Codice Penale art. 453 - Falsificazione di monete, spendita e introduzione nello Stato, previo concerto, di monete falsificate.Falsificazione di monete, spendita e introduzione nello Stato, previo concerto, di monete falsificate. [I]. È punito con la reclusione da tre a dodici anni e con la multa da 516 euro a 3.098 euro: 1) chiunque contraffà monete nazionali o straniere, aventi corso legale nello Stato o fuori; 2) chiunque altera in qualsiasi modo monete genuine, col dare ad esse l'apparenza di un valore superiore; 3) chiunque, non essendo concorso [110] nella contraffazione o nell'alterazione, ma di concerto con chi l'ha eseguita ovvero con un intermediario, introduce nel territorio dello Stato [4 2] o detiene o spende o mette altrimenti in circolazione monete contraffatte o alterate; 4) chiunque, al fine di metterle in circolazione, acquista o comunque riceve, da chi le ha falsificate, ovvero da un intermediario, monete contraffatte o alterate [7 n. 3, 455, 456, 458, 459, 463]. [II]. La stessa pena si applica a chi, legalmente autorizzato alla produzione, fabbrica indebitamente, abusando degli strumenti o dei materiali nella sua disponibilità, quantitativi di monete in eccesso rispetto alle prescrizioni 1.
[III.] La pena è ridotta di un terzo quando le condotte di cui al primo e secondo comma hanno ad oggetto monete non aventi ancora corso legale e il termine iniziale dello stesso è determinato 2. competenza: Trib. collegiale arresto: facoltativo fermo: consentito custodia cautelare in carcere: consentita altre misure cautelari personali: consentite procedibilità: d'ufficio [1] Comma inserito dall'articolo 1, comma 1, lettera a), d.lgs. 21 giugno 2016, n. 125. [2] Comma inserito dall'articolo 1, comma 1, lettera a), d.lgs. 21 giugno 2016, n. 125. Per la confisca di danaro, beni o altre utilità di non giustificata provenienza, nel caso di condanna o di applicazione della pena su richiesta, v. ora artt. 240-bis c.p., 85-bis d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 e 301, comma 5-bis,d.P.R. 23 gennaio 1973, n. 43 (per la precedente disciplina, v. l'art. 12-sexies d.l. 8 giugno 1992, n. 306, conv., con modif., in l. 7 agosto 1992, n. 356). InquadramentoIl delitto in esame costituisce la fattispecie principale in materia di falsificazione «monetaria» e rappresenta il paradigma al quale le altre fattispecie che disciplinano i diversi fatti di falsificazione previsti dal Capo I si riferiscono o richiamandola per le affinità o differenziandosene (Cincotta, 167). A seguito dell’entrata in vigore del d.lgs. 21 giugno 2016, n. 125 il reato di falsificazione della moneta consiste anche nel fatto di chi, legalmente autorizzato alla produzione, fabbrica indebitamente, abusando degli strumenti o dei materiali nella sua disponibilità, quantitativi di monete in eccesso rispetto alle prescrizioni. Con d.lgs. n. 125/2016, infatti, è stata data attuazione alla direttiva 2014/62/UE concernente la protezione mediante il diritto penale dell'euro e di altre monete contro la falsificazione. Tale direttiva sostituisce la decisione quadro 2000/383/GAI. Il d.lgs. n. 125/2016, inoltre, prevede la diminuzione di un terzo della pena quando le condotte di cui al primo e secondo comma hanno ad oggetto monete non aventi ancora corso legale. Con il d.lgs. 29 ottobre 2016, n. 202 è stata, poi, introdotta l’obbligatorietà della confisca, anche per equivalente, delle cose che servirono o furono destinate a commettere il reato e delle cose che ne sono il prodotto, il prezzo o il profitto. Attraverso il d.lgs. n. 202/2016, infatti, è stata data attuazione alla direttiva 2014/42/UE relativa al congelamento e la confisca dei beni strumentali e dei proventi da reato nell'Unione europea. Il delitto de quo, infine, è incluso nel catalogo dei reati dalla