Codice Penale art. 308 - Cospirazione: casi di non punibilità.Cospirazione: casi di non punibilità. [I]. Nei casi preveduti dagli articoli 304, 305 e 307 non sono punibili coloro i quali, prima che sia commesso il delitto per cui l'accordo è intervenuto o la associazione è costituita, e anteriormente all'arresto, ovvero al procedimento: 1) disciolgono o, comunque, determinano lo scioglimento dell'associazione; 2) non essendo promotori o capi, recedono dall'accordo o dall'associazione. [II]. Non sono parimenti punibili coloro i quali impediscono comunque che sia compiuta l'esecuzione del delitto per cui l'accordo è intervenuto o la associazione è stata costituita [56 4]. InquadramentoL'articolo prevede casi di non punibilità, riferibili ai soggetti che si siano resi protagonisti dei reati di cospirazione politica mediante accordo o associazione, ovvero di assistenza ai partecipi di tali delitti. La norma sancisce infatti che — nei casi indicati dagli artt. 304, 305 e 307 - siano non punibili coloro che, alternativamente: a) disciolgano l'associazione, o comunque ne determinino lo scioglimento; b) recedano dall'accordo o dall'associazione, non rivestendo però la veste di promotori o di capi. Sono ugualmente non punibili coloro che impediscano che venga data esecuzione a quel delitto, in relazione al quale era precedentemente intervenuto l'accordo o stata formata l'associazione. I sopra detti casi di non punibilità hanno però anche una precisa collocazione temporale, che funge da condizione per l'operatività stessa della figura. Essi possono infatti concretizzarsi — in maniera cumulativa — solo prima che sia commesso il delitto oggetto di accordo cospirativo, ovvero per la cui commissione l'associazione cospirativa era stata creata, nonché a patto che non sia stato ancora eseguito alcun arresto e che non sia ancora sorto alcun procedimento. Sotto il profilo tecnico-giuridico, trattasi di forme di ravvedimento attivo; qui infatti l'agente — dopo aver realizzato tutti gli antecedenti causali indispensabili per la commissione del reato — “impedisce l'evento, tenendo una controcondotta che arresta il processo causale già in atto” (Mantovani, 455). Si è dunque in presenza di una circostanza che ha valenza esimente, in quanto — ferma la sussistenza dell'imputabilità — elide la responsabilità penale; essa ovviamente non opera ipso facto, bensì postula una declaratoria ad opera del giudice, il quale sarà chiamato a valutare la natura degli atti compiuti dal soggetto che si sia dissociato e l'attitudine di questi a scongiurare la commissione di quei fatti specifici, per il compimento dei quali era intervenuto l'accordo o era stata costituita l'associazione. Si è poi osservato come la disposizione in esame rivesta un connotato di eccezionalità nel sistema; secondo i principi generali, infatti, il ravvedimento — che intervenga successivamente alla consumazione del delitto, o durante la permanenza dello stesso — esplica normalmente una sola efficacia diminuente della pena, ma non comporta una rinuncia dello Stato alla potestà punitiva (Manzini, 633). Trattasi inoltre di una causa di esclusione della punibilità che ai sensi dell'art. 119, presentando una natura soggettiva, non si trasmette ai correi (Pannain, 1135). Si è poi giustamente evidenziato come — nonostante l'espresso richiamo all'art. 307, che si trova nella lettera dell'articolo in esame — la causa di non punibilità del recesso dall'accordo o dall'associazione sia logicamente non applicabile al reato di assistenza ai partecipi di banda armata. La struttura di tale delitto, infatti, postula proprio l'estraneità all'associazione di colui che presti assistenza (Nuzzo, in Rassegna Lattanzi-Lupo 2010, 457). È stata infine sottolineata, in dottrina, l'esistenza di una vera e propria stranezza legislativa: il fatto che sia esclusa l'applicabilità della causa di non punibilità in commento, in relazione al recesso dei soli capi e promotori. Con la conseguenza dunque che — a stretto rigore interpretativo — essa dovrebbe trovare invece applicazione alle figure, in verità di non minor rilievo, dei costitutori e degli organizzatori indicati nell'art. 305 (si veda, sul punto, Marconi, 661). Modi di realizzazioneSi è discussa, in dottrina, la questione inerente alle modalità attraverso le quali sia possibile giungere ad una dissoluzione del sodalizio, allorquando questo sia ormai già venuto ad esistenza. Pare evidente come debba qui realizzarsi una sorta di opera di dissuasione, di dissolvimento dell'entità associativa, che proceda attraverso un'operazione per così dire intellettuale o ideologica; deve dunque trattarsi di uno scioglimento non attuato mediante forme di coazione fisica. È stato anche dibattuto il tema della portata del richiamo contenuto nell’articolo in commento, al concetto di commissione del delitto. Secondo alcuni Autori, sarebbe qui necessario far riferimento – affinché possa operare l’esimente in esame – ad una condotta impeditiva dell’inizio o della prosecuzione dell'esecuzione del delitto; altra corrente esegetica reputa invece opportuno aver riguardo alla mancata realizzazione dell'evento tipico. Inoltre, il fatto di recedere dall'accordo deve intendersi quale compimento di un'azione o di un'omissione che siano incompatibili con il mantenimento dell'intesa, ovvero con la persistenza ulteriore del fenomeno associativo. La norma postula inoltre il solo requisito della volontarietà del recesso, non necessariamente anche quello della spontaneità dello stesso (Maggiore, 99). BibliografiaMaggiore, Diritto Penale, II, t. I, Bologna, 1958; Mantovani, Diritto penale - Parte generale, Padova, 1992; Manzini, Trattato di diritto penale italiano, IV, Torino, 1950; Marconi, voce Stato (disposizioni comuni ai delitti contro la personalità e delitti complementari), in Dig. pen., XIII, Torino, 1997; Pannain, in Nss. D.I., diretto da Azara ed Eula, XII, Torino, 1979. |