Codice Penale art. 375 - Frode in processo penale e depistaggio 1Frode in processo penale e depistaggio 1
[I]. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, è punito con la reclusione da tre a otto anni il pubblico ufficiale o l'incaricato di pubblico servizio che, al fine di impedire, ostacolare o sviare un'indagine o un processo penale: a) immuta artificiosamente il corpo del reato ovvero lo stato dei luoghi, delle cose o delle persone connessi al reato; b) richiesto dall'autorità giudiziaria o dalla polizia giudiziaria di fornire informazioni in un procedimento penale, afferma il falso o nega il vero, ovvero tace, in tutto o in parte, ciò che sa intorno ai fatti sui quali viene sentito. [II]. Se il fatto è commesso mediante distruzione, soppressione, occultamento, danneggiamento, in tutto o in parte, ovvero formazione o artificiosa alterazione, in tutto o in parte, di un documento o di un oggetto da impiegare come elemento di prova o comunque utile alla scoperta del reato o al suo accertamento, la pena è aumentata da un terzo alla metà. [III]. Se il fatto è commesso in relazione a procedimenti concernenti i delitti di cui agli articoli 270, 270-bis, 276, 280, 280-bis, 283, 284, 285, 289-bis, 304, 305, 306, 416-bis, 416-ter e 422 o i reati previsti dall'articolo 2 della legge 25 gennaio 1982, n. 17, ovvero i reati concernenti il traffico illegale di armi o di materiale nucleare, chimico o biologico e comunque tutti i reati di cui all'articolo 51, comma 3-bis, del codice di procedura penale, si applica la pena della reclusione da sei a dodici anni. [IV]. La pena è diminuita dalla metà a due terzi nei confronti di colui che si adopera per ripristinare lo stato originario dei luoghi, delle cose, delle persone o delle prove, nonché per evitare che l'attività delittuosa venga portata a conseguenze ulteriori, ovvero aiuta concretamente l'autorità di polizia o l'autorità giudiziaria nella ricostruzione del fatto oggetto di inquinamento processuale e depistaggio e nell'individuazione degli autori. [V]. Le circostanze attenuanti diverse da quelle previste dagli articoli 98 e 114 e dal quarto comma, concorrenti con le aggravanti di cui al secondo e al terzo comma, non possono essere ritenute equivalenti o prevalenti rispetto a queste ultime e le diminuzioni di pena si operano sulla quantità di pena risultante dall'aumento conseguente alle predette aggravanti. [VI]. La condanna alla reclusione superiore a tre anni comporta l'interdizione perpetua dai pubblici uffici. [VII]. La pena di cui ai commi precedenti si applica anche quando il pubblico ufficiale o l'incaricato di pubblico servizio siano cessati dal loro ufficio o servizio. [VIII]. La punibilità è esclusa se si tratta di reato per cui non si può procedere che in seguito a querela, richiesta o istanza, e questa non è stata presentata. [IX]. Le disposizioni del presente articolo si applicano anche alle indagini e ai processi della Corte penale internazionale in ordine ai crimini definiti dallo Statuto della Corte medesima.
competenza: Trib. monocratico (comma 1 e 2); Tribunale collegiale (comma 3) arresto: facoltativo; non consentito (comma 4) fermo: consentito (comma 1, 2 e 3); non consentito (comma 4) custodia cautelare in carcere: consentita (comma 1, 2 e 3); non consentita (comma 4) altre misure cautelari personali: consentite procedibilità: d'ufficio [1] [1] Articolo così sostituito dall'art. 11, comma 4, d.l. 8 giugno 1992, n. 306, conv., con modif., nella l. 7 agosto 1992, n. 356 , successivamente modificato dall'art. 22, comma 1, l. 7 dicembre 2000, n. 397 e, da ultimo, così sostituito dall'articolo 1, comma 1, l. 11 luglio 2016, n. 133. Il testo precedentemente in vigore era il seguente: « Circostanze aggravanti . [I]. Nei casi previsti dagli articoli 371-bis, 371-ter, 372, 373 e 374, la pena è della reclusione da tre a otto anni se dal fatto deriva una condanna alla reclusione non superiore a cinque anni; è della reclusione da quattro a dodici anni, se dal fatto deriva una condanna superiore a cinque anni; ed è della reclusione da sei a venti anni se dal fatto deriva una condanna all'ergastolo.» Vedi, ora, l'art. 383 bis. InquadramentoIl reato di “frode in processo penale e depistaggio”, è stato introdotto con l. 11 luglio 2016, n. 133. In termini generali, si tratta di una nuova ipotesi di reato proprio, la cui opportunità deriva da non rare vicende di gravi alterazioni del corso delle indagini, che sanziona varie ipotesi di sviamento del regolare corso della giustizia