Codice Penale art. 440 - Adulterazione o contraffazione di sostanze alimentari.Adulterazione o contraffazione di sostanze alimentari. [I]. Chiunque corrompe o adultera acque o sostanze destinate all'alimentazione, prima che siano attinte o distribuite per il consumo, rendendole pericolose alla salute pubblica, è punito con la reclusione da tre a dieci anni. [II]. La stessa pena si applica a chi contraffà, in modo pericoloso alla salute pubblica, sostanze alimentari destinate al commercio. [III]. La pena è aumentata [64] se sono adulterate o contraffatte sostanze medicinali [441, 442, 443, 446, 448, 452 2]. competenza: Trib. collegiale arresto: obbligatorio fermo: consentito custodia cautelare in carcere: consentita altre misure cautelari personali: consentite procedibilità: d'ufficio InquadramentoLa norma in commento prevede diverse fattispecie criminose, descrivendo, in primo luogo, la condotta del soggetto che, prima che siano attinte o distribuite per il consumo, corrompe o adultera acque o sostanze destinate all'alimentazione, sì da renderle pericolose per la salute pubblica. In secondo luogo, il legislatore punisce la condotta del soggetto che contraffà sostanze alimentari destinate al commercio in modo pericoloso per la salute pubblica. La pena è in ogni caso inasprita se l'adulterazione o la contraffazione riguardano sostanze medicinali. SoggettiSoggetto attivo Il delitto di adulterazione e contraffazione di sostanze alimentari è un reato comune, potendo essere commesso da chiunque. Bene giuridicoIl reato in esame tutela (quale bene giuridico) la salute pubblica in relazione a condotte di fraudolento pregiudizio alla qualità delle acque o di altre sostanze destinate all'alimentazione (Fiandaca e Musco, 541). Sulla nozione di salute pubblica v. subart. 439. La nozione di salute, bene di rilevanza costituzionale (art. 32 Cost.), è intesa da una parte della dottrina, che fa propria la definizione fornita dall'OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità), come uno stato di effettivo benessere fisico, mentale e sociale e non va inteso in senso negativo, come mera assenza di malattia o di infermità (Alpa, 914). Si tratta, dunque, di una definizione molto ampia, individuata per fatto positivo (promozione del benessere). In questa prospettiva uno squilibrio ed una disarmonia delle funzioni fisico-psichiche corrispondono sempre a "non salute" anche se non sempre si traducono in vera e propria malattia nosograficamente classificabile (Zagnoni, 47). Secondo un diverso orientamento, in relazione alla salute pubblica il codice penale considererebbe esclusivamente le cause che presentano attitudine concreta a provocare una malattia, ovvero ogni morbo o trauma suscettibile di turbare in modo rilevante l'equilibrio anatomico funzionale o psichico della persona umana (Patrono, 46; Piccinino, 36). È questa la nozione preferita in giurisprudenza (Cass., I, n. 54083/2017; Cass., I, n. 53747/2014). . MaterialitàModalità della condotta Le condotte che integrano il reato in commento consistono alternativamente nell'adulterazione nel corrompimento o nella contraffazione di acque o di destinate all'alimentazione. Per adulterazione deve intendersi il fraudolento deterioramento con qualsiasi condotta della genuinità di una sostanza attraverso l'aggiunta o la sostituzione, ovvero la sottrazione, di elementi (Cass. III, n. 1503/1966). Si tratta una condotta diretta a determinare modifiche alla composizione chimica o delle caratteristiche delle sostanze alimentari, con esclusione di processi modificativi di carattere biologico o putrefattivo (Cass. I, n. 21021/2007). Più precisamente, ‘adulterare' significa alterare la struttura originale di un alimento, mediante sostituzione di elementi propri dell'alimento con altri estranei, ovvero sottrazione di elementi propri dell'alimento, o ancora, aumento della quantità proporzionale di uno o più dei suoi componenti (Pica, 449). Non è invece sufficiente, ai fini della commissione del reato, un'incompleta eliminazione degli elementi nocivi che