Codice Penale art. 39 - Reato: distinzione fra delitti e contravvenzioni.

Sergio Beltrani

Reato: distinzione fra delitti e contravvenzioni.

[I]. I reati si distinguono in delitti e contravvenzioni, secondo la diversa specie delle pene per essi rispettivamente stabilite da questo codice [17; 4-7, 9 coord.] (1).

(1) Per le leggi finanziarie v. r.d. 24 settembre 1931, n. 1473; art. 2 d.lg. 18 dicembre 1997, n. 472.

Inquadramento

Nell'ambito del concetto unitario di reato, il legislatore opera una summa divisio tra delitti (puniti con l'ergastolo, la reclusione e/o la multa, ovvero con la reclusione militare, ex art. 37, comma 3, c.p.mil.p.) e contravvenzioni (punite con l'arresto e/o l'ammenda, ovvero — quanto ai reati militari — con pena principale diversa dalla reclusione militare).

Delitti e contravvenzioni

Profili generali

Nel diritto positivo non è dato rinvenire una linea concettuale di demarcazione tra delitti e contravvenzioni.

La Relazione al Progetto del Codice penale esprimeva il convincimento che « senza disconoscere la diversità ontologica delle due categorie di reato, né rinunciando a classificare i fatti antigiuridici nell'una o nell'altra categoria, secondo il loro sostanziale carattere, si [fosse] seguito il criterio più sicuro riconoscendo all'elemento della pena un valore fondamentale nella identificazione delle contravvenzioni per distinguerle dai delitti », poiché la ricerca di un criterio di differenziazione sostanziale sarebbe risultata del tutto vana; aggiungeva che si era creduto, in tal modo, di « mettere in evidenza il criterio più sicuro per identificare le contravvenzioni, tenuto presente che la lunga ed interessante elaborazione dottrinale e giurisprudenziale, che ha seguito l'attuazione del codice del 1889, non [era] ancora riuscita a suggerire una formula di distinzione, che raccolga adesioni tali, da farla ritenere almeno prevalente ».

Sono rimaste allo stato di mere indicazioni di massima, non vincolanti, quelle rivolte agli uffici legislativi dei vari ministeri dalla Circolare della Presidenza del Consiglio dei Ministri 5 febbraio 1986, che suggeriva, quale criterio orientativo di natura qualitativa per la scelta circa l'incriminazione dei fatti-reato come delitti o contravvenzioni, l'opportunità di optare per la contravvenzione ogni qual volta una incriminazione riguardasse la violazione di precetti a carattere preventivo o cautelare (si pensi, ad es., alla normativa antinfortunistica), oppure la disciplina di attività esercitabili soltanto previa autorizzazione amministrativa (è il caso, ad es., dell'art. 678).

La dottrina

La dottrina ha da sempre cercato di individuare un criterio distintivo sostanziale, pervenendo, peraltro, a risultati mai definitivi.

Non incondizionatamente accoglibile è apparsa l'opinione di quanti (aderendo alla concezione sostanziale di reato), qualificano le contravvenzioni come illeciti di minore gravità (c.d. « delitti nani »): « se è vero che il delitto può essere sanzionato in modo assai più pesante, non è peraltro detto che ciò si verifichi sempre: una contravvenzione punibile con l'arresto fino a tre anni non appare certo meno grave di un delitto punibile soltanto con una modesta multa. E, d'altro canto, la circostanza che le contravvenzioni siano di regola imputabili indifferentemente sia a titolo di dolo che a titolo di colpa (art. 42, comma 4), mentre nei delitti è normalmente necessario il dolo (art. 42, comma 2), implica una maggiore estensione della rilevanza attribuita alle condotte contravvenzionali rispetto a quelle delittuose: ciò che non sembra corrispondere alla minore gravità delle prime rispetto alle seconde » (Padovani, 2012, 77).

