Codice Penale art. 84 - Reato complesso.Reato complesso. [I]. Le disposizioni degli articoli precedenti non si applicano quando la legge considera come elementi costitutivi, o come circostanze aggravanti di un solo reato, fatti che costituirebbero, per sé stessi, reato [131, 170 2]. [II]. Qualora la legge, nella determinazione della pena per il reato complesso, si riferisca alle pene stabilite per i singoli reati che lo costituiscono [301 3], non possono essere superati i limiti massimi indicati negli articoli 78 e 79 [131, 170]. InquadramentoIl reato complesso, disciplinato dall'art. 84, può essere definito come quel reato, semplice o circostanziato, in cui siano riuniti almeno due reati (Antolisei, PG 1974, 428). La ratio dell'istituto è variamente intesa dalla dottrina: secondo alcuni autori esso trova fondamento nel generalissimo principio di specialità di cui all'art. 15 c.p. (Antolisei, PG 1974, 431; Pagliaro, 450, ritiene l'istituto superfluo proprio perché allo stesso risultato si sarebbe pervenuti sulla base dell'art. 15); altri autori, invece, lo riconducono al principio di consunzione (Vassalli, Reato complesso, § 8; Mantovani, PG 1979, 430, che indica l'art. 84 e l'art. 68 come casi di consunzione espressa, pur ritenendo il suddetto principio inutile; Prosdocimi, § 4; Marinucci-Dolcini, Manuale 2015, 495); altri autori, ritengono che il reato complesso «non è una somma, ma una sintesi di reati, in base ad una ragione di convessità che può anche ravvisarsi nell'unicità del motivo che stimola il volere, nella unità del nesso causale, nella unità del risultato nel quale convergono le singole condotte poste in essere dal soggetto agente» (Piacenza, 963, che, sul punto richiama e fa propria l'opinione del Ranieri su cui concorda, seppure parzialmente, anche il Vassalli); infine, è stato ritenuto che l'art. 84 assolve alla funzione pratica «di evitare che l'interprete sia indotto ad applicare il regime del concorso di reati laddove il legislatore ha proceduto ad un'unificazione normativa di fatti che integrerebbero autonome fattispecie incriminatrici» (Fiandaca-Musco, PG, 727). In ordine alla natura giuridica, la dottrina e la giurisprudenza sono sostanzialmente concordi nel ritenere che si verta in un'ipotesi di unificazione legislativa di almeno due reati che dà origine ad una nuova fattispecie unitaria ed autonoma (Romano, 793; Pagliaro, 450; Antolisei, PG 1974, 428; Vassalli, Reato complesso, § 8). In giurisprudenza, Cass. V, n. 16616/1990, secondo la quale per la ipotizzabilità del reato complesso è necessario che la legge abbia operato la fusione in un'unica figura criminosa di fatti costituenti autonomi reati. Peraltro, sotto il profilo processuale, si è ritenuto che «Nell'ipotesi in cui il giudice di primo grado emetta sentenza di condanna per il delitto di tentato omicidio aggravato, dichiarando assorbito il delitto di lesioni personali, la mancata impugnazione da parte del pubblico ministero della statuizione relativa all'assorbimento non comporta la formazione del giudicato sulla non punibilità per il reato assorbito, che, anzi, presuppone l'accertamento del reato meno grave della "progressione criminosa"»: Cass. V, n. 8206/2018 che, in applicazione del principio, ha ritenuto legittima la riqualificazione in appello del reato di tentato omicidio in quello di lesioni aggravate. Cass. II, n. 23766/2021 «Nel caso in cui un reato autonomamente contestato sia erroneamente ritenuto assorbito in una circostanza aggravante di altro reato contestato (nella specie il delitto di minaccia in quello di danneggiamento commesso con minaccia), in difetto di impugnazione deve ritenersi formato il giudicato sulla non punibilità per il reato ritenuto assorbito, con la conseguenza che il proscioglimento dal reato "complesso", impedisce la automatica sussistenza del reato assorbito, in applicazione del principio del divieto di "reformatio in peius". (In motivazione la Corte precisato che, diversamente, nell'ipotesi di assorbimento conseguente ad una progressione criminosa, che presuppone comunque l'accertamento del reato meno grave della "progressione criminosa", anche in difetto di impugnazione non si verifica la formazione del giudicato sulla non punibilità del reato assorbito)». L'art. 84 è strutturato su due commi: nel primo si indicano i principi in base ai quali un reato si deve ritenere complesso; nel secondo, si stabilisce quale dev'essere il trattamento sanzionatorio. Le fattispecie di reato complessoIl comma 1 dell'articolo in commento, individua due specifiche ipotesi di reato complesso che la dottrina, a fini classificatori, qualifica come reati complessi in senso stretto: a) reato complesso formato da due reati i quali, fondendosi, danno origine ad un nuovo reato del quale sono elementi costitutivi: es. rapina (art. 628) che risulta dalla fusione di furto (art. 624) e violenza privata (art. 610); sequestro di persona a scopo di estorsione (art. 630) che è la risultante della fusione dei reati di sequestro di persona (art. 605) e di estorsione (art. 630); b) reato complesso formato da due reati i quali, fondendosi, danno origine ad un reato costituito da un reato base che rimane inalterato nella sua essenza di elemento costitutivo al quale si aggiunge un reato che vi entra, però, come circostanza aggravante: es. evasione mediante effrazione (art. 385 comma 2) che risulta costituito del reato base dell'evasione (art. 385 comma 1) e dal reato di danneggiamento (art. 635) che funge, però, da circostanza aggravante; sequestro di persona cui segua la morte del sequestrato (art. 630 comma 3) risulta costituito dal reato base di sequestro a scopo di estorsione (art. 630 c.p.) e dal reato di omicidio volontario che funge da circostanza aggravante (Cass. S.U., n. 25/1984; Cass. II, n. 9084/1990). Segue. La regolamentazione normativaLa regolamentazione normativa del reato complesso ruota sugli artt. 84, 131, 170, 301 c.p. Il comma 1 dell'art. 84, chiude, idealmente, il capo dedicato al concorso dei reati, stabilendo che le suddette norme «non si applicano quando la legge considera come elementi costitutivi, o come circostanze aggravanti di un solo reato, fatti che costituirebbero, per se stessi, reato»: il che significa che si applica la pena stabilita per il nuovo ed autonomo reato nato dalla fusione di due o più reati (ad es. la pena che rapina stabilisce in modo del tutto autonomo dai reati di violenza privata e furto da cui è composta. Aggiunge, peraltro, il comma 2, a chiusura della norma che qualora la legge nella determinazione della pena per il reato complesso, si riferisca alle pene stabilite per i singoli reati che lo costituiscono, non possono essere superati i limiti massimi indicati negli articoli 78 e 79. «È bene aggiungere che ipotesi di questo ultimo genere non risultavano esistenti all'epoca del codice né nel codice stesso né nelle leggi penali complementari (alle quali, per l'art. 16 c.p., si applicano in linea di massima le regole del codice), così come non risultano essersi prodotte nella legislazione successiva; ma prudenzialmente il legislatore del 1930 si preoccupava di questa eventualità e non voleva che i massimi degli artt. 78 e 79 potessero essere mai superati» (Vassalli, Reato complesso, § 2). L'art. 131, che, nel disciplinare l'ipotesi in cui il reato complesso (ad es. furto con effrazione ex art. 625 n. 2) sia composto da un reato procedibile a querela di parte (il danneggiamento ex art. 635, nel furto con effrazione), stabilisce che, in difetto di querela per quest'ultimo reato (danneggiamento), si procede egualmente d'ufficio in quanto il furto aggravato prevede la procedibilità d'ufficio; L'art. 170 comma 2 c.p., stabilisce che «la causa estintiva di un reato, che è elemento costitutivo o circostanza aggravante di un reato complesso, non si estende al reato complesso». L'art. 301 c.p. dispone, infine, che «Quando l'offesa alla vita, alla incolumità, alla libertà o all'onore è considerata dalla legge come elemento costitutivo o circostanza aggravante di un altro reato, questo cessa dal costituire un reato complesso, e il colpevole soggiace a pene distinte, secondo le norme sul concorso dei reati, applicandosi, per le dette offese, le disposizioni contenute nei capi precedenti» (art. 276, 277, 278, 295, 296, 297 e 298). «Ciò significa, ad esempio, che se è commesso un delitto di strage (art. 422) e tra i soggetti passivi uccisi si trova il Presidente della Repubblica o un capo o un rappresentante di Stato estero, l'art. 422 trova applicazione soltanto quanto all'ipotesi del comma 1 e l'omicidio va a ricadere sotto la disciplina degli artt. 276, 295 o 298; e che se è commessa nei confronti di uno di detti soggetti una rapina, la pena applicabile sarà quella del furto più quella prevista per i delitti contro la libertà dei soggetti qualificati sopra indicati dagli art. 277, 296 e 298 del codice; o che se è commesso un sequestro di persona a fine terroristico accompagnato da omicidio, si applicano sia l'ergastolo di cui all'art. 289-bis comma 3 sia l'ergastolo di cui agli artt. 276 o 295 o 298 e comunque i due reati riprendono ad ogni fine (eventuali indulti, e simili) la propria autonomia. La disposizione dell'art. 301 comma 3 viene così a costituire (diversamente dalle altre due sopra menzionate) una deroga alla disciplina fissata in via generale per il reato complesso dall'art. 84 c.p.» (Vassalli, Reato complesso, § 2). Segue. Le questioni applicativeLe questioni di ordine pratico che pone il reato complesso in senso stretto, sono le seguenti: a) quando ha inizio il tentativo; b) se e in che termini si applica il regime delle circostanze; c) se e in che termini si applica il regime del concorso nel reato. Segue. Il tentativoAl fine di comprendere la problematica è, innanzitutto, opportuno, distinguere i casi in cui il reato complesso risulti costituito da più reati da quello in cui uno dei reati funge da circostanza aggravante. Nella prima ipotesi, la dottrina è, sostanzialmente concorde nel ritenere che il tentativo deve ritenersi sussistente ogni qualvolta i requisiti del medesimo (atti idonei non equivoci) siano configurabili in relazione al fatto considerato nella sua globalità