Codice Penale art. 331 - Interruzione d'un servizio pubblico o di pubblica necessità.

Vito Di Nicola

Interruzione d'un servizio pubblico o di pubblica necessità.

[I]. Chi, esercitando imprese di servizi pubblici [358 2] o di pubblica necessità [359 n. 2], interrompe il servizio, ovvero sospende il lavoro nei suoi stabilimenti, uffici o aziende, in modo da turbare la regolarità del servizio [340], è punito con la reclusione da sei mesi a un anno e con la multa non inferiore a 516 euro [332, 635 n. 2].

[II]. I capi, promotori od organizzatori sono puniti con la reclusione da tre a sette anni e con la multa non inferiore a 3.098 euro.

[III]. Si applica la disposizione dell'ultimo capoverso dell'articolo precedente (1).

(1) L'art. 330 è stato abrogato dall'art. 11 l. 12 giugno 1990, n. 146.

competenza: Trib. monocratico (primo comma); Trib. collegiale (secondo comma)

arresto: non consentito (primo comma); facoltativo (secondo comma)

fermo: non consentito (primo comma); consentito (secondo comma)

custodia cautelare in carcere: consentita (secondo comma)

altre misure cautelari personali: consentite (secondo comma); v. 2892 c.p.p. (primo comma)

procedibilità: d'ufficio

Inquadramento

Il reato in esame è integrato dalle condotte dirette a turbare la regolarità d'un servizio pubblico o di pubblica necessità mediante l'interruzione di esso ovvero mediante la sospensione del lavoro negli stabilimenti, uffici o aziende ovvero del servizio da parte di coloro che esercitano imprese di servizi pubblici o di pubblica necessità.

Soggetti

 

Soggetto attivo

Il delitto di “interruzione d'un servizio pubblico o di pubblica necessità” è un reato proprio, che può essere commesso esclusivamente dall'imprenditore (art. 2082 c.c.) di servizi pubblici o di pubblica necessità.

Dal tipo di attività svolta dall'imprenditore, consegue il possesso della qualifica giuridica soggettiva, secondo i casi, di incaricato di un pubblico servizio o di esercente un servizio di pubblica necessità.

Nozione di incaricato di pubblico servizio

Cfr. sub art. 358.

Nozione di esercenti un servizio di pubblica necessità

Cfr. sub art. 359.

Soggetto passivo

Soggetto passivo del reato è la sola Pubblica Amministrazione dovendo l'oggetto della tutela penale ravvisarsi nell'interesse alla continuità e regolarità dell'esercizio dei pubblici servizi e dei servizi di pubblica necessità in maniera da assicurare il normale funzionamento della pubblica amministrazione. Il privato che subisca un pregiudizio dall'interruzione del servizio o dalla sospensione del lavoro assume la figura di danneggiato dal reato, che lo legittima alla costituzione di parte civile.

Materialità

Condotta

La condotta illecita consiste nel fermare in tutto o in parte l'attività bloccandola in maniera da turbare la regolarità del servizio attraverso il compimento di due forme alternative della condotta costituite dall'interrompere l'esercizio del servizio pubblico o di pubblica necessità oppure dal sospendere il lavoro negli stabilimenti, uffici o aziende dell'impresa. Si ha interruzione del servizio quando l'attività ad esso inerente viene arrestata, per disposizione dell'imprenditore, durante un tempo tale da non permettere, alla riapertura, che l'attività ripresa si ricongiunga a quella precedente, comportando l'interruzione sempre la rottura, anche breve, del funzionamento dell'ufficio o del servizio, provocando disservizi. Si ha invece sospensione del lavoro quando, considerato il tempo trascorso tra l'arresto del lavoro e la sua riattivazione, la ripresa dell'attività si ricongiunge a quella precedente come se questa non fosse mai stata sospesa, cioè senza che si rendano necessarie innovazioni, sostituzioni o adattamenti, che sono invece indispensabili nell'ipotesi alternativa dell'interruzione del servizio. La sospensione quindi rappresenta un ostacolo che arresta lo svolgimento dell'attività dell'ufficio del servizio pubblico, lasciando però inalterato il complesso degli elementi che lo costituiscono.

