Codice Penale art. 168 ter - Effetti della sospensione del procedimento con messa alla prova (1).

Angelo Valerio Lanna

Effetti della sospensione del procedimento con messa alla prova (1).

[I]. Durante il periodo di sospensione del procedimento con messa alla prova il corso della prescrizione del reato è sospeso. Non si applicano le disposizioni del primo comma dell'articolo 161.

[II]. L'esito positivo della prova estingue il reato per cui si procede. L'estinzione del reato non pregiudica l'applicazione delle sanzioni amministrative accessorie, ove previste dalla legge.

(1) Articolo inserito dall'art. 3 l. 28 aprile 2014, n. 67.

Inquadramento

Nel Titolo VI del Libro IIdel Codice — laddove si trova la disciplina delle cause di estinzione del reato e della pena — sono previste, al Capo primo, le cause estintive del reato, fra le quali anche la sospensione del procedimento con messa alla prova dell'imputato. La disposizione normativa in esame è stata introdotta dall'art. 3 l. 28 aprile 2014, n. 67.

Per tutto ciò che attiene alla ratio dell'istituto, alla sua funzione ed alle caratteristiche dogmatiche, può operarsi un integrale rinvio alla trattazione condotta in sede di commento all'art. 168 bis.

Profili generali (rinvio)

Può anche sul punto richiamarsi quanto già espresso, in sede di commento alla disposizione normativa che precede.

L'articolo in commento regolamenta, nello specifico, gli effetti che la legge riconnette all'istituto della sospensione con messa alla prova. Effetti che sono anzitutto disciplinati nel corso di svolgimento dell'esperimento dato dalla sospensione (periodo durante il quale è previsto che resti sospeso il corso della prescrizione); che si dipanano poi fino all'epilogo della messa alla prova, al cui esito positivo consegue la declaratoria di estinzione del reato. Infine, sono dettate le regole per l'applicazione delle sanzioni accessorie eventualmente correlate al fatto commesso.

Effetti sulla prescrizione

Il meccanismo estintivo delineato dall'istituto in esame incide sul normale decorso del termine di prescrizione del reato, provocandone la sospensione per l'intera durata della messa alla prova. Deve ritenersi che il momento iniziale della sospensione del corso della prescrizione debba essere fatto coincidere con la pronuncia dell'ordinanza ammissiva ad opera del giudice, ai sensi dell'art. 464 quater c.p.p. Il termine prescrizionale resterà poi sospeso fino alla conclusione della messa alla prova. Quindi, fino al provvedimento di revoca ex art. 464 octies c.p.p.; oppure, fino alla pronuncia di sentenza dichiarativa di estinzione del reato, a norma dell'art. 464 septies comma 1 c.p.p.; oppure, fino all'emissione di ordinanza che dichiari l'esito negativo della messa alla prova e disponga la ripresa del processo, a norma dell'art. 464 septies comma 2 c.p.p.

Evidenziamo che — per espresso dettato normativo ed in deroga al principio generale di cui all'art. 161 comma 1 — la sospensione del termine prescrizionale, in caso di messa alla prova, non produrrà effetti nei confronti di tutti coloro ai quali venga ascritta una determinata fattispecie di reato, bensì esclusivamente in relazione al singolo soggetto richiedente.

Il prodursi dell'effetto estintivo

Allorquando sia completato il periodo di tempo indicato dal giudice in sede di ordinanza di ammissione ed una volta acquisita la relazione conclusiva redatta dall'U.E.P.E., sarà convocata una udienza camerale finalizzata proprio alle valutazioni in merito al prodursi dell'effetto estintivo. A tale momento giurisdizionale partecipano le parti e la persona offesa. Laddove il giudice — udite le parti e tenuto conto della suddetta relazione rimessagli agli ad opera dell'ufficio di esecuzione penale esterna — reputi, avuto riguardo al complessivo contegno serbato dal soggetto e verificato il rispetto di tutte le prescrizioni, che la prova abbia sortito un esito positivo, lo dichiarerà con sentenza.