normalmente si trovano nella sostanza e che dovrebbero essere tolti prima dell'uso, mancando in tal caso un processo di modificazione (Battaglini, Bruno, 562; Sigismondi, 101. Secondo Bricola, 84, il conferimento di un'apparenza migliore e di maggior valore non è coessenziale alla condotta di adulterazione). L'adulterazione, non implicando di per sé la pericolosità della sostanza adulterata, deve raggiungere, ai fini della relativa rilevanza penale, un riconoscibile livello di pericolosità per la salute pubblica (Fiandaca e Musco, 541). Ai fini della configurabilità del delitto occorre dunque accertare, non solo la modificazione in senso deteriore sostanze descritte dalla norma, da parte dell'agente, ma anche il concreto pericolo per la salute pubblica che deriva da tale condotta (Cass. I, n. 53747/2014). Il corrompimento consiste nell'immissione negli alimenti o nelle bevande di sostanze che ne alterano l'essenza, guastando o viziando la composizione naturale e simulandone la genuinità così da renderle pericolose per la salute pubblica (Bricola, 86). Si è sostenuto, in dottrina, che il corrompimento costituirebbe ipotesi speciale rispetto all'adulterazione, in quanto riferita, nella previgente legislazione in materia, esclusivamente alle acque (Sigismondi, 101; Pica, 451, che identifica il corrompimento con il mero inquinamento dell'alimento). La contraffazione consiste nella falsificazione di una sostanza tramite un processo d'imitazione che le conferisce fraudolentemente i caratteri della genuinità (ad es., il caso dei c.d. surrogati): a differenza dell'adulterazione, che presuppone un alimento preesistente che viene manipolato, la contraffazione implica la creazione ex novo del prodotto alimentare da parte dell'agente (Bricola, 84; Sigismondi, 101). Anche la contraffazione assume rilevanza penale solo in caso di accertata pericolosità per la pubblica salute (Fiandaca e Musco, 541). Per la definizione delle nozioni di acque e di sostanze destinate all'alimentazione vedi subart. 439. Al riguardo, in materia di delitti di comune pericolo mediante frode, deve escludersi ogni rilievo della distinzione tra alimenti e sostanze destinate all'alimentazione. Infatti, mentre l'art. 440, sotto la rubrica ‘adulterazione o contraffazione di sostanze alimentari', fa indistintamente riferimento alle sostanze destinate all'alimentazione (primo comma) e alle sostanze alimentari (secondo comma), l'art. 444 dello stesso codice, sotto la rubrica ‘commercio di sostanze alimentari nocive', si riferisce nel suo testo alle sostanze destinate all'alimentazione senza in alcun modo menzionare le sostanze alimentari (Cass. VI, n. 11395/1993). Si è ritenuto integrare il reato di contraffazione di sostanze alimentari la somministrazione di sostanze nocive (nella specie, estrogeni, cortisonici, sostanze ad effetti steroidei e ormoni) a bovini ancora vivi, che pur non potendo considerarsi, sotto il profilo fisiologico, come sostanze destinate all'alimentazione, tali devono considerarsi sotto quello funzionale, essendo essi di norma destinati, dopo la macellazione, all'alimentazione umana (Cass. I, n. 604/2009; conf. Cass. I, n. 7260/1993). In senso contrario, si è escluso il ricorso del reato di cui all'art. 440 in un caso in cui la nocività delle carni bovine messe in commercio era dipesa, non da un intervento modificativo diretto sulle stesse, ma dal trattamento dell'animale vivo con estrogeni, che aveva reso le carni pericolose per modificazione di tipo biologico: in tale fattispecie, non ricorrendo un'ipotesi di adulterazione punibile ai sensi dell'art. 440, la condotta sarebbe punibile come reato di commercio di sostanze alimentari nocive (art. 444) (Cass. I, n. 4765/1991). Le condotte descritte devono essere realizzata prima che le sostanze siano attinte o distribuite per il consumo, atteso che il pericolo per un numero indeterminato di persone perdura finché non siano ancora individuati i soggetti destinati a ingerire in concreto le sostanze nocive; da ciò consegue che il delitto si realizza con il