Codice Penale art. 162 bis - Oblazione nelle contravvenzioni punite con pene alternative (1).Oblazione nelle contravvenzioni punite con pene alternative (1). [I]. Nelle contravvenzioni per le quali la legge stabilisce la pena alternativa dell'arresto o dell'ammenda, il contravventore può essere ammesso a pagare, prima dell'apertura del dibattimento [492 1, 555 1e, 557 c.p.p.; 141 att. c.p.p.], ovvero prima del decreto di condanna [460, 565 c.p.p.], una somma corrispondente alla metà del massimo dell'ammenda stabilita dalla legge per la contravvenzione commessa, oltre le spese del procedimento. [II]. Con la domanda di oblazione il contravventore deve depositare la somma corrispondente alla metà del massimo dell'ammenda. [III]. L'oblazione non è ammessa quando ricorrono i casi previsti dal terzo capoverso dell'articolo 99, dall'articolo 104 o dall'articolo 105, né quando permangono conseguenze dannose o pericolose del reato eliminabili da parte del contravventore. [IV]. In ogni altro caso il giudice può respingere con ordinanza [148 c.p.p.] la domanda di oblazione, avuto riguardo alla gravità del fatto. [V]. La domanda può essere riproposta sino all'inizio della discussione finale del dibattimento di primo grado [523, 604 7 c.p.p.]. [VI]. Il pagamento delle somme indicate nella prima parte del presente articolo estingue il reato (2). (1) Articolo inserito dall'art. 126 l. 24 novembre 1981, n. 689. (2) Seguiva un settimo comma inserito dall'art. 9 l. 16 dicembre 1999, n. 479 e successivamente abrogato dall'art. 2-quaterdecies d.l. 7 aprile 2000, n. 82, conv., con modif., nella l. 5 giugno 2000, n. 144. InquadramentoNel Titolo VI del Libro Primo del Codice è contenuta la disciplina normativa delle cause di estinzione del reato e della pena; al Capo primo, tra le cause estintive del reato, si trova l'oblazione. La causa estintiva in argomento, denominata oblazione speciale o discrezionale — in tal modo distinguendola dall'oblazione ordinaria di cui all'art. 162 — è stata introdotta nel codice ad opera dell'art. 126 l. 24 novembre 1981, n. 689. Con riferimento ai caratteri generali dell'istituto, nonché alla funzione ed alla collocazione sistematica dello stesso, si potrà operare un integrale richiamo a quanto già scritto, in sede di commento alla disposizione normativa che precede. Ciò che differenzia l'istituto in esame è invece, in primo luogo, un allargamento dell'area di operatività dello strumento estintivo, che è infatti applicabile a tutte le contravvenzioni che prevedano alternativamente la pena dell'arresto o dell'ammenda. L'oblazione discrezionale, inoltre, non si atteggia più quale diritto soggettivo spettante al contravventore; essa è invece l'esito di un meccanismo che — pur se originato ovviamente dall'iniziativa individuale dell'interessato — è poi governato dalla valutazione discrezionale demandata al giudice. Il quale dovrà comunque sempre aver riguardo alla gravità del fatto e verificare che non permangano conseguenze sfavorevoli riconducibili al fatto commesso. Il peso preponderante di tale valutazione discrezionale è stato peraltro oggetto di forti riserve, sia per quanto attiene alla “congruità strutturale con il meccanismo generale di operatività dell'istituto”, sia in ordine alla “conformità teleologica con i principi costituzionali” (Romano-Grasso-Padovani, 144). Anticipando rapidamente i temi di seguito sviscerati, precisiamo che l'accesso al tipo di oblazione ora in esame deve sottostare alla ricorrenza di alcuni, ben precisi requisiti oggettivi e soggettivi. Fra gli elementi oggettivi prodromici e condizionanti tale causa estintiva ricordiamo, come sopra accennato, l'eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose del fatto perpetrato; evidenziamo inoltre come la eventuale valutazione negativa, in ordine alla gravità stessa del reato commesso, svolga funzione impeditiva all'accesso all'oblazione. In tema invece di presupposti soggettivi, la norma postula che il soggetto richiedente non versi nelle condizioni indicate dagli artt. 99 (recidiva), 104 (abitualità nelle contravvenzioni) o 105 (professionalità nel reato). Profili generaliL'inserimento nel sistema