cui commissione può scaturire in capo agli enti l'applicazione di sanzioni pecuniarie, nonché della sanzione interdittiva per una durata non superiore ad un anno, in capo agli enti in forza dell'art. 25-bis commi 1 e 2 d.lgs. 8 giugno 2001, n. 231 (in particolare, l'art. 25-bis comma 1 lett. a) prevede proprio per il delitto di cui all'art. 453 la sanzione pecuniaria fino a ottocento quote). Bene giuridicoLa dottrina prevalente individua l'interesse tutelato nel bene di categoria fede pubblica, definita come la fiducia che la collettività ripone nella genuinità e veridicità di determinati contrassegni rilevanti per la vita sociale (monete, carte di pubblico credito, valori di bollo, biglietti di pubbliche imprese di trasporto) ed ai quali l'ordinamento giuridico riconosce certezza e valore probatorio per la particolare funzione economica che svolgono nelle relazioni giuridiche pubbliche e private (il c.d. traffico giuridico) (Cristiani, 1994, 66; Nappi, 1989, 1). Un'altra impostazione dottrinaria ritiene che i delitti di falso c.d. nummario disciplinati dal Capo I sono plurioffensivi, lesivi, cioè, non solo dell'interesse generale della fede pubblica, ma anche di quello specifico della regolarità nella circolazione monetaria, intesa anche come tutela degli interessi finanziari e patrimoniali degli enti autorizzati all'emissione di monete (Antolisei, 2008, II, 63). La Cassazione (Cass. S.U., n. 46982/2007) ha affermato la natura plurioffensiva del delitti contro la fede pubblica in quanto la norma incriminatrice non sarebbe preordinata solo alla tutela di interessi pubblici, ma anche di quelli del privato, nella cui sfera giuridica l'atto viziato è destinato ad incidere concretamente. In rifermento alla fattispecie di cui all'art. 453 ha precisato che si tratta reato di pericolo plurioffensivo posto a tutela dell'interesse patrimoniale dell'istituto di emissione, dei privati nonché della collettività, sub specie di fede pubblica nella legalità della circolazione monetaria (Cass. V, n. 35774/2011). SoggettiSoggetto attivo Si tratta di reato comune, che può essere commesso da “chiunque”, quando il soggetto realizza una delle condotte previste al primo comma dell’art. 453, mentre è un reato proprio quando è commesso da un soggetto legalmente autorizzato alla produzione mediante la condotta di fabbricazione indebita descritta al comma 2. Soggetto passivo La dottrina prevalente, sostenitrice della natura monoffensiva della fattispecie, ha individuato come persona offesa solo lo Stato. La giurisprudenza maggioritaria ha per lungo tempo condiviso questa impostazione fino alle sentenze della Cass. S.U., n. 46982/2007, che ha dichiarato la natura plurilesiva dei reati di falso, e Cass. V, n. 35774/2011, che ha ritenuto la falsificazione di monete, spendita e introduzione nello Stato, previo concerto, di monete falsificate delitto plurioffensivo. Di conseguenza è considerato soggetto passivo anche il privato. Elemento oggettivoOggetto materiale Oggetto materiale del reato sono le monete nazionali o straniere, aventi corso legale nello Stato o fuori, su cui può cadere l'attività falsificatrice, o comunque illecita, del reo (Cristiani, 1994, 68) o, a seguito dell’introduzione del terzo comma dell’art. 453 ad opera del d.lgs. n. 125/2016, monete non aventi ancora corso legale il cui termine iniziale dello stesso è determinato. Per moneta avente corso legale si intende qualsiasi specie metallica a cui sia stata conferita, dallo Stato che la conia, la funzione di mezzo di pagamento per il valore legalmente attribuitole, con efficacia liberatoria nei confronti del ricevente (Cass. I, n. 34695/2003, Cass. V, n. 8671/2008). La tutela penale viene estesa sia alle monete straniere aventi corso legale nel territorio nazionale, sia a quelle aventi