penale. Persona offesa è l'Amministrazione della Giustizia. Il reato si caratterizza innanzitutto per essere una ipotesi sussidiaria, applicabile quando il fatto non costituisca più grave reato. L'entità della pena, peraltro, comporta che possa essere più grave, tra i reati contro l'amministrazione della giustizia, solo l' ipotesi di calunnia aggravata per aver comportato una ingiusta condanna alla reclusione superiore ai cinque anni. Come, poi, si vedrà più in dettaglio, l'art. 375 prevede condotte materiali ben diverse (alterazioni materiali ovvero false o reticenti dichiarazioni), unificate dalla specifica intenzione del reo – si tratta, quindi, di un reato a dolo specifico. Si tratta di un reato di pericolo, in modo non dissimile dalla ipotesi di frode processuale di cui all'art. 374, perché si realizza con le condotte materiali indipendentemente dall'effetto concreto di sviamento, purché vi sia l'idoneità all'inganno. I soggettiSi tratta di un reato proprio in quanto può essere commesso solo da un pubblico ufficiale o da un incaricato di pubblico servizio. La norma, però, ha la peculiarità di non specificare “quale” pubblico ufficiale, non definendo in alcun modo il rapporto fra il suo ruolo e la condotta. Una definizione così generale sembrerebbe sanzionare anche la condotta tenuta dal pubblico ufficiale od incaricato di pubblico servizio che, ad esempio, rendano false dichiarazioni (con la specifica finalità) in un contesto del tutto diverso da quello della loro attività di rilievo pubblico; il dato letterale sembrerebbe introdurre un particolare dovere di fedeltà per coloro che, a qualsiasi titolo, rivestano la carica pubblica. L'unico altro riferimento alla carica è nel comma 7: “La pena di cui ai commi precedenti si applica anche quando il pubblico ufficiale o l'incaricato di pubblico servizio siano cessati dal loro ufficio o servizio”. Non è, però, da questa disposizione che possa ritenersi che la legge richieda un rapporto tra il fatto e lo specifico ufficio o servizio; difatti la disposizione ripete il contenuto già presente nell'art. 360 (cessazione della qualità di pubblico ufficiale), escludendo, però, rispetto alla disposizione generale, proprio la previsione che la cessazione dalla qualità non rileva se “il fatto si riferisce all'ufficio o al servizio esercitato”. Escluso che il reato intenda sanzionare diversamente una categoria di cittadini indipendentemente dal rapporto tra la carica e la condotta, sembra probabile che si sia in presenza di una imprecisione dovuta al mutamento, in corso di trattazione parlamentare, del progetto da reato comune (attribuito a “chiunque”) a reato proprio. Sarà la giurisprudenza ad individuare il corretto ambito di applicabilità o trarre le conclusioni laddove la genericità della norma sul punto la renda di impossibile applicazione pratica. In una prima decisione (Cass. VI, 24557/2017) è stato affermato che, nella ipotesi di cui alla lett. b (false o reticenti dichiarazioni) la condotta deve riguardare le informazioni che il soggetto è stato chiamato ad acquisire nella propria qualità o fatti comunque conosciuti nell'esercizio della funzione e non solo in occasione. La stessa decisione, però, segnala l'incertezza del dato testuale, del resto interpretato dai giudici di merito nel senso diametralmente opposto della sussistenza del reato anche nel caso di dichiarazioni (falso o reticenti) su circostanza apprese casualmente durante il servizio. Cass. VI, n. 34271/2022, in tema di condotta di un ufficiale di polizia penitenziaria che aveva alterato le prove dell’uso di apparecchi per videochiamate irregolari di detenuti, ha ritenuto necessario un nesso funzionale tra il fatto e il pubblico ufficio ricoperto, interpretazione costituzionalmente orientata e necessaria per evitare la irragionevolezza del dato normativo. Elemento PsicologicoLa principale caratterizzazione del reato, a fronte della previsione di diverse condotte materiali, è rappresentata dal dolo specifico: la condotta deve essere tenuta “al fine di impedire, ostacolare o sviare una indagine o un processo penale”. Oltre alla finalità risulta necessaria la rappresentazione dell’esservi una indagine od un processo. L’indagine sul dolo, quindi, andrà condotta nel senso di accertare che non vi siano altre possibili finalità della azione. Materialità e forme di manifestazioneSi è già detto che si tratta di un reato di pericolo che si realizza con le condotte descritte, indipendentemente dall’effetto in concreto. Il fatto si deve