Codice Penale art. 114 - Circostanze attenuanti.

Pierluigi Di Stefano

Circostanze attenuanti.

[I]. Il giudice, qualora ritenga che l'opera prestata da taluna delle persone che sono concorse nel reato a norma degli articoli 110 e 113 abbia avuto minima importanza nella preparazione o nell'esecuzione del reato, può diminuire la pena [65].

[II]. Tale disposizione non si applica nei casi indicati nell'articolo 112.

[III]. La pena può altresì essere diminuita per chi è stato determinato a commettere il reato o a cooperare nel reato, quando concorrono le condizioni stabilite nei numeri 3 e 4 del primo comma e nel terzo comma dell'articolo 112 (1).

(1) Comma così modificato dall'art. 7 3 d.l. 31 dicembre 1991, n. 419, conv., con modif., nella l. 18 febbraio 1992, n. 172.

Inquadramento

L'art. 114 prevede le attenuanti con le quali viene differenziato il trattamento dei concorrenti che abbiano avuto un ruolo oggettivamente e soggettivamente di minor rilievo, in tal modo supplendo alla mancata previsione di sanzioni differenziate per le varie modalità di partecipazione. Si tratta di attenuanti facoltative, diversamente dalle aggravanti di cui all'art. 112.

Attenuante della minima importanza dell'opera di taluno dei concorrenti

Il grado di efficienza causale dell'opera va considerato sotto il profilo sia materiale che psicologico.

L'attenuante , invero, è esclusa nei casi di cui all' art. 112 . In tale caso, quindi, è la legge che in via astratta esclude che l'apporto possa essere minimo.

In giurisprudenza si è chiarito, con riferimento alla ipotesi della aggravante di cui al n. 1 dell'art. 112 (numero delle persone) che, poiché la disposizione fa rinvio alla ipotesi “che la legge disponga altrimenti” sul numero delle persone, l'attenuante dell'art. 114 c.p. è inapplicabile anche nei casi in cui ricorrano le circostanze speciali sul numero delle persone eventualmente previste per il singolo reato (applicazione in tema di aggravante delle “più persone riunite” nei reati di rapina, Cass. II, n. 28908/2020,  ed estorsione, Cass. II, n. 18540/2016, e di partecipazione di tre o più persone al reato di cui all'art. 73 d.P.R. n. 309/1990 - stupefacenti, Cass. III, n. 17180/2020).

Secondo la dottrina, la casistica dimostra la applicazione particolarmente restrittiva di tale attenuante e nei casi in cui è stata applicata era discutibile proprio la sussistenza del concorso del beneficiario dell'attenuante (Fiandaca). Il dato statistico, nella giurisprudenza nota, depone effettivamente per una rara applicazione di tale circostanza.

La giurisprudenza accentua il carattere di tale attenuante di eccezione alla regola di piena equiparazione delle varie forme di concorso di persona ed è per tale ragione che arriva ad affermare che si applica quando il ruolo del determinato soggetto è “pressoché irrilevante nella produzione dell'evento” ( Cass. I, n. 19069/2004 ); inoltre, si precisa che l'attenuante non riguarda la gravità in sé delle condotte ma, invece, riguarda l'apporto causale alla commissione del reato ( Cass. V, n. 40092/2011 ). Per questa ragione ben può darsi che venga negata pur essendo state applicate le attenuanti generiche ovvero la attenuante (oggi reato autonomo) di cui al quinto comma dell' art. 73 d.P.R. n. 309/1990 : non è sufficiente invocare la scarsa gravità obiettiva della singola condotta.

È centrale, ovviamente, la valutazione di cosa si intenda per marginalità dell'apporto; viene individuata, ad esempio, nella circostanza che senza la data condotta il reato sarebbe stato ugualmente compiuto ( Cass. II, n. 18582/2009 ). Si afferma, poi, che la valutazione della condotta va fatta in termini assoluti e non sulla base di una comparazione dei contributi dei vari concorrenti (Cass, n. 35950/2020); al riguardo, però, si è sostenuto anche l'opposto argomento della necessaria comparazione dei contributi dei vari concorrenti ( Cass. IV, n. 1218/2008 ). Si è poi detto che ricorre la minima importanza quando il contributo del singolo è così lieve da apparire, nell'ambito della relazione di causalità, quasi trascurabile e del tutto marginale; e, quindi, la comparazione delle varie attività dei singoli concorrenti va effettuata nel senso di accertare il grado di efficienza causale del comportamento di ciascuno rispetto alla produzione dell'evento, ritenendo la possibilità di escludere la condotta di colui che invoca l'attenuante senza apprezzabili conseguenze pratiche sul risultato complessivo dell'azione criminosa ( Cass. III, n. 34985/2015 ).