corso legale in qualunque altro Stato (Nappi, 1). Di conseguenza non rientrano nell'ambito di applicazione dell'art. 453 le monete che non hanno corso legale né in territorio italiano né in quello straniero (in tale ipotesi, qualora ne ricorrano tutti i requisiti potrà realizzarsi, invece, il delitto di truffa: Manzini, VI, 511). Il codice non conferisce rilevanza al corso commerciale, per cui la falsificazione di una moneta non avente corso legale in Italia o all'estero, ma pacificamente accettata negli scambi commerciali, non rientra nell'ambito di applicazione della norma perché la condotta non ha ad oggetto una moneta in senso tecnico. Potrà integrare gli estremi di altra tipologia di reato (Cadoppi-Canestrari-Manna-Papa, 75). L'art. 458 comma 1, contiene una clausola di «equiparazione», che, agli effetti della legge penale, parifica le carte di pubblico credito alle monete, delle quali condivide l'identica funzione di essere accettata come mezzo di pagamento con funzione liberatoria. Cfr. sub art. 458. La giurisprudenza ha precisato che non ricorre il falso nummario quando l'attività di creazione ha ad oggetto monete o carte di pubblico credito non realmente esistenti, né mai esistite nella storia dei rapporti economici, finanziari e commerciali (Cass. V, n. 4261/2012; Cass. V, n. 15962/2015). Condotta La dottrina ha qualificato l'art. 453 “disposizione a più norme” (Mezzetti, 2142) poiché, nei quattro numeri in cui si articola, il comma 1, scandisce quattro diverse incriminazioni. Ad ogni numero, perciò, corrisponde un'autonoma fattispecie di reato, distinta dalle altre per la condotta e, in alcuni casi (si pensi al confronto tra i nn. 1 e 2, da una parte, e nn. 3 e 4 dall'altra), per soggetti diversi. A seguito, poi, dell'introduzione del comma 2 dell'art. 453 ad opera del d.lgs. n. 125/2016 alle quattro incriminazioni originariamente previste se ne è aggiunta una ulteriore. Le ipotesi di cui ai nn. 3 e 4 costituiscono una norma a più fattispecie in quanto ciascun numero descrive più condotte tra loro alternative e non cumulative, collegate non da una congiunzione «e», ma da una disgiunzione «o». Di conseguenza è sufficiente che l'agente compia una sola delle diverse modalità della condotta affinché si integrino gli estremi del reato. Se, invece, ne compie più di una realizza un solo reato, in virtù dell'assorbimento del disvalore complessivo del fatto nella realizzazione anche di una sola condotta (ad. es., se un soggetto contestualmente introduce nello Stato, detiene e spende monete contraffatte o alterate ai sensi dell'art. 453, n. 3 è punito per un solo delitto e non risponde di reato continuato). Secondo la dottrina tale interpretazione s'impone anche per il notevole carico sanzionatorio dell'incriminazione (Mezzetti, 2144). La giurisprudenza ha affermato che la norma incriminatrice è a fattispecie plurima, con la conseguenza che deve escludersi il concorso formale di reati quando il fatto integri più condotte tipiche e queste vengano realizzate senza apprezzabile soluzione di continuità sul medesimo oggetto materiale (Cass. V, n. 37632/2012). L'art. 453 punisce le tre condotte tipiche del falso c.d. nummario, la contraffazione e l'alterazione (falsità proprie), e l'attività successiva, ovvero l'introduzione nello Stato, la detenzione, la spendita o la messa in circolazione, l'acquisto, la ricezione e la fabbricazione (c.d. falsità improprie perché correlate all'uso dell'oggetto falsificato). Tali ultimi comportamenti, pur essendo naturalisticamente contigui a fattispecie di carattere ricattatorio, sono state parificate dal legislatore, per esigenze di politica criminale, alla contraffazione e all'alterazione, perché determinano una simile situazione di pericolo per la fede pubblica tutelata nel campo nummario (Cristiani, 1994, 71). Le condotte descritte nella norma sono le seguenti: a) contraffare monete nazionali o straniere, aventi corso legale nello Stato o fuori: la contraffazione consiste nella creazione, da parte di un soggetto non legalmente autorizzato, di una moneta non originale, cioè ad imitazione di quelle emesse dallo Stato nazionale o estero o dagli enti pubblici legalmente autorizzati. La fabbricazione della res imitata deve essere idonea ad attribuire ad essa una parvenza di genuinità tale da trarre in inganno il pubblico circa la loro vera essenza (Antolisei, 2008, II, 86). L'imitazione fraudolenta può essere realizzata con qualsiasi tecnica, utilizzando qualsiasi materia, e avere ad oggetto il titolo della moneta, il valore, la forma o la quantità di metallo utilizzato. Il valore intrinseco dell'oggetto materiale è del tutto indifferente, poiché la ratio dell'incriminazione s'individua nella produzione di banconote o di monete in sovrannumero rispetto a quelle coniate secondo la politica monetaria nazionale (Cristiani, 1994, 70). La giurisprudenza ha precisato che la contraffazione è la fabbricazione di una cosa simile ad un'altra e si esegue, di regola, per imitazione o con un'alterazione-trasformazione, che è comunque riconducibile alla contraffazione; (Cass. V, 7 novembre 1984). Ha, altresì, chiarito che la detenzione delle monete contraffatte da parte dello stesso falsario rientra nell'ambito di applicazione dell'art. 453, n. 1, e non dell'art. 453, n. 3, perché in questa ipotesi può ritenersi una condotta implicita, almeno come attività conclusiva della contraffazione, sia pure per un periodo limitato di tempo. b) alterare in qualsiasi modo monete genuine, col dare ad esse l'apparenza di un valore superiore: la condotta di alterazione è prevista in due distinte ipotesi, l'art. 453 n. 2 e l'art. 454, nelle quali si rinviene un presupposto comune ovvero la preesistenza in entrambe di una moneta genuina, ovvero emessa dall'Ente autorizzato (Antolisei, 2008, II, 86). Consiste nella modificazione artificiosa del suo valore originario, attraverso diversissime operazioni (martellatura, colorazione, raschiatura parziale e sostituzione o sovrapposizione di segni ecc.) che manomettono la sostanza o le caratteristiche formali del metallo coniato, conferendogli l'apparenza un valore nominale superiore o inferiore (Fais, 611; Manzini, 545; Nappi, 1989, in giurisprudenza, per la differenza con la condotta di contraffazione, v. Cass. V, 8 novembre 1984). Nello specifico l'alterazione di cui all'art. 453 n. 2 si realizza quando la modifica attiene alle caratteristiche formali della moneta, in modo da attribuirle un valore nominale superiore a quello reale. L'alterazione può essere eseguita in qualsiasi modo e con ogni mezzo idoneo a raggiungere lo scopo, basta che il mezzo utilizzato conferisca alla moneta alterata un'apparenza tale da poter essere accettata dal pubblico come genuina (Manzini, 545). c) introdurre nel territorio dello Stato o detenere o spendere o mettere altrimenti in circolazione monete contraffatte o alterate: si ha introduzione nel territorio dello Stato quando si importano delle monete contraffatte o alterate dall'estero, dove si è realizzata la falsificazione, nel territorio nazionale (comprensivo delle acque e dello spazio aereo territoriale). L'introduzione deve avvenire con il concerto di chi ha posto in essere la contraffazione o l'alterazione ovvero con un suo intermediario (Antolisei, 87; Cristiani, 1961, 31; Nappi, 1989, 3). Per detenzione si intende, invece, la concreta disponibilità, anche temporanea e a qualsiasi titolo, delle monete contraffatte o alterate, che si sia realizzata di concerto con il falsificatore o con un suo intermediario (Cristiani, 1961, 31; Nappi, 1989, 3). Deve intendersi in