Codice Penale art. 231 - Trasgressione degli obblighi imposti.

Donatella Perna

Trasgressione degli obblighi imposti.

[I]. Fuori del caso preveduto dalla prima parte dell'articolo 177, quando la persona in stato di libertà vigilata trasgredisce agli obblighi imposti, il giudice [679 c.p.p.; 1904 att. c.p.p.] può aggiungere alla libertà vigilata la cauzione di buona condotta [237].

[II]. Avuto riguardo alla particolare gravità della trasgressione o al ripetersi della medesima, ovvero qualora il trasgressore non presti la cauzione, il giudice [679 c.p.p.; 1904 att. c.p.p.] può sostituire alla libertà vigilata l'assegnazione a una colonia agricola o ad una casa di lavoro [216], ovvero, se si tratta di un minore, il ricovero in un riformatorio giudiziario [223-227] 1.

[1] La Corte cost. 27 dicembre 2018, n. 250 ha dichiarato non fondate, nei sensi di cui in motivazione, le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 231, secondo comma, del codice penale, sollevate, in riferimento agli artt. 13, primo e secondo comma, e 24, secondo comma, Cost.

Inquadramento

La norma in esame stabilisce le conseguenze sanzionatorie della trasgressione agli obblighi imposti con la libertà vigilata, prevedendo il possibile inasprimento della misura in rapporto alla entità e numero delle violazioni. Si ritiene unanimemente in dottrina e giurisprudenza che la violazione degli obblighi connessi alla libertà vigilata non costituisca reato, ma vada qualificata come una possibile, nuova manifestazione della pericolosità sociale precedentemente ritenuta (Romano-Grasso-Padovani, Commentario, 567): ne consegue che la sanzione va ricercata non nell'art. 650, che prevede l'inosservanza ai provvedimenti dell'autorità, bensì nella revoca del beneficio ai sensi della norma in commento.

La violazione degli obblighi. Conseguenze sanzionatorie

In via generale, la trasgressione degli obblighi imposti con la libertà vigilata, può essere sanzionata con l’imposizione, in aggiunta, della cauzione di buona condotta.

Tuttavia, in caso di:

a) Particolare gravità della violazione

b) Reiterazione della violazione

c) Mancata prestazione della cauzione

d) Irreperibilità al momento della consegna della carta precettiva (art. 190 disp. att. c.p.p.; Cass. I, n. 23023/2009).

e) Trasferimento non autorizzato del sottoposto dal comune di dimora o residenza assegnatogli, o di successiva irreperibilità.

Il giudice può disporre la sostituzione della misura di sicurezza violata con altra più grave detentiva, espressamente individuata nell'assegnazione a una colonia agricola o a una casa di lavoro e, ove il trasgressore sia un minorenne, nel ricovero in riformatorio giudiziario.

Con particolare riferimento all'ipotesi della irreperibilità, lo stato di irreperibilità della persona sottoposta a libertà vigilata, con conseguente violazione degli obblighi imposti, va accertato con riferimento alla dimora effettiva, e non a quella, fittizia, eventualmente risultante dall'iscrizione anagrafica.

Nel caso, invece, di persistenza della pericolosità accertata in sede di riesame, è consentito solo il prolungamento della libertà vigilata, ma non il suo aggravamento, in assenza di trasgressione effettiva agli obblighi (Cass. I, n. 4717/2014).

È poi esclusa, per espressa disposizione di legge, l'applicazione dell'art. 231 in caso di trasgressione agli obblighi della libertà vigilata da parte del liberato condizionalmente perché, in tal caso, la conseguenza è, ai sensi dell'art. 177, la revoca del beneficio.

Allo stesso modo, unica sanzione applicabile ai sensi dell'art. 53, comma 5, l. n. 354/1975, in caso di trasgressioni commesse dall'internato durante la licenza (nel corso della quale è soggetto alla libertà vigilata), è, ai sensi dell'art. 53, comma 4, la revoca del beneficio (Romano-Grasso-Padovani, Commentario, 568).

Poteri del giudice

La dottrina ritiene che il giudice conservi un ampio potere discrezionale nella valutazione della trasgressione e nell'applicazione delle conseguenti sanzioni (Romano-Grasso-Padovani, Commentario, 568).

La giurisprudenza è concorde: l'uso, in entrambi i commi dell'art. 231, del verbo «può», riferito al contenuto degli atti di competenza del magistrato di sorveglianza, « dimostra che il legislatore ha inteso lasciare al potere discrezionale del giudice la decisione in ordine ai provvedimenti da adottare in concreto, sulla base di un prudente apprezzamento della gravità della trasgressione e della personalità dell'interessato» (Cass. I, n. 29859/2009), e cioè, in definitiva, sulla base dei criteri previsti dall'art. 133, in quanto compatibili con la materia o comunque riferibili alla natura dell'infrazione commessa.

Peraltro, la sostituzione della libertà vigilata con la più grave misura dell'assegnazione ad una casa di lavoro, quale conseguenza della trasgressione degli obblighi imposti, ben può essere ancorata a fatti storici costituenti ipotesi di reato, riferibili al condannato, senza che sia necessario attendere la definizione del relativo procedimento penale (Cass. I, n. 29859/2009).

