Codice Penale art. 183 - Concorso di cause estintive.Concorso di cause estintive. [I]. Le cause di estinzione del reato [150-170] o della pena [171-181] operano nel momento in cui esse intervengono [129, 425 1, 469, 531, 676 1 c.p.p.]. [II]. Nel concorso di una causa che estingue il reato con una causa che estingue la pena, prevale la causa che estingue il reato, anche se è intervenuta successivamente. [III]. Quando intervengono in tempi diversi più cause di estinzione del reato o della pena, la causa antecedente estingue il reato o la pena, e quelle successive fanno cessare gli effetti che non siano ancora estinti in conseguenza della causa antecedente. [IV]. Se più cause intervengono contemporaneamente, la causa più favorevole opera l'estinzione del reato o della pena; ma anche in tal caso, per gli effetti che non siano estinti in conseguenza della causa più favorevole, si applica il capoverso precedente. InquadramentoLa norma in commento si occupa del concorso di cause estintive del reato o della pena, e del momento della loro operatività, fissato in quello in cui esse intervengono; tuttavia, mentre la coincidenza tra l'intervento della causa e la sua operatività implica sempre quella tra l'intervento e l'inizio di efficacia della causa stessa, l'estinzione vera e proprio del reato o della pena può essere dalla legge rinviata ad un momento successivo, come ad es. nella sospensione condizionale o nella liberazione condizionale, entrambe operative fin da subito, ma con effetto estintivo, rispettivamente del reato o della pena, postergato (Romano-Grasso-Padovani, Commentario, 319). L'indicazione del momento di operatività in quello dell'intervento, comporta che normalmente le cause estintive hanno effetto ex nunc, ovvero non retroagiscono al momento della commissione del reato: principio, questo, della c.d. irretroattività delle cause estintive, dal quale si fa ad es. discendere la non ripetibilità della pena pecuniaria pagata subito dopo la condanna, in seguito coperta da amnistia impropria: effetto, questo, che certo non incoraggia al rispetto del precetto di legge e della sua sanzione. Il principio tuttavia soffre delle eccezioni per le cause speciali di estinzione del reato: la specialità si deve al fatto che esse si riferiscono ad un solo reato o gruppo di reati e alla particolare intensità di effetti, che si manifesta nel blocco o impedimento di qualsiasi conseguenza penale eventuale o in atto, al punto di travolgere anche il giudicato, ove la legge preveda che la causa estintiva possa ancora verificarsi (es. art. 556, comma 3; Romano-Grasso-Padovani, Commentario, 320). La disciplinaL'art. 183, dopo avere stabilito al primo comma che le cause estintive del reato e della pena operano nel momento in cui intervengono, ponendo così il principio della loro irretroattività, al secondo comma regola il concorso di una causa estintiva del reato con una causa estintiva della pena, sancendo il principio della prevalenza della causa estintiva del reato, anche se intervenuta successivamente: ciò vuol dire che, grazie alla sua maggiore intensità di effetti in favore del reo, la causa estintiva del reato prevale sempre, sia che intervenga prima, sia che intervenga dopo, sia che intervenga contemporaneamente a quella estintiva della pena. Vanno però fatte alcune precisazioni (Romano-Grasso-Padovani, Commentario, 323): - il concorso di cui si discute non può verificarsi in una serie di circostanze: ad es. la morte del reo, o interviene prima, o interviene dopo la condanna; l'amnistia, o è propria, o è impropria; - se la causa estintiva del reato interviene dopo quella estintiva della pena, il concorso è possibile solo con riferimento alle cause speciali, atteso che la causa estintiva della pena presuppone una condanna, situazione in cui una causa estintiva del reato non può operare per definizione (anche se può ancora esservi l'effetto estintivo di una sospensione condizionale intervenuta con la condanna e quindi già operante di per sé); - se la causa estintiva del reato interviene prima, il concorso di una successiva causa estintiva della