di tale modalità di estinzione del reato obbedisce — in maniera similare rispetto alla ratio ispiratrice dell'oblazione comune — ad una esigenza deflattiva, relativamente a fattispecie di reato contravvenzionale che, sebbene punite anche con pena detentiva, non appaiono espressive di una particolare offensività. Il meccanismo estintivo dell'oblazione discrezionale è dunque sostanzialmente analogo — almeno nei tratti principali — a quello che regge l'oblazione comune. L'ambito di applicazione dell'istituto è quello delle contravvenzioni codicistiche che sono punite con pena alternativa, nonché delle ipotesi contravvenzionali indicate dall'art. 127 l. 24 novembre 1981, n. 689, che — sebbene magari punite con la sola pena dell'ammenda — sono assoggettate alla disciplina prevista dall'art. 162-bis (si veda anche il commento all'art. 162). La dottrina non ha mancato di sottolineare come la necessità, per il contravventore richiedente, di avere la disponibilità di una immediata riserva economica — da porre a disposizione della procedura sin dal momento della formulazione dell'istanza — non sia perfettamente coerente con l'intento di giungere alla rapida definizione dei processi, che è posta dal legislatore a fondamento dell'istituto. Segnaliamo però l'ormai consolidato insegnamento del Supremo Collegio, che ha dato una diversa lettura della norma, ritenendo preminente la disciplina unitaria ed omogenea delineata — in ordine ad ambedue le tipologie di oblazione — dall'art. 141 disp. att. c.p.p. Laddove non è previsto il previo deposito della somma di denaro occorrente, contestualmente alla proposizione della domanda. Con la conseguenza che deve oggi ritenersi non più necessario il deposito della somma di denaro, al momento dell'inoltro della domanda di ammissione a qualsiasi forma di oblazione. La somma che il contravventore dovrà infine corrispondere, onde ottenere l'effetto estintivo, è anche qui prestabilita in misura fissa e corrisponde alla metà del massimo della pena edittale. La formulazione normativaL'istituto in commento delinea anzitutto un certo perimetro di applicazione, ossia la tipologia di reati in relazione ai quali esso potrà intervenire. Trattasi di contravvenzioni, che siano punite alternativamente con la pena dell'arresto o dell'ammenda. Lo sbarramento processuale è anche qui costituito dal momento dell'apertura del dibattimento, ovvero dall'emissione del decreto penale di condanna. Con riferimento alle modalità attuative, come detto, il dato testuale prevede il deposito — al momento della formulazione della domanda di ammissione — di una somma corrispondente alla metà del massimo della pena edittale prevista per la contravvenzione ascritta. Abbiamo sopra chiarito come l'art. 141 disp. att. c.p.p. abbia in seguito derogato a tale disposizione, rendendo non più necessario tale previo deposito. I successivi commi della norma descrivono le situazioni oggettive e le condizioni soggettive, in presenza delle quali la domanda non potrà trovare accoglimento. Segnaliamo infine che l'art. 9 l. 16 dicembre 1999, n. 479 aveva inserito un ultimo comma del seguente tenore: «In caso di modifica dell'originaria imputazione, qualora per questa non fosse possibile l'oblazione, l'imputato è rimesso in termini per chiedere la medesima, sempre che sia consentita»; comma poi abrogato dall'art. 2-quaterdecies d.l. 7 aprile 2000, n. 82, nel testo risultante dalla relativa legge di conversione (l. 5 giugno 2000, n. 144). Trattasi comunque di disposizione praticamente analoga a quella che l'art. 53 comma 1 lett. c) della medesima l. 16 dicembre 1999, n. 479 ha inserito nell'art. 141 disp. att. c.p.p., al comma 4-bis. Le condizioni soggettive ostativeL'iter finalizzato al perfezionamento dell'istituto poggia anzitutto sull'operatività di alcune cause di esclusione soggettive; queste hanno essenzialmente riguardo alle condizioni personali del contravventore, come desumibili dalla sua vita anteatta, ossia essenzialmente dai pregiudizi penali dai quali egli eventualmente risulti accompagnato. Così il soggetto che versi in uno stato di recidiva ex art. 99 non può essere ammesso all'estinzione del reato