Codice Penale art. 214 - Inosservanza delle misure di sicurezza detentive.

Donatella Perna

Inosservanza delle misure di sicurezza detentive.

[I]. Nel caso in cui la persona sottoposta a misura di sicurezza detentiva [215] si sottrae volontariamente alla esecuzione di essa, ricomincia a decorrere il periodo minimo di durata della misura di sicurezza dal giorno in cui a questa è data nuovamente esecuzione.

[II]. Tale disposizione non si applica nel caso di persona ricoverata in un ospedale psichiatrico giudiziario [222] o in una casa di cura e di custodia [219] (1).

(1) Nel testo originario figurava l'espressione «persona ricoverata in un manicomio giudiziario». Per la sostituzione dei manicomi giudiziari con gli ospedali psichiatrici giudiziari v. sub art. 148.

Inquadramento

L'art. 214, comma 1, prevede che, nel caso in cui la persona sottoposta a misura di sicurezza detentiva si sottragga volontariamente alla sua esecuzione, il periodo minimo di durata di essa ricomincia a decorrere. È molto dibattuta la natura di tale previsione: secondo la giurisprudenza costituzionale, che ha dichiarato inammissibile la questione di costituzionalità della norma in relazione agli artt. 24, comma 2, 25, comma 3, 27 comma 3 e 111 Cost., si tratterebbe di un caso di pericolosità presunta, poiché la volontaria sottrazione all'esecuzione della misura di sicurezza rivela la persistenza della pericolosità sociale che aveva dato luogo alla applicazione della misura stessa, e quindi ne giustifica pienamente il prolungamento (Corte cost., n. 110/1974).

La dottrina è divisa: alcuni autori hanno osservato che la disposizione, lungi dal trovare la propria ratio in una sorta di pericolosità presunta dell'internato che evade, ha invece natura di provvedimento sanzionatorio e punitivo, che altrimenti non si spiegherebbe il motivo per cui essa non si applica ai casi di persona ricoverata in ospedale psichiatrico giudiziario (oggi sostituito dalle R.E.M.S.) o in casa di cura e custodia (Boscarelli, 349). Altri autori, invece, condividono l'impostazione della giurisprudenza, osservando che, se si attribuisse alla previsione mera natura repressiva, si priverebbe la misura di sicurezza di quella finalità specialpreventiva che, nell'ottica del legislatore costituzionale, la giustifica (Romano-Grasso-Padovani, Commentario, 512).

Profili generali

L'inosservanza della misura di sicurezza detentiva da parte di chi vi è sottoposto, non costituisce reato (Cass., III, n. 187/1968; Fidelbo-Panetta, in Rassegna Lattanzi-Lupo, 1157), ed in luogo della sanzione penale, è previsto un meccanismo in forza del quale, una volta che l'esecuzione della misura sia ripristinata, ricomincia a decorrere il periodo minimo di durata.

Trattasi di una vera e propria ipotesi di interruzione del termine di durata minima della misura, e non di mera sospensione, con la conseguenza che il periodo di internamento precedentemente trascorso non viene computato.

Tuttavia, secondo la dottrina, dovrebbe escludersi ogni automatismo, alla luce dell'art. 31 l. n. 663/1986 (che ha abrogato i casi di pericolosità presunta per legge), e la ripresa ex novo della esecuzione della misura dovrebbe in ogni caso essere sottoposta ad un nuovo accertamento della pericolosità sociale del soggetto da parte del magistrato di sorveglianza (Romano-Grasso-Padovani, Commentario, 512).

La norma in esame si applica anche ai minori, nelle ipotesi di ricovero in riformatorio giudiziario ormai sostituito dal c.d. collocamento in comunità (art. 22 d.P.R. 18 giugno 1988, n. 448).

Applicazioni

In dottrina è stato precisato che l'applicazione dell'art. 214 comma 1, con la previsione di un nuovo periodo minimo di durata della misura, non è collegata a qualsiasi violazione delle condizioni cui era subordinata la sospensione dello stato di detenzione, ma solo alla volontaria sottrazione all'esecuzione della misura (Fidelbo-Panetta, in Rassegna Lattanzi-Lupo, 1158).

Naturalmente vi rientrano l'ipotesi della fuga e/o dell'evasione dall'istituto di internamento, sebbene, come già detto, sia pacificamento esclusa la configurabilità del delitto di evasione, non trattandosi, tecnicamente, di soggetti in stato di arresto o detenzione.

Il mancato rientro dal permesso.

A norma dell'art. 30, comma 1, l. 26 luglio 1975, n. 354 (ordinamento penitenziario) nel caso di imminente pericolo di vita di un familiare o di un convivente, ai condannati e agli internati può essere concesso dal magistrato di sorveglianza il permesso di recarsi a visitare, con le cautele previste dal regolamento, l'infermo; il comma terzo della stessa norma prevede che analoghi permessi possono essere concessi eccezionalmente per eventi familiari di particolare gravità.