Il riferimento nel modello legale agli stabilimenti, uffici o aziende ha carattere meramente esemplificativo, non avendo alcuna rilevanza il luogo di pertinenza dell'impresa dove viene a verificarsi la sospensione del lavoro o l'interruzione del servizio.

Il reato in questione è:

a) a forma libera: potendo essere commesso con qualsiasi modalità idonea ad integrare la condotta tipica;

b) può essere integrato da condotte attive, od anche meramente omissive, come nel caso in cui la condotta si compia non attraverso l'emanazione da parte dell'imprenditore di ordini di sospensione del lavoro o di interruzione del servizio ma puramente e semplicemente con un “non facere quod debetur”;

c) di danno, in quanto la regolarità del servizio deve risultare turbata in senso effettivo, non essendo sufficiente che si verifichi un pericolo di turbamento (Segreto-De Luca, 758).

Evento

Il turbamento della regolarità del servizio costituisce il risultato della condotta e deve pertanto essere la diretta conseguenza non di una condotta qualsiasi, tenuta dall'imprenditore, ma esclusivamente di quella che integra il fatto tipico, ossia di interruzione del pubblico servizio o di pubblica necessità o di sospensione del lavoro in siffatti settori.

Tuttavia, l'oggettività giuridica della norma troverebbe un limite nei diritti costituzionalmente garantiti, avendo la Costituzione assicurato il diritto di sciopero (art. 40 Cost.), e più in generale garantito ai cittadini la libertà di intraprendere azioni pacifiche di protesta. Peraltro, come è stato sottolineato, l'art. 331 sanziona non lo sciopero, che ha provocato l'interruzione di un servizio pubblico o di pubblica necessità, ma la serrata e tale collegamento, con quest'ultima forma di protesta, escluderebbe la configurazione del reato in esame (art. 51) nei casi in cui debba riconoscersi all'imprenditore una libertà di serrata, quando cioè la sospensione del lavoro e la turbativa del servizio si verificano nei limiti di una facoltà garantita, seppur con riferimento allo sciopero, dall'ordinamento costituzionale e riconosciuta dalla Corte costituzionale con riferimento agli artt. 502 ss. (Segreto-De Luca, 752, Romano,421).

Rapporto di causalità

Deve ricorrere il rapporto di causalità tra la condotta dell'agente e l'evento (di danno) previsto dall'art. 331.

Nel reato di interruzione di un servizio pubblico o di pubblica necessità l'interesse tutelato ha natura sopraindividuale, cosicchè il singolo utente, o aspirante utente, danneggiato dall'omessa o irregolare prestazione del servizio non assume la qualità di persona offesa dal reato (Cass. VI, n. 17590/2017).

Elemento psicologico

Nel delitto in questione, il dolo è generico e consiste nella coscienza e volontà di interrompere la prestazione del servizio, ovvero di sospendere il lavoro degli stabilimenti, uffici o aziende dell'impresa con la consapevolezza di turbare il regolare esercizio del servizio. Deve ritenersi configurabile anche il dolo eventuale, qualora il soggetto attivo si renda conto che il proprio comportamento può pregiudicare le prestazioni dovute e ciò nonostante ne accerti il rischio (Romano, 423).

Consumazione e tentativo

Il reato si consuma nel momento e nel luogo in cui si verifica la turbativa della regolarità del servizio, quale risultato dell'interruzione del servizio stesso o della sospensione del lavoro (Romano, 423).

Il tentativo è configurabile, quando alcuna turbativa si sia verificata malgrado la commissione di atti ex ante idonei e diretti in modo non equivoco a produrla. L'ammissibilità del tentativo è controversa nel caso della sospensione del lavoro, in quanto una sospensione non avvenuta non potrebbe portare alcuna turbativa al servizio, ma il rilievo non è apparso convincente ben potendo presentarsi atti idonei a sospendere che non si siano tradotti in effettiva sospensione e/o in una turbativa del servizio (Romano, 423).