mediante pagamento di oblazione; nemmeno può esserlo il contravventore abituale — tale dichiarato a norma dell'art. 104 — né colui nei cui confronti sia stata pronunciata dichiarazione quale delinquente o contravventore professionale, ai sensi dell'art. 105. L'ordinamento muove qui dalla convinzione che le esigenze di carattere specialpreventivo debbano evidentemente prevalere sulla volontà deflattiva, tesa alla pronta definizione di controversie di non eccezionale caratura antigiuridica. È questa la ragione in base alla quale non si consente l'accesso alla causa estintiva in esame, a soggetti che siano già incorsi in una pluralità di violazioni del precetto penale. Si è poi sottolineato, da parte della dottrina, come l'effetto ostativo sopra detto si produca — in caso di ricorrenza di uno status di recidivo — soltanto nel caso in cui esista una espressa contestazione in tal senso; parimenti, con riferimento alla declaratoria di abitualità o professionalità, si ritiene in dottrina che occorra sempre una formale pronuncia in tal senso ad opera di un giudice (Martini, 422). Giova però sul punto precisare come la giurisprudenza — in tema appunto di necessaria contestazione della recidiva, ai fini che ora interessano — si sia orientata nel senso della valutabilità dei precedenti come elemento evocativo della gravità del fatto, anche indipendentemente dalla formale contestazione ex art. 99 (v. giurisprudenza sotto riportata; v. anche Diotallevi, 621). Precisiamo anche che la giurisprudenza si è orientata nel senso di ritenere che costituisca preciso onere gravante sull'imputato quello di sindacare la contestazione prospettata dalla pubblica accusa — la quale abbia magari ricondotto il fatto sotto l'egida normativa di un reato non oblabile — per ottenere la riqualificazione giuridica in reato estinguibile mediante il meccanismo dell'oblazione. Pertanto, laddove sia contestato un reato non oblabile né ex art. 162, né ai sensi dell'art. 162-bis, l'imputato deve formulare espressa richiesta di riqualificazione giuridica e sollecitare — in caso di accoglimento di tale istanza — la definizione del giudizio mediante oblazione. Il diritto a beneficiare dell'oblazione resta invece precluso per l'imputato che non l'abbia prospettato secondo i modi sin qui riferiti, allorquando il giudice provveda d'ufficio alla suddetta riqualificazione, in sede di sentenza che definisca il processo (per una accurata analisi del tema, si veda Montagna, 1171; si veda anche Cass. S.U., n. 32351/2014, riportata nel commento all'art. 162). Presupposti oggettivi legittimantiI requisiti oggettivi Sotto il profilo fattuale ed oggettivo, l'oblazione discrezionale non è ammissibile, allorquando permangano conseguenze dannose o pericolose direttamente derivanti dal fatto-reato. Deve trattarsi di conseguenze che si presentino come eliminabili ad opera del contravventore, ma che questi abbia appunto omesso di elidere. La prova dell'eliminazione, oppure della persistenza di conseguenze dannose o pericolose causalmente connesse al fatto, è oggetto di accertamento anche officioso ad opera del giudice (v. giurisprudenza sotto riportata). La valutazione demandata al giudice Per ciò che attiene al profilo della gravità del fatto commesso — elemento che, a norma del quarto comma della disposizione in commento, è comunque di ostacolo all’ammissibilità all’oblazione discrezionale — trattasi di valutazione rimessa al prudente apprezzamento del giudice. La formula normativa — effettivamente connotata da una marcata genericità descrittiva, nonchè forse esageratamente aperta sul versante previsionale — ha dato origine ad un ampio dibattito, fra gli interpreti della norma. Parte della dottrina ha infatti reputato opportuno fare riferimento, sul punto, a quei parametri valutativi di tipo esclusivamente oggettivo che sono rintracciabili nel dettato dell'art. 133. Altri Autori hanno mostrato invece propensione verso un apprezzamento comunque non atomistico e parcellizzato, bensì onnicomprensivo della vicenda; per una considerazione fondata quindi su tutti gli elementi di valutazione e conoscenza — di natura sia oggettiva che soggettiva — emergenti