Codice Penale art. 367 - Simulazione di reato.Simulazione di reato. [I]. Chiunque, con denuncia [333 c.p.p.], querela [336 c.p.p.], richiesta [342 c.p.p.] o istanza [341 c.p.p.], anche se anonima o sotto falso nome, diretta all'Autorità giudiziaria o ad un'altra Autorità che a quella abbia obbligo di riferirne, afferma falsamente essere avvenuto un reato, ovvero simula le tracce di un reato, in modo che si possa iniziare un procedimento penale per accertarlo, è punito con la reclusione da uno a tre anni [370]. competenza: Trib. monocratico arresto: non consentito fermo: non consentito custodia cautelare in carcere: non consentita altre misure cautelari personali: non consentite procedibilità: d'ufficio InquadramentoLa simulazione di reato è condotta che si realizza quando con denuncia od equipollente oppure creando false tracce si faccia pervenire alla Autorità giudiziaria o all'Autorità che a questa debba riferire una falsa notizia di reato in condizioni tali da rendere possibile l'inizio di un procedimento penale. Il reato simulato può essere sia un delitto che una contravvenzione, in quest'ultimo caso si prevede, nel successivo art. 370, una specifica attenuante. Diversamente dalla calunnia, che si realizza quando una falsa notizia di reato è attribuita ad una persona determinata, nella simulazione di reato requisito negativo è che non venga accusata, direttamente od indirettamente, una persona specifica. Tale norma tutela l'interesse della Amministrazione della giustizia a che la sua attività non sia fuorviata con la simulazione di reati inesistenti o realizzati in modo sostanzialmente diverso dal reale. La condotta della simulazione di reato può essere di due tipi: la simulazione formale o diretta, realizzata quando vi è la diretta denuncia, in qualsiasi forma, e la simulazione materiale o indiretta, che si realizza quando il reo simuli tracce di reato che siano tali da portare alla individuazione di una notizia di reato. Il reato ha profili simili al reato di calunnia, per cui sono applicabili parte dei principi affermati per tale ultimo reato, maggiormente frequente e per il quale vi è stata maggiore elaborazione giurisprudenziale. I soggettiSi tratta un reato comune, come si evince dall'utilizzo del termine chiunque per indicarne il soggetto agente. MaterialitàIl reato è di pericolo ed è realizzato nel caso in cui la falsità commessa renda possibile (“si possa iniziare”) l'instaurazione di un procedimento penale, non rilevando, quindi, né l'effettiva apertura del procedimento né che l'Autorità sia in concreto ingannata (Fiandaca Musco). Per la sussistenza del reato si individuano quattro condizioni (Antolisei): la simulazione deve riguardare un reato effettivo, questo non deve essere avvenuto o deve essere stato realizzato in modo essenzialmente diverso, vi deve essere la possibilità concreta di inizio di un'indagine, deve trattasi di una accusa non indirizzata nei confronti di una persona. Con i termini utilizzati, denuncia etc., la norma designa ogni notitia criminis che venga indirizzata alla Autorità giudiziaria o all'Autorità che ad essa riferisce, indifferentemente orale o scritta, palese o confidenziale, firmata o anonima, spontanea o ottenuta su sollecitazione dell'Autorità, come nel caso di interrogatorio (Cass. VI, n. 16277/2015); rileva quindi anche la denuncia telefonica (Cass. VI, n. 35543/2012) e non si richiede che si tratti di una iniziativa spontanea del denunciante. Il fatto denunciato deve corrispondere ad una effettiva fattispecie di reato. Sul punto si rinvia alla più ampia trattazione del medesimo tema nel commento al reato di calunnia. Il fatto denunziato falsamente deve configurare un reato completo in tutti i suoi elementi (ad es. non è stata ritenuta sufficiente la dichiarazione per cui il figlio della ricorrente all'uscita da una caserma perdeva sangue dal naso: Cass. n. 34571/2012). Oppure, deve essere rappresentato un reato effettivo ma in condizioni diverse da quelle reali, tali da comportare una modifica sostanziale. La diversità deve, però, avere un concreto effetto, non bastando il semplice dato fattuale della indicazione di diverse modalità del fatto (Cass. VI n. 1541/1970) che non influiscano sulla configurazione giuridica del reato effettivamente commesso (Cass. VI n. 38571/2008) o non abbiano conseguenze sul procedimento (come nel caso in cui la polizia era già a conoscenza delle diverse condizioni di commissione del reato: Cass. VI n. 15780/2014). Facendo riferimento alla casistica, è stata ritenuta integrata la simulazione di reato quando venga falsamente descritta la quantità e la qualità delle cose costituenti l'oggetto di un illecito