Codice Penale art. 313 - Autorizzazione a procedere o richiesta di procedimento (1).

Angelo Valerio Lanna

Autorizzazione a procedere o richiesta di procedimento (1).

[I]. Per i delitti preveduti dagli articoli 244, 245, 265, 267, 269, 273, 274, (2) 277, 278, 279, 287 e 288 non si può procedere senza l'autorizzazione del Ministro della giustizia (3) (4) [343, 344 c.p.p.].

[II]. Parimenti non si può procedere senza tale autorizzazione per i delitti preveduti dagli articoli 247, 248, 249, 250, 251 e 252, quando sono commessi a danno di uno Stato estero alleato o associato, a fine di guerra, allo Stato italiano [343, 344 c.p.p.].

[III]. Per il delitto preveduto nell'articolo 290, quando è commesso contro l'Assemblea Costituente ovvero contro le Assemblee legislative o una di queste, non si può procedere senza l'autorizzazione dell'Assemblea, contro la quale il vilipendio è diretto. Negli altri casi non si può procedere senza l'autorizzazione del Ministro per la giustizia (4) [343, 344 c.p.p.] (5).

[IV]. I delitti preveduti dagli articoli 296, 297, 298 (6) in relazione agli articoli 296 e 297, e dall'articolo 299 sono punibili a richiesta del Ministro per la giustizia (4) [342 c.p.p.].

(1) Articolo dapprima modificato dall'art. 33 d.lg.lt. 14 settembre 1944, n. 288, e successivamente così sostituito dall'art. 2 l. 11 novembre 1947, n. 1317.

(2) Per l'intervenuta declaratoria di illegittimità costituzionale degli artt. 273 e 274, v. le rispettive note.

(3) Il comma era stato modificato dall'art. 1 5 d.l. 18 ottobre 2001, n. 374 decaduta in sede di conversione del d.l. ad opera della l. 15 dicembre 2001, n. 438.

(4) V. sub art. 8.

(5) La Corte cost., con sentenza 17 febbraio 1969, n. 15, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del presente comma «nei limiti in cui attribuisce il potere di dare l'autorizzazione a procedere per il delitto di vilipendio della Corte costituzionale al Ministro di grazia e giustizia anziché alla Corte stessa». V. precedentemente Corte cost. n. 91 del 1971, che ha dichiarato non fondata, nei sensi di cui in motivazione, con riferimento all'art. 3 Cost., una questione di legittimità dello stesso art. 313 comma 3, relativamente all'ipotesi di concorso di più persone nel medesimo fatto-reato (a tale proposito, la motivazione ha precisato che l'autorizzazione è da ritenere stabilita con riguardo al fatto, così da risultare indivisibile).

(6) Gli artt. 297 e 298 sono stati abrogati dall'art. 18 1 l. 25 giugno 1999, n. 205.

Inquadramento

La norma in esame è collocata tra le disposizioni generali e comuni ai capi che precedono. L'articolo ha assunto tale veste grazie all'intervento dell'art. 2 l. n. 1317/1947. Per quanto attiene alle ulteriori norme originariamente richiamate nell'articolo in commento, gli artt. 297 e 298 sono stati abrogati ad opera dell'art. 18 l. n. 205/1999; gli artt. 269 e 279 sono stati abrogati dall'art. 12 l. n. 85/2006; gli artt. 273 e 274 sono stati colpiti da declaratoria di illegittimità costituzionale, per contrasto con l'art. 18 Cost. (Corte cost. n. 193/1985).

Tanto l'autorizzazione a procedere, quanto la richiesta di procedimento possono essere definite — sotto il profilo dogmatico — quali condizioni di procedibilità. Nell'interpretazione della norma, si è giunti alla definizione dell'autorizzazione e della richiesta come espressioni della volontà di soggetti pubblici — che sono estranei al fatto commesso e che possono anche essere diversi dal soggetto direttamente offeso dallo stesso — i quali sono chiamati ad esprimere un giudizio di opportunità, circa l'inizio di un determinato procedimento (Conso, 169).

Per ciò che attiene in particolare all'autorizzazione a procedere, essa è considerata un atto amministrativo interno, di carattere discrezionale, “con il quale l'autorità competente, quando lo stimi opportuno in relazione all'interesse pubblico protetto, consente la proseguibilità dell'azione penale” (Nuzzo, in Rassegna Lattanzi-Lupo 2010, 471). La sua natura politica e non di atto avente natura giurisdizionale ne dovrebbe comportare — secondo la dottrina dominante — la non necessità della motivazione e la non impugnabilità dinanzi al giudice ammnistrativo.

Con specifico riferimento ai reati di vilipendio, si è precisato come la previsione dell'autorizzazione a procedere discenda direttamente dalla natura stessa del reato, ovvero dalla qualità o posizione del destinatario della condotta offensiva. Nel senso che la legge demanda, al soggetto legittimato al rilascio dell'autorizzazione, una valutazione fondata sul bilanciamento fra interessi contrapposti, per cui è anche possibile giungere a ritenere “che gli interessi e l'autorevolezza dell'offeso siano meglio tutelati evitando lo svolgimento del processo penale” (Montagna, 111).

Sottolineiamo infine che un processo che venisse eventualmente promosso, in assenza della necessaria richiesta o autorizzazione, sarebbe da ritenere non validamente instaurato; il relativo rimedio sarebbe rappresentato, pertanto, dall'emissione di una sentenza di non doversi procedere.

Casistica

La Consulta ha stabilito l'illegittimità costituzionale della norma, nella parte in cui — in relazione al delitto di vilipendio della Corte costituzionale — prevedeva l'autorizzazione a procedere da parte del Ministro della Giustizia e non della stessa Corte (Corte cost., n. 15/1969).

La Corte ha inoltre ritenuto non fondata la questione di legittimità costituzionale della norma in esame, prospettata in relazione all'art. 3 Cost. ed inerente all'ipotesi del concorso di persone nel reato. La Consulta ha infatti qui stabilito il principio della indivisibilità dell'autorizzazione, che è accordata con riferimento al fatto (Corte cost., n. 71/1991).

I Giudici delle leggi hanno ritenuto infondata la questione di legittimità costituzionale della norma — prospettata per asserito contrasto con i principi ricavabili dagli artt. 3 e 104 Cost., nella parte in cui è riservato al Ministro della giustizia e non al CSM, il potere di accordare l'autorizzazione de qua in riferimento al delitto di vilipendio dell'ordine giudiziario (Corte cost., n. 142/1973).

Bibliografia

Conso, I fatti giuridici processuali penali, Milano, 1955; Montagna, voce Notizia di reato (VII), in Enc. giur., 10, Milano, 2007.

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