fatto del corrompimento o dell'adulterazione: l'uso effettivo delle acque non è necessario e tanto meno occorre che ne sia derivato un danno attuale alla salute delle persone. Pertanto, non è richiesta una qualche forma diretta o indiretta di opera per la destinazione al consumo umano, ma è sufficiente la potenziale attingibilità e utilizzabilità (Cass. III, n. 7170/1997). Nel caso di inquinamento, per infiltrazioni di rifiuti, di una falda acquifera, destinata direttamente o indirettamente all'alimentazione, la classificazione dei rifiuti prevista dal d.P.R. 10 settembre 1982 n. 915, è estranea alla configurazione del reato di cui all'art. 440, a tal fine rilevando soltanto l'idoneità dei rifiuti attribuiti all'agente, a prescindere dalla loro natura, a rendere l'acqua pericolosa per la salute pubblica (Cass. I, n. 5411/1994). In dottrina prevale l'interpretazione incline a ravvisare il carattere fraudolento dei comportamenti previsti dalla norma in esame (Azzali, 19; Bricola, 84; Sigismondi, 101; Sossi, 438); carattere rinvenibile nel rivolgersi contro la generalità, come tale indeterminata, dei potenziali consumatori della bevanda o della sostanza pericolosa (Azzali, 19; Piccinino, 28) potendo essere realizzato anche mediante attività non occulte o fraudolente (contra, nel senso della possibile realizzazione di detti comportamenti anche mediante attività non occulte o fraudolente, Cass. I, n. 22618/2014, Cass. I, n. 3711/1990). Forma della condotta Il reato in esame è un reato a forma libera, nel senso che vale a integrarlo ogni condotta comunque idonea ad adulterare, corrompere o contraffare le acque o le sostanze destinate all'alimentazione o al commercio in modo pericoloso per la salute pubblica, potendo essere realizzato anche mediante attività non occulte o fraudolente (Cass., I, n. 22618/2014; Cass., I, n. 3711/1990). Per l'esistenza del reato è necessario che le acque e le sostanze alimentari adulterate o corrotte siano pericolose per la salute pubblica. È stato sostenuto che la fattispecie prescinde da ogni tipizzazione concreta delle situazioni in cui il pericolo può manifestarsi. Al momento della preparazione delle sostanze pericolose, infatti, le modalità di consumo delle stesse, così come i possibili consumatori, rimangono del tutto indeterminati ed incerti, sicché si può solo formulare un giudizio, in base all'esperienza, sulla pericolosità per la salute pubblica derivante dall'uso di certe sostanze. Si tratta, quindi, di pericolo concreto in quanto occorre l'accertamento giudiziale, ma, versandosi in una situazione di pericolosità generale, altrettanto generali dovranno essere i criteri di accertamento impiegati (Fiandaca, 181). Secondo un'autorevole opinione il pericolo rappresenta nella fattispecie un elemento qualificante le cose oggetto della condotta (Gallo M., 2). Si è opposto, d'altra parte, che la pericolosità delle cose significa la pericolosità dell'evento che la norma tende a prevenire, cioè il pericolo per la salute pubblica che consegue all'azione ed è arrecato per mezzo delle sostanze adulterate (Gallo, 30; secondo Battaglini, Bruno, 562, l'insorgere del pericolo è condizione di punibilità). Natura della condotta Le condotte dirette a integrare la fattispecie criminosa de qua possono essere tanto attive, quanto omissive: in tal ultimo caso, ai sensi dell'art. 40, comma 2, il reo risponde del delitto là dove, avendone l'obbligo giuridico, abbia consapevolmente e volontariamente omesso di impedire l'adulterazione, la corruzione o la contraffazione descritte dalla norma. Evento Il reato in esame è un reato di evento di pericolo, consistente nella verificazione dell'adulterazione, della corruzione o della contraffazione in forme e con caratteri di diffusività tali da porre in pericolo la salute di un numero indeterminato di persone. In breve, una volta verificatasi l'adulterazione o la contraffazione di una sostanza destinata all'alimentazione in modo che ne derivi un pericolo per la salute pubblica, per la sua sussistenza non è necessario che in concreto