sia quando non sia stata ancora raggiunta la compiutezza né dell'una né dell'altra componente, sia quando sia stata raggiunta la consumazione dell'una e non quella dell'altra (Vassalli, Reato complesso, § 10; Prosdocimi, § 5; Romano, 800). Più problematica è l'ipotesi in cui, dei due reati, uno sia stato consumato e l'altro sia rimasto solo allo stadio del tentativo. L'ipotesi classica è quella del tentativo della rapina impropria in cui l'agente abbia provocato una lesione (quindi delitto consumato) per procurarsi l'impunità a seguito del tentativo di impossessamento di cosa mobile altrui. La questione, variamente risolta in dottrina (fra gli altri, Prosdocimini, § 5; Vassalli, Reato complesso, § 10), è stata decisa dalle Sezioni Unite che, con la sentenza Cass. S.U., n. 34952/2012 (ivi, in motivazione, ampia illustrazione delle varie tesi), a fronte dell'opinione secondo la quale nell'ipotesi prospettata non sarebbe configurabile il tentativo di rapina impropria a causa del mancato impossessamento della cosa, ma un tentato furto in concorso con la lesione, aggravato dalla circostanza del nesso teleologico (art. 61, comma 1, n. 2 c.p.) (ex plurimis Cass. V, n. 16952/2009), hanno accolto la tesi maggioritaria secondo la quale è configurabile il tentativo di rapina impropria nel caso in cui l'agente, dopo aver compiuto atti idonei alla sottrazione della cosa altrui, non portati a compimento per cause indipendenti dalla propria volontà, adoperi violenza o minaccia per assicurarsi l'impunità (conf. Cass. II, n. 50662/2014; Cass. II, n. 31255/2022). Negli stessi termini, è stata risolta la fattispecie di sequestro di persona a scopo di estorsione al quale non sia seguito il pagamento del riscatto. La giurisprudenza, infatti, ritiene consumato il reato di cui all'art. 630 c.p. non appena l'agente abbia privato la vittima della sua libertà personale al fine di ottenere il prezzo della sua liberazione, non essendo richiesto anche il pagamento del riscatto (Cass. II, n. 12260/1989; Cass. VI, n. 36404/2015; Cass. V. n. 30770/2021). Nell'ipotesi in cui il tentativo sia configurabile solo per uno dei reati che funge da circostanza aggravante (circostanza antecedente all'altro reato: ad es. l'agente che scavalca il muro di un'abitazione a scopo di furto; circostanza successiva: porre taluno in stato d'incapacità successiva al furto; circostanza concomitante) la dottrina ritiene, sulla base del principio dell'unicità del reato complesso, che si abbia tentativo di tutto il reato e non solo di una parte di esso (Vassalli, Reato complesso, § 10; Piacenza, 966). Segue. Le circostanzeOve il reato complesso sia costituito da un reato che funge da aggravante (ad es. 385 comma 2 c.p.) si è posto il problema se e in che limiti si applichi il regime delle circostanze. La dottrina (Romano, 801; Vassalli Reato complesso, § 10; Prosdocimi, § 2), ritiene che la circostanza del reato complesso sia soggetta al regime generale delle circostanze e, quindi, tra l'altro, al giudizio di comparazione di cui all'art. 69 c.p., soluzione questa che, soprattutto dopo la riforma della l. n. 220/1974, non è messa in discussione da alcuno proprio perché l'art. 69 si applica a tutte le circostanze e, quindi, anche a quelle speciali. In terminis Cass. VI, n. 7962/1995, secondo la quale la fattispecie penale prevista dall'art. 630 comma secondo c.p. nel testo modificato dall'art. 5 l. 14 ottobre 1974 n. 497, delinea un reato complesso, integrato dal delitto di sequestro di persona, quale elemento costitutivo, e dal delitto di estorsione in funzione di circostanza aggravante, nei cui confronti è quindi consentito il giudizio di bilanciamento con eventuali circostanze attenuanti a norma dell'art. 69 c.p., Cass. V, n. 13803/2007. Al reato complesso circostanziato, si applica, anche l'art. 4 c.p.p. che stabilisce i criteri per la determinazione della competenza per materia. Il concorso di personeIl problema che, a tal proposito si pone, consiste nel verificare se, in caso di reato commesso da più persone, il concorrente che abbia voluto solo il reato semplice (ad es. furto; sequestro a scopo di estorsione) debba rispondere anche del reato complesso commesso dall'altro concorrente (ad es. rapina impropria; omicidio ex art. 630 comma 3 c.p.). La norma di riferimento è costituita dall'art. 116 c.p. e, quindi, la soluzione, chiara in astratto (risponde dell'evento ulteriore se questi è conseguenza della sua azione o omissione), va trovata alla stregua dei concreti elementi fattuali: di conseguenza, risponderà del reato complesso e non di quello semplice non solo quando l'azione commessa dal concorrente, sia, in astratto, logica e prevedibile sviluppo causale del reato (semplice) voluto: Cass. II, n. 48340/2011, in una fattispecie di resistenza a pubblico ufficiale come logico sviluppo di furto o rapina; Cass. VI, n. 4157/2012 in una fattispecie di sequestro di persona a scopo di estorsione cui seguì la morte del sequestrato; Cass. V, n. 28016/2013, sempre in una fattispecie di sequestro di persona a scopo di estorsione cui seguì la morte del sequestrato, ha ritenuto necessaria l'esistenza di un coefficiente psicologico tale da rendere addebitabile all'agente, quanto meno per colpevole inerzia, l'evento morte. Negli stessi termini, in dottrina, Vassalli, Reato complesso, § 10. Secondo, invece, altra opinione, nelle situazioni nelle quali il fatto complesso si snoda nel tempo in termini tali da rendere problematico l'addebito dell'intero fatto a compartecipi rimasti estranei ad una porzione di esso già completamente esaurita, la fattispecie si dovrebbe scindere, sicché ogni concorrente risponderebbe del reato commesso (Prosdocimi, § 5; ma, nell'ipotesi prospettate dal suddetto autore che, peraltro, come egli stesso ammette, è estremamente rara, non si verterebbe più in un caso di reato complesso in quanto verrebbe a mancare il criterio dell'unicità, di cui supra). I criteri d'identificazioneLa legge non indica i casi in cui una determinata fattispecie criminosa deve qualificarsi come reato complesso. Spetta, quindi, all'interprete stabilire i criteri in base ai quali si possa, in via generale ed astratta, individuare il reato complesso. Lo scopo pratico di tale operazione ermeneutica, è, come si è detto, quello «di evitare che l'interprete sia indotto ad applicare il regime del concorso di reati», scopo, peraltro, contestato da altra parte della dottrina che ritiene che la nozione di reato complesso sia del tutto inutile proprio perché allo stesso risultato si sarebbe pervenuti sulla base dell'applicazione dell'art. 15 c.p. (Pagliaro, 450; Vassalli, op. cit., § 3, avanza “forti dubbi” sull'utilità della nozione; Prosdocimi, § 4). I criteri identificativi che sono stati individuati dalla dottrina e dalla giurisprudenza, sono i seguenti: a) nuova ed autonoma figura criminosa sorta dalla fusione di una pluralità di reati (almeno due). I reati devono essere almeno due, come si desume testualmente dal secondo comma in cui si parla di “singoli reati” (Antolisei, PG 1974, 428; Manzini, Trattato, II, 688; Pagliaro, 450; Fiandaca- Musco, PG, 727; Vassalli, Reato complesso, § 3, ritiene «oziosa la disputa sull'uso del singolare «reato» nel comma 1 dell'art. 84 anziché del plurale «singoli reati», come nel comma 2 dello stesso articolo, da cui taluno vorrebbe trarre l'illazione della contemplazione del reato complesso in senso lato anche nell'art. 84. Il codice del 1930, prima d'essere definitivamente varato, è stato esaminato da un punto di vista letterario da Ugo Ojetti e non v'è dubbio che la dicitura corretta in italiano, anche per esprimere la necessaria pluralità dei reati, è quella usata nel comma 1 dell'art. 84. Né si potrebbe pensare di trarre argomenti dalla scelta dell'aggettivo «complesso» anziché «composto», quest'ultimo essendo del tutto estraneo alla tradizione giuridica italiana oltre che poco consono al linguaggio giuridico in generale»). Sulla base di tale criterio, è stato, quindi, escluso che i reati aggravati dall'evento (es. artt. 368 comma 3, 571, 572, 591 ecc.) rientrino nella categoria del reato complesso perché si tratta di reati che non sono formati da due reati, ma da uno solo in quanto l'evento che li caratterizza, non costituisce un reato a sé, difettando l'elemento soggettivo (Antolisei, PG 1974, 429; Pannain, 687; contra: Romano, 796, ma solo se si ammette la categoria dei reati eventualmente complessi, su cui amplius, infra ; Prosdocimi § 2). In giurisprudenza, si segnala Cass. I, n. 7941/2014, secondo la quale il delitto di disastro doloso, nella ipotesi prevista dall'art. 434, comma 2, c.p., ha natura di reato aggravato dall'evento e non integra, quindi, un'autonoma ipotesi di reato. b) la «scindibilità in più fatti criminosi minori» del fatto previsto nell'autonoma figura delittuosa: in altri termini, un reato si può ritenere complesso quando in esso sono individuabili gli estremi di altri fatti che, isolatamente considerati, costituirebbero essi stessi autonome fattispecie di reati. Quindi, un reato che prevede un quid pluris rispetto ad un altro reato è solo una norma speciale e non un reato complesso (ad es. gli artt. 251 e 252 rispetto agli omologhi artt. 355, 356): (Antolisei, 1974, 428; Manzini, Trattato, II, 676; Prosdocimi § 5; Romano, 793; Pannain, 693). In giurisprudenza v. Cass. II, n. 10405/1983, secondo la quale «per la configurabilità del reato complesso previsto dall'art. 84 c.p., non basta che più fatti, i quali isolatamente considerati costituirebbero altrettanti reati, abbiano qualche elemento in comune, ma è necessario che siano identici tutti gli elementi essenziali integranti ipotesi tipiche di reati tra loro diversi. Non è sufficiente, pertanto, che un reato sia stato perpetrato per concretizzare altro scopo criminoso»); c) l'eterogeneità (rectius: molteplicità) dei reati: sulla base di questo criterio, pertanto, si è escluso che possano rientrare nel reato complesso, i reati a condotta plurima (o reati abituali: come ad es. nel caso di relazione incestuosa ex art. 564 comma 2) perché si tratta di una molteplicità di reati della stessa specie (Antolisei, 1974, 429; Pannain, 693; contra: Pagliaro, 450, secondo