Codice Penale art. 89 - Vizio parziale di mente.Vizio parziale di mente. [I]. Chi, nel momento in cui ha commesso il fatto era, per infermità, in tale stato di mente da scemare grandemente, senza escluderla, la capacità d'intendere o di volere, risponde del reato commesso; ma la pena è diminuita [65, 69 4, 70 2, 95, 108 2, 148, 219; 220 2 c.p.p.]. InquadramentoLa norma in commento prende in esame il “vizio parziale di mente”: la distinzione rispetto al vizio totale di mente di cui all'art. 88 non è qualitativa ma quantitativa «e tocca l'intensità della lesione alla capacità d'intendere e volere provocata dall'infermità, quali che siano la natura, l'estensione o l'intensità di quest'ultima» (Marini §15; Fiandaca-Musco, PG, 354; Marinucci-Dolcini, Manuale 2015, 384, secondo i quali la diminuzione dev'essere “molto seria”; Crespi, 776, rileva che il suddetto vizio deve interessare, sebbene in misura minore, tutta la mente; Romano-Grasso, 41). L'accertamento della suddetta patologia non comporta, come il vizio totale, l'assoluzione dell'imputato, ma la condanna ad una pena diminuita (v. infra) nonché, se ritenuto pericoloso, alla misura di sicurezza dell'assegnazione a una casa di cura e di custodia (art. 219). In via generale, si può affermare che tutto quanto detto a proposito del vizio totale di mente (nozione di infermità; nesso di causalità; modalità di accertamento), vale anche per il vizio parziale: si rinvia, pertanto, in ordine ai requisiti, al commento della norma precedente. La norma in commento, nella seconda parte, stabilisce che l'imputato «risponde del reato commesso; ma la pena è diminuita»: ciò significa, quindi, che la norma ha natura giuridica circostanziale ed esattamente rientra fra le circostanze di cui all'art. 70 n. 2 (“inerenti alla persona del colpevole”) (Cass. III, n. 2205/1992; in dottrina: Romano-Grasso, 44; Marini § 31; Fiandaca-Musco, PG, 355;), e, quindi, è soggetta al giudizio di comparazione di cui all'art. 69 c.p. (Cass. II, n. 35006/2010; Cass.III, n. 37584/2020). Sul punto, peraltro, è opportuno precisare che, secondo la consolidata giurisprudenza di legittimità, ai fini dell'applicazione della misura di sicurezza del ricovero in casa di cura e custodia ex art. 219, per "pena stabilita dalla legge" si deve intendere quella astrattamente fissata per il delitto commesso, compresi gli aumenti e le diminuzioni derivanti dalle ritenute circostanze aggravanti ed attenuanti. In tale computo non si tiene conto della diminuzione della pena per il vizio parziale di mente, e ciò perché la suddetta diminuente va considerata a questi fini connotazione soggettiva e non indice di minore gravita, per l'evidente ragione che infermità di mente e connessa pericolosità costituiscono la ragione della misura stessa, sicchè sarebbe intrinsecamente contraddittorio diminuire la risposta sanzionatoria proprio in conseguenza di quella pericolosità che impone la misura di sicurezza. Di conseguenza, essa non opera , nei soli casi, in cui sia ritenuta prevalente rispetto alle aggravanti concorrenti, ma, al contrario, anche in caso di equivalenza in cui si limita a fungere, rispetto agli altri elementi circostanziali, come elemento di riduzione della pena, paralizzando gli aumenti che in astratto deriverebbero dalle circostanze aggravanti: Cass. I, n. 281/1982; Cass. I, n. 4459/2014; Cass. I., n. 34203/2016. CasisticaRapporti con il dolo e la colpa Nel commentare l'art. 85, si è dedicato molto spazio al ruolo che il dolo e la colpa svolgono nell'ambito della non imputabilità (sotto il profilo del vizio totale di mente), evidenziandosi il contrasto esistente, sul punto, soprattutto in dottrina. In relazione, invece, al vizio parziale di mente, la giurisprudenza è assolutamente costante nel