Forme di manifestazione

Il comma 2 dell'art. 331 — nella separata previsione di un trattamento sanzionatorio più severo per i capi, promotori od organizzatori (per le relative nozioni, cfr. artt. 304, 305, 306) che abbiano realizzato il fatto di reato tipizzato nel primo comma — costituisce una circostanza aggravante ad effetto speciale del reato base (comma 1) e non un titolo autonomo di reato. L'aggravante trova fondamento nel punire più severamente coloro che, quali imprenditori, assumano un ruolo peculiare nella turbativa del servizio pubblico o di pubblica necessità, sotto il profilo dell'iniziativa, direzione o comando (Romano, 424).

La circostanza di natura soggettiva (art. 118) non si estende agli altri concorrenti(Romano, 424).

In ordine all'elemento soggettivo dell'incriminazione di cui al secondo comma, esso consiste nella coscienza e volontà di dirigere, promuovere od organizzare l'interruzione dei servizi pubblici o di pubblica necessità.

Sono invece circostanze aggravanti ad effetto comune, in base al rinvio cd. recettizio o statico all'ultimo capoverso dell'abrogato art. 330 che consente pertanto la perdurante vigenza della disposizione richiamata dall'art. 331, comma 3, secondo cui “si applica la disposizione dell'ultimo capoverso dell'articolo precedente” — se il fatto è commesso:

1) per fine politico, aggravante soggettiva che non si applica ai concorrenti i quali non perseguono lo stesso o altro fine politico (art. 118);

2) ha determinato dimostrazioni, tumulti o sommosse popolari, aggravante oggettiva che si applica, anche ai concorrenti, nei termini dell'art. 59, comma 2 (Romano, 425).

Essendo un reato proprio, con l'intraneus (soggetto qualificato) possono concorrere anche altri soggetti, sforniti della qualifica soggettiva, sulla base dei principi generali che regolano il concorso di persone nel reato; in tal caso, qualora gli estranei non debbano rispondere del delitto di cui all'articolo 331 ma abbiano cagionato un'interruzione o una sospensione del servizio o del lavoro, turbandone la regolarità, sarà configurabile nei loro confronti il reato previsto dall'art. 340.

Rapporti con altri reati

Trattandosi di reato proprio, che può essere commesso esclusivamente dall'imprenditore di servizi pubblici o di pubblica necessità, ne consegue che quando manchi tale requisito soggettivo non è configurabile il reato in questione, bensì quello meno grave previsto dall'art. 340 (Cass. VI, n. 5994/1996) in ogni caso, tra i due reati non può sussistere un concorso formale (in dottrina Segreto-De Luca, 764), vista la clausola di riserva contenuta dall'articolo 340 (“fuori dei casi preveduti da particolari disposizioni di legge”).

Concorso di reati

Gli artt. 503, 504 e 506 sanzionano diversi tipi di serrata e tali norme si differenziano dall'articolo 331 sotto diversi profili (soggetto attivo, che nei reati di serrata può essere qualunque datore di lavoro, mentre nell'articolo 331 esclusivamente l'imprenditore di un pubblico servizio o di pubblica necessità; nei reati di serrata la condotta si risolve nella sospensione del lavoro, senza evento naturalistico, laddove nell'art. 331 occorre che si verifichi la turbativa del servizio; dolo specifico che nelle fattispecie di serrata integra l'elemento soggettivo, mentre nell'art. 331 il dolo è generico). Ne consegue che la fattispecie ex art. 331 deve ritenersi speciale rispetto alle previsioni degli artt. 503, 504 e 505 c.p. sicché è escluso il concorso formale di reati (Segreto-De Luca, 765).

Tuttavia è stato osservato che l'art. 331 non potrebbe ritenersi speciale rispetto ad ogni fattispecie di serrata (Romano, 425).