si verifichi un evento dannoso (Cass., I, n. 2953/1997; Cass. I, n. 4026/1991). La dottrina ha affrontato anche il tema della possibile configurabilità del delitto in esame in ipotesi di manipolazione di organismi geneticamente modificati: v. Barbalinardo, 542; Fresa, 414, il quale rileva che la fattispecie di cui all'art. 440 richiede la prova scientificamente dimostrata della pericolosità per la salute pubblica e, pertanto, in assenza di certezza scientifica, la violazione dei limiti di legge in materia di OGM, pur potendo costituire una forma di adulterazione, non può integrare l'elemento oggettivo del reato. Elemento soggettivoIl dolo Il delitto in esame richiede il dolo generico, ossia la coscienza e volontà di corrompere, adulterare o contraffare le sostanze descritte dalla norma, con la consapevolezza della loro specifica destinazione e della conseguente esposizione al pericolo della salute pubblica (Fiandaca e Musco, 542). La giurisprudenza conferma che l'elemento soggettivo è integrato dal dolo generico, quale coscienza e volontà della condotta e dell'evento ad essa ricollegabile (Cass. I, n. 339/2018), anche se l'evento della messa in pericolo della salute pubblica non sia specificamente voluto (Cass. I, n. 41983/2005), ed indipendentemente dal perseguimento dello specifico obiettivo di realizzare un attentato alla salute pubblica (Cass. I, n. 339/2018, Cass. I, n. 3711/1990). La colpa Per l'esame del reato in forma colposa v. art. 452. Consumazione e tentativoConsumazione Il reato di adulterazione e contraffazione di sostanze alimentari è di mero pericolo e a forma libera e, pertanto, si perfeziona con la semplice condotta di adulterazione o contraffazione - anche non occulta o fraudolenta - di una sostanza destinata all'alimentazione, da cui derivi un pericolo per la salute pubblica, senza necessità dell'avvenuto consumo della sostanza stessa, essendone sufficiente la potenziale utilizzabilità (Cass. I, n. 339/2018: in applicazione del principio, la S.C. ha ritenuto corretta l'affermazione di penale responsabilità dell'imputato per la somministrazione a fagiani di sostanze medicinali nocive per la salute pubblica, riscontrate presenti nell'acqua di abbeverata, anche se non più rinvenute nei muscoli degli animali), e, quindi, senza necessità del verificarsi di un concreto nocumento (Cass. I, n. 892/1981). Tentativo Si è ritenuto configurabile il tentativo in caso di compimento di atti idonei diretti in modo non equivoco a produrre l'adulterazione, il corrompimento, la contraffazione, senza che il pericolo per la salute pubblica si sia verificato (Battaglini, Bruno, 562; Janniti Piromallo, 606; contra Azzali, 50). Forme di manifestazione
Circostanze Costituisce una circostanza aggravante (Battaglini, 562; Nappi, 658; contra, nel senso che la norma preveda una figura autonoma di reato, atteso che il reato circostanziato deve presentare tutti gli elementi del reato semplice, più la circostanza: Zangani, Bagella, 130; Riondato, 1104) l'ipotesi dell'adulterazione o della contraffazione di sostanze medicinali (Cass. III, n. 1503/1966), ossia di tutte quelle sostanze dotate di virtù terapeutiche, profilattiche o anestetiche in base alle relative proprietà chimiche, chimico-fisiche e fisiche, siano o meno iscritte nella farmacopea ufficiale (Fiandaca e Musco, 542). Più in particolare, per medicinali devono intendersi esclusivamente quelle sostanze che, introdotte nell'organismo per opportune vie, in speciali forme e in corretta dose, esercitano azione diagnostica, profilattica, terapeutica o anestetica (Battaglini, Bruno, 563; Dolce, 153). La nozione di “medicinale” è peraltro ora fornita dall'art. 1, d.lgs. n. 219/2006 (codice dei medicinali, modificata da ultimo con l. n. 88/2009). Si è precisato come la Farmacopea Ufficiale non rilevi ai fini dell'accertamento, ai sensi della legge penale, della qualità medicinale di una sostanza, nemmeno al limitato fine della qualifica di un preparato quale galenico (Battaglini, Bruno, 565; Dolce, 53; Janniti Piromallo, 606). Sono