Codice Penale art. 287 - Usurpazione di potere politico o di comando militare.

Angelo Valerio Lanna

Usurpazione di potere politico o di comando militare.

[I]. Chiunque usurpa un potere politico, ovvero persiste nell'esercitarlo indebitamente, è punito con la reclusione da sei a quindici anni [347].

[II]. Alla stessa pena soggiace chiunque indebitamente assume un alto comando militare [347].

[III]. Se il fatto è commesso in tempo di guerra [310], il colpevole è punito con l'ergastolo [313] [; ed è punito con la morte, se il fatto ha compromesso l'esito delle operazioni militari] (1).

(1) Per i delitti previsti nel codice penale e in altre leggi diverse da quelle militari di guerra, la pena di morte è stata soppressa e sostituita con l'ergastolo: d.lg.lt. 10 agosto 1944, n. 224 e d.lg. 22 gennaio 1948, n. 21. Per i delitti previsti dalle leggi militari di guerra, la pena di morte è stata abolita e sostituita con quella «massima prevista dal codice penale» (l. 13 ottobre 1994, n. 589). V. ora anche art. 27 4 Cost., come modificato dall'art. 1, l. cost. 2 ottobre 2007, n. 1. V. inoltre la l. 15 ottobre 2008 n. 179, di ratifica del Protocollo n. 13 del 3 maggio 2002 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'Uomo e delle libertà fondamentali, relativo all'abolizione della pena di morte in qualsiasi circostanza.

competenza: Corte d'Assise

arresto: obbligatorio

fermo: consentito

custodia cautelare in carcere: consentita

altre misure cautelari personali: consentite

procedibilità: con l'autorizzazione del Ministro della giustizia

Inquadramento

Delitto compreso nel Capo Secondo del Titolo Primo del Libro Secondo del Codice (Titolo intitolato “Dei delitti contro la personalità dello Stato”), tra i delitti contro la personalità interna dello Stato.

Il bene giuridico tutelato è la sicurezza degli organi costituzionali, che potrebbe esser messa in pericolo — nonché materialmente compromessa o danneggiata — da una attività usurpatrice avente ad oggetto un potere politico o un elevato comando militare. Il conferimento di tali poteri o comandi, infatti, rappresenta una prerogativa riconducibile in via esclusiva ai più alti organi dello Stato (Alpa e Garofoli, 108). Si è quindi specificato in dottrina che “La tutela è rivolta alla funzione costituzionale di attribuzione del potere, perché a tale funzione è riservata la potestà esclusiva di attribuire i poteri politici o gli alti comandi militari: l'art. 287 vuole impedire che tali cariche siano acquisite indipendentemente dall'esercizio di detta potestà da parte degli organi competenti” (Fiandaca e Musco, 110). I più accorti esegeti della norma ritengono che il bene giuridico, oggetto di specifica salvaguardia, coincida con lo Stato istituzione in quanto tale; ciò sul presupposto che l'azione usurpatrice — mirando a sostituire illegittimamente un dato potere — sostanzialmente vada a minare l'identità propria dell'istituzione (Pagliaro, 1163).

Trattasi infine di una fattispecie normalmente classificata — sotto il profilo dogmatico e sistematico — tra i cd. delitti di infedeltà.

I soggetti

Soggetto attivo

Il paradigma normativo delinea una figura di reato comune, come evincibile dall'utilizzo del termine chiunque per indicarne il soggetto attivo. Se ne possono dunque rendere protagonisti sia il cittadino, sia lo straniero. La condanna a pena restrittiva della libertà personale per il delitto in esame comporta ai sensi dell'art. 312 — quando dello stesso si renda protagonista uno straniero — l'espulsione dal territorio dello Stato; comporta invece l'allontanamento del cittadino di uno Stato membro dell'Unione Europea.

Laddove però soggetto attivo sia un militare, il presente articolo resterà integrato esclusivamente al ricorrere dell'usurpazione di un potere politico; nell'ipotesi invece di attribuzione di comando militare, dovrà trovare applicazione l'art. 114 c.p.mil.p.

Soggetto passivo

Questo è lo Stato, al quale sono direttamente riconducibili i beni-interessi oggetto di tutela.