realizzare in riferimento ad una “indagine” o ad un “processo”. Poiché la condotta di cui alla lettera a) (immutazione artificiosa del corpo del reato etc) può realizzarsi anche prima dell’inizio del procedimento penale, in assenza di una disposizione qual è quella dell’art. 374 (che prevede espressamente che la condotta possa tenersi “anteriormente” al procedimento penale) potrebbe sembrare dubbia la possibilità che il reato in esame possa essere commesso prima dell’inizio formale della indagine. Invero, poiché presumibilmente la norma si applica a quei pubblici ufficiali o incaricati di pubblico servizio che commettono le condotte di immutazione in prospettiva del loro obbligo di intervenire per impedire, accertare e denunziare il fatto, è ragionevole ritenere che già questo momento integri la “indagine”. La sussistenza del reato, quindi, non sembra condizionata dalla iscrizione formale. L’ambito della indagine o processo è chiaramente riferito a qualsiasi reato procedibile di ufficio, sia esso contravvenzione che delitto. L’unica disposizione limitatrice, difatti, rispetto alla clausola generale “una indagine o un processo”, è nel comma 8 che esclude il reato nei casi di procedibilità a querela, richiesta od istanza, se non presentate. Due le forme di manifestazione previste, con condotte ben diversificate: La prima consiste nella immutazione materiale del “corpo del reato ovvero lo stato dei luoghi, delle cose o delle persone connessi al reato”, condotta che appare assimilabile a quella dell’art. 374 (frode processuale) e della calunnia commessa mediante la simulazione di “tracce di un reato”, nonché a possibili condotte concrete di favoreggiamento personale (Cass. VI, n. 23375/2020). La seconda è rappresentata dalle false dichiarazioni. Si tratta sia delle dichiarazioni rese all’autorità giudiziaria che quelle alla polizia giudiziaria. In tal modo, sussistendo la specifica intenzione, si sanzionano le false informazioni alla polizia giudiziaria che non sono altrimenti punite (l’art. 371-bis prevede solo le false informazioni al pubblico ministero). Si nota, invece, che il reato non è configurabile in caso di false o reticenti informazioni al difensore. La formulazione simile a quella delle altre falsità in dichiarazioni comporta ragionevolmente la applicabilità delle stesse regole, rientrando nel concetto di idoneità ingannatoria quanto detto per gli altri reati in termini di pertinenza e rilevanza delle dichiarazioni, indipendentemente dall’esito del processo. Si deve quindi ripetere che “ ….. i fatti oggetto delle dichiarazioni devono essere direttamente o indirettamente attinenti all'accertamento giurisdizionale …. La prova è pertinente e rilevante quando ha una effettiva efficacia probatoria dei fatti ….. è quindi in grado di influire deviando il corso del processo in termini potenziali …. senza necessità che tale influenza sia effettiva”. L’esito del processo, quindi, non sarà determinante pur potendo essere elemento di valutazione della idoneità della condotta. La peculiarità, si rammenti, è quella della finalità della azione, che deve essere oggetto di specifico accertamento. Consumazione e tentativoPer consumazione e tentativo, quanto alla ipotesi di cui alla lettera b), appaiono applicabili le regole degli altri reati di false dichiarazioni. Per quanto riguarda la ipotesi di cui al capo a), il tentativo appare configurabile ben potendo esservi una condotta composta da una pluralità di azioni. Circostanze
Aggravanti Le aggravanti speciali previste dalla norma sono di particolare rilievo portando la misura della pena a livelli assai elevati, soprattutto nel minimo e tenuto conto della regola specifica in tema di comparazione di circostanze. La prima aggravante ricorre nel caso di creazione di una prova falsa o distruzione/alterazione di una prova vera. La condotta materiale sulla prova appare chiara; più difficile, invece, la individuazione delle condizioni di rilevanza e pertinenza. Se “impiegare come elemento di prova” appare nozione chiara, avendo tale dizione il significato che la prova sia concretamente utilizzata od in prospettiva utilizzabile, meno chiaro è distinguere, differenziando da ciò che è già “elemento di prova”, la condizione in cui ciò che è stato alterato è “comunque utile alla scoperta del reato o al suo accertamento”. Sarà evidentemente compito della giurisprudenza chiarire se sia voluto estendere in modo particolare il concetto di elemento la cui alterazione rileva o, invece, se si è semplicemente in