ritenere la compatibilità fra il suddetto vizio e l'elemento psicologico (colpa o dolo) che deve sorreggere la condotta dell'imputato. Si rileva, infatti, che «sussiste compatibilità tra il vizio parziale di mente ed il dolo, poiché i due concetti operano su piani diversi ed è la stessa legge che concepisce la compatibilità del funzionamento dell'intelligenza e della volontà — cui va ricondotto il dolo — con una parziale infermità di mente» (Cass. I, n. 8972/1997): di conseguenza, il vizio parziale di mente è ritenuto compatibile con l'intensità del dolo (Cass. III, n. 19248/2011; Cass. I, n. 43216/2018) e, quindi, anche con il dolo eventuale (Cass. V, n. 14548/2015); Cass. II, n. 9311/2019, ha chiarito che «Nell'ipotesi di reato commesso da soggetto a capacità diminuita, l'indagine sulla sussistenza del dolo specifico va compiuta con gli stessi criteri utilizzabili nei confronti del soggetto pienamente capace, e cioè avvalendosi di un procedimento logico inferenziale fondato sull'esame di fatti esterni e certi, aventi un sicuro valore sintomatico del fine perseguito dall'agente»; Cass. VI, n. 14795/2020. Ed invero, la coscienza e la volontà, pur se diminuite, non sono incompatibili con il vizio parziale di mente, in quanto sussiste piena autonomia concettuale tra la diminuente, che attiene alla sfera psichica del soggetto al momento della formazione della volontà e l'intensità del dolo, che riguarda il momento nel quale la volontà si manifesta e persegue l'obiettivo considerato»: Cass VI, n. 1420/2017. Rapporti con la gravità del reato e la pena La ritenuta compatibilità del dolo con il vizio parziale di mente, ha, ovviamente, una refluenza con la gravità del reato e, quindi, con la pena da graduarsi ai sensi dell'art. 133. Infatti, sul punto, la giurisprudenza, ritiene che, «in caso di riconoscimento del vizio parziale di mente, la diminuzione di pena deve essere graduata in funzione della gravità della malattia e della sua incidenza sulla genesi della condotta antigiuridica, potendosi applicare una riduzione inferiore a quella massima consentita qualora risulti che l'autore sia stato indotto al reato anche da altri fattori, diversi dalla patologia mentale e con essa concorrenti» (Cass. I, n. 33268/2013) e ciò perché «sussiste autonomia concettuale tra diminuente per vizio parziale di mente (che inerisce strettamente alla persona ed alla sua imputabilità) e gravità del reato, fondata sui criteri oggettivi e soggettivi dettati dall'art. 133 nessuno dei quali interessa la sfera della funzione mentale se non, indirettamente, per ciò che attiene alla intensità del dolo»: Cass. I, n. 10252/1988. Rapporti con altre circostanze attenuanti o aggravanti Il fatto che l'art. 89 funge, esso stesso, da circostanza attenuante, e la particolare natura della medesima, ha fatto sorgere il problema della compatibilità con altre circostanze che trovano la loro spiegazione in particolari stati d'animo dell'imputato (premeditazione; motivi abietti e futili; crudeltà; provocazione). La soluzione datane dalla giurisprudenza, in via di massima, può essere riassunta nel seguente principio: le suddette circostanze, possono concorrere con quella del vizio parziale di mente, salvo che esse stesse trovino la loro genesi nel parziale vizio di mente dell'imputato. La premeditazione non è incompatibile con il vizio parziale di mente, in quanto anche un seminfermo di mente può essere capace di concepire un atteggiamento psicologico e volitivo più o meno fermo e di subire, opponendovi una diversa resistenza, valide controspinte al delitto. Anche un seminfermo di mente può essere dunque capace di agire sia con dolo d'impeto che con dolo di proposito, e l'unica ipotesi in cui è riscontrabile incompatibilità tra la circostanza