Codice Penale art. 405 - Turbamento di funzioni religiose del culto di una confessione religiosa (1).

Marco dell'Utri
Sergio Beltrani

Turbamento di funzioni religiose del culto di una confessione religiosa (1).

[I]. Chiunque impedisce o turba l'esercizio di funzioni, cerimonie o pratiche religiose del culto di una confessione religiosa (1), le quali si compiano con l'assistenza di un ministro del culto medesimo o in un luogo destinato al culto, o in un luogo pubblico o aperto al pubblico, è punito con la reclusione fino a due anni.

[II]. Se concorrono fatti di violenza alle persone o di minaccia, si applica la reclusione da uno a tre anni [406].

(1) Le parole «del culto di una confessione religiosa» sono state sostituite alle parole «del culto cattolico» dall'art. 9 l. 24 febbraio 2006, n. 85, con effetto a decorrere dal 28 marzo 2006. Precedentemente, la Corte cost., con sentenza 9 luglio 2002, n. 327, aveva dichiarato l'illegittimità costituzionale del presente articolo nella parte in cui, per i fatti di turbamento di funzioni religiose del culto cattolico, prevedeva «pene più gravi anziché le pene diminuite stabilite dall'articolo 406 del codice penale per gli stessi fatti commessi contro gli altri culti».

Inquadramento

Il delitto di turbamento di funzioni religiose del culto di una confessione religiosa (turbatio sacrorum) è inserito nel Libro II del Codice Penale, all'interno del Titolo IV (denominato “Dei delitti contro il sentimento religioso e contro la pietà dei defunti”), precisamente nel Capo I (intitolato “Dei delitti contro le confessioni religiose”). Tale reato punisce la condotta di colui il quale rechi nocumento al bene giuridico della confessione religiosa quale bene collettivo, impedendo o turbando l'esercizio di funzioni religiose del culto. Affinché la condotta di impedimento o di turbamento sia penalmente rilevante occorre però che le funzioni, le cerimonie e le pratiche religiose del culto di una confessione religiosa si svolgano con l'assistenza di un ministro del culto medesimo, ovvero in luogo destinato al culto o in un luogo pubblico o aperto al pubblico.

L'eventuale concorrenza di fatti di violenza alle persone o di minaccia determina un aggravamento di pena. L'art. 9 della L 24 febbraio 2006 ha novellato la disposizione codicistica in commento, sostituendo le parole « del culto cattolico » con l'attuale frase « del culto di una confessione religiosa » In precedenza la Consulta (Corte cost. n. 327/2002) aveva dichiarato l'illegittimità costituzionale di tale disposizione codicistica, laddove prevedeva « pene più gravi anziché le pene diminuite stabilite dall'articolo 406 del codice penale per gli stessi fatti commessi contro gli altri culti ».

Soggetti

Soggetto attivo

Il paradigma normativo in commento rappresenta un reato comune, del quale quindi ognuno può divenire protagonista; ciò risulta agevolmente desumibile dall’utilizzo del termine “chiunque” per indicarne l’autore.

Bene giuridico

Il delitto di turbatio sacrorum è diretto a tutelare il bene della libertà di culto. Siffatto bene giuridico, però, viene in evidenza come bene collettivo. In altri termini, “la libertà di culto è protetta non come diritto individuale di libertà religiosa, bensì come diritto collettivo, dato che la tutela è condizionata alla presenza di specifiche situazioni: la norma relativa alla turbatio sacrorum tutela il credente non uti singulus , bensì uti socius, in linea del resto con la scelta di fondo del codice del '30 di valorizzare l'aspetto culturale del fenomeno religioso” (Fiandacae Musco, 460).

È indispensabile pertanto che la cerimonia religiosa si svolga con determinate modalità o in determinati luoghi: in tal caso, pertanto, potrà ritenersi la lesione del bene giuridico della libertà di culto, qui tutelato nella sua dimensione collettiva e dinamica. Viene pertanto in rilievo l'aspetto relazionale del fenomeno religioso. Sicché, la considerazione del credente come realtà collettiva delineerebbe una certa distonia tra la tutela assicurata dalla norma in commento e la libertà di culto cui si correla l'art. 19 Cost.: se infatti l'art. 19 Cost. tutela la libertà di culto tout court, l'art. 405 mira a proteggere le manifestazioni della libertà di culto che presentino determinati connotati. Il bene giuridico tutelato “non si colloca, pertanto, in piena armonia con il quadro dei valori protetti della Costituzione, la quale, all'art. 19, tutela la libertà di culto tout court, come libertà della persona, si estrinsechi essa in forma individuale o collettiva, in pubblico o in privato, a prescindere dalla riconducibilità della fede professata ad una determinata confessione religiosa” (Dolcinie Marinucci, 4116).

