Codice Penale art. 342 - Oltraggio a un Corpo politico, amministrativo o giudiziario (1).Oltraggio a un Corpo politico, amministrativo o giudiziario (1). [I]. Chiunque offende l'onore o il prestigio di un Corpo politico, amministrativo o giudiziario, o di una rappresentanza di esso, o di una pubblica Autorità costituita in collegio, al cospetto del Corpo, della rappresentanza o del collegio, è punito con la multa da euro 1.000 a euro 5.000 (2). [II]. La stessa pena si applica a chi commette il fatto mediante comunicazione telegrafica, o con scritto o disegno diretti al Corpo, alla rappresentanza o al collegio, a causa delle sue funzioni. [III]. La pena è della multa da euro 2.000 a euro 6.000 (3) se l'offesa consiste nell'attribuzione di un fatto determinato [594 3]. [IV]. Si applica la disposizione dell'ultimo capoverso dell'articolo precedente. (1) Per una causa di non punibilità, v. l'art. 393 bis, inserito dall'art. 1, comma 9, l. 15 luglio 2009, n. 94. Precedentemente analoga disposizione era contenuta nell'art. 4 d.lg.lt. 14 settembre 1944, n. 288 (ora abrogata dall'art. 1, comma 10, l. n. 94 cit.), che così disponeva: «4. Non si applicano le disposizioni degli articoli 336, 337, 338, 339, 341, 342, 343 del codice penale quando il pubblico ufficiale o l'incaricato di un pubblico servizio ovvero il pubblico impiegato abbia dato causa al fatto preveduto negli stessi articoli, eccedendo con atti arbitrari i limiti delle sue attribuzioni». (2) Le parole «con la multa da euro 1.000 a euro 5.000» sono state sostituite alle parole «con la reclusione fino a tre anni» dall'art. 11 3 lett. a) l. 24 febbraio 2006, n. 85, con effetto a decorrere dal 28 marzo 2006. Precedentemente la pena originaria della reclusione da sei mesi a tre anni era stata modificata dall'art. 18 3 l. 25 giugno 1999, n. 205. (3) Le parole «è della multa da euro 2.000 a euro 6.000» sono state sostituite alle parole «è della reclusione da uno a quattro anni» dall'art. 113 lett. b) l. n. 85, cit. competenza: Trib. monocratico arresto: non consentito fermo: non consentito custodia cautelare in carcere: non consentita altre misure cautelari personali: non consentite procedibilità: d'ufficio InquadramentoLa disposizione è una forma speciale dell'oltraggio inizialmente previsto dall'art. 341. La norma tutela non il singolo ufficiale bensì il “corpo” quale già definito nell'art. 338 e pur essendo stata ampiamente rivista sotto il profilo sanzionatorio mantiene lo schema tradizionale della offesa all'onore oppure al prestigio del corpo, al suo “cospetto” o mediante comunicazione a distanza. L'interesse tutelato è quello della pubblica amministrazione come rappresentata dai particolari soggetti, oltre ai componenti del Corpo, collegio etc. Anche questa norma è oggetto di critiche in dottrina per il difficile discrimine tra la condotta costituente reato e l'esercizio del diritto di critica e di difesa. I soggettiIl reato può essere commesso da chiunque. Il soggetto passivo è il medesimo individuato nell'art. 338 al cui commento si rinvia. MaterialitàLa condotta consiste nella offesa rivolta al Corpo, rappresentanza o collegio al suo cospetto. Innanzitutto la offesa che integra il reato in questione è quella diretta all'organo nel suo complesso mentre, laddove si tratti di espressioni comunque dirette al singolo componente, ancorché in corso di riunione dell'organo collegiale nell'esercizio delle funzioni, potranno realizzarsi gli altri reati conseguenti alla offesa nei confronti della persona specifica (Cass. VI, n. 660/1997). L'offesa, poi, deve avvenire al “cospetto” o mediante comunicazione telefonica, scritta etc. Per “cospetto”, si intende la contemporanea ed evidente presenza, “nel medesimo luogo, fronte a fronte, del soggetto attivo e del Corpo politico, amministrativo o giudiziario ovvero di una rappresentanza di esso, riuniti in forma propria e solenne, quale ad esempio, con riferimento ad un corpo di polizia, un picchetto d'onore, la banda musicale, un qualsiasi reparto organico schierato o adunato nel corso di una cerimonia o per l'adempimento di funzioni sue proprie” (Cass. VI, n. 9417/1994) con esclusione, quindi, della generica presenza dei componenti sul luogo in forma sparsa e, comunque, non nell'esercizio della funzione comune. Secondo la giurisprudenza più comune, il limite del “cospetto” vale anche per la comunicazione in forma scritta, non essendo quindi sufficiente che l'espressione oltraggiosa sia rivolta al corpo in quanto tale ma dovendo avvenire “al cospetto del corpo” (Cass. VI, n. 4159/2000; Cass. VI, n. 7498/1998). Rispetto a tale giurisprudenza, relativa ad ipotesi di epiteti rivolti a corpi di vigili urbani, giurisprudenza più recente, nel caso di una comunicazione diretta al presidente del tribunale, di contenuto oltraggioso nei confronti del collegio che aveva già deciso, ha ritenuto che, secondo la lettera della norma, il reato de quo possa essere commesso con varie modalità, ivi compresa l'offesa realizzata a distanza, purché a causa delle funzioni dell'organo. In tale caso, è sufficiente il nesso funzionale (Cass. VI, n. 2804/2007). Quest'ultima appare anche la opzione della dottrina (Manzini; Fiandaca-Musco). Elemento psicologicoIl dolo è generico. È sufficiente accertare che vi fosse consapevolezza dell'agente della potenzialità oltraggiosa della frase pronunciata e della volontà di rivolgerla al soggetto passivo; il dolo corrisponde sostanzialmente a quello delle altre ipotesi di oltraggio ed ingiuria per cui, anche laddove non ricorrano tutte le condizioni dell'art. 342, il fatto potrà essere punibile quale offesa nei confronti del singolo (Cass. VI, n. 798/1995) Consumazione e tentativoIl reato prevede la aggravante speciale della attribuzione di un fatto determinato, circostanza speciale di tipo oggettivo che è sostanzialmente comune ai reati di ingiuria e simili. CasisticaSecondo la già citata Cass. VI, n. 2804/2007, il reato si realizza anche con l'invio al presidente di un tribunale di uno scritto oltraggioso nei confronti di un collegio che ha già operato. Negando, invece, il rilievo della offesa che, anche per iscritto, non sia al “cospetto”, Cass. VI, n. 4159/2000 esclude che ricorra il reato dequo per l'offesa recata ai vigili urbani da chi, nel pagare la sanzione amministrativa, inserisca nella causale di versamento la frase «rapina legalizzata». Nella distinzione tra offesa al singolo ufficiale o all'intero corpo, si è ritenuto che l'espressione rivolta ad un singolo vigile urbano «La rimozione è abusiva, siete tutti ladri, questa è un'associazione a delinquere» sia offensiva solo nel confronti del singolo (Cass. VI, n. 1168/1998). Allo stesso modo, si è ritenuto che non ricorra il reato de quo, per mancanza del “cospetto”, nella condotta consistente nell'insultare singoli vigili urbani indicando il loro corpo quale composto da ladri (Cass. VI, n. 7498/1998). Profili processualiGli istituti Il reato in esame è procedibile d'ufficio ed è di competenza del tribunale monocratico; è prevista la citazione diretta a giudizio e, essendo applicabile la sola pena pecuniaria, può essere emesso decreto penale di condanna. Non sono applicabili misure cautelari personali. |