dall'incarto processuale. Non si è peraltro mancato di sottolineare come i canoni di giudizio dettati dall'art. 133 attengano al diverso profilo della dosimetria della pena, che è palesemente estraneo all'istituto dell'oblazione. Si è pertanto scritto che: “Attribuire quindi al giudice un potere di valutazione nel merito di un'ipotesi di reato la cui estinzione è per l'ordinamento del tutto indipendente da tali valutazioni rende, secondo tale opinione, l'oblazione istituto intrinsecamente fragile anche sotto il profilo costituzionale per l'eccessiva arbitrarietà giudiziale cui l'effetto estintivo è subordinato” (Venditti, 252; si veda anche, in ordine alle perplessità derivanti dall'assenza di stabili ancoraggi valutativi in tema di gravità del fatto, Cadoppi, 190). Si è sottolineato poi come l'emissione di un provvedimento di rigetto di ammissione all'oblazione renderebbe il giudice incompatibile, rispetto alla successiva celebrazione del giudizio; si realizzerebbe infatti — secondo parte della dottrina — una chiara situazione di espressione di giudizio, in un momento antecedente alla decisione nel merito. Ne deriverebbe l'inquinamento dello stato di “impregiudicatezza” del giudice (per una analisi della questione, vedere Tonini, 83). Precisiamo comunque che, per ciò che attiene ai provvedimenti emessi in veste di g.i.p., opera il disposto dell'art. 34 c.p.p.; la questione della eventuale incompatibilità alla celebrazione del successivo giudizio — in capo al giudice del dibattimento che abbia rigettato una istanza di oblazione — è stata invece risolta in senso negativo dalla Consulta (vedere quanto riportato nel relativo paragrafo). Giova infine rappresentare come l'effetto estintivo si verifichi in maniera automatica, ossia appena il contravventore corrisponda la somma che gli è stata indicata a titolo di oblazione. La successiva sentenza del giudice assume pertanto un connotato ed una funzione meramente dichiarativi, in relazione ad una situazione i cui effetti giuridici si sono già materialmente prodotti. Ne deriva che non è consentito revocare l'ammissione all'oblazione, in un momento ormai successivo al pagamento della somma precedentemente indicata. È invece pienamente legittima la revoca del mero provvedimento ammissivo — prima quindi del pagamento della relativa somma di denaro — sul presupposto che si sia in presenza di un reato non oblabile (si potrà leggere, sulla questione, la giurisprudenza sotto riportata). Cass. IV, n. 5829/2024 ha chiarito come l’apprezzamento demandato al giudice in punto di gravità del fatto, secondo i parametri valutativi fissati dall’art. 133 cod. pen., debba svolgersi considerando ogni elemento di valutazione e conoscenza, dunque tenendo presente anche le eventuali allegazioni compiute dalla persona offesa in sede di contraddittorio predibattimentale. Le contravvenzioni estinguibiliOccorre anzitutto fare riferimento alle contravvenzioni previste dal codice penale, in relazione alle quali sia prevista la pena alternativa dell'arresto o dell'ammenda. Si deve poi richiamare la disciplina dettata dall'art. 127 l. 24 novembre 1981, n. 689, laddove è previsto che la disposizione in materia di oblazione ex art. 162 bis trovi applicazione anche in relazione ai reati esclusi dalla depenalizzazione, come indicati nel precedente art. 34 alle seguenti lettere: l) leggi in materia urbanistica ed edilizia; h) l. 13 luglio 1966, n. 615, concernente provvedimenti contro l'inquinamento atmosferico (disposizione normativa ormai abrogata dal d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152); i) l. 31 dicembre 1962, n. 1860 e D.P.R. 13 febbraio 1964, n. 185, relativi all'impiego pacifico dell'energia nucleare (quest'ultimo abrogato dal d.lgs. 17 marzo 1995, n. 230); n) leggi relative alla prevenzione degli infortuni sul lavoro ed all'igiene del lavoro (vedere ora il d.lvo 9 aprile 2008, n. 81). Con riferimento poi alle violazioni in materia tributaria, la problematica postasi sotto la vigenza del d.l. 10 luglio 1982, n. 429, convertito in l. 7 agosto 1982, n. 516 sembra ormai sostanzialmente superata, visto che il d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74 — oltre ad abrogare, all'art. 25 comma 1 lett. d), l'intero Titolo Primo della suddetta legge — ha anche introdotto fattispecie di reato esclusivamente delittuose e non contravvenzionali. La richiesta di oblazioneCon riferimento a questo tema, è possibile operare un mero rinvio all'analogo paragrafo, contenuto nel commento alla disposizione normativa che precede. Rammentiamo solo che la richiesta di oblazione può trovare accoglimento anche in caso di espressione di parere contrario da parte del p.m., salvo naturalmente obbligo di specifica motivazione gravante sul giudice; è stata però in giurisprudenza ritenuta abnorme la sentenza di non doversi procedere emessa dal g.i.p., in assenza di previa trasmissione degli atti al p.m. per le sue determinazioni, dopo oblazione pagata in fase di indagini preliminari (v. sub art. 162). Ricordiamo infine anche che l'oblazione interessa il singolo reato in relazione al quale venga prospettata; non è dunque causa di inammissibilità della domanda l'esistenza di una contestuale contestazione — a carico del medesimo soggetto — per altro reato non oblabile (si potrà vedere la massima sotto richiamata). Disciplina delle speseRimandiamo alla lettura del commento inerente alla disposizione normativa che precede. In relazione al reato permanenteSi veda anche qui quanto scritto in relazione all'oblazione comune. Forme particolari presenti nell'ordinamentoL'art. 24 d.lgs. 19 dicembre 1994, n. 758 prevede l'estinzione delle contravvenzioni indicate nel precedente art. 19 (reati in materia di sicurezza e di igiene del lavoro, puniti con la pena alternativa dell'arresto o dell'ammenda). La procedura estintiva esige congiuntamente: a) il pagamento, da parte del contravventore, di una somma pari ad un quarto dell'ammenda massima edittale, a norma del precedente art. 21 comma 1; b) l'adempimento alle prescrizioni imposte dall'organo di vigilanza. Il ricorrere di ambedue tali condizioni estinguerà il reato e porterà il p.m. a chiedere l'archiviazione. Per le contravvenzioni in materia ambientale, si veda la procedura estintiva indicata dagli artt. 318-ter, quater e septies d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, come introdotta dalla l. 22 maggio 2015, n. 68. Segnaliamo come l'oblazione facoltativa sia ammissibile in relazione ai reati riservati alla competenza del Giudice di Pace, “…attesa l'esplicita modifica del sistema delle sanzioni dettata dal legislatore negli artt. 52 e 58 d.lgs n. 274/2000, nonché la disposizione di cui all'art. 29, comma 6 del decreto legislativo n. 274/2000 citato, ai sensi della quale prima delle dichiarazioni di apertura del dibattimento l'imputato può presentare domanda di oblazione. Nelle contravvenzioni attribuite alla competenza del giudice di pace sanzionate con l'ammenda ovvero, in via alternativa, con la permanenza domiciliare o con il lavoro di pubblica utilità è applicabile l'oblazione speciale prevista dall'art. 162-bis c.p. e non l'oblazione di cui all'art. 162 c.p., in quanto il reato stesso deve ritenersi punito con pena alternativa, detentiva o pecuniaria (Cass. IV, n. 972/2004)” (Murro, 8). Questioni di legittimità costituzionaleÈ stata giudicata manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 162 e art. 162-bis, nonché 521 c.p.p. e 141 disp. att. c.p.p., per asserito contrasto con gli artt. 3 e 24 Cost., laddove non è prevista la restituzione in termini dell'imputato, ai fini dell'inoltro della domanda di oblazione, allorquando il giudice — nell'emettere sentenza — proceda ad una riqualificazione giuridica del fatto e pur indipendentemente dalla preventiva istanza dell'imputato (Cass. III, n. 12284/2011). È inoltre manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 460 c.p.p. — prospettata per violazione degli artt. 24 e 11 Cost., nella parte in cui non prevede l'obbligatorietà dell'inserimento nel decreto penale di condanna, unitamente all'avviso della facoltà di chiedere l'oblazione, anche dell'avvertimento che la non proposizione di tale richiesta causerà la decadenza di cui all'art. 464 comma 3 c.p.p. (Cass. I, n. 29975/2002). La Consulta ha poi dichiarato inammissibile la