Codice Penale art. 199 - Sottoposizione a misure di sicurezza: disposizione espressa di legge.Sottoposizione a misure di sicurezza: disposizione espressa di legge. [I]. Nessuno può essere sottoposto a misure di sicurezza che non siano espressamente stabilite dalla legge e fuori dei casi dalla legge stessa preveduti [25 3 Cost.]. InquadramentoIl sistema sanzionatorio penale è articolato nella bipartizione pene-misure di sicurezza: queste ultime, che nell'intenzione del legislatore dovevano costituire strumenti di natura amministrativa, sono ormai unanimemente considerate vere e proprie sanzioni criminali, appartenenti al diritto penale, in quanto limitative della libertà personale ed applicate attraverso un procedimento non amministrativo, bensì giurisdizionale (Beltrani, 540). I presupposti per l'applicazione di una misura di sicurezza sono: a) la commissione di un fatto di reato (con l'eccezione per i quasi reati; v. sub art. 202); b) la pericolosità sociale dell'autore. Nei confronti dei soggetti non imputabili si applica solo la misura di sicurezza. Nei confronti dei soggetti imputabili o semimputabili pericolosi, la misura si applica accanto alla pena e si esegue dopo la pena (Romano-Grasso-Padovani, Commentario, 424). L'applicazione cumulativa di pena e misura, e l'esecuzione della misura dopo l'espiazione della pena, caratterizzano il nostro sistema penale come un sistema a doppio binario: la pena, intesa come reazione al delitto commesso; la misura di sicurezza, come strumento di prevenzione speciale e recupero sociale dell'individuo, mediante un'attività di rieducazione e cura. Tuttavia, nonostante lo sforzo di tenere distinti i due istituti, fin dall'inizio è parso evidente alla dottrina come in realtà il confine sia del tutto labile, poiché le misure di sicurezza recano in sé un grado di afflittività spesso del tutto simile a quello delle pene, sì da rendere incomprensibile il motivo della duplicazione di provvedimenti sanzionatori sostanzialmente identici, per di più applicati cumulativamente (Antolisei, 225). Profili generali. Il principio di legalità e i suoi corollariLa norma in commento cristallizza, a livello codicistico, il principio di legalità in materia di misure di sicurezza, stabilendo che nessuno può essere sottoposto a misure di sicurezza che non siano espressamente previste dalla legge, e fuori dei casi da essa previsti. Con l'entrata in vigore della Costituzione, che all'art. 25, comma 3, consacra il principio di legalità in materia di misure di sicurezza, ci si è chiesti se non sia stato costituzionalizzato il sistema stesso del doppio binario, nel senso che l'art. 25 avrebbe in un certo senso vincolato il legislatore ordinario alla distinta previsione delle due sanzioni, così recependo a livello costituzionale l'assetto dualistico dei rapporti tra pene e misure di sicurezza (Caraccioli). Tale impostazione è stata aspramente criticata, obbiettandosi che l'art. 25, comma 3, Cost., ha semplicemente la funzione di garantire il rispetto del principio di legalità — cardine dell'ordinamento penale — a livello costituzionale, ma non vincola affatto il legislatore a prevedere nel sistema sanzionatorio la misura di sicurezza; e che non sarà mai consentito al legislatore ordinario introdurre una misura di sicurezza che abbia le stesse finalità, lo stesso contenuto e lo stesso ambito di applicazione della pena, così da eludere le garanzie previste dal legislatore costituzionale; pertanto, l'unica conclusione possibile della previsione a livello costituzionale della misura di sicurezza, è che nell'ordinamento italiano non è di per sé illegittima una reazione al reato che abbia una funzione (non solo rieducativa e retributiva), ma anche preventiva e fondata sulla pericolosità (Romano- Grasso- Padovani, Commentario, 427). La riserva di legge. Dalla affermazione a livello costituzionale del principio di legalità in tema di misure di sicurezza, deriva l'applicazione alla materia dei suoi corollari, in primis del principio di riserva di legge, che comporta la necessaria configurazione legislativa delle singole misure e dei presupposti per la loro applicazione, con esclusione di ogni intervento del potere esecutivo, ma anche di quello giudiziario: ciò significa che il giudice deve necessariamente fare riferimento alle misure di sicurezza sì come previste e disciplinate dalla legge, e non può sottoporre il soggetto a una misura il cui contenuto attuativo sia difforme dalla previsione legale (Cass. II, n. 34453/2010). In altri termini, non è prevista la possibilità di misure di sicurezza atipiche, di creazione giurisprudenziale, difformi dal modello legale. La S.C. ha dichiarato manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale, per violazione degli artt. 25 e 117 Cost., quest'ultimo in rapporto agli artt. 5 e art. 7 Cedu, della disciplina delle misure di sicurezza personali, sotto il profilo della sostanziale duplicazione della pena detentiva, precisando che vi è un'ontologica differenza tra le misure di sicurezza, che si connotano per la perspicua funzione special-preventiva, volta ad evitare il riacutizzarsi delle spinte a delinquere di un soggetto socialmente pericoloso resosi autore di un fatto di reato o di un fatto dalla legge allo stesso equiparato, e la pena, avente finalità anche retributive e special-preventive: la chiara distinzione di oggetto e funzione delle pene e delle misure di sicurezza esclude la giuridica possibilità di accedere ad ogni prospettazione di duplicazione indebita del sistema sanzionatorio del singolo fatto reato (Cass. I, n. 50458/2017). Il principio di tassatività Altro principio sicuramente applicabile alle