aggravante e la diminuente è quella in cui la malattia che provoca la diminuita imputabilità ha diretta incidenza sul processo intellettivo o volitivo, tanto da identificarsi con esso» «nel senso che il proposito coincida con un'idea fissa ossessiva facente parte del quadro sintomatologico di quella determinata infermità (Cass. I, n. 8771/1992; Cass. I, n. 9015/2009; Cass. I, n. 25608/2013; Cass. I, n. 17606/2016). Non sussiste, sul piano astratto, alcuna incompatibilità tra il vizio parziale di mente e la circostanza aggravante di cui all'art. 61 n. 1 in quanto i due particolari motivi (abietti o futili) non costituiscono in sé una costante e diretta estrinsecazione della infermità per la quale la capacità di intendere e di volere può risultare grandemente scemata» (Cass. II, n. 15571/2013; Cass. V, n. 13515/2017; Cass. I, n. 8351/2022); tuttavia, l'aggravante, deve essere individuata con criterio sia oggettivo che soggettivo, onde rendere possibili scelte razionali, non arbitrarie ed astratte, concretamente ancorate ai fatti ed alla personalità dell'individuo», sicché — nel caso di reato commesso da minore — può essere riconosciuta solo quando il motivo che ha determinato la commissione del reato sia meramente pretestuoso ed espressione dell'istinto criminale e della malvagità del reo e non quando esso trovi ragione nell'irrazionalità rappresentativa dell'immaturità ed emozionalità adolescenziale (Cass. V, n. 8450/1997; Cass. I, n. 48162/2013). L'aggravante delle sevizie e crudeltà (art. 61 n. 4) è compatibile con la seminfermità mentale, a meno che la condotta inumana e crudele sia l'effetto della riscontrata malattia (Cass. I, n. 4268/1982; Cass. I, n. 20995/2012; Cass. I, n. 27355/2021); La circostanza aggravante della minorata difesa (art. 61 n. 5) è compatibile col vizio parziale di mente. La seminfermità mentale, infatti, attenua ma non esclude la capacità di intendere e di volere, onde anche il seminfermo è in grado di concepire ed eseguire un'azione criminosa valendosi delle più propizie circostanze offerte da particolari condizioni di luoghi o persone»: Cass. I, n. 385/1969; Lo stato d'ira previsto dall'art. 62 n. 2 può, in astratto, coesistere con il vizio parziale di mente, ma, in tali casi occorre un più rigoroso apprezzamento della condizione psicologica del soggetto, per accertare se la sua reazione non dipenda dal fatto provocatorio, ma si identifichi con la stessa infermità psichica, capace di scatenare manifestazioni colleriche ingiustificate. Ove sia accertata tale ultima situazione, l'attenuante non può essere concessa essendo incompatibile con la diminuente del vizio parziale di mente (Cass. I, n. 1023/1984; Cass. I, n. 8514/1989; Cass. I, n. 21405/2009; Cass. I, n. 16217/2020); La diminuente del vizio parziale di mente può coesistere con quella delle attenuanti generiche (art. 62-bis), in quanto sono diversi i presupposti logico-giuridici: la prima attiene all'imputabilità del soggetto, le seconde, invece, ineriscono alla valutazione della gravità del fatto-reato (Cass. I, n. 37353/2007). Non si possono, invece, concedere le attenuanti generiche valorizzando lo stato di parziale infermità mentale perché tale stato costituisce già di per sé un'attenuante (Cass. fer., n. 7350/1992); Quanto alla recidiva, Cass. VI, n. 27086/2017, ha affermato che «non sussiste incompatibilità tra la recidiva ed il vizio parziale di mente, in quanto quest'ultimo non impedisce di rinvenire nella condotta dell'agente l'elemento soggettivo del dolo». Quanto al giudizio di comparazione tra circostanze, ex art. 69, la giurisprudenza ritiene che «ove l'imputato sia stato riconosciuto seminfermo di mente, la valutazione comparativa deve prescindere da tale aspetto e dall'alterata percezione