sostanze medicinali anche i preparati biologici, che sono composti complessi, ottenuti mediante particolari trattamenti da organi, tessuti, animali od umani, od elaborati partendo da microrganismi patogeni od anche saprofiti (Maccolini, 493; Mazza, 452; Piccinino, 452)), ed i preparati omeopatici (Cass. I, n. 35627/2019). Possono costituire oggetto materiale del reato in esame anche i cosmetici (estetici, igienici o terapeutici), dovendo questi essere considerati in molti casi sotto il profilo della loro destinazione e del loro impiego come farmaci (Astolfi, 8; Gramatica, 586; Piccinino, 312). Secondo la giurisprudenza, anche il sangue umano destinato ad uso trasfusionale può rientrare nel concetto di “medicinale” (Cass., V, n. 15463/2021). V. amplius sub art. 443. I medicinali veterinari, ai fini delle norme poste a presidio della salute pubblica, vengono in rilievo soltanto quando siano destinati a identificare, prevenire o curare patologie trasmissibili all'uomo o, comunque, a produrre effetti suscettibili di influenzare direttamente la salute umana, come nel caso di medicinali destinati al bestiame ‘da azienda' o i vaccini contro malattie trasmissibili dall'animale all'uomo (Cass. I, n. 5415/1999). La semplice sottrazione di elementi necessari al medicinale per la sua idoneità allo scopo terapeutico non costituisce il predetto reato bensì eventualmente quello di cui all'art 443. Al riguardo, si è esclusa la contraffazione, ai sensi di cui all'art. 440, di un medicinale composto, sol perché i componenti del medicinale stesso, genuini nella loro essenza, siano stati dosati in misura tale da rendere il medicinale medesimo più o meno inefficiente allo scopo, e si sia dichiarato invece, sull'involucro esteriore, un dosaggio diverso, tale da rendere quel medicinale adeguato, secondo i dettami della scienza, alla sua funzione (Cass. III, n. 1503/1966). L'adulterazione di un medicinale consiste, dunque, secondo la dottrina, nel sottrarre elementi terapeutici indispensabili o nell'aggiungervi elementi nocivi. La contraffazione consiste nell'immettere elementi ingannevoli imitati (Colacci, 489). Si ritiene che l'adulterazione debba avvenire prima che i medicinali siano destinati al consumo, mentre la contraffazione debba riguardare medicinali destinati al commercio (Battaglini, Bruno, 563). La distinzione tra alimenti e medicinali non è sempre agevole. Alcuni alimenti, infatti, hanno proprietà farmacodinamiche e farmaco-terapeutiche (così, ad es., la caffeina, la teina, le vitamine, l'alcool, il latte), mentre, d'altra parte, vi sono dei medicinali che vengono impiegati nella preparazione degli alimenti (bicarbonato di sodio e tartaro acido di potassio per la lievitazione delle farine; corteccia di china in "amari" e "tonici"); esistono prodotti, inoltre, a carattere bivalente (camomilla). Per l'individuazione dell'appartenenza di una sostanza all'una o all'altra categoria, sono stati proposti i seguenti criteri: apprezzabilità dell'eventuale contenuto medicamentoso degli alimenti (di norma irrilevante); inesistenza di una efficacia curativa diretta (dietoterapia, ove l'effetto terapeutico deriva dal mancato apporto di determinate sostanze all'organismo); saltuarietà, atipicità ed empiricità dell'impiego di determinati alimenti in funzione profilattica o curativa (latte); improprietà del valore alimentare di determinati farmaci (bicarbonato). Criteri residuali sono la valutazione di abitudini, modo, tempi e finalità comuni dell'uso della sostanza nel concreto contesto storico e sociale, nonché l'appetibilità ed il senso di ristoro (tipici dei cibi) (Riondato, 1106). In certi casi, peraltro, il giudizio non è affatto agevole, in particolare qualora la sostanza alimentare sia stata trattata od elaborata allo scopo precipuo di accentuarne non solo le capacità nutritive ma pure le eventuali proprietà farmacologiche, ovvero sia stata integrata con altri mezzi dotati di tale proprietà (Zangani, Bagella, 133). Rapporti con altri reati e concorso di reatiLa condotta di avvelenamento di acque o