Anche in questo caso è di particolare aiuto la casistica: ad esempio la minima importanza è stata esclusa per colui che abbia accompagnato i rapinatori, li abbia attesi ed abbia garantito loro fuga (Cass. II, n. 9743/2012 ) o abbia fatto loro da “palo” (Cass. V, n. 21469/2021 ); non è applicabile a colui che abbia fatto da carceriere in un sequestro di persona (Cass. VI, n, 34539/2021); a colui che abbia fatto da “staffetta” in una cessione di droga ( Cass. III, n. 10642/2010 ); a colui che trasporta abitualmente la prostituta sul luogo di attività (Cass. II, n. 1209/2008 ); a colui che confeziona dosi di droga ( Cass. IV, n.12811/2007 ); a colui che dal carcere dia l'assenso ad un omicidio di stampo mafioso (Cass. I, n. 1484/1998 ); a chi attende il complice per consentirne la fuga dopo l'omicidio (Cass. I, n. 7881/1997 ); all'incaricato del reclutamento dei corrieri della droga ( Cass. III, 9844/2016 ); a colui che faccia da intermediario nell'estorsione (Cass. II, n. 1757/1985); in materia di edilizia, non è partecipazione minima l'acquisto di lotti per edificare nel contesto di una lottizzazione abusiva (Cass. S.U., n. 4708/1992 ); l'attenuante non va applicata allorché si rilevi che l'imputato abbia partecipato alle varie fasi dell'episodio criminoso, svolgendo un ruolo insostituibile e necessario per l'esecuzione del delitto di omicidio (Cass. I,  n. 1468/1985); è stata esclusa per il compartecipe di un omicidio che, pur non partecipando all'esecuzione, era pur stato presente a tutte le fasi, rafforzando significativamente il proposito criminoso degli esecutori materiali; nonché per il soggetto che aveva fornito al detentore un locale ove occultare la droga .

In tema di violenza sessuale di gruppo, che prevede una specifica ed analoga circostanza attenuante del contributo di minima importanza si è parimenti ritenuto che è tale quell'apporto del tutto trascurabile nell'economia generale della condotta criminosa (Cass. III, n. 31842/2014 ).

Segue. Reati associativi

La circostanza attenuante della partecipazione di minima importanza non è applicabile in riferimento al reato associativo (Cass. I, n. 7188/2021); si tratta di giurisprudenza costante, che ricalca le motivazioni (Cass. VI, n. 5349/1989) basate sulla affermazione che la adesione al patto sociale di cui all'art. 416 “è al di fuori della figura del concorso di cui all'art. 110 c.p. e, conseguentemente, al di fuori della sfera di applicabilità della citata attenuante”. Secondo varie decisioni, invece, l'attenuante può essere applicata al delitto di partecipazione a banda armata (art. 306) nella particolare ipotesi in cui l'attività di taluno dei correi sia stata oggettivamente e soggettivamente quasi trascurabile (Cass. I, n. 8238/1983) precisandosi in altre decisioni che la stessa banda debba essere, in tali casi, di minima capacità operativa (Cass. I, n. 9967/1984), ai limiti della inoperatività.

Segue. Esclusione per la sussistenza di aggravanti

La esclusione dell'attenuante quando ricorra l'aggravante del numero delle persone (Cass. V,  n. 2904/2014) opera non soltanto nel caso in cui sia applicabile la norma di carattere generale del 114 ma anche in tutti i casi in cui l'aggravante del numero delle persone sia prevista quale aggravante speciale per il singolo reato (Cass. III, n. 17180/2020); ciò avviene, ad es., nel caso dell’art. 625 comma 1 n. 5 (Cass. V, n. 26814/2016), nel caso dell'art. 73, comma 6, d.p.r. 309/1990 (Cass. III, n. 19096/2012), in materia di reato di immigrazione clandestina (Cass. I, n. 37277/2015) e di aggravante delle persone riunite di cui agli articoli 628 e 629 (Cass. II, n. 18540/2016).

Segue. Reati colposi

Per il riferimento testuale, l'attenuante si applica all'ipotesi di cui all'art. 113; quindi non trova applicazione nel diverso caso di concorso di più condotte colpose autonome (Cass. IV, n. 11439/2012) nel quale manca del tutto la consapevolezza della condotta altrui che potrebbe giustificare in concreto la applicazione dell'attenuante.

Segue. Reati omissivi

Quanto alla condotta consistente in una omissione, si ritiene che non sia possibile ontologicamente valutare la stessa come di marginale importanza ed è, quindi, è incompatibile con la attenuante (Cass. IV, n. 45119/2008.).

Segue. Rapporto con l'articolo 116

Non è ipotizzabile l'attenuante della partecipazione di minima importanza rispetto alla ipotesi di cui all'art. 116 secondo comma (reato commesso più grave di quello voluto), non essendo configurabile una minima partecipazione ad un fatto di per sé non voluto (Cass. I, n. 7456/1994).