Per tale ragione, l'orientamento oggi assolutamente dominante (Pagliaro, 2003, 248; Marinucci-Dolcini, 2001, 407 ss.) esclude che tra le due categorie esistano differenze sostanziali, e ricollega la qualificazione di un fatto-reato come delitto o contravvenzione unicamente a scelte di politica criminale esplicitate (in accoglimento della concezione formale di reato) dalla previsione di una diversa sanzione penale, così come immediatamente desumibile dalla formulazione dello stesso art. 39: questo è, in verità, l'unico criterio distintivo accolto dal legislatore, poiché l'art. 39 afferma che i reati si distinguono in delitti e contravvenzioni, secondo la diversa specie delle pene per essi rispettivamente stabilite [ex art. 17] da questo codice.

La giurisprudenza

La giurisprudenza, pur non discutendo la necessità e l'opportunità, ai fini della distinzione in oggetto, del riferimento alle diverse sanzioni, ha più volte posto in risalto le diversità ontologiche sussistenti tra le due diverse forme di reato: « nessuno ha mai dubitato che, nel sistema del nostro codice, la distinzione tra delitti e contravvenzioni è certamente poggiata sulla ritenuta maggiore gravità di quei fatti illeciti annoverati come delitti, considerati come “aggressione immediata e diretta ai beni interessi tutelati dalla legge penale”, laddove le contravvenzioni, pur senza determinare un danno o pericolo attuale, sarebbero atti idonei “a produrre, per presunzione di legge, le condizioni per il verificarsi possibile di un danno o di un pericolo”. E ciò pur nel riconoscimento, espresso nella Relazione al codice (vol. I, 82) che la dottrina non era ancora “riuscita a suggerire una formula di distinzione che raccogliesse adesioni tali da farla ritenere almeno prevalente” e che nelle leggi future potesse seguirsi un criterio di distinzione diverso da quello di cui all'art. 39 basato sulla qualità delle sanzioni ». D'altro canto, la legge fornisce numerosi elementi di valutazione a sostegno dell'assunto che i delitti siano considerati reati più gravi rispetto alle contravvenzioni: « basti considerare il diverso trattamento fatto in tema di sospensione condizionale della pena, di prescrizione, di conversione (art. 102 l. n. 689/1981 [legge di depen.]), di entità massima delle pene rispettivamente previste per i delitti e per le contravvenzioni (art. 78). Si tratta di elementi che non consentono dubbi in proposito, anche se, come si diceva in premessa, alcune collocazioni sistematiche appaiono decisamente sorpassate. Degno di nota al riguardo è il rilievo che anche il legislatore del 1981, con la legge di depenalizzazione, e quindi in data in fondo assai distante da quella di emanazione del codice, pur operando qualche innovazione importante, ha lasciato inalterati gli indici ora indicati che, comunque si vogliano interpretare, depongono certamente per la maggior gravità dei reati ascritti come delitti rispetto a quelli contravvenzionali » (Cass. S.U., n. 4901/1992).

Casistica

Ai fini dell'individuazione della violazione più grave da assumere come base per il calcolo della pena da irrogare in caso di reati in continuazione (art. 81, comma 2), premesso che deve considerarsi più grave la violazione punita dalla legge più severamente, si è ribadito che, nel sistema codicistico, la distinzione tra delitti e contravvenzioni fonda sulla ritenuta maggiore gravità dei fatti illeciti considerati quali delitti, mentre le contravvenzioni vanno sempre considerate ontologicamente quali illeciti caratterizzati da disvalore minore: ne consegue che, nel concorso tra delitti e contravvenzioni, violazione più grave è sempre quella costituente delitto, e ciò anche nel caso in cui la contravvenzione sia punita edittalmente con una pena che, ragguagliata (se del caso, attraverso il meccanismo della conversione) a quella prevista per il delitto, risulti quantitativamente superiore, poiché il profilo quantitativo assume funzione integratrice solo allorquando si tratti di pene di egual specie, al fine di decidere la maggiore gravità dell'una o dell'altra violazione (Cass. V, n. 13573/2012; Cass. II, n. 49007/2014).

Il tertium genus

L'art. 157, comma 5, nel determinare il termine di prescrizione dei reati per i quali la legge stabilisce pene diverse da quella detentiva e da quella pecuniaria, ammette che un reato possa essere punito con pene diverse da quelle indicate dall'art. 39, con ciò evocando, per il futuro, la possibile adozione di un modello di natura tripartita (« il novellato quinto comma dell'art. 157 ha inteso porre le premesse per un futuro sistema sanzionatorio caratterizzato da pene diverse da quelle detentiva e pecuniaria »: Corte cost. n. 2/2008).

