Codice Penale art. 351 - Violazione della pubblica custodia di cose.Violazione della pubblica custodia di cose. [I]. Chiunque sottrae, sopprime, distrugge, disperde o deteriora corpi di reato [235, 253 1-2, 354 2 c.p.p.], atti, documenti, ovvero un'altra cosa mobile particolarmente custodita in un pubblico ufficio, o presso un pubblico ufficiale [357] o un impiegato che presti un pubblico servizio [358], è punito, qualora il fatto non costituisca un più grave delitto, con la reclusione da uno a cinque anni. competenza: Trib. monocratico arresto: facoltativo fermo: non consentito custodia cautelare in carcere: consentita (ma v. art. 275, comma 2 bis, c.p.p.) altre misure cautelari personali: consentite procedibilità: d'ufficio InquadramentoIl bene giuridico tutelato dalla norma in esame è costituito dall'interesse della amministrazione ad assicurare la particolare custodia ufficiale di determinate cose mobili (corpi di reato, atti, documenti e quanto altro custodito in un pubblico ufficio o da un pubblico ufficiale o esercente un pubblico servizio). Il reato è sussidiario rispetto a diverse previsioni. I soggettiÈ un reato comune potendo essere commesso da “chiunque”. Si esclude, però che autore possa esserne il pubblico ufficiale che ha la cosa in custodia ricorrendo, in tale caso, il reato di peculato (Cass. n. 33138/2013) con le eccezioni dopo indicate MaterialitàLa qualificazione di «cosa particolarmente custodita» può riguardare, indifferentemente, una copia o un atto originale, in uno o più esemplari e non importa il suo valore intrinseco o le ragioni per le quali l'amministrazione intende custodirla. Il reato si realizza, nell'ipotesi della sottrazione, anche con la semplice temporanea rimozione della cosa custodita dal luogo in cui essa si trova (Cass. VI n. 33/1968). Elemento psicologicoÈ sufficiente il dolo generico, che consiste nella volontà di compiere le azioni, vietate da detta norma, con la consapevolezza di agire su cose, atti o documenti custoditi nelle date condizioni, non occorrendo, invece, che l'agente sappia anche che la cosa è “particolarmente custodita” (Cass. VI, n. 3556/1988). Rapporti con altri reatiNel caso in cui il fatto sia commesso da un pubblico ufficiale, si pone il problema del rapporto con il reato di peculato. Si è quindi affermato innanzitutto che se l'autore della sottrazione di una cosa in pubblica custodia è un pubblico ufficiale che ne abbia la disponibilità, ricorre il peculato e non il reato in esame (si veda la già citata Cass. VI, n. 33138/2013). Se, però, l'azione sia diretta al solo obiettivo di violare la pubblica custodia dell'atto senza intento di appropriarsene ricorre il reato di cui all'art. 351 (Cass. VI, n. 2278/2013) in particolare nel caso in cui l'azione era finalizzata a conoscere il contenuto dell'atto che doveva, invece, rimanere segreto (Cass. VI, n. 10733/1999). Il delitto di frode processuale può concorrere formalmente con quello di violazione della pubblica custodia di cose stante la diversità dei beni giuridici tutelati dalle rispettive norme incriminatrici, qualora l'immutazione dello stato della cosa in custodia venga realizzata attraverso la sua sottrazione, soppressione, distruzione, dispersione o deterioramento (Cass. VI n. 20720/2012) per la finalità di trarre in inganno il giudice. CasisticaNon integra il reato di violazione della pubblica custodia di cose la condotta di rimozione, ad opera del soggetto che istituzionalmente è preposto alla custodia, del registro delle presenze del personale di una pubblica struttura ospedaliera, se la rimozione dal luogo di conservazione è temporanea e diretta a finalità non illecite (Cass. II, n. 33703/2010). Non commette il delitto il giornalista che momentaneamente asporti un fascicolo processuale dall'armadio in cui era custodito, trasportandolo all'esterno del palazzo di giustizia per poi ricollocarlo al suo posto immediatamente dopo aver documentato fotograficamente l'azione al fine di dimostrare i disservizi della giustizia (Cass. VI, n. 4699/2010). Non integra il reato la riproduzione del verbale di interrogatorio tramite l'abusiva stampa del file che lo conteneva in quanto la condotta di sottrazione della cosa custodita implica che la cosa fuoriesca dalla sfera di disponibilità del legittimo detentore (Cass.VI, n. 30024/2002). Profili processualiGli istituti Il reato in esame è procedibile d'ufficio ed è di competenza del tribunale monocratico. È prevista la citazione diretta a giudizio (art. 550, comma 2, c.p.p.). Per esso: a) è possibile disporre le intercettazioni (art. 266, comma 1 lett. b, c.p.p.); b) l'arresto in flagranza è consentito; il fermo non è consentito; c) è consentita l'applicazione della custodia in carcere e delle altre misure cautelari personali. BibliografiaFierro Cenderelli, Custodia pubblica di cose (violazione della), in Dig. pen., Torino, 1991; Mancini, La condotta di appropriazione del pubblico ufficiale: tra peculato e violazione della pubblica custodia di cose (Nota a Cass., sez. V, 28 aprile 1999, Salerno), in Cass. pen. 2000, 1623; Nastro, Violazione della pubblica custodia di cose, in Enc. dir., Milano, 1993. |