Attenuante per chi è stato indotto al reato

La norma prevede la applicabilità di tale attenuante a coloro che siano stati “determinati” nei casi di cui al primo comma n. 3 dell'articolo 112, (ovvero chi è stato “determinato” da chi esercita nei suoi confronti l'autorità, la direzione o la vigilanza), nel caso di cui al primo comma n. 4 del medesimo articolo (chi è stato “determinato” essendo persona minore degli anni 18 o in stato di infermità o deficienza psichica), nel caso del comma 3 dell'articolo 112 (chi è stato “determinato” da persona che su di lui eserciti la responsabilità genitoriale).

L'uso del termine “determina” è stato letto nel senso che il determinatore deve aver fatto insorgere in colui che invoca l'attenuante l'intenzione criminosa. Pertanto, è stata ritenuta non applicabile l'attenuante al minorenne che aveva partecipato con piena consapevolezza alla deliberazione del delitto (Cass. I, n. 12543/2015).

Si è precisato che la sussistenza delle condizioni dell'art. 112 non necessariamente comporta che il soggetto (ad esempio il minorenne in concorso con il maggiorenne) per la cui presenza è prevista l'aggravante, abbia una posizione da cui derivi comunque l'applicazione dell'attenuante (Cass. V, n. 18836/2013).

Per quanto riguarda la ipotesi di “autorità, direzione o vigilanza”, ai fini della attenuante si è considerato come tale disposizione preveda una relazione caratterizzata da un rapporto di supremazia di un soggetto nei confronti di un altro che, in famiglia, può ben sussistere anche al di fuori della ipotesi del rapporto fra il minore e l'esercente la potestà genitoriale. Quindi, ricorrendo le condizioni sostanziali, l'attenuante è configurabile anche nel rapporto tra il padre ed il figlio maggiorenne (Cass. I, n. 3332/2015).

Il rapporto di supremazia considerato ai fini della attenuante, inoltre, è compatibile con l'aggravante della premeditazione, in quanto non esclude la particolare intensità del dolo che caratterizza la premeditazione (Cass. I, n. 6578/2015).

La giurisprudenza più risalente, con riferimento al minore, ha invece considerato la ridotta capacità di discernimento del minore, o comunque la sua influenzabilità “da parte di maggiorenni cui si unisca nella perpetrazione del reato, ricevendone conforme spinta, specialmente quando la suggestione attiva derivi da vincoli di solidarietà amicale, cementati da spirito di clan, notoriamente molto avvertito da soggetti minorenni” (Cass. I, n. 7190/1994) in tal modo valorizzando anche una spinta a delinquere propria del soggetto.

Rispetto alla ipotesi di sussistenza delle condizioni di cui all'art.112, inoltre, si afferma che l'aggravante prevista da quest'ultima disposizione (avere, nell'esercizio della propria autorità, direzione o vigilanza, determinato a commettere il reato persone a sé soggette) non ricorre nel rapporto tra datore di lavoro e lavoratore, che è disciplinato dal relativo contratto, nell'ambito del quale il prestatore di lavoro subordinato trova adeguata tutela, sicché il timore del licenziamento non può giustificare l'esecuzione, da parte sua, di direttive illecite, né il compimento di attività delittuose (Cass. VI, 16737/2003).

Ai fini della disposizione in esame, infine, lo stato di infermità o deficienza psichica ricorre in “tutti quegli stati di minore resistenza all'altrui opera istigatoria in cui possono versare alcune persone che, pur non inferme, presentano una scarsa evoluzione mentale o caratteri di decadimento intellettuale ovvero deficienze psichiche che, senza raggiungere forme morbose, rendono il soggetto facile preda dell'altrui suggestione” (Cass. I, n. 5371/1990).

Bibliografia

Cantagalli, L'opera di minima importanza ed il contenuto dell'atto di partecipazione: aporie interpretative nell'applicazione giurisprudenziale, in Cass. pen., 2008, 592; D'Oria, Concorso «anomalo» e prospettive metodologiche nell'accertamento dell'elemento soggettivo, in Cass. pen., 2003, 2302; Di Salvo, Dolo eventuale e concorso anomalo, in Cass. pen., 2003, 123; Fini, L'attenuante della minima partecipazione: un'applicazione in tema di detenzione e spaccio di stupefacenti, in Giur. merito, 2006, 139; Guerrini, Il contributo concorsuale di minima importanza (art. 114, 1º comma, c.p., in Studi senesi, 1995, 51, 252; Gullo, La responsabilità del partecipe per il reato diverso da quello voluto tra versari in re illicita e principio di colpevolezza, in Riv. it. dir. e proc. pen., 2000, 1197; Piras, L'elemento soggettivo del concorso anomalo, in Cass. pen., 2001, 2352;

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