il quale non sempre il reato complesso è costituito da reati fra di loro diversi. Infatti, l'art. 422 «prevede come unico delitto di strage il fatto di chi, al fine di uccidere, compie atti tali da porre in pericolo la pubblica incolumità, cagionando la morte di più persone. Qui più delitti di omicidio sono unificati nell'unico delitto di strage»). d) la connessione strettamente indispensabile fra il reato secondario e quello principale che può derivare o da un rapporto di mezzo a fine (es. rapina in cui la violenza privata è finalizzata all'impossessamento), o da un nesso teleologico (es. gli omicidi nel caso della strage ex art. 422) o da un nesso modale (art. 635 comma 2 n. 1: danneggiamento con violenza alla persona o minaccia; art. 625 n 2: sfondamento della porta per rubare) (Pagliaro, 450; Romano, 796; Prosdocimi § 5; contra: Manzini, Trattato, II, 675, il quale, anche sulla base di quanto scritto nelle Relazione al codice, sostiene che l'unificazione prevista nell'art. 84, avviene indipendentemente dal fatto che i più reati siano o non siano oggettivamente connessi). Anche qui, occorre, però prestare attenzione alla circostanza che la connessione deve avere ad oggetto sempre due distinti reati, perché, altrimenti, si verterebbe in un caso non di reato complesso ma di fatto complesso, come ad es. nell'ipotesi di uso di scrittura privata falsificata in cui la sola falsificazione senza l'uso non costituisce reato (Pannain, 687). Si è aggiunto, che le fattispecie di reato devono corrispondere ad una ben precisa “tipicizzazione astratta” non potendosi desumere da termini o locuzioni indeterminate come ad es. “gli artifizi e raggiri” di cui all'art. 640 (Romano, 795). In relazione al suddetto criterio identificativo, si è posto il problema della cd. continenza. Ci si è chiesti, cioè se, soprattutto nei casi in cui il reato complesso abbia come base la violenza (ad es. la rapina), fino a che punto la violenza dev'essere ricompresa nel reato complesso e quando acquista una sua autonomia giuridica: il rapinatore che provochi lesioni alla vittima o la sequestri per compiere la rapina, risponderà solo della rapina o anche di questi reati? Si tenga, sul punto, presente che, sulla base dell'art. 581 comma 2, la violenza sulle persone è assorbita solo se si configura come percossa. La giurisprudenza ha risolto il problema nel senso che, se la violenza rimane in un ambito fisiologico (come appunto quello delle percosse), si ha solo rapina (in terminis: Cass. I, n. 5818/1981); ma se la violenza trasmoda, sicché come conseguenza di essa, la vittima subisce lesioni, allora si ha concorso fra la rapina e l'altro reato violento (ex plurimis: Cass. II, n. 10812/1995; Cass. VI, n. 9476/2009, concorso fra rapina impropria e resistenza a pubblico ufficiale, stante la diversa oggettività giuridica delle due ipotesi criminose) proprio perché la violenza (o anche gli altri reati) assumono una loro autonoma valenza giuridica (Romano, 798). A diversa conclusione perviene una parte della dottrina (Mantovani, PG 1979, 435), secondo la quale, per evitare che l'agente risponda due volte dello stesso fatto (una prima volta, per la violenza commessa per la rapina; una seconda volta per la violenza commessa per il fatto delle lesioni) sostiene che, in queste ipotesi, il fatto si dovrebbe scindere e l'agente dovrebbe rispondere di soli due reati in concorso rimanendo così soggetto anche ad una pena superiore a quella prevista dal reato complesso pur se contenuta entro i limiti del concorso (ad es., nell'ipotesi della rapina, di lesioni e furto con l'aggravante di cui all'art. 61 n. 2, e non di rapina e lesioni). Ove ciò non sia possibile (anche solo per ragioni di proporzione giuridica), si avrà concorso ma, ai fini della pena, l'interprete dovrà valorizzare l'art. 133. e) unicità di esecuzione: questo criterio che, pure dovrebbe desumersi dalla struttura unitaria del reato, e che comunque è spesso utilizzato dalla giurisprudenza, è contestato da alcuni autori (ad es. Pagliaro, 450, ritiene che «non si richiede che il processo esecutivo sia unico: le fasi del reato complesso possono essere poste anche con atteggiamenti corporei nettamente distinti»; Romano, 794; Mantovani, PG 1979, 433). Questi criteri variamente combinati, hanno consentito di volta in volta di stabilire se un determinato reato sia di natura complessa o meno e, quindi, di delimitare il campo di operatività dell'art. 84. La questione assume una rilevanza pratica notevole perché si tratta di stabilire se l'agente deve rispondere dei fatti commessi sulla base del trattamento sanzionatorio di cui all'art. 84. (reato unico con assorbimento degli altri) ovvero, di più reati, sulla base del concorso dei reati. Dottrina e giurisprudenza hanno offerto diverse soluzioni al problema. Al fine di evitare, indebite sovrapposizioni, nei paragrafi che seguono, si illustrerà, quindi, dapprima, la posizione della dottrina, quindi, quella della giurisprudenza. Il reato complesso nell'elaborazione dottrinaleI criteri identificativi del reato complesso, illustrati nel precedente paragrafo, pur essendo quelli che, tendenzialmente, sono utilizzati in via alternativa, non sono affatto pacifici. Soprattutto, in dottrina sono state proposte una molteplicità di tesi (e, spesso, nell'ambito di ognuna di essa, anche sottotesi) che è arduo sintetizzare. Tuttavia, in via generale, si può affermare che il reato complesso è diventato il terreno di scontro sul quale si confrontano, sostanzialmente, due tesi: quella che vede nel reato complesso un inutile e superfluo istituto giuridico in quanto l'art. 84 non conterrebbe alcun principio innovativo che non sia desumibile dall'art. 15 c.p.; e quella che, invece, nel tentativo di rivitalizzarlo, ha cercato di interpretare l'art. 84 come il punto di arrivo del cd. principio di assorbimento. In dottrina, oltre alla categoria del reato complesso così come risulta dal dato normativo (v. supra), sono state elaborate altre due categorie con il dichiarato intento di allargare il campo di operatività dell'art. 84: a) il cd. reato complesso in senso lato; b) il cd. reato eventualmente complesso. Segue. Il reato complesso in senso latoLa nozione che se n'è data è la seguente: «reati, la cui figura corrisponde ad un'altra pure conosciuta con autonomo e diverso nomen iuris dalla legge positiva, ma con l'aggiunta di un quid pluris, di per sé non costituente reato, che porta ad un nomen iuris diverso e ovviamente ad una pena e ad una disciplina diverse. La complessità di queste figure nascerebbe appunto dal fatto che in esse è interamente contenuta altra fattispecie legale accompagnata da un quid pluris» (Vassalli; Reato complesso, § 3). In altri termini, una serie di reati fungerebbe da base ad altri reati che, rispetto ai primi, avrebbero solo degli elementi specializzanti. Così, la violenza privata fungerebbe da base ad una serie di reati: ad es., la violenza sessuale (art. 609-bis) altro non sarebbe che un'ipotesi di violenza privata (art. 610) aggravata da un quid pluris (atti sessuali) di per sé privo di rilevanza penale; l'estorsione si caratterizza, rispetto alla violenza privata, per l'elemento dell'ingiusto profitto; e così via per la turbata libertà degli incanti; la resistenza a pubblico ufficiale; la violenza o minaccia a pubblico ufficiale o a corpo politico, amministrativo o giudiziario; l'ingiuria funge da base all'oltraggio. Secondo uno degli autori favorevoli alla suddetta categoria, «a favore dell'interpretazione lata, invero, non solo non esistono ostacoli né concettuali, poiché si tratta pur sempre di due diversi gradi di “complessità”, né letterali, ma esistono precise indicazioni nei lavori preparatori e nella normativa attinente al reato complesso» (Mantovani, PG 1979, 429). Anche a questi casi, quindi, sarebbe applicabile la disciplina degli artt. 131 e 170 comma 2. Sennonché, la dottrina assolutamente maggioritaria è contraria avendo fatto rilevare sia che il reato complesso presuppone una pluralità di reati (cfr supra & 3, la critica addotta dal Vassalli) sia che le ipotesi portate a sostegno della categoria null'altro sono che ipotesi speciali che, quindi, trovano la loro regolamentazione nell'art. 15 (Fiandaca-Musco, PG, 727; Pagliaro, 452; Romano, Commentario, 794, il quale, però, ritiene che, quantomeno a fini dogmatici, sia opportuno conservare la suddetta denominazione; Prosdocimi § 6; Pannain, 688 afferma: «Il reato complesso non è una categoria generale, una figura astratta applicabile a tutti o a un numero indeterminato di reati, come i casi di continuazione o di concorso formale, che, previsti nella parte generale come regole, si adattano alle singole figure criminose; non esiste una figura generale di reato complesso adattabile ad un numero indeterminato di reati, ma esistono nella parte speciale singole figure di reati complessi [...] il reato complesso deve risultare dalla formulazione dell'astratta fattispecie, in essa identificandosi le fattispecie di due o più reati: quindi, non è in concreto, ma in astrattto che va fatta l'indagine»). Contraria è anche la giurisprudenza che fa leva, per respingere la suddetta nozione, sul criterio della pluralità dei reati: Cass. VI, n. 16616/1990, secondo la quale per la ipotizzabilità del reato complesso è necessario che la legge abbia operato la fusione in un'unica figura criminosa di fatti costituenti autonomi reati. Non integra invece la figura del reato complesso l'esistenza di elementi comuni fra due reati né la circostanza che un reato sia il presupposto di un successivo reato o che il primo sia stato consumato allo scopo di realizzare un secondo reato; in tale ultimo caso può configurarsi semplicemente un rapporto teleologico fra i due illeciti che non solo non esclude il concorso, ma integra la circostanza aggravante di cui all'art. 61 n. 2; per Cass. II, n. 45645/2003, il delitto di violenza sessuale aggravata dalla circostanza che la persona era «comunque sottoposta a limitazioni della libertà personale», non assorbe quello di sequestro di persona, perché non rappresenta un reato complesso, per la sussistenza del quale è necessario che l'astratta formulazione della fattispecie