effettivamente avvenuto, caso realizzato da chi, avendo subito il furto di un'automobile poi recuperata, aveva indicato in sede di denuncia nell'elenco dei pezzi sottratti anche componenti in realtà non asportati dalla vettura (Cass. VI n. 39241/2004). Per tale ultimo caso, spesso trattato dalla giurisprudenza, a fronte della perplessità della dottrina (Fiandaca Musco) sul non esservi differenza sostanziale rispetto alle indagini a farsi, e quindi al non potersi parlare di loro sviamento, si è precisato che il reato ricorre in ipotesi di denuncia di diversa consistenza del furto laddove si tratti di “cose la cui singola identità assume un'entità e una funzione separatamente e significativamente rilevabile”. Il delitto di simulazione di reato è configurabile quando la condotta è idonea a determinare il pericolo che venga iniziato un procedimento penale: quindi, il delitto non può essere realizzato in caso di reato punibile a querela e questa non sia stata presentata (Cass. VI 13109/2009); né quando la denuncia riguardi un reato commesso all'estero, per il quale difettino le necessarie condizioni di procedibilità (Cass. n. 13971/2005). Inoltre deve trattarsi di una notizia credibile. Rinviando alla più ampia trattazione della simile problematica in tema di calunnia, si ritiene che il reato non ricorra laddove la falsa denunzia non sia idonea a configurare il pericolo dell'inizio del procedimento penale; ciò innanzitutto quando il contenuto della denunzia è palesemente inverosimile (Cass. VI, 17461/2019) ed anche quando l'autorità è a conoscenza della complessiva situazione (ad es. , sapendo già con certezza che il furto denunciato non era accaduto: Cass. VI, n. 51661/2014; Cass. VI, n. 32515/2015). Quindi il reato non è integrato quando l'Autorità esclude immediatamente la necessità di svolgere indagini sul reato denunciato e, invece, ritenga necessario avviarle proprio sulla falsità della denuncia (Cass. VI n. 4983/2010). Elemento psicologicoPer l'integrazione dell'elemento soggettivo del delitto di simulazione di reato è sufficiente il dolo generico, ovvero la coscienza e volontà di affermare falsamente l'avvenuta consumazione di un reato, risultando invece irrilevante il movente del delitto (Cass. VI n. 50944 /2014), utile, se del caso, per ricostruire il dolo. È da ritenersi esclusa la possibilità del dolo eventuale per le medesime ragioni riferite in tema di elemento psicologico del reato di calunnia. In dottrina si afferma che il dolo debba riguardare anche la possibilità di inizio di un procedimento. Consumazione e tentativoLa simulazione di reato è reato istantaneo e di pericolo e si consuma con la denunzia idonea a provocare investigazioni. In giurisprudenza, sul presupposto che il delitto di simulazione di reato è reato di pericolo che si consuma nel momento in cui si comunica la falsa denuncia, si è affermato che non è configurabile il tentativo (Cass. VI n. 34489/2013; Cass. VI n. 1143/1970). La tesi non è condivisa in dottrina (Antolisei, Fiandaca Musco) poiché, si osserva, la condotta può essere frazionata e quindi realizzarsi un suo sviluppo in grado di integrare solo il tentativo. In giurisprudenza non si trovano indicazioni in ordine al momento di commissione della simulazione “reale” mentre in dottrina vi sono opinioni differenziate: si indica in alcuni casi il momento della condotta di creazione delle tracce, in altre il momento della loro scoperta e di realizzazione del pericolo di inizio del procedimento per il falso reato. Forme di manifestazioneConcorso In quanto reato istantaneo e di pura condotta, risulta complessa la individuazione delle ipotesi in cui il terzo possa avere un ruolo di concorrente nel reato. La giurisprudenza di legittimità ha precisato che, nonostante tale natura giuridica, è configurabile il concorso nel reato del soggetto il quale rafforzi ed agevoli l'agente nel suo proposito criminoso, ad es. fornendo una conferma al falso narrato (Cass. II n. 19077/2011); se un tale effetto di rafforzamento dell'intento dell'agente non si può dimostrare, il solo comportamento materiale di conferma di una denuncia falsa costituisce un post factum non punibile e non un concorso in simulazione di reato; ciò è stato affermato nel caso del comportamento di chi, confermi la falsa denunzia del furto già presentata (Cass. VI n. 33016/2014). È poi stato affermato il concorso nel reato del professionista che, consapevole della falsità delle circostanze, rediga la falsa denunzia (Cass. VI n. 39226/2013). Rapporti con la calunnia Si ha calunnia e non simulazione di reato quando la falsa attribuzione del fatto sia riferibile ad una persona determinata la quale, pur in assenza