Si discute molto, in giurisprudenza, in ordine ai rapporti esistenti fra l'effetto estintivo determinato dal positivo completamento del periodo di messa alla prova e la depenalizzazione intervenuta grazie al d.lgs. 15 gennaio 2016, n. 8. L'art. 9 comma 3 d.lgs. n. 8/2016, cit. prevede la pronuncia di sentenza inappellabile ex art. 129 c.p.p., con formula di rito «perché il fatto non è previsto dalla legge come reato»; all'esito, è anche previsto che il giudice trasmetta gli atti alla competente autorità amministrativa, fatto però salvo il caso in cui il reato stesso risulti prescritto o estinto per altra causa «alla medesima data».

Il dubbio interpretativo concerne quindi la necessità della trasmissione alla competente autorità amministrativa, anche in relazione a reati ormai espulsi dall'area del penalisticamente rilevante, che siano stati commessi prima dell'entrata in vigore della suddetta depenalizzazione; reati in relazione ai quali si sia magari positivamente concluso il periodo di messa alla prova al momento dell'entrata in vigore della legge di depenalizzazione e per i quali sia già fissata l'udienza per la declaratoria di estinzione del reato.

È qui pacifico il fatto che la questione concerna soltanto l'applicazione delle sanzioni amministrative, ferma dunque restando — quale che sia la soluzione per la quale si intenda optare — la competenza dell'autorità amministrativa, relativamente all'irrogazione delle sanzioni amministrative accessorie (la quaestio iuris si agita, nella giurisprudenza di merito, soprattutto in relazione all'ormai depenalizzato art 116 d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285).

Alcuni giudici di merito hanno dunque sottolineato come la trasmissione degli atti alla competente autorità amministrativa possa, in tal caso, contrastare con il principio del favor rei. Si determinerebbe infatti una conseguenza forse incongrua: un imputato — pur avendo già svolto positivamente il periodo di messa alla prova, ai fini dell'estinzione del reato — si verrebbe a trovare nuovamente sottoposto ad un procedimento, finalizzato all'irrogazione di sanzioni amministrative, per il medesimo fatto.

Altra giurisprudenza di merito evidenzia come occorra aver riguardo — una volta ovviamente pronunciata sentenza ex art. 129 c.p.p. per intervenuta depenalizzazione — alla sola circostanza che il reato fosse già prescritto o estinto per altra causa, prima dell'entrata in vigore del decreto. Senza dunque aver riguardo al termine dei novanta giorni indicato dal succitato art. 9 d.lgs. 15 gennaio 2016, n. 8.

A nostro avviso, la natura meramente dichiarativa della pronuncia di estinzione per messa alla prova comporta comunque che — indipendentemente dalla delibazione finale ad opera del giudice e dunque anche prima delle relativa declaratoria — un effetto estintivo si sia già prodotto, prima dell'entrata in vigore della legge di depenalizzazione. Secondo i primi interpreti della materia, l'estinzione del reato rappresenterebbe infatti un effetto automatico, necessariamente derivante dall'esito favorevole della prova (Miendico, Diotallevi, 738). E quindi. Una volta pronunciata l'assoluzione ex art. 129 c.p.p. perché il fatto non è più previsto dalla legge come reato, occorrerà semplicemente verificare se questo fosse già prescritto o estinto alla data di entrata in vigore del decreto legislativo di depenalizzazione.

In caso contrario, si dovranno trasmettere gli atti all'autorità amministrativa.

Le sanzioni amministrative

Nel caso in cui la sospensione con messa alla prova si concluda con esito positivo, l'estinzione del reato non inciderà sul destino delle sanzioni amministrative accessorie, che eventualmente siano previste dalla legge in relazione alla fattispecie tipica violata.

Si è sul punto evidenziata la differenza di tale disciplina, rispetto ad esempio al positivo completamento del periodo di svolgimento del lavoro di pubblica utilità, in caso di violazioni al codice della strada. E infatti, l'art. 186 comma 9-bis d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285 prevede la revoca della già disposta confisca del veicolo, condotto in stato di ebbrezza, nonché la riduzione alla metà della sospensione della patente di guida.

Per maggior chiarezza, giova allora evidenziare che il giudice che dichiari l'estinzione del reato per esito positivo della messa alla prova ex art. 168-ter  non ha poi il potere di applicare la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida, di competenza del Prefetto a norma dell'art. 224 comma 3 d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285. I Giudici di legittimità hanno sul punto chiaramente specificato come vi sia una differenza sostanziale, fra la figura della messa alla prova (alla quale è estraneo l'accertamento circa la penale responsabilità del soggetto) e le ipotesi di sostituzione della pena con lavoro di pubblica utilità, di cui all'art. 186 comma 9 e 187 comma 8 d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285, laddove è invece prevista — in deroga alla regola generale stabilita dal succitato art. 224 — la competenza del giudice ad irrogare la sanzione amministrativa accessoria (Cass. IV, n. 40069/2015).