sostanze destinate all'alimentazione di cui all'art. 439, a differenza di quella di corrompimento di cui all'art. 440, ha connaturato in sé un intrinseco coefficiente di offensività, caratterizzandosi per l'immissione di sostanze estranee di natura e in quantità tale che, seppur senza avere necessariamente una potenzialità letale, producono ordinariamente, in caso di assunzione, effetti tossici secondo un meccanismo di regolarità causale che desta un notevole allarme sanitario da valutarsi anche in relazione alla tipologia delle possibili malattie conseguenti (Cass. IV, n. 9133/2018: in applicazione del principio, la S.C. ha ritenuto configurabile il reato di cui all'art. 440 a carico del dirigente e del responsabile di settore di una società gestrice di un acquedotto, in ragione della concentrazione non elevata degli agenti patogeni veicolati nell'acqua e del loro ruolo eziologico nella diffusione di una malattia infettiva - la gastroenterite - che, nelle sue concrete modalità di manifestazione non era risultata particolarmente invasiva per la salute, tenuto conto anche dei contenuti tempi di guarigione delle persone offese). Tra l'ipotesi delittuosa di cui all'art. 440 e quella di cui all'art. 444 (commercio di sostanze alimentari nocive) la differenza sostanziale non risiede nella natura delle sostanze prese in considerazione, bensì nell'attività posta in essere dal soggetto agente, considerato che l'elemento materiale della prima ipotesi è costituito dall'opera di corruzione o adulterazione delle sostanze alimentari destinate all'alimentazione o al commercio, mentre l'elemento oggettivo della seconda consiste nella detenzione per il commercio o nella distribuzione per il consumo di sostanze che non siano state contraffatte o adulterate ma che siano, comunque, pericolose per il consumatore (Cass., I, n. 5536/2000), di guisa che il carattere nocivo della sostanza non dipende in quest'ultima ipotesi da una immutatio tra quelle descritte nella prima ipotesi (alterazione, corruzione, adulterazione), ma da altre cause, quali ad esempio il cattivo stato di conservazione la provenienza delle carni da animali malati. Ne consegue che, pur costituendo entrambe le fattispecie criminose delitti di pericolo concreto che richiedono l'accertamento in concreto dello stato di pericolo — ancorché la sostanza pericolosa non abbia causato danno — di tratta di ipotesi non compatibili, nel senso che esse possono ricorrere solo in via alternativa (Cass. V, n. 17979/2013). In altro senso, si è ritenuta la possibilità del concorso tra i reati di contraffazione di sostanze alimentari (art. 440), quello di commercio di sostanze alimentari nocive (art. 444) e quello di falso per soppressione di certificati commesso da privato (artt. 477, 482 e 490), nella condotta di chi, disponendo di animali bovini regolarmente muniti di marchio identificativo auricolare e del corrispondente ‘passaporto' cartaceo, attestanti l'avvenuta sottoposizione ai prescritti controlli sanitari, asporti il suddetto marchio per applicarlo, abbinandolo al relativo ‘passaporto', ad altri animali destinati alla macellazione ed al successivo impiego alimentare, non sottoposti ai summenzionati controlli (Cass. I, n. 20999/2004). Il delitto in esame esclude la contemporanea applicabilità delle fattispecie contravvenzionali meno gravi previste dalla legislazione speciale a tutela degli alimenti (Fiandaca e Musco, 543). In giurisprudenza, si è peraltro ritenuto che il delitto di adulterazione e contraffazione di sostanze alimentari, che s'identifichino in carni di animali destinate all'alimentazione, non può ritenersi assorbito da leggi che sanzionino a titolo di contravvenzione la somministrazione ad animali di determinate sostanze, ogni qualvolta ricorrano gli elementi costitutivi del delitto, e cioè modificazione in senso deteriore delle carni, destinazione delle stesse al consumo, pericolo per la salute pubblica (Cass. I, n. 21021/2007). Al riguardo, si è evidenziato come la nozione di pericolo per la salute pubblica va oltre la