di un'accusa nominativa, risulti essere il soggetto che ha commesso l'illecito alla luce delle “coordinate” indicate in denuncia (Cass. VI, n. 21990/2020; Cass. VI n. 18987/2012). Ciò avviene nel caso della falsa denuncia di smarrimento di titoli che è un comportamento idoneo a provocare indagini a carico di una persona agevolmente identificabile (Cass. VI n. 1769/2013). Si vedano anche gli argomenti sviluppati nel commento al reato di calunnia. Rapporti con altri reati La falsa denuncia, in quanto integrante la simulazione di reato, non integra il reato di falso di cui all'art. 483 (Cass. VI n. 45233/2012). Ritrattazione La ritrattazione della falsa denuncia per aver efficacia al fine di escludere la sussistenza del reato in esame deve essere immediata e spontanea. Essa deve evitare la possibilità dell'inizio del procedimento penale, cosa che non si ha quando la p.g. abbia dato corso alle indagini (Cass. VI n. 28695/2012). Di fatto, quindi, la condotta di ritrattazione, nel caso di simulazione diretta, per integrare il “ravvedimento operoso” deve essere tenuta nel medesimo contesto (inteso in termini di continuità e di durata) della denuncia, unico modo per escludere anche la sola possibilità di investigazioni ed accertamenti preliminari. In tale caso, la condotta di denuncia rappresenta un reato impossibile per inidoneità dell'azione ex art. 49 (Cass. VI n. 45067/2014). L'effetto utile di ritrattazione è invece escluso quando avvenga a tale distanza temporale dalla falsa denuncia da non arrecare alcun efficace contributo alle indagini, avendo già l'autorità investigativa ricostruito autonomamente la consistenza dei fatti (Cass. n. 38111/2009). In caso di tardiva ritrattazione, invece, può valutarsi la condotta al fine di applicazione dell'attenuante di cui all'art. 62 n. 6 seconda ipotesi quale condotta spontanea ed efficace, diretta ad eliminare le conseguenze dannose o pericolose del reato (Cass. VI n. 11284/1984). CasisticaOltre ai casi sopra citati, si segnalano i seguenti casi in cui è stato ritenuto integrato il reato in oggetto: Nel caso della persona che aveva falsamente dichiarato alla P.G. di aver smarrito una carta di credito, così simulando tracce del reato di furto e di indebito utilizzo della carta (Cass. VI n. 16277/2015); nel caso di un amministratore comunale il quale, al fine di difendersi dall'addebito per costi elevati ed ingiustificati di utilizzo del cellulare avuto in uso per esigenze di servizio, aveva sporto denuncia rappresentando che l'attivazione delle connessioni «internet» e di altri servizi era stata causata da un "virus” (Cass. VI n. 50944/2014); nel caso della persona che, avendo subito il furto di un'automobile, poi recuperata, aveva indicato nell'elenco dei pezzi sottratti anche componenti in realtà non asportati dalla vettura (Cass. VI n. 39241/2004 ed in vari altri precedenti); nel caso di colui il quale denunzi di aver subito un furto, anziché una rapina, realmente effettuata in suo danno e attribuisca il fatto ad ignoti invece che alla persona da lui ben conosciuta; realizzando tale caso il pericolo di deviazione nelle indagini dirette all'individuazione dell'effettivo responsabile (Cass. VI n. 2273/1986); nel caso in cui si faccia apparire come consumato da ignoti un reato commesso dallo stesso autore della denuncia (Cass. VI n. 8437/1985). È invece stato escluso il reato, per inverosimiglianza della denuncia, nel caso di un militare che alla stessa autorità di pg prima denunciava lo smarrimento del documento di riconoscimento e successivamente ne denunciava il furto, riferendo diverse circostanze che dimostravano la palese falsità della sottrazione (Cass. VI n. 4983/2010); nel caso dell'imputata, colpevole di un omicidio, che, per difendersi, aveva accusato del compimento del delitto persone ignote fornendo una versione dei fatti palesemente inverosimile e non accompagnata da alcuna efficace condotta di alterazione delle tracce del delitto (Cass. I n. 27884/2014). Profili processualiGli istituti Il reato in esame è procedibile d'ufficio ed è di competenza del tribunale monocratico; è prevista la citazione diretta a giudizio. Per esso non è possibile disporre l'arresto in flagranza né alcuna misura cautelare personale. BibliografiaGiuffrè, Ritrattazione e simulazione di reato: spazi applicativi per il principio di offensività (Nota a Cass., sez. VI, 18 gennaio 1995, Primerano), in Cass. pen. 1997; Santoriello, Calunnia, autocalunnia e simulazione di reato; Pisa, Simulazione di reato, in Dig. pen., XIII, 1997, 310; Pisa, Denunce «alterate» e simulazione di reato (Nota a Cass., sez. VI, 13 luglio 1995, Interdonato), in Dir. pen. e proc. 1996. |