Codice Penale art. 246 - Corruzione del cittadino da parte dello straniero.

Angelo Valerio Lanna

Corruzione del cittadino da parte dello straniero.

[I]. Il cittadino [4 1, 242 3], che, anche indirettamente, riceve o si fa promettere dallo straniero, per sé o per altri, denaro o qualsiasi utilità, o soltanto ne accetta la promessa, al fine di compiere atti contrari agli interessi nazionali, è punito, se il fatto non costituisce un più grave reato, con la reclusione da tre a dieci anni e con la multa da 516 euro a 2.065 euro.

[II]. Alla stessa pena soggiace lo straniero che dà o promette il denaro o l'utilità.

[III]. La pena è aumentata [64]:

1) se il fatto è commesso in tempo di guerra [310];

2) se il denaro o l'utilità sono dati o promessi per una propaganda col mezzo della stampa.

competenza: Corte d'Assise

arresto: obbligatorio

fermo: consentito

custodia cautelare in carcere: consentita (ma v. art. 275, comma 2 bis, c.p.p.)

altre misure cautelari personali: consentite

procedibilità: d'ufficio

Inquadramento

Trattasi di delitto compreso nel Capo I del Titolo I del Libro II del Codice (Titolo intitolato “Dei delitti contro la personalità dello Stato”), tra i reati contro la personalità internazionale dello Stato.

Con riferimento alla ratio della norma e all'interesse giuridico oggetto di tutela, la dottrina ritiene che anche questo reato costituisca una novità del Codice Rocco, che è modellata sullo schema della corruzione del pubblico ufficiale e che secondo il legislatore sarebbe giustificata dalla necessità di «reprimere in ogni tempo, e quindi non soltanto durante la guerra, l'attività antinazionale del cittadino prezzolato con oro straniero» (Relazione Ministeriale). La norma sanziona dunque la violazione del dovere di fedeltà rispetto agli interessi nazionali, da parte del cittadino (Fiandaca-Musco, Diritto, p.s., 95).

Si è anche ritenuto che «bene tutelato è la fedeltà del cittadino verso lo Stato» (Trinci-Farini).

I soggetti

Soggetto attivo

La norma è costruita alla stregua di un reato plurisoggettivo necessario, che assoggetta quindi a sanzione penale tanto la condotta attiva dello straniero corruttore, quanto il comportamento passivo del cittadino corrotto — il quale riceva o accetti la promessa, per sé o per altri, di denaro o altra utilità.

La struttura del reato

La disposizione colpisce la realizzazione di una intesa finalizzata al compimento di atti normativamente definiti dal legislatore — in maniera volutamente ampia ed onnicomprensiva — come contrari agli interessi nazionali.

Si tratta di una figura di reato sussidiaria, appunto perché la si può reputare integrata solo «se il fatto non costituisce un più grave reato».

Materialità

La fattispecie delittuosa de qua punisce l'esistenza di un mercimonio tra il cittadino e lo straniero; è quindi richiesto che venga posta in essere una condotta consistente nel dare o promettere (e specularmente consistente, per il cittadino corrotto, nel ricevere, farsi promettere o accettare la promessa) denaro o altra utilità.

In dottrina si è osservato quanto segue: « Il fatto tipico della corruzione passiva consiste nel ricevere denaro o altra utilità, nell'accettare la promessa o nel farsi promettere l'una o l'altra cosa; il fatto tipico della corruzione attiva, preveduto dal secondo comma, consiste nel dare o promettere denaro o altra utilità. Secondo la dottrina dominante, il fatto del corruttore e quello del corrotto configurano due distinti delitti reciproci, sicché il reato sussiste per uno dei due soggetti attivi, anche se l'altro non è imputabile o non è punibile » (Alpa-Garofoli, 23).

Elemento psicologico

Il dolo richiesto è specifico. La dottrina ha in proposito osservato come nel delitto di cui all'art. 246 abbia rilievo la consapevolezza della contrarietà degli atti da compiere agli interessi nazionali: senza tale consapevolezza non potrebbe, infatti, sussistere la precisa direzione della volontà dell'agente; questo è il tipo di elemento psicologico imprescindibile perché si realizzi la fattispecie legale, che strettamente collega la ricezione o promessa del compenso con il fine — dolo specifico — di compiere atti contrari con gli interessi della patria (Ariolli, in Lattanzi-Lupo, 34).

La giurisprudenza (Cass. I, 26 giugno 1962), ha chiarito come, al riguardo, assuma rilievo la consapevolezza che l'agente abbia della contrarietà degli atti che si accinge a compiere agli interessi nazionali.

Consumazione e tentativo

La consumazione del reato coincide con la concretizzazione della promessa o della dazione.

L'ammissibilità del tentativo costituisce questione piuttosto controversa: si tende a negarla, sul rilievo della mancanza di una previsione incriminatrice corrispondente a quella dell'istigazione alla corruzione (art. 322).

Segue. Casistica

Con riguardo all'individuazione del tempus commissi delicti, la giurisprudenza (Cass. I, n. 100/1991) ha specificato come esso debba collocarsi nel momento in cui il cittadino italiano accetta la promessa di qualche utilità, finalizzata al compimento di atti contrari all'interesse nazionale. Diviene dunque irrilevante il fatto che, successivamente al raggiungimento di tale accordo, il fatto sia stato denunciato ai servizi segreti italiani — ad opera di soggetto al quale il cittadino corrotto aveva chiesto aiuto per il raggiungimento del fine illecito — così rendendo sostanzialmente impossibile il perseguimento dello scopo dell'intesa.

Forme di manifestazione

Circostanze

Sono previste due circostanze aggravanti speciali: 1) al numero 1 del comma 2 si sanziona più gravemente il fatto, se commesso in tempo di guerra (v. art. 310, per la nozione penalistica di guerra); 2) al numero 2 è invece previsto il caso in cui l'intesa si verifichi — mediante una materiale dazione, ovvero anche solo rimanendo allo stadio della promessa — per il compimento di una azione di propaganda da attuarsi con il mezzo della stampa (per la definizione di stampa, si veda l'art. 1 l. n. 47/1948).

Profili processuali

Il reato in esame è reato procedibile d'ufficio, e di competenza della Corte d'assise; è prevista la celebrazione dell'udienza preliminare.

Per esso: a) è possibile disporre intercettazioni; b) l'arresto in flagranza è obbligatorio, il fermo è consentito; c) è consentita l'applicazione della custodia in carcere e delle altre misure cautelari personali.

Bibliografia

Alpa-Garofoli, Manuale di Diritto Penale - Parte speciale, I, Roma, 2015; Beltrani, Il delitto tentato. Parte generale e parte speciale, Padova, 2003; Delpino-Pezzano, Manuale di Diritto Penale- Parte speciale, Napoli, 2015; Malizia, voce Distruzione e danneggiamento di opere, di edifici o cose militari, in Enc. dir., XIII, Milano, 1964; Farini-Trinci, Diritto Penale - Parte speciale, Roma, 2015.

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