senso materiale, e non giuridico, e con un'accezione che non presuppone requisiti civilistici, non richiedendo alcuna qualificazione dell'animus (Cristiani, 1961, 31). Ai fini della consumazione del reato ciò che rileva è il potere di fatto sulla cosa (Cass. V, 17 marzo 1992). La spendita è la consegna, in qualunque modo, della moneta contraffatta o alterata conformemente alle sue funzioni di intermediazione degli scambi, per operare un pagamento nei confronti di persona che non sia consapevole della sua falsità (Cristiani, 1961, 31; Nappi, 1989, 3). Può avvenire in qualsiasi modo, anche attraverso l'introduzione della moneta falsificata in apparecchi automatici (Manzini, 559). La messa in circolazione identifica la fuoriuscita, a qualsiasi titolo, della moneta contraffatta o alterata dalla sfera di custodia dell'agente, per effetto del concerto con il falsificatore della moneta ovvero con un suo intermediario (Fais, 615) e si distingue dalla spendita perché si verifica quando la moneta non viene adoperata quale mezzo di pagamento (ad es. un dono) e/o quando colui che la riceve è consapevole della falsità (Cristiani, 1961, 31; Nappi, 1989, 3). La messa in circolazione si realizza con una qualsiasi attività che immetta la moneta falsificata nel flusso finanziario (Manzini, 559). In riferimento alle fattispecie di cui all'art. 453 n. 3 la giurisprudenza ha precisato che la detenzione precede logicamente l'immissione in circolazione e assume valore autonomo ai fini della consumazione del reato quando non è contestuale alla messa in circolazione, nel senso di una precedente detenzione per un tempo apprezzabile (Cass. n. 3848/2019). In questa ipotesi la spendita e la messa in circolazione risultano assorbite dalla detenzione, trattandosi di post-factum non punibile, perché già punito a titolo di detenzione (Cass. I, 21 novembre 1988). d) acquistare o ricevere, da chi le ha falsificate, ovvero da un intermediario, monete contraffatte o alterate: l'acquisto indica il rendersi destinatario, come acquirente, del trasferimento delle monete contraffatte o alterate, a seguito di un negozio giuridico riconducibile, nei suoi elementi essenziali, a quello della compravendita. La ricezione, infine, si identifica col rendersi destinatario di monete contraffatte o alterate, attraverso un trasferimento diverso dall'acquisto, di regola a titolo gratuito (Fiandaca, Musco, 551). e) fabbricare indebitamente, abusando degli strumenti o dei materiali nella sua disponibilità, quantitativi di monete in eccesso rispetto alle prescrizioni : la fabbricazione consiste nella produzione, mediante il lavoro del reo, di quantitativi di monete in eccesso rispetto alle prescrizioni. La condotta si qualifica come indebita perché è posta in essere dal soggetto legalmente autorizzato alla produzione per uno scopo non consentito dalla legge. La norma descrive anche la modalità con la quale è realizzata la condotta, ovvero abusando degli strumenti o dei materiali nella disponibilità del fabbricatore. L'utilizzo del termine “abusando” significa che il reo produce le monete senza essere legittimato ed in violazione delle norme che ne disciplinano la fabbricazione. Il previo concerto L'art. 453 n. 3 presuppone che l'agente non sia concorso nella contraffazione o nell'alterazione, ma abbia agito di «concerto» con l'autore di essa o con un suo intermediario. Il «previo concerto» (cioè l'accordo) tra falsificatore e spenditore (anche attraverso un intermediario) di cui all'art. 453, n. 3 distingue questa fattispecie delittuosa da quella meno grave prevista dall'art. 455, che, al contrario, non richiede ai fini dell'integrazione del reato il consapevole rapporto tra colui che spende, mette o fa mettere in circolazione le monete falsificate e chi ha eseguito la falsificazione