Codice Penale art. 452 bis - Inquinamento ambientale 1 (1).Inquinamento ambientale1 (1). [I]. È punito con la reclusione da due a sei anni e con la multa da euro 10.000 a euro 100.000 chiunque abusivamente cagiona una compromissione o un deterioramento significativi e misurabili: 1) delle acque o dell'aria, o di porzioni estese o significative del suolo o del sottosuolo; 2) di un ecosistema, della biodiversità, anche agraria, della flora o della fauna. [II]. Quando l'inquinamento è prodotto in un'area naturale protetta o sottoposta a vincolo paesaggistico, ambientale, storico, artistico, architettonico o archeologico, ovvero in danno di specie animali o vegetali protette, la pena è aumentata da un terzo alla metà. Nel caso in cui l'inquinamento causi deterioramento, compromissione o distruzione di un habitat all'interno di un'area naturale protetta o sottoposta a vincolo paesaggistico, ambientale, storico, artistico, architettonico o archeologico, la pena è aumentata da un terzo a due terzi2.
competenza: Trib. monocratico arresto: facoltativo fermo: non consentito (1° comma), consentito (2° comma) custodia cautelare in carcere: consentita altre misure cautelari personali: consentite procedibilità: d'ufficio [1] Articolo introdotto dall'art. 1, l. 22 maggio 2015, n. 68. [2] Comma così sostituito dall'art. 6-ter, comma 3, lett. b) d.l. 10 agosto 2023, n. 105, conv., con modif. in l. 9 ottobre 2023, n. 137, in sede di conversione. Il testo del comma era il seguente: «Quando l'inquinamento è prodotto in un'area naturale protetta o sottoposta a vincolo paesaggistico, ambientale, storico, artistico, architettonico o archeologico, ovvero in danno di specie animali o vegetali protette, la pena è aumentata». InquadramentoIl delitto di inquinamento ambientale consiste nel fatto di chi abusivamente cagiona una compromissione o un deterioramento significativi e misurabili delle acque o dell'aria, o di porzioni estese o significative del suolo o del sotto-suolo, oppure di un ecosistema, della biodiversità, anche agraria, della flora o della fauna. Con la norma in esame il legislatore, innovando rispetto alla tradizione in materia di reati ambientali, passa dal modello del reato contravvenzionale di mera condotta, incentrato sull'esercizio dell'attività inquinante senza autorizzazione o in superamento dei valori-soglia fissati dalla legge, allo schema del delitto di evento di danno, in cui viene punita la causazione di un pregiudizio per l'ambiente, rappresentato dalla compromissione o dal deterioramento rilevante della qualità del suolo, del sottosuolo, delle acque o dell'aria, ovvero dell'ecosistema, della biodiversità, della flora o della fauna selvatica. Va detto che molti commentatori hanno manifestato dubbi sulla formulazione della fattispecie ritenendola poco determinata. La Suprema Corte, però, ha ritenuto manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale della norma per contrasto con gli artt. 25 Cost. e 7 CEDU sotto il profilo della sufficiente determinatezza della fattispecie, ritenendo che le espressioni utilizzate per descrivere il fatto vietato siao sufficientemente univoche, sia per quanto riguarda gli eventi che rimandano ad un fatto di danneggiamento e per i quali la specificazione che devono essere "significativi" e "misurabili" esclude che vi rientrino quelli che non incidono apprezzabilmente sul bene protetto, sia per quanto attiene all'oggetto della condotta precisamente descritto ai numeri 1) e 2) della norma incriminatrice (Cass. III, n. 9736/2020). SoggettiSoggetto attivo L'inquinamento ambientale è un reato comune, che può essere commesso da «chiunque». Materialità
Condotta L'elemento materiale che caratterizza l'inquinamento ambientale consiste nel cagionare un pregiudizio per l'ambiente, rappresentato dalla compromissione o dal deterioramento rilevante della qualità del suolo, del sottosuolo, delle acque o dell'aria, ovvero dell'ecosistema, della biodiversità, della flora o della fauna selvatica. L'inquinamento ambientale è un reato: a) a forma libera: la rilevanza della condotta è determinata esclusivamente dalla verificazione di una compromissione o un deterioramento significativi e misurabili delle acque o dell'aria, o di porzioni estese o significative del suolo o del sottosuolo, oppure di un ecosistema, della biodiversità, anche