presenza di espressioni ridondanti. L’altra aggravante riguarda l’ipotesi in cui la condotta sia tenuta per depistare procedimenti per reati particolarmente gravi. Si tratta, invero, proprio di quelle situazioni che hanno fatto ritenere opportuna la introduzione di una simile fattispecie: si tratta dei reati di: associazione sovversiva (art. 270), associazione terroristiche (art. 270-bis), attentato contro il Presidente della Repubblica (art. 276), attentato per finalità terroristiche o di eversione (art. 280), atto di terrorismo con ordigni micidiali o esplosivi (art. 280-bis), attentato contro la Costituzione (art. 283), insurrezione armata (art. 284), devastazione, saccheggio e strage (art. 285), sequestro di persona a scopo di terrorismo o eversione (art. 289-bis), cospirazione politica mediante accordo (art. 304), cospirazione politica mediante associazione (art. 305), banda armata (art. 306), associazione mafiosa (art. 416-bis), scambio elettorale politico mafioso (art. 416-ter), strage (art. 422), associazioni segrete (art. 2 l. n. 17/1982), traffico illegale di armi o di materiale nucleare, chimico o biologico e comunque se il fatto è commesso in relazione a procedimenti concernenti tutti i reati di cui all'art. 51, comma 3-bis, c.p.p. L’uso nel testo dell’aggravante della dizione di “in relazione a procedimenti”, se comparata con la fattispecie di cui all’art. 374 che amplia espressamente le condotte integranti il reato a quelle anteriori al procedimento, fa ipotizzare che in tale caso vi debba esser stato l’effettivo inizio del procedimento. Inoltre, il riferimento ai “procedimenti” fa ritenere che la aggravante scatti laddove vi sia iscrizione per tali reati indipendentemente dall’esito finale; anche qui, comunque, sarà rilevante lo sviluppo giurisprudenziale. Attenuante Il comma 4, poi, prevede la attenuante, anche questa di carattere speciale perché prevede la “riduzione della pena dalla metà ai 2/3”, per le condotte di eliminazione delle conseguenze della alterazione, per il concreto aiuto alle indagini rispetto al fatto che si intendeva depistare con individuazione degli autori, per l’impedimento che l’azione giunga a conseguenze ulteriori. La rilevanza di tali condotte andrà presumibilmente ricollegata al venir meno dell’effetto di depistaggio. Comparazione di circostanze Il comma 5 introduce una specifica disposizione che limita la comparazione con le circostanze attenuanti, fatte salve le attenuanti del comma 4, della minore età e del minimo apporto del concorrente. Di regola, quindi, le diminuzioni di pena si operano sulla pena aggravata.
Casi di non punibilitàLa disposizione prevede anche per il reato in esame, ovviamente per le ipotesi della condotta mediante false o reticenti dichiarazioni, la applicabilità della “causa sopravvenuta di esclusione della punibilità di natura soggettiva” di cui all’art. 376. PrescrizionePer tale reato è stata prevista la applicazione della regola speciale di prescrizione di cui al sesto comma dell’articolo 157, con il raddoppio dei termini laddove ricorra la aggravante della commissione dei fatti più gravi di cui al terzo comma. Pena accessoriaIl comma 6 prevede che, alla condanna superiore ai tre anni, consegua la interdizione perpetua dai pubblici uffici, norma che deroga al limite di cinque anni di cui all’art. 29 c.p. La ragione è evidente. Profili processuali
Gli istituti Il reato in esame è procedibile d’ufficio ed è di competenza del tribunale monocratico nella ipotesi base, del collegio nei casi aggravati. Per esso:
BibliografiaAlberico, Connessione funzionale tra qualifica e illecito nel delitto di depistaggio (Nota a Cass. pen., sez. VI, 30 marzo 2017, n. 24557, Mastrocinque), in Giur. it., 2018, 198; Cappitelli, Il «nuovo» articolo 375 del codice penale al vaglio della suprema corte (Nota a Cass. pen., sez. VI, 30 marzo 2017, n. 24557, Mastrocinque), in Cass. pen., 2017, 3638; Cerami, Frode e depistaggio in processo penale [aggiornamento-2018], in Digesto pen.,Torino, 206; Di Stefano, La Cassazione delimita il rapporto tra qualifica soggettiva e fatto commesso nel reato di depistaggio, in Ilpenalista.it, 22 giugno 2017; Di Stefano, Fisionomia del nuovo reato di frode in processo penale e depistaggio, in Ilpenalista.it, 24 agosto 2016; Pasculli, Il delitto di frode in processo penale e depistaggio - Tra funzione simbolica e giusto processo, Torino, 2020; Piffer, Frode in processo penale e depistaggio, in Libro dell'anno del diritto-Encicl. giur. Treccani, Roma, 2018, 133 |