Il concorso di reati è escluso anche con riferimento ai rapporti tra l'art. 331 e l'art. 506, sul rilievo che quest'ultimo sanziona la serrata di esercenti di piccole industrie o commerci; che il soggetto attivo del reato ex art. 506 è l'esercente, il quale non abbia lavoratori alle dipendenze, differenziandosi perciò dall'art. 331 in cui soggetto attivo è l'imprenditore che sia, al tempo stesso, necessariamente datore di lavoro e che quindi si avvalga di lavoratori subordinati (Romano, 420); che nell'art. 331 è sanzionata la serrata che abbia interrotto un servizio pubblico o di pubblica necessità mentre nel reato ex art. 506 è sanzionata, nonostante la rubrica, solo lo sciopero di alcune categorie di lavoratori autonomi (Segreto-De Luca, 766).

Casistica

Integra il reato di interruzione di un servizio pubblico o di pubblica necessità l'ingiustificato inadempimento delle prestazioni proprie del servizio farmaceutico da parte del titolare di una farmacia in turno di reperibilità (Cass. VI, n. 46755/2012).

Non integra il reato di cui all'art. 331 c.p. la condotta dell'esercente di un centro di raccolta che aveva occasionalmente impedito lo scarico nel sito di rifiuti ospedalieri all'impresa che li aveva prelevati nei luoghi di produzione e con la quale aveva in tal senso stipulato un accordo contrattuale, sul rilievo che, pur dovendosi considerare l'attività di smaltimento di rifiuti un “servizio di pubblica necessità”, il reato di interruzione di un servizio di pubblica necessità è integrato solo dall'inadempimento dell'attività che alteri il funzionamento del servizio nel suo complesso (Cass. VI, n. 30749/2009).

Sulla base del medesimo principio di diritto è stata esclusa dalla previsione normativa la condotta limitata all'interruzione di una singola utenza telefonica, comprese le chiamate verso i numeri di emergenza, a seguito di controversia sorta a seguito di mancato pagamento di una fattura, avendo inciso l'interruzione solo marginalmente sul volume dell'attività svolta e senza comprometterne in modo apprezzabile il funzionamento (Cass. VI, n. 37083 /2007).

Diritto penitenziario

Cfr. sub art. 323.

Profili processuali

 E’ stato ritenuto che, nel reato di interruzione di un servizio pubblico o di pubblica necessità l'interesse tutelato ha natura sopraindividuale, cosicchè il singolo utente, o aspirante utente, danneggiato dall'omessa o irregolare prestazione del servizio non assume la qualità di persona offesa dal reato e, pertanto, non è legittimato a proporre opposizione alla richiesta di archiviazione né il ricorso per cassazione avverso la decisione di archiviazione (Cass. VI, n. 17590/2017). 

Il delitto ex art. 331 c.p. è procedibile d'ufficio e di competenza del tribunale in composizione monocratica (primo comma) e del tribunale in composizione collegiale (comma 2).

Per detto reato:

a) è possibile disporre intercettazioni limitatamente all'ipotesi di cui al secondo comma;

b) l'arresto in flagranza non è mai consentito (comma 1), è facoltativo (comma 2); il fermo non è consentito;

c) non è consentita, quanto al primo comma, l'applicazione di misure cautelari personali, fatta eccezione per la misura interdittiva della sospensione dall'esercizio di un pubblico ufficio o servizio, ai sensi dell'art. 289, comma 2, c.p.p.; l'applicazione di misure cautelari personali è invece consentita con riferimento all'ipotesi di cui al secondo comma.

Può essere applicata la misura interdittiva del divieto temporaneo di contrattare con la pubblica amministrazione che, secondo la disposizione di cui all'art. 289-bis c.p.p., introdotta dall'art. 1, comma 4, lett. c), l. n. 3/2019, può essere disposta anche al di fuori dei limiti di pena previsti dall'art. 287, comma 1, c.p.p.

Bibliografia

Romano, I delitti contro la pubblica amministrazione. I delitti dei pubblici ufficiali, Milano 2013; Segreto-De Luca, Delitti dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione, Milano, 1999.

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