incriminatrice faccia riferimento — o come elemento costitutivo o come circostanza aggravante — ad un fatto che costituisca di per sé reato. La descrizione legislativa dell'aggravante di cui al n. 4 dell'art. 609-ter non presenta, invece, tale caratteristica: essa include non solo la condizione di vittima di un sequestro di persona, ma una pluralità di situazioni, anche prive di rilevanza penale (ad esempio, lo stato di detenzione, o quello di ricovero presso una struttura ospedaliera con restrizioni, ovvero l'accidentale restrizione della libertà di locomozione all'interno di un edificio)»; Cass. n. 967/2014. Segue. Il cd. reato eventualmente complessoTale categoria comprenderebbe tutti quei casi in cui, pur essendo un reato a struttura complessa (nel senso che di esso fanno parte almeno due reati o come elementi costitutivi o come elementi aggravanti), il medesimo può essere consumato anche senza perpetrare il reato contenuto: il reato si definisce, quindi, eventualmente complesso perché può essere commesso sia in forma semplice che complessa. La questione si è posta, ad es, per la rapina impropria (art. 628 comma 2) che è una particolare forma di rapina composta dal furto (reato contenente) e dalla minaccia o violenza (reati contenuti) adoperate per assicurarsi il possesso della cosa o procurarsi l'impunità. Ora, la violenza può essere commessa sia integrando gli estremi del vero e proprio reato di violenza di cui all'art. 610, sia commettendo una violenza in senso atecnico come ad es. uno spintone che, in sé, non costituisce reato, pur costituendo, sotto il profilo fattuale, una violenza: l'art. 581 comma 2, infatti, stabilisce che, nei casi in cui la violenza è prevista come elemento costitutivo o come circostanza aggravante di un altro reato, il reato di percosse non si applica nel senso che resta, appunto, assorbito nel reato base; il che significa che, nei suddetti casi, tutte le violenze al di sotto della soglia delle percosse, non sono punibili come tali, mentre quelle che superano la suddetta soglia, come ad es. le lesioni, seppure lievi, riacquistano una loro autonomia giuridica. Stessa situazione si verifica, ad es. nell'ipotesi di cui all'art. 393, comma 2, che prevede la violenza sulle cose come circostanza aggravante, laddove si rifletta sul fatto che l'art. 392 comma 2, considera violenza sulle cose solo quella che danneggi, trasformi o muti la destinazione della cosa: il che comporta che vi possono essere dei casi in cui la violenza sulle cose di cui all'art. 393 comma 2. può essere commessa anche senza usare violenza in senso tecnico. La conseguenza pratica di tale categoria di reati, è che il reato complesso dovrebbe essere scisso, sicché, negli esempi ipotizzati, non si avrebbe rapina impropria ma furto eventualmente aggravato; nell'esercizio arbitrario l'agente sarebbe punibile solo ai sensi dell'art. 393 comma 1 e non anche a norma dell'art. 393 comma 2. Ulteriore esempio proposto è stato quello della rapina impropria nella quale la violenza per assicurarsi l'impunità sia stata esercitata dall'agente mediante resistenza a un pubblico ufficiale. In proposito, si è osservato che «poiché la resistenza a pubblico ufficiale è una violenza privata qualificata dalla peculiarità del soggetto passivo a cui viene opposta, le corti si sono trovate di fronte alla necessità di dare rilievo penale autonomo a tale resistenza, la quale non poteva ritenersi assorbita dalla violenza privata semplice, costitutiva della rapina. Ed hanno optato per il concorso formale tra rapina impropria e resistenza [...] La soluzione giusta del caso è quella prospettata dal Neppi Modoni, di pronunciare condanna per rapina impropria aggravata ai sensi dell'art. 61 n. 10: fatto commesso contro un pubblico ufficiale nell'atto e a causa dell'adempimento delle sue funzioni» (Vassalli, Reato complesso, § 9; favorevoli alla suddetta categoria, anche Prosdocimi, § 6, e Mantovani, PG 1979, 430-431 nt. 93, secondo il quale, anzi, «tutte le fattispecie complesse a base violenta (rapina, estorsioni [...]) sono, in realtà, soltanto eventualmente complesse [...]». Ad una indiscriminata applicazione di questa categoria, è stato, però, opposto che «la violenza alla persona o sulle cose non implica, ma può ben ricomprendere, rispettivamente, le percosse o un danneggiamento comune, e se queste fattispecie ricorrono, dunque, si ha assorbimento. Ma, quando il legislatore impiega termini o locuzioni dal significato troppo distante da quello di singole e specifiche fattispecie, non si può parlare di reato eventualmente complesso con l'assorbimento di queste ultime. Così, non può dirsi, per es., eventualmente complesso il reato di truffa solo perché “gli artifici o raggiri” possono in concreto presentarsi come falsità in scrittura privata, emissione di assegni a vuoto, sostituzione di persona ecc... [...] la circostanza aggravante può anche presentarsi priva dell'elemento soggettivo necessaria farne un reato a sé stante [...] e che in particolare la “violenza” che confluisce n numerose fattispecie complesse può anche non presentarsi come un reato completo di ciascuno dei suoi requisiti essenziali e quindi punibili [...] occorre procedere con estrema cautela in sede di interpretazione delle singole disposizioni: poiché là dove la violenza sia invece inserita in funzione strumentale in una nuova fattispecie (es. artt. 628, 629: “mediante”, come del resto là dove, anche circostanza aggravante, sia prevista in alternativa alla minaccia, che è concepibile solo come dolosa), essa, per dar luogo al “nuovo” reato, dovrà presentarsi necessariamente dolosa ed assumere gli estremi di un delitto in sé punibile (non si commetterà, per es., una rapina, se la violenza usata non integri da sola gli estremi di un delitto doloso» (Romano, Commentario, 795 ss.). Segue. Il reato complesso e la consunzioneLe aporie e le difficoltà interpretative cui va incontro quella dottrina che tende a dilatare gli angusti confini posti dal legislatore al reato complesso, hanno indotto, pertanto, la dottrina più recente, al dichiarato fine di rivitalizzare l'art. 84 c.p., a sostenere che la suddetta norma sarebbe espressione del principio di consunzione (Marinucci-Dolcini, Manuale 2015, 495; Vassalli Reato complesso, § 8; Prosdocimi, § 4). «Reato complesso in senso lato non è quello nel quale ad un reato-base si aggiunge un quid di per se stesso non costituente reato, ma quello nel quale, in concreto, si fondono due fatti costituenti reato, sia pure entro l'orizzonte di un reato dominante che viene (entro certi limiti) ad assorbire l'altro. La definizione del reato complesso fornita dall'art. 84 c.p. mostra, a ben vedere, una capacità d'estensione ben superiore a quella che parte della dottrina tende ad attribuirle; e — quale che fosse l'intento del legislatore in senso soggettivo — è, in ogni caso, in grado di accogliere sia i casi di unificazione legale di più reati nel quadro di un terzo reato, sia i casi di unificazione di due reati nel quadro di uno di essi» (Prosdocimi, § 4). Più correttamente, secondo un altro angolo visuale, il reato complesso si configurerebbe come un caso di concorso o conflitto apparente di norme penali incriminatrici preposto alla tutela del principio del ne bis in idem sostanziale — in base al quale l'agente non può essere condannato più volte per lo stesso fatto — che «se pure non ancora proclamato espressamente nelle nostre leggi guida in realtà tutta questa materia della pluralità ed unità dei reati, ed in particolare trova espressione testuale nell'art. 84 dedicato al reato complesso» (Vassalli, Reato complesso, § 9, che, sotto questo profilo, ha riproposto la classica opinione dell'Antolisei che, infatti, parla di “reato complesso in senso lato”). Il principio di consunzione indica quel fenomeno giuridico in base al quale «la commissione di un reato che sia strettamente funzionale ad un altro e più grave reato comporta l'assorbimento del primo reato nel reato più grave» (Marinucci-Dolcini, Manuale 2015, 495). Tale fenomeno serve ad individuare la figura del cd. reato progressivo «nella quale si esprime il trascorrere di fatti meno gravi a fatti più gravi della stessa specie o di specie analoga e al tempo stesso si vuole indicare nella figura compiuta il punto d'arrivo dell'episodio delittuoso» (Vassalli, Reato complesso, § 2: Progressione criminosa e reato progressivo): quindi due o più reati legati fra di loro da un nesso teleologico, pensati ed attuati dall'agente al fine di raggiungere un certo obiettivo (Antolisei, PG, 434; Piacenza, 966). «In altri termini, nella prospettiva del principio dell'assorbimento, il fatto appare identico, pur in presenza di azioni diverse dal punto di vista naturalistico, purché espressioni tuttavia di un disvalore penale omogeneo, come tale avvertito dalla coscienza sociale: si pensi ad es. ad un furto accompagnato dal danneggiamento della cosa sottratta; ad una truffa commessa millantando credito; ad una violenza carnale successiva ad atti osceni e così via» sicché, in tale ottica, non sarebbe punibile sia l'antefatto (ossia il reato meno grave commesso per realizzare quello più grave (ad es. la detenzione di chiavi e grimaldelli, ex art. 707 per commettere il furto) che il postfatto incluso nella condotta precedente (ad es. spendita di monete falsificate, ex art. 455, realizzata dalla stesso soggetto che prima ha contraffatto le monete, ex art. 453 (Fiandaca-Musco, PG, 725). Questa stessa dottrina (Vassalli, Progressione criminosa, § 1), ha, poi, avuto cura di distinguere il reato progressivo: a) dalla c.d. progressione criminosa in senso latissimo, «che non attiene specificamente a singoli istituti del diritto penale, ma unicamente alla criminologia e al diritto penale in via generale» e che si ha «ogni volta in cui singoli soggetti o gruppi progrediscono sulla via della criminalità, sia passando dalla ideazione o dalla preparazione di piani criminali, o da un accordo criminoso, od anche da una associazione criminosa alla realizzazione di singoli reati specifici, sia da un reato meno grave ad un reato od a reati più gravi, sia da un solo reato o da un minor numero di reati ad un numero più elevato. Una delle