questione di legittimità costituzionale della norma in commento, sollevata per presunto contrasto con gli artt. 3 e 27 co. 3 Cost., nella parte in cui essa non consente al giudice – nel momento in cui commisura l'ammenda ai fini dell'oblazione – di prendere in considerazione le condizioni economiche dell'imputato e la gravità del fatto contestato; la possibilità di giungere all'effetto estintivo passerebbe quindi esclusivamente attraverso il versamento di una somma di denaro, uguale sia per le persone abbienti che per quelle prive di mezzi economici. I Giudici delle leggi hanno qui osservato come l'intervento richiesto dal remittente inciderebbe sulla conformazione strutturale dell'istituto dell'oblazione, andando a ingerirsi in scelte di tipo discrezionale riservate al legislatore. Il tutto si risolverebbe in una integrazione avente il connotato della “novità di sistema”, che si colloca all'esterno del sindacato di legittimità costituzionale, essendo invece rimessa alle opzioni di riforma demandate al legislatore (si vedano anche Corte Cost. n. 250/2018, Corte Cost. n. 252/2012, Corte Cost. n. 266/2014 e Corte Cost. 136/2013). Secondo la Consulta, infine, è manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale della disposizione normativa in esame, laddove non prevede l'estinguibilità mediante oblazione anche di delitti puniti con la sola pena della multa (Corte cost. n. 462/1987). Trattasi infatti di mera scelta di politica criminale, rientrante nell'alveo delle facoltà discrezionali riservate al legislatore, “in relazione al maggior disvalore tradizionalmente assegnato ai delitti rispetto alle contravvenzioni, prevederne o meno l'estinzione per oblazione” (Diotallevi, 627). La Corte Costituzionale ha invece dichiarato la illegittimità costituzionale dell'art. 32, comma 36, d.l. 30 settembre 2003 n. 269 («Disposizioni urgenti per favorire lo sviluppo e la correzione dell'andamento dei conti pubblici»), convertito con modificazioni in l. 24 novembre 2003 n. 326, nella parte in cui non prevede che gli effetti estintivi di cui all'art. 38 comma 2 l. 28 febbraio 1985 n. 47 («Norme in materia di controllo dell'attività urbanistico-edilizia, sanzioni, recupero e sanatoria delle opere edilizie»), debbano prodursi anche allorquando — in momento antecedente allo spirare del termine di trentasei mesi dall'avvenuto pagamento dell'oblazione — si acquisisca l'attestazione di congruità della somma corrisposta, proveniente dall'autorità comunale (Corte cost. n. 70/2008). Per effetto di tale pronuncia, l'estinzione del reato sancita dal condono suddetto è correlata semplicemente alla tempestiva presentazione dell'istanza ed al versamento dell'oblazione, in una misura che sia da ritenersi corretta secondo l'attestazione promanante dall'autorità amministrativa; dunque, una modalità estintiva slegata dall'ormai inutile decorso del periodo di tempo ulteriore, successivo all'attestazione di congruità (per una approfondita analisi dello specifico tema, si veda Natalini, 103). La Consulta ha infine ritenuto infondata la questione di illegittimità costituzionale sollevata — per asserito contrasto con gli artt. 3, 24, comma 2 e 76 Cost.(in relazione all'art. 2 nn. 67 e 103, della l. 16 febbraio 1987, n. 81) — dell'art. 34 comma 2 c.p.p., nella parte in cui non prevede l'incompatibilità a celebrare il dibattimento del giudice che, in ragione della permanenza delle conseguenze dannose o pericolose del reato, nonché della ritenuta gravità del fatto, non abbia accolto la richiesta di oblazione presentata dall'imputato prima dell'apertura del dibattimento, ai sensi dell'art. 162-bis. Ha qui spiegato la Corte come si tratti di questione che non implica l'espressione di pregiudizio. Il principio generale di diritto è infatti nel senso che l'imparzialità del giudice non viene lesa da valutazioni — anche incentrate sul merito — allorché queste si collochino all'interno della medesima fase del procedimento (Corte cost. n. 232/1999). CasisticaSi riportano alcune sentenze del Supremo Collegio, dalle quali è possibile trarre i più importanti spunti di riflessione; con la sola precisazione che molte delle pronunce