misure di sicurezza è quello di tassatività, secondo cui sia le specifiche figure che i loro presupposti di applicazione, devono essere sufficientemente determinati. Il problema è sorto in particolare per il presupposto della pericolosità sociale, per determinare il quale il legislatore non ha individuato una serie di elementi effettivamente sintomatici della probabile commissione di futuri reati, sui quali basare il giudizio di pericolosità, ma si è limitato a rinviare agli elementi indicati nell'art. 133, i quali, a loro volta, rimandano a valutazioni di tipo soggettivistico e relativistico, cosicché resta affidato sostanzialmente all'intuito del giudicante lo stabilire se una persona sia socialmente pericolosa. Per questo in dottrina si è rilevato come nella materia delle misure di sicurezza il principio di tassatività si presenti attenuato (Mantovani, 845), e che il generico richiamo all'art. 133, non appare rispettare il canone di determinatezza imposto dall'art. 25, comma 3 Cost. (Bricola, 408). Per ulteriori approfondimenti, si rinvia sub art. 203. Il divieto di analogia. In dottrina si sostiene che, quale ulteriore applicazione del principio di legalità, anche per l'individuazione delle singole misure di sicurezza e dei loro presupposti, operi incondizionatamente il divieto di analogia (Romano-Grasso-Padovani, Commentario, 897). Il principio di irretroattività. Rinvio. Per quanto attiene all'applicazione del principio di irretroattività della legge penale alle misure di sicurezza, si rinvia sub art. 200. Rapporti con le misure di prevenzioneHa sempre costituito oggetto di ampio dibattito la distinzione tra misure di sicurezza e misure di prevenzione, tenuto conto dei molti tratti comuni tra i due istituti: entrambe, infatti, possono applicarsi anche se intervenute successivamente al sorgere della pericolosità, ed entrambe sono regolate dalla legge in vigore al momento della loro applicazione, a differenza delle pene. Tuttavia, la pericolosità sociale nel procedimento di prevenzione, prescinde dall'accertamento definitivo di un reato, a differenza della pericolosità sociale finalizzata all'applicazione di una misura di sicurezza, che è sempre ancorata alla commissione di un reato, essendo desumibile anche da situazioni che giustificano sospetti o presunzioni. Ne consegue che misure di sicurezza e misure di prevenzione sono in via generale incompatibili, data la prevalenza delle prime sulle seconde. L'art. 13 d.lgs. n. 159/2011 in tema di rapporti della sorveglianza speciale con le misure di sicurezza e la libertà vigilata dispone espressamente che quando sia stata applicata una misura di sicurezza detentiva o la libertà vigilata, durante la loro esecuzione non si può far luogo alla sorveglianza speciale; se questa è stata pronunciata, ne cessano gli effetti. Coerentemente la S.C. ha affermato che non è applicabile la misura di prevenzione della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno nel caso in cui sia già in atto una misura di sicurezza, essendo limitata la loro compatibilità applicativa all'ipotesi in cui la seconda sia eseguita successivamente alla prima (Cass. V, n. 39354/2017). Rapporti con le misure alternative alla detenzioneLa giurisprudenza ha affermato che le misure alternative alla detenzione previste dall'ordinamento penitenziario, possono essere concesse solo con riferimento alla esecuzione delle pene, e non anche per le misure di sicurezza disciplinate dagli artt. 199 e ss. (Cass., I, n. 1058/1999). Profili processualiIn caso di c.d. patteggiamento allargato, allorché sia applicata una pena detentiva superiore ai due anni, congiunta o meno a pena pecuniaria, è consentita, nei congrui casi, l'applicazione di pene accessorie e misure di sicurezza, sebbene rimesse alla valutazione discrezionale del giudice, ferma restando la necessità, ove occorra, di accertare in concreto la pericolosità sociale dell'imputato. D'altro canto, trattandosi di conseguenze prevedibili, l'imputato può sempre evitarne l'applicazione subordinando l'efficacia della richiesta di patteggiamento all'esclusione delle pene accessorie o delle misure di sicurezza, con facoltà per il giudice di rigettarla ove ritenga di doverle invece applicare (Cass., III, n. 3107/2012). Pronunciandosi nell’ambito di un ricorso per cassazione nei confronti della sentenza di applicazione della pena, la S.C. ha affermato che deve ritenersi "illegale" la misura di sicurezza disposta in violazione dei presupposti e dei limiti stabiliti dalla legge per la sua applicazione (Cass. III, n. 4252/2019). CasisticaNel procedimento di sorveglianza in materia di misure di sicurezza, la preclusione del cosiddetto giudicato esecutivo opera "rebus sic stantibus" e, pertanto, non impedisce, una volta esauriti gli effetti della precedente decisione, la rivalutazione della pericolosità del soggetto e la conseguente individuazione di un'eventuale nuova misura da applicare sulla base di ulteriori elementi non valutati o perché emersi successivamente all'adozione del provvedimento divenuto definitivo ovvero, se preesistenti, da questo non presi in considerazione (Cass., S.U. n. 34091/2011). BibliografiaAntolisei, Pene e misure di sicurezza, in “Scritti di diritto penale, 1955, 221; Beltrani, Corso di diritto penale, parte generale e parte speciale, Padova, 2009; Bricola, La discrezionalità nel diritto penale, 1965, 394; Caraccioli, Le presunzioni di pericolosità sociale tra Corte costituzionale e progetto di riforma in Riv. it. dir. e proc. pen., 1972, 733; Giuliani, sub art. 200, in Lattanzi-Lupo (diretta da), Codice penale. Rassegna di giurisprudenza e di dottrina, Aggiornamento, III, Milano, 2015. |