pena deve intendersi in realtà limitato al caso in cui la prima sia una causa estintiva del reato che richiede il previo accertamento giudiziale, poiché solo in tal caso vi sono una pena individuata ed effetti penali della condanna su cui la causa estintiva della pena può intervenire. Amnistia ed altre cause estintive del reato e della penaAmnistia propria e perdono giudiziale Quanto al concorso tra amnistia propria e perdono giudiziale, è ormai orientamento consolidato della giurisprudenza che la declaratoria di estinzione del reato per amnistia prevale sulla formula di proscioglimento per concessione del perdono giudiziale, poiché quest'ultimo presuppone un giudizio di colpevolezza dell'imputato (Cass. V, n. 15196/1990). Amnistia propria e prescrizione In caso di concorso di amnistia propria e di prescrizione intervenute in tempi diversi, trattandosi di cause di estinzione aventi effetti favorevoli di pari efficacia sotto il profilo penalistico, deve applicarsi quella delle due che sia intervenuta per prima. L'equiparazione trova peraltro conferma nel disposto dell'art. 578 c.p.p., secondo cui, quando nei confronti dell'imputato è stata pronunciata condanna, anche generica, alle restituzioni o al risarcimento dei danni cagionati dal reato, a favore della parte civile, il giudice di appello e della Corte di cassazione, nel dichiarare il reato estinto per amnistia o per prescrizione, decidono sull'impugnazione ai soli effetti delle disposizioni e dei capi della sentenza che concernono gli interessi civili. La giurisprudenza ha anche precisato che in tal caso i motivi di impugnazione proposti dall'imputato devono essere esaminati compiutamente, non potendosi trovare conferma della condanna, anche solo generica, al risarcimento del danno, dalla mancanza di prova della innocenza degli imputati secondo quanto previsto dall'art. 129, comma 2 c.p.p. (Cass. VI, n. 3284/2009). Analogamente, il giudice di appello, nel dichiarare l'estinzione del reato per prescrizione o per amnistia su impugnazione, anche ai soli effetti civili, della sentenza di assoluzione ad opera della parte civile, può condannare l'imputato al risarcimento dei danni in favore di quest'ultima, essendo in tal caso consentito al giudice dell'impugnazione di decidere sul capo della sentenza anche in mancanza di una precedente statuizione sul punto (Cass. III, n. 17846/2009). Amnistia propria e remissione di querela In applicazione del principio generale sancito dall'art. 183, a mente del quale a parità di effetti di diverse cause di estinzione del reato, opera quella di esse che sia sorta per prima, dovrebbe prevalere l'amnistia propria rispetto alla remissione di querela quando quest'ultima sia stata successiva alla data di entrata in vigore del decreto di clemenza, poiché è a tale data che occorre far riferimento al fine di stabilire l'ordine di priorità. Ilsopravvenire, dopo l'amnistia, di altra causa estintiva del reato quale la remissione di querela, non priva il giudice dell'impugnazione del potere-dovere di pronunciarsi sul gravame agli effetti civili. Quanto al caso, diverso, del difetto di querela, la giurisprudenza ha previsto che il proscioglimento per mancanza di querela è più favorevole della declaratoria di estinzione del reato per amnistia o per prescrizione (Cass. II, n. 3722/2015). Amnistia propria e sospensione condizionale della pena Costituisce orientamento risalente ma consolidato in giurisprudenza, quello secondo cui in caso di concorso tra amnistia propria e sospensione condizionale della pena, prevale la prima, più favorevole per l'imputato in quanto non sottoposta ad obblighi o condizioni. Amnistia impropria ed indulto La pena inflitta per un reato coperto da amnistia impropria non è eseguibile, e pertanto non può essere ricompresa nel provvedimento di unificazione delle pene, né può costituire oggetto di applicazione dell'indulto, poiché va applicata prima di tale unificazione, e comporta lo scioglimento del cumulo, qualora questo sia stato già effettuato, con l'esclusione delle pene ineseguibili per amnistia e la determinazione del nuovo