accessoria in esame determina l'estinzione del rapporto di dipendenza di impiego pubblico ovvero di diritto privato che sia in corso al momento della condanna.

La cessazione del rapporto di lavoro consegue automaticamente alla comunicazione all'ente o alla società dell'estratto della sentenza di condanna passata in giudicato da parte del pubblico ministero competente per l'esecuzione della pena.

Durata

In mancanza di indicazioni in tema di durata della sanzione accessoria, si ritiene che essa abbia durata pari a quella della pena detentiva applicata in sentenza (art. 37).

Ne consegue che il condannato non può essere assunto nuovamente dalla pubblica mministrazione o dall'ente fin tanto che dura la condanna da espiare.

Ipotesi di concorso

È ammissibile il cumulo della sanzione di cui all'art. 32-quinquies con l'interdizione dei pubblici uffici di cui all'art. 29 e con l'interdizione da una professione di cui all'art. 31.

Bibliografia

Guidi, Il delitto di peculato, Milano, 2007.

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