agraria, della flora o della fauna. L'inquinamento può consistere in qualsiasi comportamento (come, ad esempio, l'immissione di sostanze chimiche, Ogm, materiali radioattivi, ecc.) che provochi una immutazione in senso peggiorativo dell'equilibrio ambientale. b) che può essere integrato da condotte attive, od anche meramente omissive, cioè dal mancato impedimento dell'evento da parte di chi, secondo la normativa ambientale, è tenuto al rispetto di specifici obblighi di prevenzione rispetto a quel determinato fatto inquinante dannoso o pericoloso. c) di evento, in quanto la condotta deve aver provocato pregiudizio per l'ambiente così come descritto dal legislatore. Assume, pertanto, rilievo la sussistenza e il consequenziale accertamento giudiziale di un nesso di derivazione causale, sia pure in termini di concausa, fra l'azione (o l'omissione) del soggetto agente e l'evento di inquinamento, valutando anche l'eventuale preesistente (rispetto alla condotta) compromissione delle matrici ambientali. Evento L'inquinamento ambientale è caratterizzato da un evento necessario di danno consistente in una compromissione o un deterioramento significativi e misurabili delle acque o dell'aria, o di porzioni estese o significative del suolo o del sotto-suolo, oppure di un ecosistema, della biodiversità, anche agraria, della flora o della fauna. I due termini, compromissione e deterioramento, i cui confini appaiono piuttosto sfumati, sembrano alludere a situazioni differenti sul piano degli effetti della condotta inquinante. Infatti, come suggeriscono i lavori parlamentari, il deterioramento può essere considerato come un'alterazione dell'ambiente reversibile attraverso processi rigenerativi naturali, mentre la compromissione consiste in un'alterazione reversibile solo attraverso un'attività umana di bonifica o di ripristino. Entrambe le espressioni segnalano un danneggiamento del bene che hanno ad oggetto (Masera, 4, il quale osserva che la figura generale di danneggiamento di cui all'art. 635 prevede, tra le altre condotte tipiche, anche quella di deterioramento). La prima giurisprudenza formatasi sul punto esclude che, nell'individuazione del significato concreto da attribuire ai termini “compromissione” e “deterioramento”, debba farsi riferimento esclusivo alle definizioni contenute nell'art. 5, comma 1, lett. 1-ter, d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, né al “deterioramento significativo e misurabile” contenuto nella definizione di danno ambientale di cui all'art. 300 d.lgs. n.152/2006, in quanto la l. n. 68/2015 ha, sotto questo profilo, una propria autonomia e, quando lo ha ritenuto necessario, ha espressamente richiamato il d.lgs. 152/2006 o altre disposizioni (Cass. III, n. 46170/2016). Secondo la Corte di Cassazione, l’uso della congiunzione disgiuntiva – “o” – svolge una funzione di collegamento tra i due termini – autonomamente considerati dal legislatore, in alternativa fra loro – che indicano fenomeni sostanzialmente equivalenti negli effetti, in quanto si risolvono in una alterazione, ossia una modifica dell’originaria consistenza della matrice ambientale o dell’ecosistema caratterizzata, nel caso della “compromissione”, in un condizione di rischio o pericolo che la Corte definisce di “squilibrio funzionale”, perché incidente sui normali processi naturali correlati alla specificità della matrice ambientale o dell’ecosistema ed, in quello del deterioramento, come “squilibrio strutturale”, caratterizzato da un decadimento di stato o di qualità di quest’ultimi. Da tali premesse, i giudici di legittimità traggono la conclusione che la reversibilità del fenomeno inquinante non possa assumere rilievo nell’integrazione dell’illecito in commento, ma al più costituire uno degli elementi differenziali rispetto al delitto, più severamente punito, di disastro ambientale di cui all’art. 452-quater (Cass. III, n. 15865/2017; Cass. III, n. 46170/2016). La compromissione o il deterioramento devono essere significativi e misurabili. Si tratta di previsioni che richiamano sia la definizione di danno ambientale di cui all'art. 300 d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152 (“qualsiasi deterioramento significativo e misurabile, diretto o indiretto, di una risorsa naturale o dell'utilità assicurata da quest'ultima”) che la nozione comunitaria di «danno