Codice Penale art. 208 - Riesame della pericolosità.

Donatella Perna

Riesame della pericolosità.

[I]. Decorso il periodo minimo di durata, stabilito dalla legge per ciascuna misura di sicurezza, il giudice riprende in esame le condizioni della persona che vi è sottoposta, per stabilire se essa è ancora socialmente pericolosa [203; 679 c.p.p.].

[II]. Qualora la persona risulti ancora pericolosa, il giudice fissa un nuovo termine per un esame ulteriore. Nondimeno, quando vi sia ragione di ritenere che il pericolo sia cessato, il giudice può, in ogni tempo, procedere a nuovi accertamenti [679 c.p.p.].

Inquadramento

Alla scadenza del termine minimo della misura, il magistrato di sorveglianza procede ad un riesame della pericolosità sociale, la c.d. prognosi di rilascio (Garofoli, 1299).

La previsione va coordinata con l'art. 207, così come modificato dalla sentenza della Corte cost. n. 110/1974, e dal legislatore, che ha abrogato il comma terzo della citata norma con l'art. 89, l. n. 374/1975.

Ne consegue che, attualmente, alla scadenza del termine minimo della misura è previsto il riesame della pericolosità sociale ai fini della eventuale revoca, riesame cui può procedersi anche prima della scadenza, qualora vi siano elementi sopravvenuti che inducano a considerare il venir meno o l'attenuazione della pericolosità sociale.

Il riesame della pericolosità

Il riesame della pericolosità alla scadenza del termine minimo di durata della misura di sicurezza, va svolto alla stregua dei medesimi criteri che sovrintendono all'accertamento della pericolosità ex art. 203 (Siclari, 239), sicché il giudice dovrà tenere conto non solo dei dati di natura medico-psichiatrica, quando presenti, ma potrà attribuire rilievo a qualsiasi altro elemento ritenuto utile ai fini della prognosi di pericolosità, ed in particolare potrà tener conto della natura e gravità dei fatti-reato.

Ha precisato la giurisprudenza che il giudizio sulla pericolosità sociale costituisce compito esclusivo del giudice che deve tenere conto dei rilievi dei periti sulla personalità, sui problemi psichiatrici e sulla capacità criminale dell'imputato per valutare l'effettivo pericolo di recidiva, ma anche degli altri parametri desumibili dall'art. 133, cosicchè è illegittimo il provvedimento che confermi il giudizio di pericolosità sociale del condannato sulle base delle sole relazioni sanitarie attestanti le conseguenze della malattia psichiatrica, senza compiere il riesame di detta pericolosità alla stregua di tutti i criteri stabiliti dagli artt. 203 e 208 (Cass. I, n. 50164/2017).

Il riesame della pericolosità può concludersi con la revoca della misura di sicurezza, ove sia accertata la cessazione della pericolosità, ovvero con la proroga di essa, e la fissazione di un nuovo termine alla scadenza del quale procedere a nuovo esame (Romano-Grasso-Padovani, Commentario, 489); ma può concludersi anche con la sostituzione della misura in atto con altra meno gravosa (ovvero con la sostituzione della misura detentiva con altra non detentiva), allorché il giudice constati l'attenuazione, ma non la completa cessazione, della pericolosità sociale.

Ciò si evince dall'art. 230, comma 2, che prevede l'applicazione della misura della libertà vigilata o della cauzione di buona condotta in sede di revoca della misura della colonia agricola o casa di lavoro, disposizione, questa, espressione di un principio generale in materia (Siclari, 238).

Quanto al caso della proroga della misura, il termine può essere anche inferiore, ma non superiore, al minimo legale (Siclari, 238).

La giurisprudenza ha affermato che, in sede di riesame della pericolosità a norma dell'art. 208, il giudizio di eventuale persistenza della pericolosità comporta un semplice prolungamento della misura della libertà vigilata, originariamente applicata, e non anche la sua sostituzione con altra più grave, come l'assegnazione ad una casa di lavoro, cui può farsi luogo solo se l'interessato abbia trasgredito agli obblighi impostigli durante il periodo di sottoposizione alla libertà vigilata (Cass. I, n. 4717/2013).

Per quanto riguarda la trasgressione agli obblighi imposti, si rinvia sub art. 231.

Il riesame della pericolosità qualificata

Gli artt. 69, comma 4, l. n. 354/1975, e 679 c.p.p., prevedono che, quando alla dichiarazione di delinquenza qualificata segua la applicazione di una misura di sicurezza, l'accertamento della cessazione della pericolosità comporta necessariamente la revoca sia della misura di sicurezza che della relativa dichiarazione di pericolosità qualificata (Romano-Grasso-Padovani, Commentario, 490).