o un suo intermediario. Per la sussistenza del «concerto» è, infatti, idoneo un qualsiasi rapporto, un'intesa anche solo mediata tra falsificatori e spenditori di monete false, che si rinviene quando questi ultimi, ricevendo la moneta falsificata, non abbiano ignorato di agire come una longa manus dei contraffattori, mentre è irrilevante che costoro ed i precedenti intermediari siano rimasti ignoti (Cass. V, 22 aprile 1986). La giurisprudenza non ha ritenuto necessaria per la configurabilità del «previo concerto» la costituzione di una particolare organizzazione criminosa in seno alla quale i singoli autori abbiano specifiche mansioni. È sufficiente, al contrario, l'esistenza di un qualunque consapevole rapporto, anche provvisorio, tra falsificatore o intermediario e spenditore (Cass. V, 17 marzo 1992; Cass. VI, 2 giugno 1988). Il concetto non presuppone un particolare accordosull'intero programma criminoso, bastando che l'agente si sia trovato in qualunque rapporto idoneo ed abbia avuto la coscienza di trattare con il falsario o con un intermediario (Cass. V, 15 giugno 1982). Sotto il profilo probatorio, il «previo concerto» può desumersi da indizi concludenti (quali, ad es., la scoperta di notevoli quantitativi di banconote falsificate, o la possibilità del rifornimento, da parte del possessore, presso la medesima persona: Cass. VI, n. 3013/1996; Cass. III, 3 marzo 1988), dalle modalità di confezionamento delle banconote detenute, dal luogo di rinvenimento delle stesse e dalle inverosimili spiegazioni fornite dall'imputato (Cass. V, n. 11092/2015). Il numero di banconote, anche se rilevante, può integrare la prova del previo concerto, anche mediato, dell'agente con colui che ha eseguito la falsificazione, solo se sono presenti anche altri indizi sintomatici quali, ad esempio, la frequenza e ripetitività delle forniture (Cass. V, n. 12192/2015; Cass. V, n. 26189/2010). La Cassazione ha precisato che il previo concerto deve ritenersi implicitamente richiesto anche in riferimento alla fattispecie di cui all'art. 453 n. 4 (Cass. V, 29 ottobre 1980). Occorre distinguere, infatti, a seconda che il concerto sia anteriore o posteriore alla falsificazione. Nel primo caso si configura un concorso morale di persone ex art. 110, mentre nel secondo il concerto rileva autonomamente: il codice, infatti, richiede espressamente che un presupposto negativo, ovvero che il soggetto attivo non sia concorso nella contraffazione o nell'alterazione (Cadoppi-Canestrari-Manna-Papa, 85). Pertanto, siffatto «accordo», segnando un limite negativo iniziale per la configurabilità del fatto successivo alla falsificazione propria (Cristiani, 1961, 31), specializza la fattispecie rispetto al concorso ex art. 110, che richiederebbe invece un contributo materiale o morale alla falsificazione, quindi un concerto che sia «previo» rispetto alle condotte successive. L'«intermediario» L'«intermediario» è figura speciale di correo che s'identifica sia in colui che si limita a porre in contatto il falsificatore con l'acquirente, sia in chi fornisca materialmente a quest'ultimo i biglietti falsificati avuti dal contraffattore, cioè nel soggetto che, inserendosi in una catena di trapassi, consente di attingere alla sorgente della «falsificazione» (Nappi, 1989, 2). L'intermediario, pertanto, è colui che, non essendo concorso nella contraffazione o alterazione, acquista monete dal falsificatore o da altro che sia con questi in relazione, al fine di rivenderle e non di metterle in circolazione direttamente (Cass. V, 14 ottobre 1986; Cass. V, 16 giugno 1980). Evento La falsificazione di monete, spendita e introduzione nello Stato, previo concerto, di monete falsificate è caratterizzata da un evento di pericolo (trattasi, infatti, di reato di pericolo astratto) (Cass. V., 