situazioni più tipiche, che può meritare, tra le tante, specifica menzione, è quella del trascorrere dalla minaccia all'esecuzione. Qualche volta la progressione è una vera e propria escalation criminale, singola o collettiva. Essa interessa, ovviamente, diversi capitoli della criminologia, tra cui quello delle «carriere criminali», e può interessare istituti generali del diritto penale sotto più di un profilo: la recidiva, l'abitualità, la professionalità nel reato, con le loro specifiche sanzioni o misure [...]»; b) dalla cd. progressione criminosa in senso stretto che si ha ”quando una fattispecie legale penale, realizzata in antecedenza, viene concretata ancora per via della realizzazione successiva di altra fattispecie legale, nella quale già si trova implicata”. Il parallelismo di queste situazioni con quelle che prendono il nome di reato progressivo è evidente: in questo emerge l'unità sostanziale del fatto, mentre nella progressione criminosa emerge l'esistenza di una pluralità di risoluzioni successive sia pure in una quasi contestualità. Tuttavia, è comune ad entrambe le situazioni l'implicazione integrale di una fattispecie nell'altra». Il reato complesso nell'elaborazione giurisprudenzialeLa giurisprudenza, segue una linea interpretativa che cerca di restare il più possibile ancorata al dato normativo. La casistica che, sul punto, si è formata è amplissima e, sulla base dall'esame della medesima, si può affermare quanto segue: a) la tendenza è quella di interpretare l'art. 84 in senso restrittivo e cioè limitarne l'applicazione a quelli che si sono definiti i casi di reati complessi in senso stretto; b) quando si pone il problema di identificare i criteri per stabilire se un determinato fatto rientri o meno nell'ambito del reato complesso, si ricorre, alternativamente, ai criteri identificativi di cui si è detto (v. supra). c) è pacifico ed indiscusso il principio dell'assorbimento (o consunzione) che, però, è applicato in modo rigoroso e restrittivo nel senso che si ritengono assorbite solo quelle condotte strettamente necessarie (cioè indispensabili) alla commissione del reato principale, sicché, ogni qualvolta il fatto “minore” trasmodi (e cioè viene commesso con modalità eccessive rispetto a quelle “necessarie” per commettere il reato più grave), è applicata la regola del concorso e non quella dell'assorbimento. Per dar conto di quanto si è appena detto, riteniamo opportuno, innanzitutto, riportare le massime che hanno definito le nozioni degli istituti di cui si parlato nei paragrafi precedenti. Si procederà, poi, a classificare la casistica a seconda dei vari criteri di volta in volta utilizzati dalla giurisprudenza per stabilire se un determinato reato debba ritenersi assorbito (o consunto) in un altro più grave reato, con conseguente punibilità solo di quest'ultimo, oppure con punibilità di entrambi: il che, poi, alla fin fine, costituisce il vero ed unico problema di fondo di tutta la problematica. Segue. Le nozioniIl reato complesso in senso stretto: per la ipotizzabilità del reato complesso è necessario che la legge abbia operato la fusione in un'unica figura criminosa di fatti costituenti autonomi reati. Non integra invece la figura del reato complesso l'esistenza di elementi comuni fra due reati né la circostanza che un reato sia il presupposto di un successivo reato o che il primo sia stato consumato allo scopo di realizzare un secondo reato; in tale ultimo caso può configurarsi semplicemente un rapporto teleologico fra i due illeciti che non solo non esclude il concorso, ma integra la circostanza aggravante di cui all'art. 61 n. 2 c.p. (Cass. VI, n. 16616/1990; Cass. II, n. 7780/1990; Cass. VI, n. 5414/1985). Il reato complesso in senso lato: per la sussistenza del reato complesso in senso lato è sufficiente un solo reato con l'aggiunta di elementi ulteriori non costituenti reato, mentre per la sussistenza del reato complesso in senso stretto sono necessari due reati (Cass. I, n. 7439/1984); Il reato progressivo: si ha reato progressivo quando l'azione realizza una successione necessaria di condotte via via più gravi riguardanti lo stesso bene giuridico o un bene giuridico superiore e il medesimo soggetto passivo. Si ha invece reato a fattispecie alternative cronologicamente progressive quando le lesioni realizzate a catena sono equivalenti sul piano giuridico (Cass. I, n. 3129/1984). Il reato progressivo, nelle sue due forme del reato necessariamente progressivo e del reato eventualmente progressivo, costituisce una species del reato complesso, rispetto ad esso caratterizzato — sul piano criminologico, ma non su quello della struttura e disciplina giuridica — da un'offesa crescente ad uno stesso bene giuridico: Cass. I, n. 7439/1984. Il reato progressivo è un reato complesso in senso lato e il rapporto di contenenza deve essere stabilito in via interpretativa dal giudice. L'assorbimento del reato minore in quello maggiore ha luogo soltanto allorché sia impossibile la realizzazione del reato maggiore senza la realizzazione del reato minore: Cass. V, n. 5596/1980. Il reato progressivo non deve confondersi con la progressione delittuosa, potendosi configurare soltanto quando la progressione non determini la modificazione del titolo del reato e non consista nella intensificazione della medesima attività, ma trapassi ad un'attività diversa, per quanto connessa: è stata quindi esclusa la configurabilità di un unico reato progressivo in un episodio di violenza carnale seguita da rapina della vittima, trattandosi di concorso materiale di reati: Cass. I, n. 16209/1978. Negli stessi termini ha deciso Cass. V, n. 18667/2021 che ha escluso la configurabilità del reato progressivo (ritenendo, quindi, una progressione criminosa fra vari reati uniti dal vincolo della continuazione) in relazione alle condotte, sviluppatesi a distanza di poche ore, di danneggiamento mediante esplosione di due petardi e di danneggiamento seguito da incendio della medesima autovettura. CasisticaQui di seguito segue una casistica classificata a seconda dei vari criteri utilizzati dalla giurisprudenza per stabilire se un determinato reato debba ritenersi assorbito (o consunto) in un altro più grave reato. Criterio della nuova ed autonoma figura criminosa sorta dalla fusione di più reati È questo il criterio che risulta il più utilizzato sia per affermare che negare l'assorbimento. È stato utilizzato per affermare l'assorbimento nei seguenti casi: - assorbimento dei delitti di falso di cui agli artt. 483 e 489 (ma non le altre falsità) eventualmente commessi al fine di ottenere l'indebita percezione di elargizioni a carico dello Stato previsto dall'art. 316-ter, comma 1: Cass. S.U., n. 16568/2007; Cass. S.U., n. 7537/2010; Cass. II, n. 49642/2014, che ha ribadito che la produzione all'ente erogatore di una falsa autocertificazione finalizzata a conseguire indebitamente contributi previdenziali integra il reato di cui all'art. 316-ter c.p., anziché quello di truffa aggravata, solo qualora l'ente assistenziale non venga indotto in errore, in quanto chiamato solo a prendere atto dell'esistenza dei requisiti autocertificati e non a compiere una autonoma attività di accertamento; - assorbimento del delitto di appropriazione in quello di bancarotta fraudolenta per distrazione, avendo questo reato natura di reato complesso, che comprende tra i propri elementi costitutivi una condotta di appropriazione indebita del bene distratto, per se stessa punibile ai sensi dell'art. 646: Cass. V, n. 37567/2003; Cass. V, n. 48743/2014; Cass. V, n. 2295/2016; - assorbimento del delitto di minaccia aggravata (art. 612 n. 2) in quello di violenza privata (art. 610) in quanto la minaccia costituisce elemento costitutivo del delitto di violenza privata: Cass. V, n. 43219/2008; - assorbimento della violenza sessuale contestualmente commessa al delitto di omicidio, restando in questo assorbita sub specie di circostanza aggravante di cui all'art. 576, comma 1, n. 5, senza che neppure sia richiesta alcuna connessione di tipo finalistico tra i due reati: Cass. I, n. 12680/2008; - assorbimento del reato di minaccia in quello di esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza alle persone, in quanto perde la sua autonomia e diventa elemento costitutivo: Cass. fer., n. 34538/2012; Cass. VI, n. 49867/2013; - assorbimento del delitto di violazione di domicilio in quello della rapina in edificio o altro luogo destinato a privata dimora ove l'illegittima introduzione nel domicilio delle persone offese avvenga allo scopo e per il tempo strettamente necessario alla consumazione della rapina. Infatti, «dopo l'introduzione, ad opera della l. n. 94/2009, dell'apposita aggravante di cui all'art. 628 c.p., comma 3, n. 3-bis la commissione di una rapina nei luoghi di cui all'art. 624 bis c.p. (edificio o altro luogo destinato a privata dimora), quando la introduzione in tali luoghi abbia avuto il fine esclusivo di impossessarsi con violenza o minaccia della cosa mobile altrui, dà luogo ad un "reato complesso" (art. 84 c.p.), quale deve ritenersi il delitto di cui all'art. 628 c.p., comma 1 e comma 3, n. 3-bis, ossia ad una figura criminosa nella quale convergono gli elementi costitutivi di altri reati: Cass. II, n. 17147/2017; Cass. II, 40382/2014; - nel caso di sequestro di persona a scopo di estorsione (art. 630) o a scopo di terrorismo o di eversione (art. 289- bis ) cui segua, cagionata volontariamente dal colpevole, la morte del sequestrato si ha un unico reato complesso e non il concorso, con il reato di sequestro di persona, del reato di omicidio: Cass. S.U. n. 25/1984; Cass. II, n. 9084/1990; Cass. I, n. 2872/1988; Cass. I, n. 7451/1998. - assorbimento del delitto di danneggiamento aggravato dall'essere il fatto commesso con violenza alla persona in quello di lesioni personali aggravate quando il danneggiamento costituisce parte della progressione degli atti finalizzati a provocare le lesioni alla persona offesa: Cass. V, n. 19447/2016; Cass. II, n. 28847/2019; - concorso tra il delitto di omicidio colposo aggravato da violazione di norme sulla circolazione stradale: Cass. IV. n. 26857/2018, ha statuito che, a seguito della introduzione, ex art. 