Codice Penale art. 97 - Minore degli anni quattordici.InquadramentoL'articolo in commento è la prima delle due norme che il codice detta per i minorenni relativamente ai quali sono individuabili due fasce d'età: a) quella al di sotto dei quattordici; b) quella compresa tra i quattordici e i diciotto, sopra la quale scatta la presunzione di imputabilità. L'art. 97 detta la disciplina relativa alla prima fascia d'età. La ratio che sta alla base della suddetta norma, va rinvenuta in una scelta di politica criminale. Si è, infatti, precisato, che «nel periodo della maggiore immaturità psichica il soggetto è dalla legge considerato assolutamente incapace di diritto penale, perché ritenuto incapace di intendere o di volere in modo giuridicamente considerabile, sino a che dura quel periodo. Ne viene che, non potendo un simile individuo produrre il fatto giuridico («reato») da cui traggono origine, immediata o mediata, tutti i rapporti di diritto penale, egli è incapace di delinquere in senso giuridico, in via assoluta; e quindi, ove compia un fatto preveduto dalla legge come reato, non è imputabile né punibile (né perseguibile). I limiti di questa prima fase dell'età sono fissati in base a criteri necessariamente empirici, di politica penale, sul fondamento d'una ipotesi logica, e con norma inderogabile e generale»: Manzini, Trattato, II, 80; Marinucci-Dolcini, 2015, 387; Romano-Grasso, 75. Quindi, più che di non imputabilità si deve parlare, come precisato anche nella Relazione ministeriale sul progetto del codice penale (« il minore deve essere considerato assolutamente incapace secondo il diritto penale») di non imputabilità derivante da vera e propria incapacità di diritto penale: «l'imputabilità riguarda un fatto determinato; la capacità concerne ogni manifestazione della persona che possa venire in considerazione dal punto di vista penale» (Manzini, Trattato, II, 81). Profili processualiL'accertamento della minore età È questo un momento fondamentale del processo perché, a seconda dell'esito, derivano conseguenze importanti. In ordine all'accertamento dell'età, la questione più importante che è venuta in rilievo in ambito giurisprudenziale, consiste nello stabilire quale debba essere il metodo per computare l'età. Il compimento dei 18 anni di età, ai fini del raggiungimento della piena imputabilità penale, va fissato secondo le regole stabilite dall'art. 14, comma 2, c.p. e dall'art. 172, comma 4, c.p.p. e, quindi, trattandosi di termine da computarsi ad anni, allo scadere delle ore 24 del giorno del diciottesimo compleanno del soggetto» ossia in un'ora successiva a quella indicata nell'atto di nascita: quindi, è considerare ancora minorenne un soggetto che abbia commesso un reato intorno alle ore 23.40 del giorno del suo diciottesimo compleanno: Cass. I, n. 39729/2016; Cass. I, n. 158/1999; Cass. VI, n. 3428/1974. Se permangono dubbi, l'art. 8 d.P.R. n. 448/1988 dispone che quando vi è incertezza sulla minore età dell'imputato, il giudice dispone, anche di ufficio, perizia. Qualora, anche dopo la perizia, permangano dubbi sulla minore età, questa è presunta ad ogni effetto. Le precedenti disposizioni si applicano altresì quando vi è ragione di ritenere che l'imputato sia minore degli anni quattordici. In relazione alla suddetta norma, la giurisprudenza ritiene che: - in caso di dubbio sull'età dell'imputato spetta al giudice minorile e non al giudice ordinario il relativo accertamento — ex combinato disposto degli artt. 67 c.p.p. e 8 del d.P.R. n. 448/1988 — all'esito del quale occorre valutare la questione di competenza: Cass. I, n. 32810/2007; Cass. III, n. 2690/2011; Cass. III, n. 33002/2015, la quale, però, ha precisato che la trasmissione degli atti al Procuratore presso il Tribunale per i minorenni non può discendere esclusivamente dalle dichiarazioni rese in proposito dall'imputato, a meno che le stesse non siano sorrette dai necessari riscontri, anche indiziari, purché specifici; - il dubbio che determina incertezza sull'età dell'imputato deve essere oggetto di delibazione da parte del giudice che procede, non essendo sufficiente la semplice deduzione dell'interessato: Cass. I, n. 7328/2008; - costituisce strumento idoneo ad accertare l'età dell'imputato l'esame radiografico del polso in quanto consente di valutare il processo di accrescimento dell'organismo nell'età evolutiva, ancorché diversamente indichino documenti di identità dei quali non si conosca l'efficacia identificativa e fidefacente: Cass. IV, n. 16946/2015; Cass. V, n. 8908/2022; di conseguenza, «la presunzione di minore età, stabilita dall'art. 8, comma 2, d.P.R. n. 448/1988, non ricorre quando, all'esito di accertamenti radiografici, sia superata ogni incertezza: Cass. IV, n. 8164/2006; Cass. V, n. 9493/2005 ; Cass. V, n. 1839/2017, ha precisato che «In tema di accertamento dell'età dell'indagato, i dati emergenti da un documento di identità estero di provenienza certa e di autenticità verificata (nella specie un passaporto accompagnato dal visto di ingresso rilasciato dall'autorità italiana), prevalgono sulle diverse risultanze dell'esame radiografico, anche in considerazione del margine di errore delle tabelle di comparazione» . Una volta che sia accertato