richiamate nell'omologo paragrafo inerente all'art. 162 enunciano principi di diritto validi anche in ordine all'istituto ora in commento. a. La confisca delle armi ex art. 6 l. 22 maggio 1975, n. 152 trova applicazione in ogni caso in cui si proceda per delitti o contravvenzioni concernenti comunque le armi. Tale misura resta esclusa soltanto nel caso in cui si addivenga ad assoluzione nel merito, ovvero allorquando l'arma risulti appartenente a soggetto estraneo al reato per il quale si proceda. Ne deriva che la confisca delle armi è legittimamente disposta, in caso di estinzione mediante oblazione delle contravvenzioni ex art. 697, nonché ex art. 20 l. 18 aprile 1975, n. 110 (Cass. I, n. 1806/2012). b. A fronte di una richiesta di accesso all'oblazione facoltativa, le precedenti condanne, pure a prescindere dal fatto che esse ostino all'ammissione alla causa estintiva, possono legittimamente venire in rilievo al fine della considerazione complessiva della gravità dei fatti, anche in difetto di una formale contestazione ex art. 99 (Cass. IV, n. 21454/2006). c. Anche laddove non vi sia una formale contestazione, la recidiva reiterata costituisce comunque ostacolo all'ammissione al meccanismo estintivo in argomento, atteso che la contestazione espressa della recidiva rileva esclusivamente in sede di commisurazione della pena (Cass. IV, n. 14751/2006). d.Per quanto attiene alle contravvenzioni in tema di infortuni ed igiene, la disciplina di cui all'art. 24 comma 3 d.lgs. 19 dicembre 1994, n. 758 non si pone in rapporto di alternatività, rispetto all'oblazione speciale prevista dalla norma in commento. Ne deriva che il contravventore potrà scegliere di avvalersi di tale ultima forma di estinzione del reato, sia nel caso in non sussistano i presupposti per l'ammissione dell'oblazione in via ammnistrativa, sia laddove abbia semplicemente scelto di non aderire a tale procedura (Cass. III, n. 7878/2012). e. Secondo il Supremo Collegio, l'oblazione speciale disciplinata dalla disposizione normativa in esame è applicabile anche alle contravvenzioni che siano previste da leggi finanziarie e che prevedano la pena alternativa dell'arresto o dell'ammenda (Cass. S.U., n. 10/1988). f. Al fine di decidere sulla richiesta di ammissione all'oblazione, l'accertamento in ordine all'eliminazione della persistenza di conseguenze dannose o pericolose direttamente ricollegabili al contravventore viene fatto anche d'ufficio dal giudice (Cass. III, n. 26762/2010). g. Il disposto dell'art. 141 disp. att. c.p.p. ha natura speciale rispetto alla previsione codicistica ex art. 162-bis secondo comma e delinea una disciplina unitaria, valevole in relazione sia all'oblazione comune, sia a quella speciale. Con la conseguenza che deve ritenersi non più necessario il deposito della somma corrispondente alla metà del massimo dell'ammenda prevista in relazione alla contravvenzione ascritta, come invece indicato dalla disposizione codicistica (Cass. III, n. 18991/2015; sul punto, secondo Cass. I, n. 14289/1999, si sarebbe verificata una ipotesi di abrogazione implicita ai sensi e per gli effetti dell'art. 15 disp. prel. C.C. espressione del principio lex posterior derogat priori). h. Non è consentita l'oblazione discrezionale in relazione al reato previsto dall'art. 4 l. 18 aprile 1975, n. 110, nemmeno laddove ricorra l'ipotesi della lieve entità. Si configura in tal caso, infatti, una circostanza attenuante speciale e non una autonoma figura contravvenzionale (Cass. I, n. 49358/2013). i. La contestazione di reato oblabile unitamente ad altro invece non estinguibile mediante il ricorso a tale modalità estintiva non costituisce ostacolo all'ammissibilità della domanda (Cass. V, n. 16488/2006). l. Non è consentita la revoca dell'ammissione all'oblazione, dopo che la relativa somma sia stata versata (Cass. III, n. 2734/1999); è invece possibile la revoca del provvedimento ammissivo — sul presupposto che il reato non sia estinguibile mediante oblazione — prima del versamento della somma (Cass. IV, n. 1553/2009). Profili processualiÈ in primo luogo opportuno richiamare l'analisi già condotta in relazione all'articolo che precede. Ci