1, commi 1 e 2, della l. n.41/2016, delle innovative fattispecie autonome dell'omicidio stradale e delle lesioni personali stradali gravi o gravissime (sulla natura di reati autonomi e non già di ipotesi aggravate: Cass. IV n. 29721/2017), non può più aderirsi all'interpretazione secondo la quale la disciplina dell'art 84 c.p. non è applicabile nel caso di concorso tra il delitto di omicidio colposo aggravato da violazione di norme sulla circolazione stradale e le specifiche contravvenzioni previste dalle leggi vigenti in materia (Cass. IV, n. 663/1979; Cass. IV, n. 46441/2012). Di conseguenza, ha affermato il seguente principio di diritto: «Nel caso in cui si contesti all'imputato di essersi, dopo il 25 marzo 2016 (data di entrata in vigore della l. n. 41/2016), posto alla guida di un veicolo a motore in stato di ebbrezza e di avere in tale stato cagionato, per colpa, la morte di una o più persone - ovvero lesioni gravi o gravissime alle stesse - dovrà prendersi atto che la condotta di guida in stato di ebbrezza alcoolica viene a perdere la propria autonomia, in quanto circostanza aggravante dei reati di cui agli artt. 589-bis, comma 1, e 590-bis, comma 1, con conseguente necessaria applicazione della disciplina sul reato complesso ai sensi dell'art. 84, comma 1, c.p., ed esclusione invece dell'applicabilità di quella generale sul concorso di reati». La stessa soluzione dovrà, naturalmente, valere nel caso di guida in stato di alterazione psico-fisica conseguente all'assunzione di sostanza stupefacenti o psicotrope (artt. 589-bis, comma 2, e 590-bis, comma 2); Cass. IV, n. 50325/2018secondo la quale «La condotta di guida in stato di ebbrezza alcolica costituisce circostanza aggravante dei delitti di omicidio stradale e di lesioni stradali gravi o gravissime, dovendosi conseguentemente escludere, in applicazione della disciplina del reato complesso, che gli stessi possano concorrere con la contravvenzione di cui all'art. 186 cod. strada». Nei casi di seguito indicati invece, è stato negato l'assorbimento: - la disciplina dell'art 84 c.p. non è applicabile nel caso di concorso tra il delitto di omicidio colposo aggravato da violazione di norme sulla circolazione stradale e le specifiche contravvenzioni previste dalle leggi vigenti in materia: Cass. IV, n. 663/1979; Cass. IV, n. 46441/2012; - le ipotesi delittuose di banda armata di cui all'art. 306 sono, per espresso dettato legislativo, reati-mezzo al fine di commettere alcuno dei delitti, non colposi, contro la personalità internazionale o interna dello stato indicati nell'art. 302. Poiché per la giuridica esistenza della banda armata non è richiesto che il fine sia raggiunto, ne consegue che, qualora il reato-fine sia stato pure realizzato, si ha concorso di reati, essendo inapplicabili sia la disposizione sul reato complesso, dato che i reati-fine non costituiscono né un elemento costitutivo né una circostanza aggravante della banda armata, sia il principio di specialità dato che esiste un rapporto di mezzo a fine e non di specie a genere: Cass. I, n. 3160/1988; Cass. I, n. 4743/1984, Cass. I, n. 37119/2007, Cass. I, n. 4086/2009, hanno ribadito il concorso tra la fattispecie incriminatrice di cui all'art. 306 c.p., quella di cui all'art. 270-bis e 270; - i reati di detenzione e porto abusivo di armi comuni e da guerra, armi alterate e clandestine, non sono elementi costitutivi di quello di partecipazione a banda armata, onde tale delitto non può essere configurato come reato complesso nel quale i primi debbano ritenersi assorbiti: Cass. I, n. 1969/1976; - non può ritenersi assorbito nel delitto di riciclaggio il delitto di falso per soppressione della targa e della carta di circolazione di un'autovettura (art. 490 c.p.), perché il fatto costituente tale reato non è contemplato tra gli estremi del reato di cui all'art. 648-bis c.p., giacché ai fini della configurazione del reato complesso (art. 84 c.p.) è, necessario che una norma di legge operi la fusione in unica figura criminosa di fatti costituenti reati autonomi: Cass. II, n. 47684/2003; Cass. V, n. 16267/2004; ; Cass. II, n. 19840/2019; - il delitto di illecita concorrenza con violenza o minaccia, previsto dall'art. 513-bis e avente natura di reato complesso, non può essere assorbito nel reato di estorsione (art. 629 c.p.), in base al criterio di specialità di cui all'art. 15 c.p., trattandosi di norme con diversa collocazione sistematica e preordinate alla tutela di beni giuridici diversi: la disposizione di cui all'art. 513-bis c.p., collocata tra i reati contro l'industria e il commercio, richiede una condotta tesa a scoraggiare mediante violenza o minaccia l'altrui concorrenza e ha come scopo la tutela dell'ordine economico e, quindi, del normale svolgimento delle attività produttive a esso inerenti, mentre la norma di cui all'art. 629, collocata tra i reati contro il patrimonio, tende a salvaguardare prevalentemente il patrimonio dei singoli. Ne deriva che qualora si realizzino contemporaneamente gli elementi costitutivi di entrambi i reati è configurabile il concorso formale degli stessi, non ricorrendo l'ipotesi del concorso apparente di norme: Cass. V, n. 27335/2007; Cass. fer., n. 45132/2014; Cass. S.U. n. 13178/2020; - il reato di cui all'art. 353 può concorrere con quello di cui all'art. 513-bis, con la conseguenza che risponde di entrambi i delitti l'imprenditore che costringe, con violenza e minaccia, altri operatori economici a non partecipare a gare pubbliche: Cass. II, n. 15781/2015; - la violenza e le minacce esercitate nei confronti di una donna, per indurla a congiungersi con occasionali clienti, sono elementi costitutivi sia del reato di violenza carnale che del reato di sfruttamento della prostituzione e non già dell'unico reato (complesso) di sfruttamento aggravato. Infatti, non è sufficiente che più fatti, i quali isolatamente considerati costituirebbero altrettanti reati, abbiano qualche elemento comune (nel caso in esame la violenza) perché sia ravvisabile il reato complesso, poiché questo, invece, è costituito dalla unificazione di tutti gli elementi che integrano ipotesi tipiche di reati tra loro differenti: Cass. III, n. 9092/1984; - la circostanza aggravante di cui all'art. 416-bis.1 (impiego del metodo mafioso nella commissione dei singoli reati o finalità di agevolare, con il delitto posto in essere, l'attività dell'associazione per delinquere di stampo mafioso) può concorrere con quella di cui all'art. 628, comma 3, n. 3 e 629, comma 2, (violenza o minaccia poste in essere dall'appartenente a un'associazione di stampo mafioso). La prima, infatti, presuppone l'accertamento che la condotta di reato sia stata commessa con modalità di tipo mafioso, pur non essendo necessario che l'agente appartenga al sodalizio criminale, mentre la seconda si riferisce alla provenienza della violenza o minaccia da soggetto appartenente ad associazione mafiosa, senza la necessità di accertare in concreto le modalità di esercizio di tali violenza o minaccia né che esse siano attuate utilizzando la forza intimidatrice derivante dall'appartenenza alla associazione mafiosa: Cass. S.U., n. 10/2001; Cass. V, n. 2907/2013; - è configurabile il concorso tra il reato di illecita detenzione di droga, commesso da persona armata, e il reato di illecita detenzione di arma, non potendosi invocare, in senso contrario, né il principio di specialità, in quanto diverso è il bene giuridico protetto dalle rispettive norme incriminatrici, né il principio dell'assorbimento, in quanto non sussiste identità di elementi costitutivi tra l'aggravante di cui all'art. 80, comma 1 lett. d), d.P.R. n.309/1990 ed il delitto in tema di armi, dato che l'aggravante non postula illiceità della detenzione e pertanto non può dirsi costituita da un fatto di per sé integrante altro reato: Cass. VI, n. 2819/1999; - la detenzione e il porto abusivi di armi comuni da sparo non rimangono assorbiti nella detenzione o nel porto abusivo di armi da guerra, ma concorrono con essi, in quanto, in tema di violazione alle leggi sulle armi, non vi è prevalenza di titolo di reato più grave, ma si ha un vero e proprio concorso materiale regolato dagli artt. 71 ss., per la sussistenza di azioni concernenti beni giuridici distintamente tutelati, per cui alla pluralità di azioni corrisponde una pluralità di infrazioni giuridiche: Cass. I, n. 5450/1992. - Con l'ipotesi delittuosa di rissa aggravata a norma dell'art. 588, c.p. comma 2, concorrono, con riguardo al solo corissante autore degli ulteriori fatti, i reati di lesioni personali e omicidio da costui commessi nel corso della contesa, non avendo detti reati valore assorbente della rissa, in quanto non sono configurabili come progressivi rispetto ad essa, né essendo quest'ultima, rispetto ai primi, "reato complesso": Cass. I, n. 30215/2016; - In tema di circolazione stradale, il reato di omicidio colposo aggravato dalla violazione delle norme sulla circolazione stradale non può ritenersi assorbito in quello di partecipazione ad una gara automobilistica non autorizzata (art. 9-ter Codice della Strada): Cass. IV, n. 16610/2016; - Non è configurabile il reato complesso di cui all'art. 628 comma 3-bis, ma il concorso materiale fra il reato di rapina e quello di cui all'art. 614, qualora, in caso di rapina commessa in edificio o altro luogo destinato a privata dimora, l'agente abbia posto in essere la violazione di domicilio per una diversa finalità - quale il danneggiamento dell'abitazione della vittima - e, nel corso dell'attività illecita, abbia profittato delle circostanze di tempo e di luogo per appropriarsi di beni della persona offesa: Cass. II, n. 1925/2015. «È configurabile il concorso formale - e non l'assorbimento - tra le fattispecie incriminatrici previste dagli artt. 572 e 582 c.p. quando le lesioni risultano consumate in occasione della commissione del delitto di maltrattamenti, con conseguente sussistenza dell'aggravante dell'art. 576, comma primo, n. 5, c. p.: in tal caso, infatti, non ricorre l'ipotesi del reato complesso, per la cui configurabilità non è sufficiente che le particolari modalità di realizzazione in concreto del fatto tipico determinino un'occasionale convergenza