cumulo. Sospensione condizionale della pena ed altre cause estintive del reato e della penaSospensione condizionale della pena e perdono giudiziale. Rinvio Per la trattazione del concorso tra sospensione condizionale della pena e perdono giudiziale, si rinvia sub art. 169. Sospensione condizionale della pena e indulto Particolare interesse ha destato in giurisprudenza la questione del concorso tra una causa estintiva del reato, quale la sospensione condizionale della pena, e una causa estintiva della pena stessa, quale, appunto, l'indulto. Si sono contesi il campo sostanzialmente due orientamenti: secondo un primo indirizzo, basato sul dato letterale dell'art. 183, comma 2, nel caso di concorso di una causa di estinzione del reato con una causa di estinzione della pena, prevale sempre la prima, anche se intervenuta successivamente, sicché la concessione della sospensione condizionale esclude l'applicazione dell'indulto, in quanto, realizzatesi le condizioni previste dalla legge, essa determina l'estinzione del reato (e non della sola pena). Al condannato ne deriverebbe quindi un risultato più favorevole, anche perché — in caso di revoca della sospensione condizionale — può sempre applicarsi l'indulto, invocabile in qualsiasi tempo in sede esecutiva (Cass. VI, n. 21454/2008). Secondo un altro indirizzo, tra indulto e sospensione condizionale non vi è alcuna incompatibilità logico-giuridica alla stregua dell'art. 183, operando i due benefici in tempi e con effetti diversi: l'indulto estingue la pena con efficacia immediata, mentre la sospensione condizionale estingue il reato, ma solo in futuro ed eventualmente, al compimento del termine stabilito, qualora il condannato adempia agli obblighi impostigli e non commetta un delitto o una contravvenzione della stessa indole. Secondo tale indirizzo i due benefici, ove ne ricorrano le condizioni, vanno applicati contestualmente, onde assicurare al condannato quei vantaggi che la sospensione condizionale non può assicurare. Le S.U., intervenendo a comporre il contrasto, hanno affermato la prevalenza della sospensione condizionale sul condono, osservando che «con l'applicazione del beneficio contemplato dall'art. 163 prende le mosse un complesso iter generativo di diversi e non contestuali effetti, quello — immediato ed accessorio — della sospensione dell'esecuzione della pena (più esattamente: del differimento dell'inizio dell'esecuzione) e quello — principale, ma futuro ed eventuale — della estinzione del reato, effetti però tra loro strettamente collegati ed entrambi da subito contemplati, nonostante la loro diversa concreta operatività temporale, nel momento di applicazione del beneficio e dai quali tutti, quindi, non pare corretto prescindere » (Cass. S.U., n. 36837/2010). D'altro canto, hanno osservato le S.U., i due istituti sono tra loro inconciliabili, poiché il condono è applicabile solo ed esclusivamente in relazione a pene suscettibili di esecuzione, tant'é che esso viene a ripartirsi su tutte le pene cumulate, dopo che dal cumulo siano state escluse le pene già eseguite, quelle estinte e quelle non eseguibili per qualsiasi causa, sicché non può applicarsi ad una pena non suscettibile in quel momento di esecuzione, in quanto condizionalmente sospesa. Peraltro alla mancata, contestuale, applicazione dell'indulto al condannato non verrebbe alcun danno, ben potendo egli, ove non risulti in prosieguo utilmente decorso «il periodo di prova» ex art. 163, richiedere in qualsiasi momento l'applicazione del provvedimento indulgenziale con lo strumento dell'incidente di esecuzione ai sensi dell'art. 672 c.p.p. (Cass. S.U., cit.). Le pronunce successive appaiono conformi al principio enunciato dalle S.U., essendo stato affermato che con la sentenza di condanna non può essere contestualmente applicato l'indulto e disposta la sospensione condizionale della pena, in quanto quest'ultimo beneficio prevale sul primo (Cass. VI, n. 49864/2013). Indulto e altre cause estintive della penaQuanto al caso del concorso dell'indulto con altre cause estintive della pena, è principio risalente e consolidato in