ambientale» contenuta nella Direttiva 2004/35/CE («mutamento negativo misurabile di una risorsa naturale o un deterioramento misurabile di un servizio di una risorsa naturale, che può prodursi direttamente o indirettamente»). La “significatività” sta ad indicare che l'evento di inquinamento deve essere di dimensioni rilevanti, mentre la “misurabilità” rimanda alla necessità — ridondante sul piano probatorio (contra Siracusa, 12, la quale ritiene che il richiamo alla misurabilità dell'alterazione consenta di circoscrivere l'offesa alle lesioni che siano concretamente accertabili, alla stregua del livello di contaminazione del corpo recettore di riferimento) — di una oggettiva possibilità di quantificazione, tanto con riferimento alle matrici aggredite che ai parametri scientifici (biologici, chimici, organici, naturalistici, ecc.) dell'alterazione. Se, da un lato, appare evidente la volontà del legislatore di punire solo quei comportamenti che abbiano superato una certa soglia di gravità (estromettendo i fatti di minore rilievo: Cass. III, n. 46170/2016), dall'altro, occorre rilevare come entrambi gli indici utilizzati per la definizione di tale soglia siano privi di autentica capacità selettiva. Quanto alla significatività, la dottrina (Telesca, 21) ha criticato la genericità dell'aggettivo in esame, trattandosi di un parametro indeterminato che si presta a qualsiasi lettura, essendo opinabile sia la natura qualitativa o quantitativa, sia l'eventuale carattere numerico. La giurisprudenza, dal canto suo, ha ritenuto che l’assenza di espliciti riferimenti a limiti imposti da specifiche disposizioni o a particolari metodiche di analisi consenta di escludere l’esistenza di un vincolo assoluto per l’interprete correlato a parametri imposti dalla disciplina di settore, il cui superamento non implica necessariamente una situazione di danno o di pericolo per l’ambiente, potendosi peraltro presentare casi in cui, pur in assenza di limiti imposti normativamente, tale situazione sia di macroscopica evidenza o, comunque, concretamente accertabile (Cass. III, n. 46170/2016). Tuttavia, si riconosce che i predetti parametri costituiscono comunque un utile riferimento nel caso in cui possono fornire un elemento concreto di giudizio, senza alcun automatismo però fra superamento dei limiti normativi ed integrazione del reato di inquinamento ambientale. Volendo quindi individuare dei parametri di riferimento per stabilire se la compromissione o il deterioramento siano significativi agli effetti della norma in commento, è possibile ricondurre alla fattispecie le condotte che superano le concentrazioni soglie di rischio (Csr) — superamento punito dalla diversa fattispecie di pericolo prevista dall'art. 257 d.lgs. n. 152/2006, ove non seguito dalla bonifica del sito — senza arrivare a cagionare una alterazione “irreversibile o particolarmente onerosa” dell'ecosistema, che integrerebbe gli estremi del più grave delitto di disastro ambientale (si veda anche Siracusa, 13, la quale osserva come tali valori rappresentino in effetti uno dei più importanti parametri di valutazione a disposizione del giudice per la stima del livello di contaminazione presente e futuro di un ecosistema, in quanto fissano una soglia di tolleranza che dovrebbe variare al variare del contesto empirico di riferimento, ossia in base alle diverse peculiarità di quel contesto). In sostanza, l'inquinamento sarebbe ravvisabile in tutte le condotte di danneggiamento delle matrici ambientali che, all'esito della stima fattane, producono una alterazione significativa del sistema, senza assumere le connotazioni dell'evento tendenzialmente irrimediabile. Per quanto riguarda la misurabilità, appare evidente la sua connotazione empirico-quantitativo. Tuttavia, l'aggettivo si presta a una duplice lettura: da un lato, può essere inteso in astratto, come formulabilità di una valutazione quantitativa del danno, con il rischio tuttavia di una sostanziale interpretatio abrogans della norma; dall'altro, intendendolo in concreto, esso va inteso come necessità della concreta possibilità di esperire, ai sensi dei dati probatori acquisibili, una valutazione quantitativa del danno. Va tuttavia escluso che il requisito della misurabilità sia da intendere quale sinonimo di effettiva misurazione degli esiti che dovrebbero superare una