di più norme e, quindi, un concorso di reati, ma è necessario che sia la legge a prevedere un reato come elemento costitutivo o circostanza aggravante di un altro»: Cass. VI, n. 17872/2022. Il criterio dell'unicità dell'esecuzione Anche questo è un criterio che, a seconda dei casi, è molto utilizzato dalla giurisprudenza sia per affermare che per negare l'assorbimento. L'assorbimento è stato affermato nei seguenti casi: - il delitto di violenza sessuale (nella specie, di gruppo: art. 609-octies), considerato come circostanza della forma aggravata dell'omicidio, se commesso in un unico contesto temporale, non concorre formalmente con esso, ma in esso resta assorbito, confluendo nella figura del reato complesso in senso stretto di cui all'art. 84, comma 1, punibile con la pena dell'ergastolo: Cass. I, n. 6775/2005; Cass. I, n. 12680/2008; - il delitto di porto illegale comprende ed assorbe per continenza quello di detenzione, escludendo il concorso materiale di tali reati, solo quando l'azione del detenere l'arma inizi contestualmente a quella di portare la medesima in luogo pubblico e vi sia la prova che l'arma non sia stata in precedenza detenuta: Cass. I, n. 18410/2013: Cass. I, n. 9326/1990. Il suddetto criterio, invece, in assenza dell'unicità dell'azione, è stato utilizzato per negare l'assorbimento nei seguenti casi: - per la configurabilità dell'aggravante speciale del delitto di danneggiamento ex art. 635 comma 2 n. 1, costituita dal fatto commesso con violenza o minaccia, non è necessario che queste ultime costituiscano un mezzo per vincere l'altrui resistenza, ma è sufficiente che siano contestuali al fatto produttivo del danneggiamento, nel senso che il danneggiamento deve essere stato compiuto quando è ancora in atto la condotta violenta o minacciosa tenuta dall'agente, anche se la stessa non sia finalizzata a rendere possibile l'esecuzione del danneggiamento mediante l'intimidazione esercitata nei confronti del soggetto passivo: Cass. II, n. 5560/1986, in una fattispecie di esplosione di alcuni colpi di fucile contro l'abitazione del soggetto passivo ha ritenuto che non realizza un'ipotesi di concorso formale eterogeneo di reati quali quelli previsti dagli artt. 612 e 635 comma 2 n. 1, ma soltanto un concorso apparente di norme, in cui più disposizioni sembrano adattarsi ad uno stesso fatto, ma una soltanto è quella applicabile, dal momento che tutti gli elementi contenuti nella fattispecie dell'art. 612 sono contenuti in quella dell'art. 635 comma 2 n. 1, la quale a sua volta contiene in più l'elemento specializzante rappresentato dalla condotta tipica del danneggiamento semplice; - perché sussista l'aggravante prevista dall'art 635 cpv. n. 1 occorre che la violenza o la minaccia si accompagnino al danneggiamento o comunque siano direttamente finalizzati ad esso. Ne consegue che, qualora l'attività violenta o intimidatrice siano esercitate non già al diretto e immediato fine di danneggiare, bensì con l'intento di costringere il soggetto passivo alla consegna della cosa da lui detenuta per poterla successivamente danneggiare, la violenza o la minaccia, non essendo contestuali al danneggiamento, lungi dal rimanere assorbite nel delitto di danneggiamento quali circostanze aggravanti di quest'ultimo, integrano il più grave delitto di violenza privata: Cass. V, n. 4791/1988; - la violenza privata e il danneggiamento non danno luogo a un'ipotesi di reato complesso (danneggiamento con violenza alla persona), bensì a concorso di reati autonomi, in quanto la strumentalità della violenza, che nel primo reato è volta al fine di costringere altri a fare o ad omettere qualcosa, fuoriesce dallo schema tipico del secondo reato, in cui è sufficiente che la violenza sia fine a se stessa o tutt'al più che sia compiuta al fine di danneggiare: Cass. V, n. 13550/2015. Il criterio della connessione Questo è l'ultimo dei criteri che si trova spesso utilizzato nelle massime della giurisprudenza. È stato utilizzato per negare l'assorbimento nei seguenti casi: - è configurabile il concorso materiale — e non l'assorbimento — tra il reato di falso in atto pubblico e quello di truffa quando la falsificazione costituisca artificio per commettere la truffa; in tal caso, infatti, non ricorre l'ipotesi del reato complesso per la cui configurabilità è necessario che sia la legge a prevedere un reato come elemento costitutivo o circostanza aggravante di un altro e non quando siano le particolari modalità di realizzazione in concreto del fatto tipico a determinare una occasionale convergenza di più norme e, quindi, un concorso di reati: Cass. V, n. 21409/2008; Cass. V, n. 45965/2013; - non sussiste un rapporto di specialità, ma di mera interferenza, tra il reato di riciclaggio (art. 648-bis) e quello di falso documentale (art. 476 e 482), il quale può presentarsi come occasionale modalità di realizzazione del primo ma non è assorbito in esso, in quanto, ai sensi dell'art. 84, intercorre un rapporto di complessità tra fattispecie solo quando sia la legge a prevedere un reato come elemento costitutivo o circostanza aggravante di un altro e non quando siano le particolari modalità di realizzazione in concreto del fatto tipico a determinare un'occasionale convergenza di più norme e, quindi, un concorso di reati; con la conseguenza che in tanto è possibile parlare di una complessità eventuale in quanto sia la stessa legge a prevedere un reato come modalità eventuale di consumazione dell'altro: Cass. V, n. 16267/2004; - il delitto di cui all' art 494 (sostituzione di persona), avendo carattere sussidiario solo rispetto ad altri delitti contro la fede pubblica, concorre materialmente con il delitto di truffa, nel quale non puo ritenersi assorbito ai sensi dell'art 84 stante la diversità dei beni giuridici protetti, consistenti rispettivamente nella fede pubblica e nella tutela del patrimonio: Cass. V, n. 5109/1977; Cass. II, n. 35443/2007; Cass. VI, n. 9470 /2009; - è ammissibile il concorso fra il delitto di ricettazione — nella specie di un blocco falso di bolle di accompagnamento beni viaggianti — e quello di uso delle suddette bolle, ex art. 7 d.P.R. 6 ottobre 1978, n. 627. Infatti, la ricezione di bolle da altri contraffatte o alterate e l'utilizzo delle medesime rappresentano momenti diversi dell'iter criminoso, non verificandosi la figura del reato complesso ex art. 84 c.p. E non operando il principio di specialità, di cui all'art. 15 stesso codice, poiché le due fattispecie puniscono condotte diverse con ratio diversa in relazione alla differente oggettività giuridica: Cass. II, n. 8340/1990; - il reato di ricettazione si perfeziona con il conseguimento del possesso della cosa di provenienza delittuosa, con l'intenzione di trarre da essa profitto. Nell'ipotesi in cui il soggetto attivo commetta, per realizzare il profitto che si è proposto, un secondo delitto, tale ultimo reato non è assorbito nel primo, che è già perfetto, ma concorre materialmente con esso. (nella specie l'imputato, dopo aver ricettato una carta d'identità di provenienza delittuosa, aveva provveduto alla sua falsificazione materiale: Cass. II, n. 931/1981; - il delitto di ricettazione (art. 648) e quello di commercio di prodotti con segni falsi (art. 474) possono concorrere, atteso che le fattispecie incriminatrici descrivono condotte diverse sotto il profilo strutturale e cronologico, tra le quali non può configurarsi un rapporto di specialità, e che non risulta dal sistema una diversa volontà espressa o implicita del legislatore: Cass. S.U., n. 23427/2001; - in materia di tutela del diritto di autore sulle opere dell'ingegno, è configurabile il concorso tra il reato di ricettazione (art. 648) e quello di commercio abusivo di prodotti audiovisivi abusivamente riprodotti (art. 171-ter l. n. 633/1941), quando l'agente, oltre ad acquistare supporti audiovisivi fonografici o informatici o multimediali non conformi alle prescrizioni legali, li detenga a fine di commercializzazione: Cass., S.U.n. 47164/2005; - la distruzione, la dispersione, il deterioramento e l'occultamento di cose proprie, al fine di conseguire il prezzo di una assicurazione contro gli infortuni, costituenti l'elemento materiale del reato di cui all'art. 642 c.p., possono essere cagionati con qualsiasi mezzo. Ma se l'uso di un determinato mezzo costituisce di per se stesso reato, quest'ultimo concorre materialmente con quello di fraudolenta distruzione della cosa propria, a norma del comma primo dell'art. 81, nessun reato essendo previsto come elemento costitutivo o circostanza aggravante del delitto contemplato nell'art. 642 e viceversa. Ne consegue che se il mezzo adoperato e l'incendio della cosa propria e ne e derivato pericolo per la pubblica incolumità, il delitto d'incendio, aggravato ai sensi dell'art. 61 n. 2, concorre materialmente con quello dell'art 642 c.p., in quanto, sebbene il fatto sia unico, si sono violate due diverse Disposizioni di legge, senza che ricorra l'ipotesi del reato complesso di cui all'art. 84: Cass. I, n. 1971/1972 ; Cass. I, n. 39767/2018 (in relazione al concorso fra artt. 642 e 423, comma 2 c.p.); - il reato di violenza sessuale concorre con quello di minaccia, non sussistendo alcun rapporto di assorbimento tra gli stessi, quando la condotta intimidatoria, se anche parzialmente strumentale alla realizzazione del delitto di cui all'art. 609-bis, riveste una valenza in parte autonoma, svincolata dal compimento dell'attività sessuale coatta: Cass. III, n. 23898/2014, in una fattispecie in cui sono state ritenute idonee ad integrare il reato di cui all'art. 612 frasi minacciose pronunciate dall'imputato al fine di indurre la vittima a ristabilire la relazione sentimentale oltre che ad avere rapporti sessuali; - il reato di violenza o minaccia per costringere a commettere un reato, di cui all'art. 611, commesso in danno di persona in condizione analoga alla schiavitù per indurla a perpetrare furti, concorre con i reati di riduzione in schiavitù e di alienazione e acquisto di schiavi di cui agli artt. 600 e 602, dovendosi escludere che si versi in una ipotesi di reato complesso o progressivo: Cass. V, n. 3909/1989; Cass. V, n. 30570/2011; — «Non ricorre l'ipotesi del