Materialità

Condotta

La fattispecie tipica in esame è costruita quale norma a più fattispecie; essa prende in considerazione le condotte di turbamento o di impedimento di funzioni, cerimonie o pratiche religiose.

La giurisprudenza si è sempre approcciata all’articolo in commento ritenendo come sia possibile una netta scomposizione della fattispecie delittuosa, distinguendosi così a seconda che si tratti di impedimento (quale attività volta ad ostacolare l’inizio o l’esercizio della funzione, al punto da determinarne la cessazione), o di turbativa, qualora lo svolgimento non avvenga secondo regolarità.

Certamente dibattuto è peraltro il tema relativo alla dimensione della turbatio sacrorum. Alcuni Autori reputano opportuno non leggere la norma in esame secondo una declinazione astratta e meramente psicologica. Secondo tale dottrina, sarebbe pertanto indispensabile che la condotta di impedimento o di turbamento abbia un sostrato reale. La giurisprudenza è però concorde, nel ritenere la rilevanza penale anche di condotte che non abbiano carattere reale, ma meramente psicologico.

Secondo la dottrina si verifica un impedimento “quando si ostacola efficacemente la preparazione, l’inizio o il proseguimento della funzione o quando se ne determina la cessazione”. (Fiandaca e Musco, 460). Il turbamento consiste invece in una condotta che impedisca alla cerimonia religiosa di svolgersi secondo le cadenze temporali e formali sue proprie, “quando cioè si altera e si guasta il regolare svolgimento della funzione nella sua cadenza temporale e formale” (Fiandaca e Musco, id. cit.).

Le nozioni di funzione, cerimonia o pratica religiosa

Il concetto di funzione religiosa viene indubbiamente interpretato nel modo più ampio possibile, così da ricomprendere – all’interno del perimetro previsionale della fattispecie tipica – sia gli atti essenziali del culto, sia gli atti complementari e accessori, sia i riti osservati dai credenti.

Secondo la dottrina: “I rispettivi concetti di funzione, cerimonia e pratica religiosa possono essere identificati mediante il rinvio al diritto canonico nel caso si tratti di religione cattolica ovvero mediante il riferimento alla comune esperienza qualora si tratti di altra confessione religiosa” (Fiandaca Musco, 460). Sottolineiamo come si tratti di concetti normativi: è pertanto pienamente legittima un’interpretazione relativizzata, che permetta di valorizzare le regole della singola confessione religiosa di volta in volta considerata.

Il Legislatore individua però alcune condizioni di punibilità: è indispensabile che le funzioni, le cerimonie e le pratiche religiose del culto di una confessione religiosa si svolgano con l’assistenza di un ministero del culto medesimo o in luogo destinato al culto o in un luogo pubblico o aperto al pubblico. Il fatto che la condotta – per essere penalmente rilevante – debba necessariamente esplicarsi nel rispetto di determinate modalità, implica la non punibilità dell’impedimento o del turbamento di funzioni religiose private (si pensi ad esempio alla preghiera privata).

Si coglie poi una certa discrasia tra i concetti di pubblicità (la cui nozione è fornita dall’art. 266) e di luogo di culto, individuato ovviamente come tale dal singolo ordinamento confessionale. Il concetto di assistenza – adoperato dal Legislatore nella formulazione del fatto tipico ora in commento – implica che il ministro del culto deve intervenire nella sua veste; secondo la dottrina deve quindi trattarsi di: “qualcosa di più della mera presenza fisica del ministro, ma anche qualcosa di meno del suo fattivo intervento quale celebrante esclusivo” (Dolcini e Marinucci, 4117). Il ministro di culto è “colui che esercita funzioni essenziali di culto all’interno di una comunità religiosa” (Fiandaca e Musco, 456).

Forma della condotta

Il reato di turbamento di funzioni religiose del culto di una confessione religiosa è un reato a forma libera. Il modello legale postula una condotta di tipo commissivo. Se ne può immaginare una concretizzazione secondo modalità commissive mediante omissione, ma esclusivamente al ricorrere di un obbligo – specificamente gravante sul soggetto agente – di impedire la verificazione dell’impedimento o turbamento. Si è infine in presenza di un reato di offesa, la cui sussistenza deve essere apprezzata secondo il parametro della attitudine in concreto della condotta posta in essere, rispetto all’impedimento o alla turbativa.

