Codice Penale art. 329 - Rifiuto o ritardo di obbedienza commesso da un militare o da un agente della forza pubblica.

Vito Di Nicola

Rifiuto o ritardo di obbedienza commesso da un militare o da un agente della forza pubblica.

[I]. Il militare [2 c.p.m.p.] o l'agente della forza pubblica, il quale rifiuta o ritarda indebitamente di eseguire una richiesta fattagli dall'Autorità competente nelle forme stabilite dalla legge, è punito con la reclusione fino a due anni.

competenza: Trib. monocratico

arresto: non consentito

fermo: non consentito

custodia cautelare in carcere: non consentita

altre misure cautelari personali: v. 2892 c.p.p.

procedibilità: d'ufficio

Inquadramento

La figura criminosa in esame è integrata dal rifiuto o dal ritardo che un militare o un agente della forza pubblica indebitamente frappone ad una legittima, dal punto di vista formale, richiesta dell'Autorità competente e costituisce un'ipotesi speciale rispetto a quella delineata dall'art. 328 c.p., differenziandosi per gli aspetti che riguardano la qualifica giuridica soggettiva e l'oggetto della richiesta da eseguire.

Soggetti

Soggetto attivo

Il delitto di «rifiuto o ritardo di obbedienza» è un reato proprio, che può essere commesso esclusivamente «da un militare o da un agente della forza pubblica».

Sono militari anzitutto gli appartenenti alle Forze armate (cfr. art. 103, comma 3, Cost., artt. 2 e art. 10 c.p.mil.p., art. 26 r.d. 8 luglio 1938, n. 1415, all. A, legge di guerra e l. 31 marzo 2000, n. 78) e, pertanto, gli appartenenti all'Esercito, alla Marina, all'Aeronautica, alla Guardia di finanza (art. 2 c.p.mil.p.) e all'Arma dei Carabinieri, questi ultimi, con compiti di polizia militare, in base al d.lgs. 5 ottobre 2000, n. 297 nonché “le persone che a norma di legge acquistano la qualità di militari”; inoltre vi rientrano anche gli “assimilati ai militari” e “gli iscritti ai corpi civili militarmente ordinati”, come, ad esempio, i Vigili del fuoco (Romano, 409).

Gli agenti della forza pubblica, in difetto di una specifica definizione normativa, sono da individuare in coloro ai quali singole norme attribuiscono tale qualità, dovendo nella nozione rientrare, fermo restando che gli appartenenti alle forze armate rivestono per ciò stesso la qualifica di agenti della forza pubblica, tutti quegli organismi pubblici non militarizzati i cui dipendenti sono investiti di potestà di coercizione diretta su persone e cose ai fini della tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica e, quindi, vi rientrano, per la tipicità delle loro funzioni rivolte alla tutela diretta di quei beni, gli appartenenti al ruolo della polizia di stato, ai quali non spetta più la qualifica di militari dopo la l. 1 aprile 1981, n. 121 (Cass. VI, n. n. 4259/1986 ; in dottrina Romano, 410), gli appartenenti al corpo forestale dello Stato (Cass. II, n. 184/1966), gli appartenenti al corpo di polizia penitenziaria (Cass. I, n. 8869/1993), gli appartenenti al corpo di polizia municipale (Cass. VI, n. 38119/2009).

Soggetto passivo

Soggetto passivo del reato è la sola Pubblica Amministrazione (Romano, 409) dovendo l'oggetto della tutela penale ravvisarsi nel momento dinamico dell'attività della P.A., che in determinati frangenti, per la realizzazione delle finalità istituzionali, deve servirsi, quale strumento indispensabile della collaborazione, di militari e degli agenti della forza pubblica, prescindendo quindi dall'obbedienza da questi dovuta in virtù del mero rapporto gerarchico (Romano, 408), posto che l'autorità cui si riferisce l'art. 329 non è quella direttamente alla quale è gerarchicamente subordinato il militare o l'agente della forza pubblica ma una diversa autorità, civile o amministrativa, dalla legge autorizzata a disporne (Romano, 409; Segreto-De Luca, 734).

L'interesse protetto riguarda pertanto il buon andamento della P.A. nella fase di realizzazione dei suoi compiti istituzionali, senza che perciò rilevi, a carico del soggetto qualificato, il mero dovere di obbedienza, che fonda sul rapporto gerarchico, agli ordini impartiti dalle autorità competenti.

Materialità

Condotta

La condotta illecita consiste nel rifiutare o nel ritardare indebitamente una previa richiesta emanata, nelle forme stabilite dalla legge, dall'autorità competente. Il modello legale richiede quindi per l'integrazione della fattispecie incriminatrice che vi sia una richiesta emanata nelle forme stabilite dalla legge, che provenga da un'autorità che sia competente a richiederne l'adempimento, e che sia rivolta nei confronti del soggetto qualificato, il quale indebitamente rifiuta o ritarda di darvi esecuzione.

Non può essere pertanto vincolante una richiesta che provenga da autorità incompetente o emanata senza l'osservanza delle forme stabilite dalla legge, locuzione, questa, con cui il legislatore ha inteso deliberatamente sottolineare la necessità — e correlativamente la possibilità di sindacato da parte di soggetti richiesti — della legalità formale dell'atto (Romano, 411); tuttavia, al di fuori di ciò, l'agente non è ammesso a sindacare invece la legittimità sostanziale del provvedimento, dovendo darvi pronta esecuzione se la richiesta rispetta il parametro della legalità formale, con l'unica eccezione degli ordini manifestamente criminosi, cessando in questo caso l'obbligo di obbedienza (cfr. art. 51, comma 3).