semplice finalità di prevenzione propria delle contravvenzioni, e implica l'accertamento di un nesso tra consumo e danno alla salute fondato quanto meno su rilievi statistici che valgano a costituire un rapporto tra i due fatti in termini di probabilità (Cass. I, n. 6204/1997). Sotto altro profilo, si è ritenuto che il reato previsto dall'art. 440 e quello di cui all'art. 76 d.P.R. n. 162/1965 non tutelino lo stesso bene giuridico, in quanto, mentre il primo tutela la salute pubblica, il secondo tende solo alla repressione delle frodi nella preparazione e nel commercio dei vini, con la conseguente possibilità del concorso tra le due fattispecie (Cass. I, n. 4436/1994; Cass. VI, n. 4197/1978). Per i rapporti con il reato di commercio di sostanze alimentari nocive, cfr. sub art. 444. CasisticaLa realizzazione, in funzione della successiva messa in commercio, di un farmaco privato del suo principio attivo, sostituito con altro di minore o di nessuna efficacia, che non lo renda pericoloso per la salute pubblica integra, non già il reato di cui all'art. 440, bensì il reato di cui all'art. 443, in quanto in tal modo il farmaco medesimo non viene né adulterato né contraffatto ma reso solo imperfetto (Cass., I, n. 50566/2013). La condotta del gestore di un bar che somministri, per mero errore, al posto di un bicchiere d'acqua, uno contenente liquido per lavastoviglie, custodito in una bottiglia recante l'etichetta di una nota acqua minerale, non integra alcuna ipotesi di reato di comune pericolo mediante frode (artt. 439, 440, 441, 442, 444) in quanto manca la condotta tipica consistente nell'attività di avvelenamento, contraffazione o messa in commercio di sostanze alimentari, trattandosi invece di somministrazione per mero errore di fatto di una sostanza nociva per la salute ma non destinata all'alimentazione (Cass., I, n. 20391/2005). L'adulterazione (ovvero l'alterazione) dell'acqua di un pozzo di proprietà privata, usato di fatto da un numero indeterminato di persone, dà luogo alla violazione dell'art. 440 (Cass., IV, n. 3716/1985; conf. Cass., I, n. 4288/1982). Integra il reato di cui all'art. 440 la condotta del titolare di macelleria che, per renderla accettabile esteticamente, aggiunga alla carne fresca, utilizzata per preparare polpette, una sostanza vietata (nella specie, solfiti), ponendo così in commercio un prodotto alimentare pericoloso per la salute pubblica a causa del rischio di shock anafilattico cui è esposto un soggetto allergico che consuma detto alimento (Cass., I, n. 22618/2014). Profili processualiGli istituti Il reato di adulterazione e contraffazione di sostanze alimentari è reato procedibile d'ufficio e di competenza della Tribunale collegiale. Per tale reato: a) l' arresto in flagranza è obbligatorio; b) il fermo è consentito; c) l'applicazione della custodia in carcere e delle altre misure cautelari personali è consentita. Correlazione tra accusa e sentenza Secondo la giurisprudenza, non sussiste violazione del principio di correlazione tra accusa e sentenza ove la vendita di uova con data di scadenza alterata, originariamente contestata come adulterazione o contraffazione di sostanze alimentari, a norma dell'art. 440, sia qualificata dal giudice come detenzione di alimenti in cattivo stato di conservazione, ai sensi dell'artt. 5 comma 1, lett. b) e 6 l. 30 aprile 1962, n. 283, essendo il fatto accertato non eterogeneo e compatibile con quello contestato, trattandosi pur sempre della detenzione di alimenti da considerare pericolosi (Cass. III, n. 1566/2020). BibliografiaAlpa, Salute (Diritto alla salute), in Nss. D.I., VI, Torino, 1986, 913; Angioni, Il pericolo concreto come elemento della fattispecie penale, Milano, 1994; Astolfi, Cosmetici e specialità medicinali, in Rass. dir. farm., 1971, 8; Azzali, Osservazioni in tema di frodi alimentari, in Riv. dir. pen. proc., 1970, 13; Barbalinardo, sub art. 440, in Comm. Lattanzi, Lupo, IX, 542; Battaglini, Bruno, Incolumità pubblica (delitti contro la), in Nss. 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