giurisprudenza che, operando queste al momento del loro intervento (art. 183), anche per l'indulto deve ritenersi che il diritto alla fruizione del beneficio matura all'atto stesso della concessione recata dal provvedimento di clemenza (Cass. S.U., n. 4/1957). Tuttavia, l'intervento di una causa estintiva della pena non esclude l'interesse del condannato al riconoscimento della continuazione in relazione al reato per il quale è stata irrogata la sanzione condonata (Cass. I, n. 42905/2013): si pensi alla possibilità di imputare ad altra condanna la pena eventualmente scontata oltre i limiti risultanti dalla rideterminazione della pena effettuata ai sensi dell'art. 671 c.p.p., o alla possibilità di escludere o limitare gli effetti penali della condanna in tema di recidiva e di dichiarazione di abitualità o professionalità nel reato, o, ancora, alla possibilità di ottenere (in assenza di precedenti condanne ostative), la concessione della sospensione condizionale in caso di una ulteriore condanna. Indulto e prescrizione della pena Se la legge concessiva d'indulto interviene prima che siano maturati i termini per la prescrizione della pena, il giudice dell'esecuzione dovrà dichiarare la pena estinta per condono e non per prescrizione (Cass. I, n. 10412/2010); nel caso, poi, in cui l'esecuzione della pena sia subordinata alla scadenza di un termine o al verificarsi di una condizione, il termine di prescrizione della pena decorre dal momento in cui si sono verificati i presupposti per la revoca del beneficio precedentemente concesso (nel caso di specie, l'indulto), e non dal giorno in cui è divenuta definitiva la decisione che ha accertato la causa di revoca: non può porsi a carico del condannato il danno per il ritardo con cui viene presa la decisione (Cass. I, n. 40678/2008). Morte dell'imputatoIn via generale la morte del reo prima della condanna esaurisce il rapporto penale, e quindi prevale sulle altre cause estintive del reato. In linea con tale principio, le S.U. hanno affermato che la declaratoria di estinzione del reato per morte dell'imputato prevale su quella di prescrizione, poiché quest'ultima ha carattere di accertamento costitutivo, precluso nei confronti di persona non più in vita, ed in relazione ad un rapporto processuale ormai estinto (Cass. S.U., n. 49783/2009). Diversamente, la declaratoria di estinzione per morte dell'imputato non ha priorità rispetto a quella pronunciata per difetto della querela, poiché la mancanza di una condizione di procedibilità osta a qualsiasi altra indagine in fatto (S.U. cit.). Prescrizione e sanatoria ediliziaIn materia edilizia, in caso di coesistenza delle due cause di estinzione del reato, costituite dalla prescrizione e dalla sanatoria di cui agli artt. 13 e 22 l. n. 47/1985 (ora sostituiti dagli artt. 36 e 45 d.P.R. n. 380/2001), prevale la pronuncia di estinzione del reato per intervenuta sanatoria e non per prescrizione, poiché la sanatoria retroagisce al momento della proposizione della domanda, mentre la prescrizione ha effetto ex nunc, e non possono farsi gravare sul privato le conseguenze dei ritardi procedimentali della pubblica amministrazione (Cass. III, n. 10624/2006). Prescrizione e particolare tenuità del fattoL'art. 1, comma 2, d.lgs. n. 28/2015, ha introdotto nel codice penale l'art. 131-bis, intitolato “Esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto”. Soffermandosi sulla natura dell'istituto, la S.C. ha osservato che dinanzi ad un fatto caratterizzato da un'offesa particolarmente tenue ma esistente, siamo di fronte ad un fatto tipico, la cui pur lieve offensività deve intendersi oggetto di accertamento: una volta riscontrata esistente, il fatto rimarrà antigiuridico ma, per scelta di politica criminale del legislatore e a fini eminentemente deflattivi, non andrà incontro a sanzione. Tuttavia esso, seppure non punibile, rimane “ingiusto” ai sensi dell'art. 52 c.p. (Cass. V, n. 5800/2016). In tale ottica, la giurisprudenza si è ormai orientata nel ritenere che la declaratoria di estinzione del reato per prescrizione prevale sulla esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto ex art. 131 bis, sia perché diverse sono le conseguenze che scaturiscono dai due istituti, sia perché il primo di essi estingue il reato, mentre il secondo lascia inalterato l'illecito penale nella sua materialità storica e giuridica (Cass. I, n. 43700/2021). Cause estintive e abolitio criminisPur non essendo la depenalizzazione una causa estintiva del reato (Romano-Grasso-Padovani, Commentario, 328), può in concreto porsi la questione del concorso tra una causa estintiva del reato o della pena e l'abrogatio legis, e di quale delle due debba avere la prevalenza. La giurisprudenza ha affermato in via generale che il giudice dell'esecuzione è tenuto a dichiarare che il fatto non è più previsto dalla legge come reato anche quando quest'ultimo sia stato trasformato in illecito amministrativo dopo l'intervento di una causa estintiva, atteso che — in applicazione del principio del «favor rei» — la declaratoria conseguente alla abolitio criminis fa cessare tutti gli effetti penali della condanna, compresa la cancellazione della relativa iscrizione nel casellario giudiziario, ex art. 5, comma 2, lett. a), d.P.R. n. 313/2002 (Cass. I, n. 4334/2012). In linea con tale orientamento, la S.C. ha affermato che l'imputato ha un interesse qualificato alla revoca della sentenza di patteggiamento per un fatto successivamente depenalizzato, anche se è già maturata la fattispecie estintiva ex art. 445, comma 2 c.p.p.: ciò in quanto, anche dopo l'estinzione, residua pur sempre l'effetto sfavorevole della iscrizione della sentenza nel certificato del casellario giudiziale non rilasciato ad istanza dei privati, che in caso di abrogatio legis viene meno (Cass. III, n. 46218/2011). Concorso di cause estintive e di nullità assoluta ed insanabileIn argomento è intervenuta una recente sentenza delle S.U., chiamate a pronunciarsi sul seguente quesito: se la Corte di cassazione debba dichiarare la nullità della sentenza predibattimentale di appello pronunciata in violazione del contraddittorio, con cui, in riforma della sentenza di condanna di primo grado, è stata dichiarata l'estinzione del reato per prescrizione o, invece, debba dare prevalenza alla causa estintiva del reato. Le S.U. hanno affermato che la causa estintiva del reato prevale sulla nullità assoluta ed insanabile della sentenza, sempreché non risulti evidente la prova dell'innocenza dell'imputato, dovendo la Corte di cassazione adottare in tal caso la formula di merito di cui all'art. 129, comma 2, c.p.p. (Cass. S.U., n. 28954/2017). I giudici hanno infatti argomentato che se è indubbiamente affetta da nullità assoluta ed insanabile la sentenza predibattimentale emessa de plano, in violazione del contraddittorio, tuttavia questo non può comportare la regressione del procedimento alla fase del merito, poichè il giudice del rinvio non potrebbe far altro che confermare il medesimo esito terminativo del processo. Ciò in tutti i casi in cui non emergano elementi che rendano evidente ictu oculi la prova dell'innocenza dell'imputato, ovvero in tutti i casi in cui il giudice del rinvio dovrebbe svolgere accertamenti istruttori ulteriori ai fini di una complessa rivalutazione degli elementi di prova, incompatibili con l'obbligo dell'immediata declaratoria di estinzione del reato prescritto. CasisticaIl decorso del termine di prescrizione prima della remissione della querela determina l'estinzione del reato per tale causa, prevalendo, nel concorso tra cause estintive del reato, quella intervenuta in precedenza: in applicazione del principio la S.C. ha annullato con rinvio la sentenza impugnata che aveva dichiarato l'improcedibilità per remissione della querela in ordine ai reati contestati, condannando l'imputato al pagamento alle spese, nonostante fosse già maturato il termine massimo di prescrizione dei reati medesimi (Cass. V, n. 15109/2020).
BibliografiaMacchia, Sospensione condizionale della pena e condono, in Giur. it., 1982, II; Martini, Le cause di estinzione del reato e della pena, in Le conseguenze sanzionatorie del reato, a cura di De Francesco, Torino, 2011. |