Codice Penale art. 424 - Danneggiamento seguito da incendio.Danneggiamento seguito da incendio. [I]. Chiunque, al di fuori delle ipotesi previste nell'articolo 423-bis, al solo scopo di danneggiare [635 1] la cosa altrui, appicca il fuoco a una cosa propria o altrui è punito, se dal fatto sorge il pericolo di un incendio, con la reclusione da sei mesi a due anni (1) (2). [II]. Se segue l'incendio, si applicano le disposizioni dell'articolo 423, ma la pena è ridotta da un terzo alla metà [425, 449] (2) (3). [III]. Se al fuoco appiccato a boschi, selve e foreste, ovvero vivai forestali destinati al rimboschimento, segue incendio, si applicano le pene previste dall'articolo 423-bis (4). (1) Comma modificato dall'art. 11, comma 2, l. 21 novembre 2000, n. 353; v. sub art. 423-bis. (2) Per l'aumento delle pene, qualora il fatto sia commesso da persona sottoposta a misura di prevenzione, v. art. 71, d.lg. 6 settembre 2011, n. 159, che ha sostituito l'art. 7 , comma 1, l. 31 maggio 1965, n. 575. (3) Comma modificato dall'art. 11, comma 3, l. n. 353, cit.; v. sub art. 423-bis. (4) Comma aggiunto dall'art. 11, comma 4, l. n. 353, cit. competenza: Trib. monocratico arresto: non consentito (primo comma); facoltativo (secondo comma) fermo: non consentito (primo e secondo comma) consentito (terzo comma v. art. 423-bis, primo comma) custodia cautelare in carcere: non consentita (primo comma); consentita (secondo e terzo comma; v. artt. 423 e 423-bis) altre misure cautelari personali: non consentite (primo comma, ma v. art. 290, comma 2, c.p.p.) consentita (secondo e terzo comma) procedibilità: d'ufficio InquadramentoIl reato in esame punisce la condotta del soggetto che, al solo scopo di danneggiare una cosa altrui, appicca il fuoco a una cosa propria o altrui con modalità tali da far sorgere il pericolo di un incendio. Ove al fatto segua un incendio (evidentemente non voluto), trovano applicazione le disposizioni dell'art. 423 con la diminuzione della pena da un terzo alla metà. Nel caso in cui l'incendio (non voluto) segua l'accensione di boschi, selve e foreste, ovvero vivai forestali destinati al rimboschimento, trova applicazione integrale la disciplina sanzionatoria dell'articolo 423-bis. SoggettiSoggetto attivo Il delitto di danneggiamento seguito da incendio può essere commesso da chiunque. Bene giuridicoIl reato in esame riguarda condotte che preludono alla verificazione di un incendio, ossia di condotte idonee a far sorgere anche solo il pericolo di un incendio, integrando pertanto un’anticipazione della tutela della pubblica incolumità (Fiandaca e Musco, 517; Ardizzone, 324). In particolare, secondo la giurisprudenza, il reato in esame anticipa la soglia della punibilità per motivi di politica criminale rinvenibili nell'intento di evitare che venga usato a scopo di danneggiamento un mezzo altamente insidioso quale il fuoco (Cass., I, n. 5251/1998). Il legislatore avrebbe previsto, nell'art. 424, comma 1, due fattispecie diverse di reato: l'una, speciale, di danneggiamento di cosa altrui, in cui sarebbero ravvisabili due offese, una all'incolumità pubblica e una al patrimonio, la seconda delle quali assume un rilievo di secondo piano e viene assorbita dalla prima (Mangini, 799; Sammarco, 956); l'altra, di ‘danneggiamento' di cosa di proprietà dell'agente, diretta a prevenire le conseguenze del gesto pericoloso per la collettività, indipendentemente dal danneggiamento di cosa altrui, che può mancare. MaterialitàModalità della condotta La condotta che integra il reato in commento consiste nell'appiccare il fuoco a una cosa di proprietà dell'agente o di altri, allo specifico scopo di danneggiare la cosa altrui. Ai fini della commissione del reato, è indifferente che la cosa a cui è appiccato il fuoco sia propria dell'agente o altrui, essendo viceversa essenziale