della realtà che ha l'agente e deve, invece, tener conto della personalità dell'imputato, espressa nelle modalità comportamentali del reato e nel ruolo rivestito in concreto nella commissione dello stesso»: Cass. II, n. 48168/2019;Cass. I, n. 33389/2013. Rapporti con l'abitualità e professionalità nel reato e con il reato continuato L 'attenuante del vizio parziale di mente è compatibile sia con la dichiarazione di abitualità e professionalità nel reato (Cass. V, n. 705/1981; Cass. II, n. 3991/1975), che con il reato continuato (Cass. II, n. 9793/1986). In particolare, quanto al reato continuato, la giurisprudenza ritiene che la circostanza attenuante in commento va valutata ed applicata in relazione ad ogni singolo reato (Cass. II, n. 8749/2020; Cass. VI, n. 12414/2011). Rapporti con le misure di prevenzione Tra applicazione di una misura di prevenzione e accertamento della seminfermità mentale non esiste inconciliabilità, perche la seminfermità mentale, a differenza di quella totale, non esclude manifestazioni di pericolosità diverse da quelle che vi si ricollegano in via esclusiva, mentre, d'altra parte, il controllo di polizia svolge efficacia dissuasiva anche verso il seminfermo: Cass. I, n. 2020/1980; Cass. I, n. 6130/2009. Profili processualiLa giurisprudenza ha affermato che uno stato di parziale infermità mentale dell'imputato non incide sulla sua capacità processuale e, quindi, non rende nullo un atto di rinuncia al gravame dallo stesso effettuato: Cass. II, n. 9804/1986; Cass. I, n. 12928/2014; Cass. I, n. 11897/2019, ha affermato che, poiché l'onere probatorio della capacità di intendere e di volere incombe sull'accusa, per ritenere il vizio parziale di mente è sufficiente, in base al canone "in dubio pro reo", che sia riconosciuto un ragionevole livello di probabilità dello stesso, secondo la regola di giudizio "più probabile che non", giudizio che, essendo di fatto, ove correttamente motivato, si sottrae al sindacato di legittimità; Cass. I, n. 9638/2017. Corte Cost. n. 207/2022 ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 438, comma 1-bis, cod. proc. pen., nella parte in cui non prevede che l'imputato seminfermo di mente per delitti puniti con l'ergastolo, riconosciuto parzialmente incapace di intendere o di volere al momento del fatto con perizia svolta in incidente probatorio, sia ammesso al rito abbreviato. Il divieto di giudizio abbreviato previsto dalla disposizione censurata è collegato alla comminatoria astratta della pena dell'ergastolo, mentre nessuna incidenza determina la circostanza che il giudice ritenga concretamente inapplicabile tale pena in seguito al giudizio di bilanciamento. Non sussiste pertanto la denunciata disparità di trattamento rispetto all'imputato minorenne, perché l'elemento che vale ad impedire all'imputato seminfermo di mente, e non anche all'imputato minorenne, l'accesso al rito abbreviato non è da rinvenirsi nelle diverse conseguenze che discendono dalle rispettive attenuanti, quanto nella diversa regola di sistema - scaturente dalla sentenza n. 168 del 1994 - che impedisce di infliggere la pena perpetua al solo imputato minorenne. Non fondate sono anche le censure di violazione della finalità rieducativa della pena e della tutela della salute dell'imputato affetto da vizio parziale di mente, le quali si apprezzano non nell'ottica dell'accesso più o meno ampio al rito speciale, ma alla luce delle modalità di esecuzione della pena, posto che la misura di sicurezza deve essere conformata in modo da assicurare adeguati trattamenti e fattivo sostegno al riadattamento sociale del soggetto. BibliografiaCrespi, voce Imputabilità (diritto penale), in Enc. dir., XX, Milano, 1970; Marini, voce Imputabilità, in Dig. d. pen., VI, Torino, 1992. |