limitiamo dunque solo ad aggiungere qualche ulteriore aspetto processuale degno di rilievo. Dal momento che la sentenza di applicazione pena ex art. 444 c.p.p. non è strettamente assimilabile ad una pronuncia di condanna, essa non costituisce titolo ostativo — sub specie di recidiva — ai fini dell'ammissione all'oblazione speciale di cui all'art. 162 bis (Cass. IV, n. 8601/1996; contra Cass. V, n. 12207/2004). L'omessa pronuncia da parte del g.i.p., in ordine alla domanda di oblazione proposta contestualmente all'opposizione a decreto penale di condanna, produce una nullità a regime intermedio. Nel successivo giudizio, il contravventore potrà dunque tanto proporre la relativa eccezione, quanto riproporre la domanda, non realizzandosi in tal caso la decadenza ex art. 464 c.p.p. (Cass. III, n. 20549/2015). La domanda di oblazione che — al momento dell'opposizione a decreto penale di condanna — sia presentata in via meramente subordinata, rispetto alla richiesta di nullità per insussistenza del fatto ed al correlato proscioglimento nel merito, è da ritenersi inammissibile. Il giudice infatti, deve pronunciarsi prioritariamente sulla richiesta di oblazione (Cass. III, n. 12518/2011). Laddove venga formulata domanda di oblazione in sede di opposizione a decreto penale di condanna, il g.i.p. che emetta provvedimento di reiezione non può poi ordinare sic et simpliciter l'esecuzione del decreto penale opposto; essendo comunque intervenuta una opposizione, egli deve invece disporre che si proceda al giudizio (Cass. I, n. 3252/1991). Ancora in sede di opposizione a decreto penale, può essere proposta una richiesta di oblazione in ordine alla quale il giudice erroneamente emetta un provvedimento di rigetto; qui la stessa domanda può essere riproposta nel successivo dibattimento, non operando più la preclusione processuale. E in tal caso, il giudice del dibattimento avrà l'obbligo di prendere in considerazione la domanda nuovamente prospettata (Cass. S.U., n. 47923/2009). I Giudici di legittimità hanno peraltro precisato come l'ordinanza che respinga una domanda di oblazione, inoltrata a seguito di opposizione a decreto penale di condanna, non sia impugnabile in via autonoma. La sussistenza di vizi in tale provvedimento può infatti esser fatta valere esclusivamente al momento dell'impugnazione della sentenza, a mezzo della quale si concluda il giudizio susseguente all'opposizione a decreto penale (Cass. III, n. 35550/2017). In tema di rapporti fra la causa estintiva in esame e la previsione dell'art. 129 c.p.p., sottolineiamo che — nel caso in cui intervenga il versamento della somma indicata a titolo di oblazione — si produrrà un immediato effetto estintivo, dichiarabile de plano ad opera del giudice. Al quale sarà preclusa la pronuncia di proscioglimento con formula più favorevole all'imputato, quale potrebbe essere quella attinente all'insussistenza del fatto o alla non riconducibilità soggettiva del medesimo; l'unica eccezione a tale principio risiede nel fatto che elementi in tal senso emergano lampanti dall'imputazione stessa, dunque senza necessità ulteriore di esperire accertamenti nel merito, che restano radicalmente preclusi (Cass. III, n. 12791/2012). BibliografiaCadoppi, Oblazione vecchia e nuova e principi costituzionali, in Riv. it. dir. e proc. pen. 1983; D'Ascola, Oblazione, in Enciclopedia Giuridica, XXI, Roma, 1990; Martini, voce Oblazione, in D. I., VIII, Torino, 1994; Montagna, Riqualificazione giuridica del fatto e diritto all'oblazione, in Dir. pen. e proc., 2014, 10; Murro, “Oblazione”, in ilPenalista.it, 4 agosto 2015; Natalini, Per il buon fine dell'ultimo condono basta la semplice prova di congruità, in Guida dir., 2008, n. 4; Romano-Grasso, Padovani, in Comm. Romano, Grasso, Padovani, III, Milano, 1994; Padovani, Commentario sistematico del Codice penale, Milano, 2011; Tonini, Manuale di Procedura penale, Milano, 2005; Venditti, Enc. giur., 10, Milano, 2007; Panagia, sub art. 162, in Commentario Crespi, Forti, Zuccalà, Padova, 2006; Rampioni, Inquinamento idrico, oblazione ex art. 162 bis c.p. e permanenza delle conseguenze dannose o pericolose del reato, in CP, 1985 |