L'ultimo comma dell'art. 30, infine, prevede che l'internato che rientra in istituto dopo tre ore dalla scadenza del permesso senza giustificato motivo, é punito in via disciplinare.

Il sistema va quindi così ricostruito:

- il ritardo inferiore alle tre ore è privo di conseguenze giuridiche;

- il ritardo superiore alle tre ore, è passibile di provvedimenti di natura disciplinare;

- il mancato rientro dal permesso, e quindi la volontaria sottrazione all'esecuzione della misura di sicurezza, dovrebbe determinare l'applicazione dell'art. 214, comma 1, con conseguente nuovo decorso del periodo di durata minima di essa, anche se, a parere della dottrina, tale extrema ratio andrebbe riservata solo al caso di fuga dall'istituto, e non a casi diversi, quali il mancato rientro dai permessi (Canepa-Merlo, 355).

Il mancato rientro dalla licenza.

Il sistema delle licenze agli internati è molto articolato, ed è regolato dall'art. 53 l. n. 354/1975.

Tutte le licenze (licenze premio, licenze ordinarie e straordinarie) implicano la sottoposizione dell'internato al regime di libertà vigilata, vale a dire agli obblighi e alle prescrizioni stabilite dal magistrato di sorveglianza ex art. 190 disp. att. c.p.p.

Secondo la giurisprudenza, non può dubitarsi che le licenze concesse agli internati costituiscano misure trattamentali extramurali, che accedono a una condizione di restrizione di fatto assimilabile a quella carceraria, e rappresentano in sostanza il solo strumento di flessibilità del trattamento. Come i permessi premio concessi ai detenuti, e ancor più significativamente, le licenze concesse agli internati incidono dunque sul grado di libertà personale (Cass., I, n. 8235/2010).

Ne consegue che al provvedimento che revoca una licenza già concessa all'internato, deve riconoscersi piena natura giurisdizionale, non solo per la veste di chi lo emana, ma anzitutto per la sua portata e la sfera di incidenza sulla libertà personale (Cass., I, n. 8235/2010, cit.).

L'inosservanza dell'obbligo del rientro in istituto allo scadere della licenza, determina, a norma dell'art. 53, comma 6, l. l. n. 354/1975, cit., l'irrogazione di una sanzione disciplinare e, ove il soggetto si trovi in semilibertà, anche la possibilità di revoca del beneficio, se il ritardo è superiore alle tre ore e non sia giustificato.

Dovrebbe tuttavia trovare applicazione, come nel caso di mancato rientro dal permesso, l'art. 214, comma 1, sebbene si ponga un problema di coordinamento con l'art. 53 bis l. l. n. 354/1975, cit., a mente del quale, nel caso di mancato rientro, è previsto che il tempo trascorso in licenza non sia computato nella durata della misura. Secondo parte della dottrina, l'art. 214, comma 1, andrebbe comunque applicato ai soli casi di sottrazione volontaria all'esecuzione della misura di sicurezza (come la fuga), non riferibili all'utilizzazione delle licenze (Canepa-Merlo, 855).

Deroga per inosservanza da parte di persone ricoverate in o.p.g. o in casa di cura e di custodia

La ripresa del decorso ex novo del periodo di durata minima della misura di sicurezza detentiva previsto dall'art. 214, comma 1, non opera quando l'inosservanza riguarda una persona ricoverata in ospedale psichiatrico giudiziario (oggi sostituito dalle R.E.M.S.) o in casa di cura e custodia; la ragione è intuitiva: non si è voluto intervenire con uno strumento repressivo come quello previsto dall'art. 214, comma 1, nei confronti di soggetti infermi di mente. Sta di fatto che la previsione di cui all'art. 214, comma 1, finisce per applicarsi ai soli casi della inosservanza della misura di sicurezza dell'assegnazione a colonia agricola o casa di lavoro (Fidelbo-Panetta, in Rassegna Lattanzi-Lupo, 1162).

Altri casi di inosservanza di misure di sicurezza. Rinvio

Le conseguenze relative alla inosservanza delle prescrizioni connesse a misure di sicurezza non detentive, e alla cauzione di buona condotta, sono previste da specifiche previsioni. In genere è prevista l'aggiunta di una nuova misura di sicurezza a quella precdente, o la sua sostituzione con altra più gravosa (cfr. art. 231 per la libertà vigilata; 233 per il divieto di soggiorno; 234 per il divieto di frequentare osterie e pubblici spacci di bevande alcoliche; 238 per la cauzione di buona condotta).

Bibliografia

Boscarelli, Appunti critici in materia di misure di sicurezza, in Riv. it. dir. e proc. pen., 1964, 349; Canepa-Merlo, Manuale di diritto penitenziario, Milano, 1996; Caraccioli, I problemi generali delle misure di sicurezza, Milano, 1970, 577.

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