Non v'è dubbio, infine, che rientri nella discrezionalità del magistrato di sorveglianza anche la scelta della misura, che va rapportata alla gravità della violazione commessa, sicché egli può addivenire alla sostituzione della libertà vigilata con la misura detentiva direttamente, anche senza prima applicare la cauzione, ove ritenga che la trasgressione realizzata dal libero vigilato sia di tale entità da evidenziare una pericolosità sociale paralizzabile soltanto con la misura detentiva (Cass. I, n. 29859/2009 cit.).

In altri termini, non vi è alcun rapporto di necessaria priorità tra le misure previste dall'art. 231, ed il giudice può disporre la sostituzione della misura detentiva alla libertà vigilata anche senza aver fatto prima ricorso alla cauzione di buona condotta, sicché non può ritenersi che l'inasprimento sia giustificato solo ove il soggetto persista ulteriormente nella trasgressione degli obblighi impostigli. Allo stesso modo, il giudice non è vincolato all'applicazione della misura di sicurezza detentiva nel caso in cui a seguito della trasgressione, sia stata imposta la cauzione e questa non venga prestata.

A tal proposito, il capoverso dell'art 231 distingue nettamente le due ipotesi, e consente la sostituzione della liberta vigilata con l'assegnazione ad una casa di lavoro o ad una colonia agricola, sia nel caso del ripetersi di trasgressioni, sia nel caso che il trasgressore non presti la cauzione indicata dal primo comma: se ne deduce che la previa imposizione della cauzione non è condizione indispensabile per la conversione della misura nei casi in cui la reiterazione delle trasgressioni dimostri di per sé l'inefficacia della misura di sicurezza in precedenza applicata (Cass. I, n. 27423/2005; Cass. I, n. 23857/2020); e che, anche nel caso di mancata prestazione della cauzione, non vi è alcun automatismo, dovendo il giudice valutare l'entità delle trasgressioni compiute e le ragioni della mancata prestazione della cauzione, e se del caso escludere l'applicazione della misura detentiva, ove risulti inadeguata alla effettiva pericolosità sociale manifestata dal trasgressore (in dottrina Romano-Grasso-Padovani, Commentario, 569-570).

Rapporti con la sorveglianza speciale

A norma dell'art. 9, l. 27 dicembre 1956, n. 1423 (attualmente comma 1 dell'art. 75, d.lg. n. 159/2011, c.d. codice antimafia), la contravvenzione alle prescrizioni del decreto di sorveglianza speciale della pubblica sicurezza costituisce reato, punito con la sanzione dell'arresto da tre mesi ad un anno, mentre, come s'è visto, la violazione delle prescrizioni connesse al provvedimento di libertà vigilata può al massimo comportare l'inasprimento della misura.

Tale diversità di trattamento è stata sospettata di incostituzionalità in relazione all'art. 3 Cost., ma la Corte cost. n. 126/1983, ha dichiarato non fondata la questione.

Da ultimo, in senso conforme, anche con riferimento alla diversa prospettiva della violazione delle prescrizioni connesse alla misura degli arresti domiciliari, v. Cass. VI, n. 13461/2010).

Profili processuali

La competenza a conoscere le materie attribuite alla magistratura di sorveglianza appartiene al Tribunale o al magistrato di sorveglianza, che hanno giurisdizione sull'istituto di prevenzione o di pena in cui si trova l'interessato all'atto della richiesta (avanzata da lui stesso), della proposta (avanzata dagli uffici di Procura), o dell'inizio di ufficio del procedimento (mosso su impulso dello stesso magistrato di sorveglianza). Pertanto, in casi di aggravamento della misura di sicurezza della libertà vigilata disposto dal magistrato di sorveglianza, la competenza per territorio va individuata con riferimento al momento in cui ha preso forma processuale l'iniziativa di detto magistrato, che ha così cristallizzato la competenza territoriale destinata a rimanere ferma, per il principio della perpetuatio jurisdictionis, anche nel caso che l'interessato sia stato trasferito o dimesso dall'istituto penitenziario in cui si trovava internato o ristretto al momento dell'iniziativa.

Quanto al tempo dell'aggravamento, esso può essere applicato anche dopo che la libertà vigilata sia cessata ed indipendentemente dalla circostanza che le violazioni siano avvenute prima o dopo la scadenza del termine minimo previsto per la misura (Cass. I, n. 2228/2007).

Casistica

In sede di riesame della pericolosità sociale, la sostituzione della libertà vigilata con la più grave misura dell'assegnazione ad una casa di lavoro, può essere disposta — in quanto riconducibile ad un'ipotesi di trasgressione di obblighi imposti — a seguito di intervenuta condanna, anche non definitiva, del soggetto, a condizione che tale condanna si riferisca a reati commessi durante la effettiva sottoposizione dello stesso alla libertà vigilata (Cass. I, n. 4717/2013).

Bibliografia

Alessandri, Pena e infermità mentale, in Riv. it. dir. e proc. pen. 1976, 227. I. Caraccioli, I problemi generali delle misure di sicurezza, Milano, 1970, 577; Musco, voce Misure di sicurezza, in Enc. dir. Aggiornamento, I, Milano, 1997.

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