Il rifiuto o il ritardo nell'esecuzione deve essere indebito, cioè non giustificato né dalla legge né dall'impossibilità di eseguire la richiesta, e costituisce un elemento del fatto tipico (Romano, 413).

Sulle nozioni di rifiuto e ritardo cfr. sub art. 328.

Siccome per quel che attiene all'elemento materiale del reato il fatto punibile si risolve nel rifiuto di obbedienza agli ordini emanati dalle “competenti autorità”, la fattispecie incriminatrice si riferisce, quanto agli agenti della forza pubblica non militarizzata, sia dagli ordini impartiti da autorità civili non sovraordinante e sia ai superiori gerarchici ai quali il relativo potere è riconosciuto dai singoli ordinamenti interni (Cass. VI, n. 4259/1986).

Il delitto in esame è un reato a) omissivo proprio che può essere integrato da b) una condotta duplice alternativa (rifiuto o ritardo), c) di pericolo, in quanto per la consumazione non è richiesta l'effettiva produzione di un danno.

Elemento psicologico

Nel delitto in questione, il dolo è generico e consiste nella volizione del rifiuto, con la consapevolezza dell'avvenuta richiesta (Romano, 413).

L'errore sul requisito di legittimità formale della richiesta ha efficacia scusante, ai sensi dell'art. 47.

Secondo l'opinione prevalente in dottrina, il dolo presuppone la conoscenza che il ritardo o il rifiuto sia indebito con la conseguenza che, costituendo un elemento del fatto tipico, deve rientrare nell'oggetto del dolo anche la coscienza del carattere indebito del rifiuto o del ritardo (Romano, 413; Segreto-De Luca, 746).

Consumazione e tentativo

Consumazione

Il rifiuto o il ritardo di obbedienza commesso da un militare o da un agente della forza pubblica è reato istantaneo ed occorre distinguere, per individuare il momento consumativo, l'ipotesi del rifiuto da quella del ritardo.

Nel caso di rifiuto, il delitto è consumato quando in cui il soggetto qualificato, appresa la richiesta dell'autorità, rifiuta di eseguirla e, dunque, nel momento e nel luogo in cui il rifiuto stesso si concretizza in maniera espressa o tacita.

Nel caso del ritardo, il reato è consumato quando sia trascorso il termine stabilito o quello minimo necessario per eseguire la richiesta tempestivamente (Romano, 413).

Tentativo

Il tentativo è ritenuto non configurabile, essendo sufficiente il ritardo ai fini della consumazione del reato; nondimeno, una parte della dottrina ritiene che il tentativo, a rigore, non può essere escluso, pur nella considerazione della sua difficile realizzazione in concreto (Romano, 413).

Rapporti con altri reati

L'art. 329 è figura speciale rispetto all'art. 328, comma 1, sussistendo un rapporto di genere a specie fra i due delitti che impedisce il concorso di reati, con la conseguenza che sarà applicabile solo l'art. 329 in quanto norma speciale (Romano, 414; Segreto-De Luca, 746).

Concorso di reati

È stato escluso il concorso di reati tra il delitto in esame e le fattispecie contemplate dagli artt. 72 l. n. 121/1981 (reato di abbandono del posto di servizio ad opera di un appartenente alla Polizia di Stato) e 173 c.p.mil.p. (rifiuto di obbedienza da parte del militare), sul rilievo che — pur trattasi di disposizioni che mirano a garantire l'adempimento degli ordini nell'ambito di un vincolo di subordinazione e quindi tutelano un interesse giuridico diverso rispetto all'art. 329 (l'obbedienza all'interno dello specifico rapporto gerarchico sancito dall'ordinamento di settore, per i reati previsti dalle suddette leggi speciali; l'inottemperanza all'ordine dell'autorità in funzione del tutto strumentale all'efficacia dell'azione istituzionale della P.A., per il reato ex art. 329) — i delitti previsti dalle leggi speciali richiamate assorbono, secondo l'id quod plerumque accidit, il disvalore oggettivo e soggettivo del delitto in esame (Romano, 415; Segreto-De Luca, 735).

Diritto penitenziario

Cfr. sub art. 323.

Profili processuali

Il delitto ex art. 329 è procedibile d'ufficio e di competenza del tribunale in composizione monocratica.

Per detto reato:

a) non è possibile disporre intercettazioni;

b) non è consentito né l'arresto in flagranza, sia esso obbligatorio o facoltativo, né il fermo;

c) non è consentita l'applicazione di misure cautelari personali, fatta eccezione per la misura interdittiva della sospensione dall'esercizio di un pubblico ufficio o servizio, ai sensi dell'art. 289, comma 2, c.p.p.

Può essere applicata la misura interdittiva del divieto temporaneo di contrattare con la pubblica amministrazione che, secondo la disposizione di cui all'art. 289-bis c.p.p., introdotta dall'art. 1, comma 4, lett. c), l. n. 3/2019, può essere disposta anche al di fuori dei limiti di pena previsti dall'art. 287, comma 1, c.p.p.

Bibliografia

Romano, I delitti contro la pubblica amministrazione. I delitti dei pubblici ufficiali, Milano 2013; Segreto-De Luca, Delitti dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione, Milano 1999.

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