certa soglia legale, essendo incompatibile il dato letterale con una ricostruzione del requisito in esame che richiedesse alla pubblica accusa di provare il superamento di precisi parametri tabellari. Il legislatore, a differenza di quanto previsto dai reati contravvenzionali di pericolo astratto presenti nel d.lgs. n. 152/2006, ha tipizzato pertanto la nuova fattispecie facendo riferimento non già a dati quantitativi, bensì alla sola possibilità di una misurazione degli effetti dannosi. In definitiva, i predetti aggettivi sembrano lasciare un ampio spazio di discrezionalità al giudice nell'individuazione dei criteri su cui valutare nel caso concreto la gravità del danno ambientale; va da sé che il requisito della significatività finisce per risolversi nella prescrizione di una generica non esiguità del danno, mentre quello della misurabilità fa riferimento alla consistenza di un danno materiale, esprimibile in termini quantitativi. Occorre osservare come le aggettivazioni («significative», «estese», ecc.) usate dal legislatore lascino ampi margini di discrezionalità all'interprete, nonostante il tentativo di circoscriverli con l'ulteriore condizione che si tratti di mutamenti «misurabili» (per un tentativo di individuazione di criteri alla cui stregua valutare nel caso concreto la gravità del danno ambientale, si veda Ruga Riva, 11). Illiceità speciale (“abusivamente”) La compromissione o il deterioramento devono essere cagionati in modo abusivo. Trattasi di una nota di illiceità speciale che richiama l'idea di una condotta posta in essere in violazione di disposizioni legislative, regolamentari o amministrative, specificamente poste a tutela dell'ambiente e la cui inosservanza costituisce di per sé illecito amministrativo o penale. Come osservato in dottrina (Siracusa, 9), essa, tuttavia, consente di punire anche quei fatti in cui il danno all'ambiente sia il risultato della violazione di norme poste a tutela di beni, magari anche collegati all'ambiente, ma considerati dalla giurisprudenza ontologicamente diversi (come la sicurezza sul lavoro, il paesaggio, il territorio). Anche la giurisprudenza si è orientata in tale direzione. La Suprema Corte ha infatti ritenuto che, in relazione al delitto in esame, si debba adottare un concetto ampio di condotta “abusiva”, comprensivo non soltanto di quella svolta in assenza delle prescritte autorizzazioni o sulla base di autorizzazioni scadute o palesemente illegittime o comunque non commisurate alla tipologia di attività richiesta, ma anche quella posta in essere in violazione di leggi statali o regionali - ancorchè non strettamente pertinenti al settore ambientale - ovvero di prescrizioni amministrative (Cass. III, n. 28732/2018; Cass. III, n. 15865/2017; (Cass. III, n. 46170/2016). Rimane il dubbio se tale formula comprenda anche la violazioni di principi (come, ad esempio, quelli di precauzione e prevenzione: v. art. 3-ter d.lgs. n. 152/2006) non tradotti in specifici precetti muniti di autonome sanzioni amministrative o penali, così come di prescrizioni contenute in autorizzazioni amministrative non strettamente funzionali alla tutela dell'ambiente (ma, ad esempio, del territorio, del paesaggio, della salute o del decoro urbano). Devono ritenersi abusive non soltanto le condotte non sorrette da alcun titolo abilitativo, ma anche quelle sorrette da titoli scaduti o manifestamente illegittimi o comunque non commisurate alla tipologia di attività richiesta, ovvero ancora quelle poste in essere in violazione delle prescrizioni e/o dei limiti delle autorizzazione stesse, così che l'attività non sia più giuridicamente riconducibile al titolo abilitativo rilasciato dalla competente autorità amministrativa. Infine, abusive dovrebbero ritenersi anche le situazioni nelle quali l'attività, pur apparentemente ed esteriormente corrispondente al contenuto formale del titolo, presenti una sostanziale incongruità con il titolo medesimo, il che può avvenire non solo quando si rinvenga uno sviamento dalla funzione tipica del diritto/facoltà conferiti dal titolo autorizzatorio, ma anche quando l'attività costituisca una non corretta estrinsecazione delle facoltà inerenti all'autorizzazione in questione, in tal caso superandosi i confini dell'esercizio lecito. Oggetto materiale La condotta inquinante ha ad oggetto le acque, l'aria, porzioni