La rilevanza della distinzione. Disciplina sostanziale

In diritto sostanziale, delitti e contravvenzioni si distinguono sotto numerosi e rilevanti profili; in particolare con riguardo:

a) all'efficacia della legge penale nello spazio, poiché le contravvenzioni (artt. 7 ss.) non sono di norma (ma v. art. 7, comma 1, n. 5) punibili se commesse all'estero;

b) al riconoscimento delle sentenze straniere, ammesso dall'art. 12 soltanto per quelle aventi ad oggetto delitti;

c) all'elemento soggettivo (artt. 42 e 43), poiché, di regola, le contravvenzioni sono punite indifferentemente a titolo di dolo o di colpa, e solo eccezionalmente vi sono contravvenzioni punibili esclusivamente se commesse con dolo (ad es., quelle di cui agli artt. 2621, comma 1, c.c., nella versione risultante dalle modifiche operate dalla l. n. 262/2005, ed all'art. 2627, comma 1, c.c., come modificato dal d.lgs. n. 61/2002) o con colpa (ad es., quella di cui all'art. 676, comma 2), mentre i delitti sono di regola puniti a titolo di dolo, salvi i casi espressamente previsti dalla legge di delitti punibili a titolo di colpa;

d) al regime applicativo di talune circostanze comuni, sia aggravanti (art. 61, numeri 3, 7, 8) che attenuanti (art. 62, n. 4);

e) al tentativo, configurabile per i soli delitti e non anche per le contravvenzioni (art. 56): soltanto alcune fattispecie contravvenzionali tutelano anticipatamente il bene protetto (era il caso dell'art. 158, comma 2, r.d. n. 773/1931, ora abrogato);

f) alla recidiva (art. 99), per la quale rilevano oggi (a seguito delle modifiche apportate all'art. 99, dall'art. 4 l. 5 dicembre 2005, n. 251) i soli delitti, non anche le contravvenzioni;

g) alla disciplina in tema di abitualità o professionalità nel reato (artt. 102-104, 216, 151, comma 5, 172, comma 7, 173, comma 1, 174, comma 3, 179, comma 3), di dichiarazione di delinquente per tendenza (art. 108), e di applicazione delle misure di sicurezza (artt. 109, comma 1, e 216, comma 1, numero 1), che in taluni casi (artt. 215, comma 4, 221 e 224) può conseguire soltanto alla commissione di un delitto;

h) alle cause di estinzione del reato (in particolare, in tema di remissione della querela, che opera soltanto per i delitti, poiché le contravvenzioni sono sempre procedibili d'ufficio: art. 152; di prescrizione, quanto ai termini: art. 157; di oblazione, che estingue le sole contravvenzioni: artt. 162 e 162-bis; di sospensione condizionale della pena, quanto ai presupposti per la concessione ed alla revoca: artt. 163 ss.). Ed anche in caso di applicazione della pena su richiesta della parte (artt. 444 ss. c.p.p.), i termini per l'estinzione del reato variano, a seconda che si tratti di delitto (cinque anni) o di contravvenzione (due anni);

i) alle cause di estinzione della pena (in particolare, in tema di non menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziale, che è revocata se il condannato commette successivamente alla fruizione un delitto, non anche una contravvenzione: art. 175, comma 3; di liberazione condizionale, che è revocata se il condannato commette successivamente un delitto di qualsiasi specie, mentre la contravvenzione rileva solo se « della stessa indole »: art. 177; di riabilitazione: art. 180);

j) alla configurabilità dell'associazione per delinquere (art. 416), e degli altri delitti associativi (ad es., artt. 416-bis, art. 74 d.P.R. n. 309/1990), per la quale è necessario che il sodalizio miri alla commissione di delitti, non di mere contravvenzioni;