reato complesso - ma è configurabile il concorso materiale – tra il reato di usura e quello di esercizio abusivo di attività finanziaria di cui all'art. 132 del d.lgs. 1 settembre 1993, n. 385, in quanto il reato di cui all'art. 644 non si realizza esclusivamente mediante l'erogazione di un finanziamento in violazione delle norme che regolano l'attività creditizia, ma anche attraverso la prestazione di utilità diverse dal denaro e con la corresponsione di vantaggi usurari diversi dal pagamento di interessi di somme concesse in prestito»: Cass. II, n. 43916/2019; — «Il delitto di atti persecutori non è assorbito da quello di omicidio aggravato ai sensi dell'art. 576, comma primo, n. 5.1, non sussistendo una relazione di specialità tra tali fattispecie di reato»: Cass. I, n. 20786/2019; Contra: Cass. III, n. 30931/2020 ha affermato il seguente principio di diritto: «tra gli art. 576 c.p., comma 1, n. 5.1, e art. 612-bis c.p. sussiste un concorso apparente di norme ai sensi dell'art. 84 c.p., comma 1, e, pertanto, il delitto di atti persecutori non trova autonoma applicazione nei casi in cui l'omicidio della vittima avvenga al culmine di una serie di condotte persecutorie precedentemente poste in essere dall'agente nei confronti della medesima persona offesa». Le S.U., con sentenza n. 38402/2021, hanno accolto quest'ultima tesi avendo affermato il seguente principio di diritto: «La fattispecie del delitto di omicidio, realizzata a seguito di quella di atti persecutori da parte dell'agente nei confronti della medesima vittima, contestata e ritenuta nella forma del delitto aggravato ai sensi degli artt. 575 e 576, comma primo, n. 5.1, cod. pen. - punito con la pena edittale dell'ergastolo - integra un reato complesso, ai sensi dell'art. 84, comma primo, cod. pen., in ragione della unitarietà del fatto». Il suddetto criterio è stato invece utilizzato per affermare l'assorbimento nei seguenti casi: - con riguardo alla privazione della libertà personale (art. 605), quando questa sia stata limitata al tempo necessario alla consumazione della rapina e si è identificata ed esaurita con il mezzo immediato e diretto di esecuzione della rapina medesima, in rapporto funzionale con tale esecuzione, in forza del principio di specialità ne diviene elemento costitutivo: Cass. II, n. 10812/1995; Cass. II, n. 3604/2014; - il reato di procurata incapacità mediante somministrazione di sostanze stupefacenti, previsto dall'art. 613, non può concorrere con la rapina aggravata ai sensi del n. 2, comma 3 dell'art. 628, che riguarda il caso in cui la violenza sia consistita nel porre taluno in stato di incapacità di volere o di agire, in quanto quest'ultimo reato, così circostanziato, è costituito dalla fusione del reato di furto con quello di procurata incapacità, dando luogo ad un'unica fattispecie criminosa, secondo il principio di specialità che regola il concorso apparente di norme e che trova applicazione specifica nella configurazione del reato complesso: Cass. II, n. 50155/2004; - il delitto di violenza sessuale, aggravato dalla circostanza speciale dell'uso di sostanze alcoliche, narcotiche o stupefacenti gravemente lesive della salute della persona offesa assorbe quello di procurata incapacità mediante somministrazione di sostanze stupefacenti: Cass. III, n. 29603/2011, in una fattispecie nella quale erano stati contestati entrambi i reati ad un soggetto che aveva costretto alcune donne al compimento di atti sessuali, ponendole in condizioni di incapacità mediante somministrazione di un caffè mescolato con narcotici; - in ordine alla configurazione del reato di rapina (art. 628), la violenza — come la minaccia — ne sono elementi costitutivi, e rimangono perciò in essa assorbiti in forza del principio di specialità, soltanto quando tra essi intercede un nesso causale, con carattere di immediatezza, per cui l'impossessamento derivi direttamente dalla violenza stessa: Cass. II, n. 10812/1995; Cass. II. 41005/2018, in una fattispecie relativa alla somministrazione di un medicinale che aveva procurato alla vittima la perdita di conoscenza, ha affermato che «l'accertata induzione nel soggetto passivo dello stato di incapacità di volere o di agire al fine di sottrargli cose mobili costituisce circostanza aggravante della rapina che, in tal caso, è da ritenersi reato complesso costituito dalla fusione del reato di furto con quello di procurata incapacità»; - la violenza che, al pari della minaccia, è tra gli elementi costitutivi del delitto di rapina, può essere esercitata direttamente contro il possessore ovvero nei confronti di altra persona diversa dal detentore della cosa, purché tra la violenza e l'impossessamento interceda un nesso di causalità tale che abbia carattere di immediatezza, sicché l'impossessamento sia derivazione diretta della violenza stessa. Ne deriva l'assorbimento, in virtù del principio di specialità, della violenza privata, nella fattispecie di rapina: Cass. I, n. 1771/1992, in una fattispecie in cui ha ritenuto assorbiti nella rapina i reati di violenza privata commessi in danno dei funzionari e di quanti, essendo presenti nei locali della banca, avrebbero potuto ostacolare il fine delittuoso con la reazione; - il delitto di sequestro di persona è necessariamente assorbito in quello di dirottamento aereo, nonostante la innegabile diversa obiettività giuridica dei due reati — ne deriva che non è applicabile, in caso di dirottamento di aeromobile, la disciplina di cui al primo comma dell'art. 81: Cass. I, n. 6193/1986; - in tema di concorso di reati, il delitto di sequestro di persona è assorbito in quello di violenza sessuale quando la privazione della libertà personale della vittima si protrae per il tempo strettamente necessario a commettere l'abuso sessuale: Cass. III, n. 15068/2009, in una fattispecie nella quale è stata ritenuta irrilevante la circostanza che il reo, per commettere l'abuso sessuale, avesse condotto la vittima in luogo più lontano, diverso da quello convenuto per la consumazione del rapporto, essendo rimasta la vittima indifferente durante il trasporto in auto; Cass. III, n. 967/2014; - il delitto di furto aggravato dalla violenza sulle cose non concorre con il reato di danneggiamento delle medesime cose ma lo assorbe, in quanto la violenza si trova in rapporto funzionale con l'esecuzione della condotta di furto: Cass. V, n. 49571/2014 in una fattispecie in cui la violenza era consistita nella rottura del vetro di una autovettura dalla quale erano stati sottratti tergicristalli, fari e antenne; - in tema di falso, la differenza fra il reato previsto dall'art. 567 comma 2 e quello di cui all'art. 495 va ravvisata nel fatto che quest'ultima norma punisce l'immutazione del vero in se stessa, mentre quella di cui all'art. 567 cpv. punisce l'immutazione del vero in quanto da essa derivi la perdita del vero stato civile del neonato: i due reati hanno in comune l'elemento del falso ideologico documentale, mentre il reato di cui all'art. 567 ha in più l'elemento dell'alterazione di stato, atteggiandosi come reato complesso: Cass. VI, n. 9938/1994. «È configurabile il concorso formale tra il reato di peculato e quello di bancarotta fraudolenta per distrazione, in quanto essi si differenziano tra loro per il soggetto attivo, per l'interesse tutelato, per le modalità di aggressione del bene giuridico, per il momento della consumazione e per la condizione di punibilità, prevista solo in relazione al reato fallimentare»: Cass. VI, n. 14402/2021. - nell'ipotesi di alterazione, deterioramento o distruzione del luogo di custodia di un bene seguito da violenza alla persona vi è concorso e non assorbimento ex art. 84 c.p. tra il reato di danneggiamento e quello di tentata rapina impropria e ciò perché l'unica ipotesi di furto assorbita nella fattispecie di cui all'art. 628 c.p. è quella semplice e non anche quella aggravata ex art. 625 n.2 c.p.: Cass. II, n.5887/2024 ; si è osservato come le disposizioni sul reato complesso prevedono che un reato sia assorbito in altro qualora ne costituisca elemento costitutivo o circostanza aggravante ma non anche che un reato complesso sia a sua volta assorbito da altra fattispecie complessa; ed allora il reato di rapina è integrato dalla consumazione del solo reato di furto semplice aggiunta l'ipotesi della violenza alla persona ma non anche dall'ipotesi di furto aggravato. - in un caso particolare di esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza alle persone aggravato dall'essere stato il fatto commesso anche con violenza sulle cose si è affermato potersi configurare un reato complesso anche perché la legge considera come suo elemento costitutivo e come sua circostanza aggravante fatti che costituirebbero, per sé stessi, il reato di danneggiamento commesso con violenza alla persona o con minaccia; e tuttavia si è precisato che poiché nei reati di "ragion fattasi" la violenza sulle cose è quella (e solo quella) che è strumentale («mediante» violenza sulle cose) al farsi ragione da sé medesimo, è solo entro tale limite che si può determinare l'assorbimento dei fatti di danneggiamento, laddove, mentre, qualora gli stessi fatti di danneggiamento risultino sproporzionati rispetto alle esigenze che sono connesse alla realizzazione del preteso diritto, il reato di danneggiamento concorrerà con quello di "ragion fattasi" e così in particolare quando il danneggiamento non sia limitato alle cose oggetto del proprio preteso diritto ma sia stato esteso anche ad altri e diversi oggetti con i quali alcuna relazione qualificata poteva essere vantata (Cass. II n. 26507/2024). BibliografiaBin, il reato eventualmente complesso come (unica) ipotesi di concorso apparente ulteriore rispetto alla specialita’. L’esempio del rapporto tra incendio e disastro ambientale, in Leg. Pen., 9/05/2023; Piacenza, Reato complesso, in Nss. d. I., Torino, 1967; Pagliaro, Il reato, in Trattato di diritto penale, diretto da Grosso-Padovani-Pagliaro, Milano, 2007; Prosdocimi, voce Reato complesso, in Dig. d. pen., XI, Torino, 1996; Vassalli, voce Reato complesso, in Enc. dir., XXXVIII, Milano, 1987; Vassalli, voce Progressione criminosa e reato progressivo, in Enc. dir., XXXVI, Milano, 1987. |