La struttura del reato

È un delitto che ha natura istantanea, laddove si concretizzi nella forma della usurpazione, ovvero della assunzione, di un potere politico o di un comando militare che in precedenza il soggetto agente non aveva (in tal caso, sarà sufficiente il compimento anche di un solo atto significativo); assume natura istantanea, peraltro, anche laddove si vada a ricoprire formalmente la carica, pur in assenza del compimento di atti specifici. Il delitto diviene invece permanente, allorquando il modello legale venga posto in essere mediante l'indebito mantenimento di tali prerogative (Nuzzo, 343).

Il reato è poi di danno ed a condotta alternativa.

Materialità

La condotta punita

Questa consiste anzitutto nel fatto di usurpare un potere, ossia nell'attribuire a sé autonomamente ed in assenza di legittimazione una certa carica, nell'insediarsi senza regolare investitura a capo di un potere politico. Si richiede qui che il soggetto agente riesca a porre sé stesso nella cd. stanza dei bottoni, così da avere la possibilità effettiva di esercitare un potere politico, pur se ciò poi in concreto non avvenga. In assenza del compimento di almeno un atto, che sia evocativo di tale assunzione, occorre però almeno una sorta di pubblica proclamazione dell'avvenuta usurpazione (almeno, si ritiene necessario che tale manifestazione di volontà sia rivolta proprio agli organi che in precedenza detenevano il potere oggetto di indebita traslazione).

Il fatto punito può poi concretizzarsi mediante l'indebita assunzione di un alto comando militare. Con la precisazione che non ogni comando militare — conferito per via meramente amministrativa e gerarchica — presenta tale caratteristica. È infatti definibile alto comando militare soltanto quello che derivi da una formale investitura governativa, basata su norme di rango costituzionale e di alta amministrazione, che sia tale da porre il destinatario in una posizione di vertice (si pensi alla carica di Capo di Stato Maggiore, al Comando della Forza Aerea o Navale e via discorrendo).

Per indicare il perimetro definitorio dell'elemento oggettivo della condotta, si potranno riportare le seguenti parole, molto esplicative: “Circa le modalità attraverso le quali può essere compiuta la usurpazione del potere politico, si possono citare, quali possibili esempi, la occupazione della sede della Presidenza del Consiglio, di un ministero, di una prefettura, quando tale occupazione sia accompagnata dal compimento di atti politici oppure dall'annunzio, dato alla televisione, alla stampa o alle rappresentanze diplomatiche estere, dell'avvenuto trasferimento dei poteri, la formazione di un governo clandestino, che non si limiti a pura propaganda, ma cerchi di esercitare alcuni poteri politici, l'esercizio effettivo di poteri politici statuali, pure in mancanza della formazione o della occupazione di una struttura organizzata” (Pagliaro, 160).

Il potere oggetto di usurpazione deve essere non riconducibile ad una tipologia burocratico- gestionale, né situarsi nell'ambito della struttura organizzativa amministrativa; esso deve invece rivestire una connotazione squisitamente politica. La dottrina ha ritenuto che “Per potere politico si intende il potere di compiere atti normalmente riservati al Governo o ad altri organi” (Farini e Trinci, 64). È stato poi anche precisato che — ferma restando la natura necessariamente politica del potere oggetto di indebita assunzione — resta però indifferente il fatto che si tratti di un potere individuale o collettivo (Pannain, 1106).

Altri Autori hanno anche giustamente osservato come la condotta di usurpazione — o anche di illegittima ritenzione — del potere, non possa riguardare il potere giudiziario, rispetto al quale è esclusa ogni connotazione di tipo politico (Antolisei, 1038).

Per rinvenire l'esatta interpretazione da attribuire alla nozione di comando militare, si potrà semplicemente fare riferimento alle norme organizzative di carattere militare.

Si è infine rimarcato come il concetto stesso di usurpazione necessariamente implichi e contenga quello di arbitrarietà ed illegittimità dell'azione, non potendo peraltro esistere — in relazione al potere politico — una “negotiorum gestio sine mandato che possa rendere non illegittimo il fatto, fuori dai casi di necessità (art. 54) e di quelli in cui, per l'impossibilità d'intervento dei poteri dello Stato, qualsiasi cittadino sia da ritenersi autorizzato ad agire nell'interesse dello Stato medesimo (es.: esploratore che prende possesso, in nome del proprio Stato, di un territorio nullius)” (Manzini, Tr., 476).