che l'imputato sia minore degli anni quattordici si verificano i seguenti effetti processuali: a) scatta la presunzione assoluta di non imputabilità e, quindi, anche di assoluta incapacità processuale che prescinde dall'effettivo riscontro della capacità di intendere e volere in capo al minore infraquattordicenne; b) tuttavia, il giudice non può pronunciare, automaticamente la sentenza di non luogo a procedere per difetto di imputabilità del minore, dovendo procedere, preventivamente, a verificare l'eventuale insussistenza del fatto o la non attribuibilità dello stesso al minore imputato. Tale accertamento si rivela indispensabile, in quanto la sentenza di non luogo a procedere per difetto di imputabilità postula il necessario accertamento di responsabilità dell'imputato e, quindi, le ragioni del mancato proscioglimento nel merito. Tale soluzione, è stata ritenuta l'unica in grado di garantire la compatibilità della norma dettata per il processo a carico di imputati minorenni con il disposto dell'art. 224, che consente l'applicazione di misure di sicurezza al minore non imputabile ritenuto pericoloso: Cass. V, n. 42507/2008; Cass. V, n. 24696/2014; Cass. V, n. 18052/2012; Cass. V, n. 55260/2018. È sorto, però, contrasto, sulla sussistenza o meno dell’obbligo del giudice, ai fini della pronuncia della sentenza di non luogo a procedere per difetto di imputabilità del minore infraquattordicenne ai sensi dell’art. 26 del d.P.R. n. 448 del 1988, di provvedere all'instaurazione del contraddittorio, fissando l'udienza preliminare e dando avviso all'esercente la potestà genitoriale. In senso negativo: Cass. V, n. 49863/2009; Cass. I, n. 16118/2019; Cass. V. n. 3029/2019; contra; Cass. IV, n. 11541/2020. c) nell'ipotesi in cui, erroneamente, un minore sia stato condannato, il giudice dell'esecuzione deve dichiarare l'inesistenza della condanna pronunciata contro un minore non imputabile perché infraquattordicenne: Cass. I. n. 35/2019; Cass. I, n. 5998/2009; Cass. I, n. 31652/2014 ha precisato che «Il giudice dell'esecuzione può dichiarare ineseguibile la condanna pronunciata contro un minore non imputabile, soltanto se la circostanza relativa all'età anagrafica dello stesso risulti accertata o, comunque, evidente dagli atti del giudizio di cognizione ma non anche quando il giudice della cognizione abbia positivamente escluso tale evenienza, posto che solo nel primo caso si configura un'ipotesi di inesistenza giuridica della sentenza; su questa stessa linea, Cass. V, n. 28627/2017 ha ritenuto che «la nullità della sentenza di condanna pronunciata dal tribunale ordinario nei confronti di un soggetto che, successivamente, è risultato essere minorenne all'epoca dei fatti, non è deducibile nella fase esecutiva, mentre la revisione è ammissibile solo in presenza di nuovi elementi idonei a comprovare che il condannato, al momento dei fatti, fosse un minore infraquattordicenne, perciò non imputabile»; d) la valutazione in ordine all'attendibilità della dichiarazione di un minore non imputabile rimane sempre affidata al prudente apprezzamento del giudice di merito, tenuto conto dell'instabilità emotiva che talvolta caratterizza il rapporto tra il minore e il mondo degli adulti. Tuttavia deve escludersi che la incapacità di intendere e di volere, presunta per il minore non imputabile, costituisca pregiudizio per la credibilità delle dichiarazioni da costui rese (Cass. II, n. 9369/1989) in quanto la non imputabilità del minore non esclude necessariamente la sua maturità psichica ed intellettiva: Cass. VI, n. 15523/1989, relativamente alla ritenuta attendibilità di chiamata di correo effettuata da minore non imputabile. Effetti della non imputabilità del minoreSe il minore è prosciolto perché non imputabile (e, quindi, perché, è ritenuto responsabile del fatto addebitatogli: cfr supra sub b), si verificano i seguenti effetti di diritto sostanziale: a) misure di sicurezza: se il minore è giudicato pericoloso socialmente può essere applicata, ex combinato disposto degli artt. 222, comma 4, 224 e artt. 36, 37 d.P.R. n. 448/1988, la misura di sicurezza della libertà vigilata o del riformatorio giudiziario. Secondo Cass. IV, n. 17562/2009 l'applicazione provvisoria di misure di sicurezza nei confronti degli imputati prosciolti per inimputabilità in ragione della minore età implica il concorrere delle condizioni indicate dall'art. 37, comma 2, d.P.R. n. 448/1988. È opportuno segnalare che, secondo Cass. I, n. 11097/2002, il divieto di accesso ai luoghi ove si svolgano manifestazioni agonistiche e la concomitante imposizione dell'obbligo di presentarsi all'autorità di polizia — che costituiscono l'oggetto del provvedimento deliberato dal questore ex art. 6 della l. 13 dicembre 1989, n. 401 — vanno qualificati come misure di prevenzione e non come misure di sicurezza, cosicché, in mancanza di una esplicita previsione normativa, il provvedimento in questione non può essere adottato nei confronti di minori non ancora imputabili; b) effetti civili: del fatto commesso dal minore, rispondono, in sede civile — essendo vietata, ex art. 10 d.P.R. n. 448/1988, la costituzione di parte civile nel processo minorile — ex art. 2048 c.c., il padre, la madre o il tutore. |