Evento

Trattasi di reato di evento. L’evento del reato è qui rappresentato dall’impedimento “cagionato a seguito della condotta del reo, che può portare con sé ulteriore offesa ai presenti (ingiuriati o minacciati)” (Caringella, De Palma, Farini, Trinci, 488).

Circostanza aggravante

Il secondo comma prevede una circostanza a effetto speciale, che rimane integrata in presenza di fatti di violenza alle persone o di minaccia.

La dottrina ha sottolineato come la norma postuli il semplice concorso di fatti di violenza alle persone o di minaccia, che siano ultronei rispetto alla condotta tipica del delitto in esame. Gli atti violenti o minacciosi sono infatti non essenziali per la perpetrazione del reato in esame. Si richiede dunque la mera coesistenza spaziale e temporale, tra le condotte di impedimento o turbamento di funzioni religiose e in non indispensabili fatti violenti o minacciosi. Il che porta anche ad escludere la possibilità di concorso, fra il delitto in commento e i delitti di violenza privata e minaccia (Dolcini-Marinucci, 4118).

Elemento soggettivo

Il delitto di turbatio sacrorum – per costante orientamento dottrinale e giurisprudenziale – richiede il solo dolo generico, che si sostanzia nella coscienza e volontà di impedire o turbare l'esercizio di funzioni religiose di un culto, secondo le modalità indicate nel testo della fattispecie tipica. Alcuni Autori ritengono che occorra anche la consapevolezza di poter cagionare un vulnus al sentimento religioso, identificando altresì tale offesa con l'evento del reato (Antolisei, 703). L'orientamento secondo il quale servirebbe la consapevolezza di recare offesa al sentimento religioso, non è però condiviso dall'orientamento dottrinale maggioritario.

Giova precisare come il delitto in commento non sia previsto nella forma colposa.

La giurisprudenza ha sempre escluso la necessità della consapevolezza di arrecare offesa al sentimento religioso (Cass. III, n. 621/1967).

Consumazione e tentativo

Consumazione

La fattispecie delittuosa in commento giunge a consumazione nel momento e nel luogo in cui si verificano il turbamento o l'impedimento (Fiandaca-Musco, 461).

Tentativo

Non sussistono perplessità, con riferimento alla configurabilità del tentativo. Questo si realizza allorquando vengano posti in essere atti idonei e diretti in modo non equivoco ad impedire o turbare una funzione religiosa.

Casistica

Evidenziamo le seguenti decisione del Supremo Collegio:

a ) Secondo i Giudici di legittimità, resto integrato il modello legale in commento anche allorquando la condotta consistente in un turbamento della funzione religiosa consista nella strumentalizzazione della funzione verso intenti confliggenti con il sentimento religioso di chi vi partecipi e che la funzione stessa intende celebrare e ossequiare. Nella concreta vicenda, erano state effettuate – durante una processione di tipo religioso, svoltasi in luogo pubblico e con l'assistenza di un ministro di culto – due fermate davanti la residenza di congiunti di un capo mafioso, in assenza di qualsivoglia motivazione alternativa (Cass. III, n. 2242/2021).

b ) Commette il delitto in esame il soggetto che influenzi lo scorrere regolare di una processione, nel caso di specie posizionando tavolini nella via pubblica con l'intento di costringere i fedeli ad effettuare una sosta davanti a un esercizio commerciale, oltre che minacciando e insultando il celebrante e le forze dell'ordine nel frattempo intervenute in loco (Cass. VI, n. 8055/2021). Negli stessi termini si era espressa Cass. III, n. 987/1968, la quale ha precisato come la processione – a patto che avvenga con l'assistenza di un ministro del culto cattolico – rappresenti un momento rituale che è oggetto della tutela apprestata dall'art. 405 – presentando essa, ad un tempo, tanto il fine di glorificare il sentimento religioso, quanto quello di omaggiare – anche all'esterno del tempio – la Madonna, i Santi e Dio.

c ) Il reato di turbatio sacrorum può concretizzarsi in presenza di due condotte antigiuridiche: l'una consiste nell'impedire lo svolgimento della funzione, ostacolandone l'inizio o l'esercizio e giungendo a cagionarne la cessazione; l'altra modalità della condotta si realizza arrecando una turbativa alla funzione, cosa che avviene allorquando lo svolgimento della stessa non segua il suo corretto e ordinato iter (Cass. III, n. 20739/2003).