Modalità esecutive

L'azione del reo si caratterizza per modalità eminentemente commissive, in quanto essa deve tradursi in una percepibile assunzione indebita del potere. Tale peculiarità attuativa rende inimmaginabile una realizzazione del fatto secondo modalità omissive.

La condotta si concretizza, inoltre, allorquando si pretenda di conservare una posizione apicale, sempre connotata dall'esercizio di un potere politico, che in capo al singolo sia ormai venuta meno per qualsiasi ragione. Il reato dunque resta integrato allorquando l'agente — pur se ormai cessato dalla carica, magari per essersi esaurito o esser stato revocato il mandato in precedenza conferitogli — continui ad esercitare le prerogative da dismettere. In questo caso, però, occorre che venga illegittimamente posto in essere almeno un atto di natura politica, che sia temporalmente collocabile in epoca successiva alla decadenza rifiutata.

Elemento psicologico

Il modello legale postula la sussistenza del solo dolo generico, consistente nella volontà di arrogarsi un potere politico, ovvero di incaricarsi — in assenza di legittimazione — di un comando militare.

Si è giustamente notato che: “Poiché non sussiste usurpazione senza arbitrarietà, il dolo postula la consapevolezza di agire in maniera indebita, e l'errore sulla legittimità dell'assunzione o della ritenzione del potere politico, oppure sull'assumibilità del comando militare, esclude l'intenzionalità del fatto rendendolo scusabile” (Nuzzo, 342).

Consumazione e tentativo

Il delitto viene a consumazione nel momento e nel luogo in cui l'agente raggiunga l'obiettivo di porre sé stesso — sebbene in via precaria — in una situazione oggettiva che gli consenta l'esercizio del potere politico oppure del comando militare. Altra possibilità di consumazione è da riscontrare “... nel momento e nel luogo in cui è trascorso il tempo dopo il quale l'agente sapeva di dover abbandonare il potere politico del quale era legittimamente rivestito” (Manzini, 47).

Non sembrano esservi ostacoli alla configurabilità del tentativo.

Forme di manifestazione

Sono previste — nel dettato dell'ultimo comma — due aggravanti ad effetto speciale.

La prima si realizza allorquando il fatto di usurpazione sopra descritto — considerato in modo onnicomprensivo, dunque comprendente sia l'usurpazione di potere politico, sia l'indebita attribuzione di comando militare — si verifichi in tempo di guerra (art. 310). Trattasi di circostanza di natura oggettiva.

La seconda circostanza aggravante — al ricorrere della quale era originariamente prevista la pena di morte — si concretizza allorquando, in conseguenza della condotta serbata dal soggetto agente, siano risultate compromesse le operazioni militari. Dunque, nel caso in cui la condotta usurpativa abbia arrecato nocumento a manovre e strategie, di natura offensiva o difensiva, poste in essere in ambito militare.

Al delitto in esame può essere applicata la circostanza attenuante speciale del fatto di lieve entità (art. 311).

Profili processuali

Il reato in esame è reato procedibile solo a seguito di autorizzazione del Ministro della Giustizia e di competenza della Corte d'Assise; è prevista la celebrazione dell'udienza preliminare.

Per esso:

a) è possibile disporre intercettazioni;

b) l' arresto in flagranza è obbligatorio; il fermo è consentito;

c) è consentita l'applicazione della custodia in carcere e delle altre misure cautelari personali.

Bibliografia

Alpa e Garofoli, Manuale di Diritto Penale - Parte speciale, Roma, Tomo I, 2015; Antolisei, Manuale di Diritto Penale, Parte Speciale, II, Milano, 1986; Farini e Trinci, Diritto Penale - Parte Speciale, Roma, 2015; Fiandaca e Musco, Diritto Penale - Parte speciale, Vol. 1, Bologna, 1988; Manzini, Istituzioni di diritto penale italiano, Vol. II, Padova, 1955; Manzini, Trattato di diritto penale italiano, Vol. IV, Milano, 1950; Nuzzo, Commento all'art. 287 c.p. in AA.VV. Codice Penale, Rassegna di giurisprudenza e di dottrina, diretta da Lattanzi e Lupo, Milano, 2010; Pagliaro, Usurpazione di potere politico o di comando militare, in Enc. dir., XLV, Milano, 1992; Pagliaro, Il diritto penale tra norma e società - scritti 1956 - 2008, Vol. IV, Roma, 2009; Pannain, in Nss. D. I., Vol. XII, Torino, 1979.

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