Casistica

Il Supremo Collegio ha escluso che sia consentito chiedere la sospensione del procedimento con messa alla prova durante il giudizio per cassazione. Nemmeno è possibile che l'imputato solleciti l'annullamento della sentenza impugnata, con rinvio degli atti al giudice di merito per nuovo esame. Tale principio deriva dalla inconciliabilità esistente fra l'istituto di nuova creazione della messa alla prova ed il sistema delle impugnazioni, secondo il modello delineato dal legislatore. Nemmeno può del resto sostenersi che tale meccanismo sia in contrasto con il principio della retroattività della legge più favorevole, stante l'assenza di disciplina transitoria. La Corte ha altresì osservato come tale disciplina non contrasti con l'insegnamento di Corte cost. n. 236/2011, in tema di retroattività della lex mitior, né con il dettato dell'art. 7Cedu. Ciò in quanto l'istituto della messa alla prova — almeno per come è stato strutturato in concreto dal legislatore — si pone in alternativa rispetto al vero e proprio giudizio di accertamento nel merito. Soltanto una eventuale (inesistente) disciplina transitoria, avrebbe potuto pertanto prevederne l'applicazione, a processi già pendenti in fase di appello o cassazione. Laddove dunque si consentisse lo svolgimento del complesso iter della messa alla prova dinanzi alla Corte, si dovrebbe poi anche ammettere il regresso degli atti previo annullamento della decisione impugnata; oppure inquadrare l'intero meccanismo estintivo — del tutto incongruamente, in quanto comporterebbe evidenti invasioni in un campo che è squisitamente di merito — in sede di giudizio di legittimità (Cass. fer., n. 35717/2014).

Corte cost. ord.  n. 207/2016   ha ritenuto manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 464-bis, comma 2, c.p.p. – questione proposta per asserito contrasto con l'art. 117, comma 1, Cost., in relazione all'art. 7 della CEDU - nella parte in cui prevede che la richiesta di sospensione del procedimento con messa alla prova possa essere proposta fino alla dichiarazione di apertura del dibattimento nel giudizio direttissimo. Trattasi infatti – stando alla decisione del Giudice delle leggi - di termine correlato alle caratteristiche e alla funzione stessa dell'istituto, previsto come alternativo al giudizio e deputato a svolgere un pregnante effetto deflattivo. L'impossibilità di applicare l'istituto della messa alla prova ai processi in corso, laddove risulti già dichiarata l'apertura del dibattimento, è il precipitato non della mancanza di retroattività della norma penale, bensì dell'ordinario regime applicativo temporale della regola processuale, governata dal principio tempus regit actum; tale disciplina potrebbe essere derogata solo da una specifica disciplina transitoria, la cui assenza non è però censurabile sulla base dell'art. 7 della CEDU.

Profili processuali

Per ciò che attiene alle questioni di tipo procedurale, segnaliamo che, durante il periodo di sospensione, può procedersi ad assunzione di elementi di prova, ad opera del giudice e con le modalità dettate per il dibattimento. È però consentita, tale acquisizione, esclusivamente in relazione alle prove che si presentino con il connotato della indifferibilità (secondo l'art. 464-sexies c.p.p., deve trattarsi di prove «non rinviabili») o che siano in grado di condurre al proscioglimento dell'imputato.

Alla positiva conclusione del periodo di messa alla prova segue l'epilogo del procedimento, ossia l'estinzione del reato. Questa, ai sensi dell'art. 464-septies comma 1 c.p.p., è dichiarata mediante pronuncia di sentenza e previa acquisizione della relazione conclusiva redatta dall'U.E.P.E.

Bibliografia

Miendico, Sospensione del processo e messa alla prova anche per i maggiorenni”, in Penalecontemporaneo.it, 14.4.2014; Santoriello, Alla Corte costituzionale la messa in prova nella parte in cui non si applica ai processi in corso, in Quotidiano Giuridico, 26 gennaio 2015.

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