lo scopo di danneggiamento della cosa altrui. Il requisito dell'altruità della cosa dev'essere valutato sulla base delle norme di diritto civile che disciplinano il diritto di proprietà (Cass., I n. 27687/2009). Secondo una prima interpretazione, il pericolo di incendio costituisce un elemento costitutivo del reato, con la conseguente esclusione della fattispecie in esame ove il fuoco appiccato abbia caratteristiche tali che da esso non possa sorgere detto pericolo; in tale eventualità è configurabile il reato di danneggiamento (Cass. I, n. 19220/2016; Cass. I, n. 12721/2016). In breve, ai fini della sussistenza del reato di danneggiamento seguito da incendio è necessario che la condotta dell'agente determini un pericolo di incendio e, cioè, la probabilità che il fuoco evolva in un vero e proprio incendio, la quale deve essere desunta dalla situazione di fatto con riferimento alle dimensioni del fuoco in relazione all'oggetto del danneggiamento (Cass. I, n. 19220/2016; Cass., VI, n. 35769/2010). Secondo una diversa interpretazione, la verificazione del pericolo di un incendio o di un incendio a seguito dell'accensione del fuoco alla cosa propria o altrui, o a boschi, selve e foreste, ovvero vivai forestali destinati al rimboschimento, costituisce una condizione obiettiva di punibilità (in dottrina Fiandaca e Musco, 517; Cass. I, n. 2549/1995; Cass. I, n. 10247/1988; Cass. II, n. 466/1976). Parte della dottrina ha ricondotto la figura di cui al comma 2 nella categoria del reato complesso, ravvisando un danneggiamento doloso unito ad un incendio colposo (Spiezia, 549). Un’autorevole opinione ha, invece, abbracciato la tesi della preterintenzionalità di entrambe le figure criminose (Manzini, 265), mentre altra dottrina, ancora, ritiene che si tratti di delitto aggravato dall'evento (Battaglini, Bruno, 547). Ai fini della norma in esame, il pericolo di incendio va inteso come rilevante probabilità che l'incendio si verifichi (Cass., I, n. 2252/1996); in breve, si tratta di un'ipotesi meno grave che esclude l'evento incendio, ossia che il fuoco assuma i caratteri propri della vastità delle proporzioni, della diffusività e della difficoltà di estinzione, sì da costituire motivo di pericolo per la sicurezza e per l'integrità fisica delle persone (Cass. I, n. 11688/1986). L'incendio eventualmente provocato dovrà necessariamente presentare i tradizionali caratteri della vastità delle proporzioni delle fiamme, della diffusività delle stesse (ossia nella tendenza a progredire e ad espandersi) e della difficoltà di spegnimento (Cass. I, n. 2098/1994). Il giudizio sul ricorrere o meno del pericolo di incendio va formulato sulla base di una prognosi postuma, ex ante ed a base parziale, avendo riguardo alle circostanze esistenti al momento della condotta, senza alcuna rilevanza dei fattori eccezionali e sopravvenuti, quale l'intervento tempestivo della persona offesa nello spegnimento delle fiamme (Cass. V, n. 37196/2017). L’ultimo comma, inserito dalla legge-quadro n. 353/2000, prevede l’applicabilità del rigoroso trattamento penale stabilito dall’art. 423-bis per l’ipotesi in cui dall’appiccamento del fuoco derivi un incendio di boschi, selve e foreste ovvero di vivai forestali destinati al rimboschimento. Questa integrale parificazione nella disciplina sanzionatoria, determinata dalla preoccupazione politico-criminale di rafforzare la tutela del patrimonio forestale, configura per altro verso una vistosa forma di responsabilità oggettiva contrastante col principio di colpevolezza (in base alla clausola di riserva contenuta nel primo comma dell’art. 424, anche nell’ipotesi di cui al terzo comma il dolo deve infatti avere ad oggetto soltanto l’appiccamento del fuoco, e non l’incendio) (Fiandaca, Musco, 518). Forma della condotta Il reato in esame è un reato a