k) alla configurabilità degli altri reati che richiedono, come presupposto, la commissione di un delitto (ad es., la ricettazione: art. 648), ovvero prevedono un trattamento sanzionatorio attenuato (art. 370), se ne costituisca oggetto una contravvenzione, e non un delitto (ad es., simulazione di reato: art. 367; calunnia: art. 368; autocalunnia: art. 369);

l) alla configurabilità dell'eccesso colposo nelle cause di giustificazione (art. 55) e del concorso colposo (art. 113), ove si accolgano i dubbi della dottrina sull'ammissibilità di entrambi in relazione alle contravvenzioni (Marinucci-Dolcini, 2001, 406);

m) con riguardo alla compatibilità della preterintenzione con le contravvenzioni, che va esclusa poiché « la rubrica ed il testo dell'art. 42 parlano di “delitto preterintenzionale”, e l'art. 43 contiene la definizione del “delitto preterintenzionale” » (Marinucci-Dolcini, 2001, 407).

Quanto alle conseguenze della commissione di delitti e contravvenzioni, in termini sanzionatori, gli effetti risultano largamente coincidenti (l'arresto e la reclusione sono pene detentive temporanee, entrambe consistenti nella privazione della libertà personale, e sono di fatto eseguite nei medesimi istituti penitenziari, poiché la separazione tra i condannati all'uno od all'altra è rimasta non attuata; l'ammenda e la multa sono pene pecuniarie, entrambe consistenti nel pagamento allo Stato di una somma di denaro), pur se occorre precisare che naturalmente l'ergastolo è previsto per i soli delitti, e che diversi risultano anche i limiti quantitativi minimi e massimi previsti per le altre pene principali (quelle detentive temporanee e quelle pecuniarie) dagli artt. 23 ss. e 78 ss. c.p.; esistono, infine, pene accessorie previste per i soli delitti (art. 19, comma 1), pene accessorie previste per le sole contravvenzioni (art. 19, comma 2), ed una pena accessoria comune (art. 19, comma 3).

Segue . Disciplina processuale

Per quanto riguarda la rilevanza della distinzione tra delitti e contravvenzioni in ambito processuale:

a) le contravvenzioni sono sempre perseguibili d'ufficio: l'art. 11 disp. coord. estende tale regola anche alle contravvenzioni previste da leggi speciali anteriori al codice penale per le quali fosse prevista la procedibilità a querela di parte;

b) le misure precautelari (arresto in flagranza e fermo di indiziato di delitto) e cautelari personali (misure coercitive ed interdittive) sono ammissibili soltanto per i delitti, quelle cautelari reali anche per le contravvenzioni;

c) per le contravvenzioni, la competenza è del Tribunale in composizione monocratica (mai collegiale) o del giudice di pace (ad es., nei casi previsti dagli artt. 689, 690, 691, 726, comma 1, e 731), con citazione diretta a giudizio (art. 550 c.p.p.), ed è sempre ammissibile il procedimento per decreto (artt. 459 ss.).

Segue . Disciplina penitenziaria

Le differenze in ambito penitenziario tra delitti e contravvenzioni fondano sull'art. 61 della l. 26 luglio 1975, n. 354, che ha irrigidito il principio dell'esecuzione separata, perché, riconfermando l'istituzione di case di arresto distinte da quelle di reclusione, ha implicitamente escluso la creazione, già prevista dall'art. 25, comma 1, di sezioni speciali per l'arresto nella casa di reclusione.

Ulteriori significative differenze di ordine penitenziario tra la pena della reclusione e quella dell'arresto sono enucleabili nei regimi di ammissione del condannato alla semilibertà, alla detenzione domiciliare ed ai permessi premio, come stabilito dagli artt. 50, commi 1 e 2, 47-ter, comma 1, e 30-ter, comma 4, l. n. 354/1975.

Bibliografia

AA.VV., Procedure penali d'Europa, sintesi nazionali e analisi comparatistiche coordinate sotto la direzione di Delmas-Mary, ed. italiana a cura di Chiavario, Padova, 1998; Donini, Il delitto contravvenzionale, Milano, 1993; Vigna-Bellagamba, Le contravvenzioni nel codice penale, Milano, 1974.

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