estese o significative del suolo o del sottosuolo, gli ecosistemi, la biodiversità, anche agraria, la flora o la fauna, verso le quali si dirige l'azione criminosa dell'agente. L'utilizzo delle disgiuntive lascia intendere che l'inquinamento ambientale risulta integrato, ricorrendone tutti gli ulteriori presupposti, in presenza delle compromissione o del deterioramento di uno soltanto (acqua, aria, suolo, ecc.) dei beni ambientali aggrediti. Per ecosistema, stante il silenzio del legislatore sul punto, è stato suggerito di intendere l'insieme degli organismi viventi (comunità), dell'ambiente fisico circostante (habitat) e delle relazioni biotiche e chimico-fisiche all'interno di uno spazio definito della biosfera (Molino, 6). Va tuttavia rilevato come non sia facile capire sotto quali concreti aspetti tale definizione si differenzi dall'insieme delle matrici ambientali (aria, acqua, suolo) evocate nella prima parte della norma (Masera, 6). La dizione normativa («un» ecosistema) consente di ritenere integrato il delitto anche in presenza di aggressione ad un singolo ecosistema (si pensi a particolari micro-contesti ambientali, come ad esempio aree ben delimitate e caratterizzate da specifiche biodiversità). Ciò contribuisce a rendere meno macroscopico l'accadimento da accertare, che dovrà essere rapportato non già all'intero ecosistema, la cui dimensione è per definizione universale, ma ad un singolo micro-ecosistema, afferente allo spazio di intervento della condotta punita (Siracusa, 13). Elemento psicologicoIl dolo Il dolo è generico e consiste nella consapevolezza e volontà di porre in essere una compromissione o un deterioramento significativi e misurabili delle acque o dell'aria, o di porzioni estese o significative del suolo o del sotto-suolo, oppure di un ecosistema, della biodiversità, anche agraria, della flora o della fauna. La giurisprudenza ritiene che il reato in esame sia punibile anche a titolo di dolo eventuale, consistente nella volontà di "abusare" del titolo amministrativo di cui si ha la disponibilità, con la consapevolezza di poter determinare un inquinamento ambientale (Cass. III, n. 26007/2019). In dottrina si è osservato che la forma eventuale appare quella più verosimile, essendo difficile immaginare un soggetto che agisca con il precipuo scopo di danneggiare l'ambiente, mentre sarà assai più frequente l'ipotesi in cui, nel contesto ad esempio di un'attività industriale, l'inquinamento sia una conseguenza prevista e messa in conto, anche se non intenzionalmente perseguita, da parte dell'agente (Masera, 7). La colpa L'inquinamento ambientale è punibile anche a titolo di colpa, poiché l'art. 452-quinquies, dedicato ai delitti colposi contro l'ambiente, richiama anche la norma in esame: v. sub art. 452-quinquies c.p. Consumazione e tentativoConsumazione Il delitto di inquinamento ambientale si consuma nel momento (di non facile identificazione) e nel luogo in cui la compromissione o il deterioramento assumono una dimensione significativa e misurabile, ciò che può avvenire anche a notevole distanza di tempo rispetto all'ultima condotta di materiale immissione di sostanze o comunque di fisica alterazione o mano-missione dell'assetto preesistente. È stato, tuttavia, chiarito che le condotte poste in essere successivamente all'iniziale deterioramento o compromissione del bene non costituiscono un post factum non punibile, ma integrano invece singoli atti di un'unica azione lesiva che spostano in avanti la cessazione della consumazione, sino a quando la compromissione o il deterioramento diventano irreversibili, o comportano una delle conseguenze tipiche previste dal successivo reato di disastro ambientale di cui all'art. 452-quater (Cass. III, n. 15865/2017). Tentativo L'inquinamento ambientale è un delitto di evento quindi il tentativo è configurabile e consiste nel porre in essere atti idonei e diretti in modo non equivoco a compromettere o deteriorare in modo significativo e misurabili le acque o l'aria, o porzioni estese o significative del suolo o del sotto-suolo, oppure un ecosistema, la biodiversità, anche agraria, la flora o la fauna. Forme di manifestazioneCircostanze Il capoverso della norma in commento prevede due circostanze aggravanti ad effetto speciale. La prima (aumento della pena da un terzo alla metà) per le ipotesi in