d ) Il fatto tipico in commento resta integrato, in presenza della turbativa di una funzione funebre che venga posta in essere dopo la celebrazione del rito religioso, in un momento nel quale la salma si trovi ancora esposta in Chiesa. (Cass. VI, n. 28030/2009).

e ) Secondo Cass. III, n. 621/1967, rientra nel concetto di funzione religiosa – rilevante ai fini dell'integrazione del modello legale in commento – l'attività consistente nella predicazione, essendo essa specificamente funzionale alla diffusione della dottrina cristiana. Il turbamento atto a concretizzare il fatto tipico in esame consiste nell'arrecare disturbo all'ordinario svolgersi di una funzione religiosa; tale turbamento può consistere anche nel mero distogliere l'attenzione dei fedeli mediante lo screditamento della figura del sacerdote. L'elemento soggettivo - sempre secondo i Giudici - è poi rappresentato dalla coscienza e volontà di porre in essere atti forieri di turbamento; esso non postula necessariamente la consapevolezza di ledere il sentimento religioso, in quanto tale nocumento inest rei ipsae.

Non sono previste scriminanti in favore di chi turbi una funzione religiosa del culto cattolico ritenendo che il sacerdote – nel corso della sua predica – abbia debordato dal proprio ambito di competenza e si sia allontanato dai precetti della dottrina cristiana, affrontando argomenti di natura politica o sindacale. Sul punto la Corte ha peraltro chiarito come la dottrina cristiana moderna del tutto legittimamente possa occuparsi delle lotte sindacali, dell'odio di classe, delle violenze che si verifichino durante scioperi o serrate, dell'ordine pubblico, dei danni che eventualmente si producano su famiglia e società. Fra gli argomenti propri della dottrina cristiana vi è infatti il biasimo verso odio e violenza di qualsiasi tipo, in quanto non collimanti con i precetti evangelici di perdono e fratellanza. Così il prete che si occupi di scioperi e comportamenti serbati dagli aderenti alla protesta non esce dall'ambito di propria competenza.

f ) È riconducibile al concetto di “cerimonia religiosa” ogni attività per il tramite della quale si manifestano le azioni liturgiche, ivi compresi gli atti rituali di culto religioso. Fra questi rientra, in primis, la celebrazione della messa, visto che questa costituisce per i cattolici il più importante atto, non esclusivamente di tipo simbolico, bensì evocativo della presenza di Dio nella celebrazione della liturgia (Cass. III, n. 369/1967).

Profili processuali

Gli istituti

Si tratta di un reato procedibile d'ufficio e di competenza del Tribunale in composizione monocratica.

Per il reato di turbamento di funzioni religiose del culto di una confessione religiosa:

a) non è possibile disporre né l’arresto in flagranza, né il fermo;

b) non si possono adottare né la custodia in carcere, né le altre misure cautelari personali.

Bibliografia

Albo, Il principio supremo di laicità dello Stato nella più recente giurisprudenza della Corte costituzionale in materia di “reati di religione”, in Giur. It, 2001; Alesiani, I reati di opinione. Una rilettura in chiave costituzionale, Milano, 2006; Antolisei, Manuale di Diritto Penale, PS, Milano, 1985; Berlingò, Libertà «di religione» e «diritto» di vilipendio, in Diritto ecclesiastico, 1975; Caringella, De Palma, Farini, Trinci, Manuale di Diritto Penale, PS, Roma, 2015; Dolcini e Marinucci, Codice penale commentato, Roma, 2012; Fiandaca e Musco, Manuale di diritto penale, PS, Bologna, 1988; Fiore, Il reato di turbatio sacrorum, Padova, 1978; Gabrieli, Delitti contro il sentimento religioso e la pietà dei defunti, Milano, 1961; Garofoli, Manuale di Diritto Penale, PS, Roma, 2015; La Rosa, Uso e abuso del simbolo religioso: profili di rilevanza penale, in RIDPP, 2008; Manzini, Trattato di diritto penale, Ed. VI, Torino, 1983; Massignani, Manifestazione per la pace e turbatio sacrorum, in Diritto ecclesiastico, 1988, II; Musselli, Religione (reati contro la), in Enciclopedia Giuridica, XXXIX, Milano, 1988; Rossi, Dei delitti contro il sentimento religioso e contro la pietà dei defunti, in Commentario La Monica, Mazza, Marini, Torino, 2002; Siracusano, I delitti in materia di religione. Beni giuridici e limiti dell'intervento penale, Milano, 1983; Visconti, La tutela penale della religione nell’età post-secolare e il ruolo della corte costituzionale, in RIDPP, 2005.

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