Si è stabilita cioè una necessaria correlazione tra dichiarazione di delinquenza qualificata e sussistenza di pericolosità sociale (così Corte cost. n. 443/1988), di talché, accertato il venir meno della pericolosità sociale, il giudice deve procedere alla revoca e della misura, e della dichiarazione di delinquente qualificato.

La dottrina ha sottolineato che si tratta di innovazioni radicali rispetto al sistema precedente, in cui poteva accadere che, nonostante fosse intervenuta la revoca della misura per cessata pericolosità sociale, le dichiarazioni di delinquente abituale, professionale o per tendenza permanessero fino all'adozione del provvedimento di riabilitazione (Romano-Grasso-Padovani, Commentario, 491).

Coerentemente con i principi fin qui esposti, la giurisprudenza ha osservato che la revoca della dichiarazione di abitualità nel delitto è inscindibile dalla valutazione di attuale applicabilità — o prosecuzione — di una misura di sicurezza, giacché l'abitualità è un aspetto della pericolosità del soggetto, a sua volta presupposto della misura di sicurezza, e la relativa valutazione va effettuata, in termini di attualità, quando la misura debba essere in concreto applicata (Cass. I, n. 267/2003).

Profili processuali

L'accertamento di pericolosità necessario per applicare una misura di sicurezza, sia quando si tratta di eseguire quella disposta dal giudice di cognizione con la sentenza di condanna o di proscioglimento, sia quando si tratta di applicarne una ex novo, dopo la sentenza di condanna o di proscioglimento, compete al magistrato di sorveglianza ai sensi dell'art. 679 c.p.p., il quale procede su richiesta del pubblico ministero o anche d'ufficio.

Tutti gli altri provvedimenti, ad es. in materia di revoca della misura, di riesame della pericolosità, possono invece essere adottati anche su istanza dell'interessato o del suo difensore.

In particolare, nel procedimento di riesame della pericolosità, deve essere sempre disposta la convocazione dell'interessato, cui deve essere assicurata la difesa, e devono eseguirsi tutte le comunicazioni prescritte per il normale processo di sicurezza: l'inosservanza di tali adempimenti si traduce in nullità del provvedimento conclusivo (Cass. I, n. 195/1972).

Così come è nullo il provvedimento conclusivo assunto dal giudice di sorveglianza all'esito di procedimento de plano, quindi senza la partecipazione del difensore, su richiesta di revoca anticipata della misura avanzata da detenuto in espiazione pena, quando la decisione rivesta carattere discrezionale, e non riguardi le ipotesi, tassativamente previste, di inammissibilità dell'istanza (Cass. I, n. 46986/2007).

Il procedimento di sorveglianza è disciplinato dall'art. 678 c.p.p., in modo unitario per tutte le materie affidate al Tribunale di sorveglianza e al magistrato di sorveglianza, e segue le forme del procedimento di esecuzione ex art. 666 c.p.p., espressamente richiamato.

Avverso i provvedimenti del magistrato di sorveglianza in materia di misure di sicurezza, è ammesso appello al Tribunale di sorveglianza ai sensi dell'art. 680 c.p.p. ma, per espressa disposizione di legge, l'appello non ha effetto sospensivo, salvo che il Tribunale disponga diversamente (art. 680, ultimo comma, c.p.p.).

Casistica

In sede di riesame della pericolosità sociale, la sostituzione della libertà vigilata con la più grave misura dell'assegnazione ad una casa di lavoro, può essere disposta — in quanto riconducibile ad un'ipotesi di trasgressione di obblighi imposti — a seguito di intervenuta condanna, anche non definitiva, del soggetto, a condizione che tale condanna si riferisca a reati commessi durante la effettiva sottoposizione dello stesso alla libertà vigilata (Cass. I, n. 4717/2014).

E’ illegittimo il provvedimento con cui il giudice di sorveglianza, in sede di accertamento della pericolosità sociale, in assenza di alcun mutamento della situazione di fatto già considerata nel giudizio di cognizione, sostituisca la misura di sicurezza della libertà vigilata applicata con sentenza irrevocabile (nella specie, di assoluzione per difetto di imputabilità) con la più grave misura del ricovero all'interno di una REMS, trattandosi di una decisione assunta in violazione della preclusione derivante dal c.d. giudicato esecutivo (Cass. I, n. 2452/2020).

Bibliografia

Garofoli, Le misure di sicurezza, in Manuale di diritto penale, p.g., Molfetta, 2010, 1299; Siclari, Applicazione ed esecuzione delle misure di sicurezza personali, Milano, 1977.

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