cui l'inquinamento sia prodotto in un'area naturale protetta o sottoposta a vincolo paesaggistico, ambientale, storico, artistico, architettonico o archeologico, ovvero in danno di specie animali o vegetali protette. Il generico riferimento alle specie “protette” sconta un difetto di determinatezza che potrebbe essere colmato ricorrendo alla individuazione fornita dall'allegato IV della Direttiva 92/43/CE, relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche, e dall'allegato 1 della Direttiva 2009/147/CE, concernente la conservazione degli uccelli selvatici. La seconda circostanza (aumento della pena da un terzo a due terzi), introdotta dal d.l. n. 105/2023, convertito dalla l. n. 137/2023, ricorre quando l'inquinamento causi deterioramento, compromissione o distruzione di un habitat all'interno di un'area naturale protetta o sottoposta a vincolo paesaggistico, ambientale, storico, artistico, architettonico o archeologico. Si tratta di una fattispecie in rapporto di specialità con la prima (e ciò giustifica il più grave trattamento sanzionatorio) perché alla particolare area naturale in cui avvengono i fatti si aggiunge qui l'effetto lesivo prodotto su uno specifico habitat. L'art. 452-decies c.p., al cui commento si rinvia, prevede due circostanze attenuanti ad effetto speciale per colui che si adopera per evitare che l'attività delittuosa venga portata a conseguenze ulteriori, ovvero, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, provvede concretamente alla messa in sicurezza, alla bonifica e, ove possibile, al ripristino dello stato dei luoghi. Rapporti con altri reatiSi ha inquinamento ambientale quando la compromissione delle matrici ambientali non ha raggiunto un livello di gravità tale da configurare un disastro ambientale (art. 452-quater), ossia un danno caratterizzato dalla definitività o comunque della particolare difficoltà della sua rimozione (Molino, 5; Masera, 4). In caso di concorso tra le contravvenzioni previste dagli artt. 7 e 8 d.lgs. n. 4/2012, che puniscono, "salvo che il fatto costituisca più grave reato", le condotte lesive dell'ambiente marino e quelle di pesca illegale, e il delitto previsto dall'art. 452-bis trova applicazione quest'ultima disposizione (Cass. III, n. 9079/2020). Termini di prescrizioneI termini di prescrizione per i delitti di cui al titolo VI-bis del codice penale sono raddoppiati (art. 157, comma 6, c.p.). Ne consegue che per il delitto in esame la prescrizione matura in dodici anni (quindici anni in caso di atti interruttivi). Responsabilità dell'enteL'art. 25-undecies, comma 1, lett. a), d.lgs. n. 231/2001, così come modificato dall'art. 1, comma 8, l. n. 68/2015, prevede, per la violazione dell'art. 452-bis c.p., la sanzione pecuniaria da duecentocinquanta a seicento quote. Si applicano inoltre le sanzioni interdittive previste dall'art. 9 d.lgs. n. 231/2001 (art. 25-undecies, comma 1-bis, d.lgs. n. 231/2001). Profili processualiL'inquinamento ambientale è reato procedibile d'ufficio, e di competenza della Tribunale in composizione monocratica. Per il delitto ambientale: a) è possibile disporre intercettazioni; b) è consentito l'arresto facoltativo in flagranza (non il fermo); c) è consentita l'applicazione della custodia in carcere e delle altre misure cautelari personali. BibliografiaBell-Valsecchi, Il nuovo delitto di disastro ambientale: una norma che difficilmente avrebbe potuto essere scritta peggio, in penalecontemporaneo.it, 21 luglio 2015; Masera, I nuovi delitti contro l'ambiente, in penalecontemporaneo.it, 17 dicembre 2015; Molino, Novità legislative: legge n. 68 del 22 maggio 2015, recante “Disposizioni in materia di delitti contro l'ambiente, relazione dell'Ufficio del massimario della Corte di Cassazione, in penalecontemporaneo.it, 3 giugno 2015; Parodi-Gebbiabortolotto-Corino, I nuovi delitti ambientali (l. 22 maggio 2015, n. 68), Milano, 2015; Ruga Riva, I nuovi ecoreati. Commento alla legge 22 maggio 2015, n. 68, Torino, 2015; Siracusa, La legge 22 maggio 2015, n. 68 sugli “ecodelitti”: una svolta “quasi” epocale per il diritto penale dell'ambiente, in penalecontemporaneo.it, 9 luglio 2015; Telesca, Osservazioni sulla l. n. 68/2015 recante 'Disposizioni in materia di delitti contro l'ambientè: ovvero i chiaroscuri di una agognata riforma, in penalecontemporaneo.it, 17 luglio 2015. |