forma libera, nel senso che vale a integrarlo qualunque condotta mediante la quale si dà luogo all'accensione del fuoco con modalità tali da far sorgere il pericolo di un incendio. Natura della condotta Le condotte dirette a integrare la fattispecie criminosa del danneggiamento seguito da incendio possono essere tanto attive, quanto omissive: in tal ultimo caso, ai sensi dell'art. 40, comma 2, il reo risponde del delitto là dove, al solo scopo di danneggiare la cosa altrui, avendone l'obbligo giuridico, abbia consapevolmente e volontariamente omesso di impedire l'accensione del fuoco alla cosa propria o altrui. Evento Il reato di danneggiamento seguito da incendio è un reato di evento, consistente nell'accensione del fuoco alla cosa propria o altrui in modo tale da far sorgere il pericolo di un incendio. Elemento soggettivoIl dolo Il delitto in esame richiede il dolo specifico (in dottrina Fiandaca e Musco, 518; Cass., I, n. 6169/1982; Cass., I, n. 11026/1998), ossia la coscienza e volontà di appiccare il fuoco a una cosa propria o altrui allo specifico scopo di danneggiare la cosa altrui. Ove si configuri il pericolo di incendio come elemento essenziale (e non come condizione obiettiva di punibilità) è necessaria la coscienza e volontà di far sorgere il pericolo di un incendio. La colpa Il reato di danneggiamento seguito da incendio non è punibile a titolo di colpa. Consumazione e tentativoConsumazione Il reato di danneggiamento seguito da incendio si consuma nel momento in cui l'agente appicca il fuoco alla cosa propria o altrui in modo da far sorgere il pericolo di un incendio (Sammarco, 956). Per coloro che configurano tale ultimo pericolo come condizione obiettiva di punibilità, deve ritenersi sufficiente, ai fini della consumazione, la sola accensione del fuoco (v. Battaglini, Bruno, 547, secondo il quale la consumazione coincide con il compiuto danneggiamento). Tentativo Secondo la giurisprudenza meno recente è ammissibile il tentativo di danneggiamento seguito da incendio, che consiste nel compimento di atti idonei diretti in modo non equivoco ad appiccare il fuoco alla cosa propria o altrui in modo da far sorgere il pericolo di un incendio (Cass. I, n. 11061/1988). L'orientamento più recente ritiene, al contrario, che il tentativo nel delitto di danneggiamento seguito da incendio non è configurabile, trattandosi di fattispecie di pericolo per la cui punibilità è necessario che sia sorto quanto meno il pericolo di un incendio, condizione quest'ultima sufficiente per integrare la consumazione del delitto, in assenza della quale, invece, il fatto è qualificabile come danneggiamento, nella forma consumata o tentata (Cass. II, n. 17558/2017). La dottrina è orientata per l’esclusione della configurabilità del tentativo (Ardizzone, 325). Forme di manifestazione
Circostanze Al reato di danneggiamento seguito da incendio trovano applicazione le circostanze di cui all'art. 425 (su cui v. infra). Rapporti con altri reati e concorso di reatiIl discrimine tra il reato di danneggiamento seguito da incendio (art. 424) e quello di incendio (art. 423) è costituito dall'elemento psicologico del reato. - nell'ipotesi prevista dall'art. 423, esso consiste nel dolo generico, cioè nella volontà di cagionare l'evento-incendio, ovvero fiamme di non lievi proporzioni che, per le loro caratteristiche e la loro violenza, tendono a propagarsi e non possono essere facilmente arginate o spente, e creano, quindi, un effettivo pericolo per la pubblica incolumità; - nell’ipotesi prevista dall'art. 424, invece, esso consiste nel dolo specifico, caratterizzato dalla specifica finalità di danneggiare la cosa altrui, senza prevedere che ne deriverà un incendio con le caratteristiche prima indicate o il pericolo di siffatto evento: pertanto, nel caso di incendio commesso al fine