Codice Penale art. 233 - Divieto di soggiorno in uno o più comuni o in una o più province.

Donatella Perna

Divieto di soggiorno in uno o più comuni o in una o più province.

[I]. Al colpevole di un delitto contro la personalità dello Stato [241-313] o contro l'ordine pubblico [414-421], ovvero di un delitto commesso per motivi politici [8 3] o occasionato da particolari condizioni sociali o morali esistenti in un determinato luogo, può essere imposto il divieto di soggiornare in uno o più comuni o in una o più province, designati dal giudice [533 1, 679 1 c.p.p.; 191 att. c.p.p.].

[II]. Il divieto di soggiorno ha una durata non inferiore a un anno.

[III]. Nel caso di trasgressione, ricomincia a decorrere il termine minimo, e può essere ordinata inoltre la libertà vigilata [228; 679 c.p.p.; 191 att. c.p.p.].

Inquadramento

L'art. 233 disciplina la misura di sicurezza personale non detentiva del divieto di soggiorno in uno o più Comuni o in una o più Province indicati dal Giudice.

Tale misura, applicabile nei confronti di soggetto condannato per determinati delitti tassativamente individuati, si distingue dal divieto di soggiorno quale misura di prevenzione, per il suo più accentuato carattere educativo (Musco).

Profili generali

Il divieto di soggiorno, con cui si vieta ad un soggetto di soggiornare in uno o più Comuni o in una o più Province, trae fondamento dalle particolari condizioni ambientali di un determinato luogo, che si ritiene possano incentivare o agevolare la delinquenza, donde la necessità di tenerne lontano il soggetto: in altri termini, la pericolosità sociale è qui connotata dal legame con uno specifico ambiente nell'ambito di un determinato territorio.

Fatta questa premessa, il divieto di soggiorno si può applicare, qualunque sia l'entità della pena inflitta e previo accertamento della pericolosità sociale (Romano-Grasso-Padovani, Commentario, 573):

1. Ai condannati per delitti contro la personalità dello Stato o contro l'ordine pubblico

2. Ai condannati per un delitto commesso per motivi politici

3. Ai condannati per un qualsiasi delitto occasionato da particolari condizioni sociali o morali esistenti in un determinato luogo.

4. Al colpevole di alcuno dei reati contro la fedeltà o la difesa militare (art. 75 c.p.mil.p.).

Si è osservato che il termine «soggiorno» ha un'accezione più ampia di residenza e dimora, sicché nel luogo indicato nel provvedimento applicativo è vietato fermarsi anche per breve lasso di tempo e anche occasionalmente: il destinatario della misura può liberamente transitarvi, ma non sostarvi (Manzini, Trattato, III, 368).

Tale caratteristica del divieto di soggiorno ha fatto sorgere dei dubbi sulla costituzionalità della misura, con riferimento all'art. 16 Cost., che tutela la libertà di circolazione, alla quale possono essere posti limiti solo per motivi di sanità e di sicurezza e non per motivi politici; i dubbi sono però superabili, ove si rifletta che le restrizioni sono imposte dall'esigenza di prevenzione dei reati, che possono essere favoriti dalla permanenza di un soggetto in un certo luogo, il che riconduce in definitiva alla esigenza della “sicurezza pubblica” (Romano-Grasso-Padovani, Commentario, 574).

La misura è applicabile anche al seminfermo di mente e al minore d'età (Manzini, Trattato, III, 369) sebbene secondo una parte della dottrina l'introduzione del nuovo ordinamento minorile (d.P.R. n. 448/1988) ha circoscritto l'ambito delle misure di sicurezza applicabili ai minorenni alla libertà vigilata e al riformatorio giudiziario, cosicché il divieto di soggiorno appare di dubbia applicazione (Romano-Grasso-Padovani, Commentario, 574).

Durata della misura e sanzioni per la trasgressione

La durata minima della misura è stabilita dalla legge in un anno, e, poiché il divieto di soggiorno non è una misura detentiva, ad essa non è applicabile il limite massimo di durata previsto dall'art. 1, d.l. n. 52/2014, come modificato dalla legge di conversione n. 81/2014, secondo cui le misure di sicurezza detentive — provvisorie o definitive — non possono durare oltre il tempo stabilito per la pena detentiva massima del reato in relazione al quale sono applicate (Gallucci, in Rassegna Lattanzi-Lupo, 1263).

Nel caso di trasgressione del divieto (come del resto per la trasgressione alle prescrizioni inerenti una misura di sicurezza personale non detentiva in genere), non è configurabile alcun reato ma, per espressa previsione di legge, ricomincia a decorrere un nuovo periodo minimo di durata della misura.

Nei casi più gravi, il giudice può ordinare la libertà vigilata per il periodo minimo di un anno, e secondo la dottrina in tal caso il divieto di soggiorno si trasforma in una delle prescrizioni della libertà vigilata (Manzini, Trattato, III, 370).

La giurisprudenza non sembra d'accordo, osservando che il divieto di soggiorno costituisce una diversa ed autonoma misura, e non è inquadrabile nell'ambito delle prescrizioni intese ad evitare le occasioni di nuovi reati, previste in materia di libertà vigilata dall'art. 228, comma 1 (Cass. I, n. 2196/1994).

Bibliografia

Caraccioli, I problemi generali delle misure di sicurezza, Milano, 1970; Musco, voce Misure di sicurezza, in Enc. dir. Aggiornamento, I, Milano, 1997.

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