di danneggiare, quando a detta ulteriore e specifica attività si associa la coscienza e la volontà di cagionare un fatto di entità tale da assumere le dimensioni previste dall’art. 423, è applicabile quest’ultima norma e non l’art. 424, nel quale l’incendio è contemplato come evento che esula dall’intenzione dell’agente (Cass. II, n. 49322/2016; Cass. I, n. 29294/2019). Integra il delitto tentato di incendio, e non quello di danneggiamento seguito da incendio, la condotta di chi agisce al fine di danneggiare quando a tale specifica finalità si associa la coscienza e la volontà di cagionare un fatto di entità tale da assumere le dimensioni di un fuoco di non lievi proporzioni, ove l'azione non si compia o l'evento non si verifichi, in quanto anche nel tentativo occorre accertare se l'incendio rientra, come evento, nella proiezione della volontà dell'agente (Cass., III, n. 30265/2021).Il concorso formale tra il delitto di danneggiamento, di cui all’art. 635, e quello di danneggiamento seguito da incendio, di cui all’art. 424, è giuridicamente impossibile, elidendo quest’ultimo reato il primo, qualora il danneggiamento mediante accensione del fuoco si trasformi in pericolo di incendio o in incendio vero e proprio (Cass., II, n. 11648/1989). In dottrina, in merito ai rapporti tra il reato di danneggiamento e quello di danneggiamento a seguito di incendio, v. Dodaro, Ferri. CasisticaCommette il reato di danneggiamento previsto e punito dall'art. 635 colui che, nell'appiccare il fuoco alla cosa altrui al solo scopo di danneggiarla, raggiunge l'intento senza cagionare un incendio o un pericolo d'incendio, mentre se tale pericolo sorge o se segue l'incendio, il delitto contro il patrimonio diventa più propriamente un delitto contro la pubblica incolumità, secondo le ipotesi di cui all'art. 424. Ne consegue che se l'agente, infiammando un carburante, appicca il fuoco a un locale e determini all'interno della serranda metallica, con cui era chiuso, delle fiamme, risponde di danneggiamento seguito da incendio e non già di mero danneggiamento della cosa altrui (Cass. I, n. 11960/1985). Profili processualiGli istituti Il reato di danneggiamento seguito da incendio è reato procedibile d'ufficio e di competenza del Tribunale monocratico. Per tale reato: a) l' arresto in flagranza non è consentito in relazione all'ipotesi di cui al comma 1; è facoltativo in relazione all'ipotesi di cui al comma 2; b) il fermo non è consentito in relazione alle ipotesi di cui ai commi 1 e 2; è consentito in relazione all'ipotesi di cui al comma 3 con riferimento all'art. 423-bis; c) l'applicazione della custodia in carcere delle altre misure cautelari personali non è consentita in relazione all'ipotesi di cui al comma 1; è consentita in relazione alle ipotesi di cui ai commi 2 e 3. Le misure di prevenzione V. sub art. 423. BibliografiaAngioni, Il pericolo concreto come elemento della fattispecie penale. La struttura oggettiva, Milano, 1994; Ardizzone, Incendio, in Digesto pen., VI, Torino, 1992; Battaglini, Bruno, Incolumità pubblica (Delitti contro la), in Nss. D.I., VIII, Torino, 1962; Canestrari, Reato di pericolo, in Enc. giur., XXVI, Roma, 1991; Dodaro, Ferri, Danneggiamento seguito da incendio. Differenze rispetto all'incendio ed al danneggiamento, in Riv. pen., 1999; Fiandaca e Musco, Diritto penale. Parte speciale, Bologna, 2012; Mangini, Incendio e danneggiamento seguito da incendio, in Annali 1934, 799; Parodi Giusino, I reati di pericolo tra dogmatica e politica criminale, Milano, 1990; Sammarco, Incendio, in Enc. dir., XX, Milano, 1970 ; Spiezia, Rilievi sulla nozione giuridica di incendio e di danneggiamento seguito da incendio, in Riv. pen., 1938, 549; Tovani, Trinci, I labili confini tra danneggiamento, incendio e danneggiamento seguito da incendio, in CorM, 2010, 747. |