27 maggio 1982). Il falso grossolano e il falso innocuo In riferimento al falso c.d. nummario dottrina e giurisprudenza hanno evidenziato che la contraffazione e l'alterazione non costituiscono condotte penalmente rilevanti qualora realizzino manipolazioni così «grossolane» da non poter trarre in inganno il pubblico, e cioè un numero indeterminato di persone che quotidianamente maneggia il denaro (Antolisei, 77; Fais, 612; Fiandaca, Musco, 550). Se la falsità risulta macroscopica ed ictu oculi percepibile, il fatto è considerato penalmente irrilevante (Cass. V, n. 11498/1990) perché incapace di ingenerare errore nei terzi, circa l'affidabilità del documento (o del segno, ecc.) e si configura un reato impossibile (Cass. V, n. 6873/2015). Il falso, pertanto, è grossolano quando è inoffensivo rispetto al bene “fede pubblica” per l'inidoneità dello stesso a trarre in inganno la collettività. Tale inidoneità deriva dalle modalità della falsificazione, prevalentemente di natura materiale, e comporta una valutazione giudiziale in punto di fatto. Una falsificazione si qualifica come "grossolana” quando non deve essere valutata secondo le conoscenze di un perito del settore e sia riconoscibile da qualsiasi persona di comune discernimento ed avvedutezza e non si deve far riferimento né alle particolari cognizioni ed alla competenza specifica di soggetti qualificati, né alla straordinaria diligenza di cui alcune persone possono esser dotate (Cass. I, n. 41108/2011; Cass. VI, n. 8062/1995; Cass. I, 2 giugno 1992). Il giudizio sulla grossolanità, poi, va riferito non solo alle caratteristiche oggettive della banconota, ma anche, in considerazione del normale uso delle stesse, alle modalità di scambio ed alle circostanze nelle quali esso avviene (Cass. V, n. 15122/2020). Il falso può definirsi, invece, innocuo se risulta inoffensivo per la sua concreta inidoneità ad aggredire gli interessi da esso potenzialmente minacciati (Cass. S.U., n. 46982/2007). Elemento psicologicoIl dolo Il reato è punito a titolo di dolo generico, consistente nella coscienza e volontà di realizzare uno dei fatti materiali previsti dalle norme incriminatici, con la consapevolezza di porre in essere un falso lesivo della fede pubblica e della regolare circolazione monetaria (Antolisei, 90; Fiandaca, Musco, 552). La fattispecie di cui al n. 4, invece, richiede anche il dolo specifico, cioè il fine di mettere in circolazione le monete contraffatte o alterate (Cristiani, 1994, 74). In quest'ultima ipotesi la giurisprudenza ha precisato che la prova del dolo specifico prevista si può ricavare dalla detenzione delle monete contraffatte o alterate con altre genuine e dall'omessa indicazione da parte dell'imputato di un diverso fine come, ad es., quello della collezione (Cass. V, n. 14659/1999). Consumazione e tentativoConsumazione La contraffazione e l'alterazione: si consumano nel momento e nel luogo in cui è prodotta in via definitiva la manomissione anche di una sola moneta o carta valore: il plurale “monete”, infatti, è adoperato nel testo della norma a scopo indeterminativo. L'introduzione: si consuma con l'importazione della res nel territorio dello Stato, varcata la frontiera, anche se la moneta non è pervenuta in possesso del destinatario (Fiandaca, Musco, 2012, I, 547). La spendita e la messa in circolazione: si consumano nel momento e nel luogo nei quali la moneta è spesa come mezzo di pagamento ed entra in contatto con il pubblico o comunque esce dalla disponibilità del detentore. Il presupposto è, pertanto, l'accettazione della moneta da parte di terzi. Per consumare la fattispecie delittuosa di cui all'art. 453, n. 3, la realizzazione della condotta prevista deve avvenire di concerto con chi ha contraffatto o alterato la moneta ovvero con un suo intermediario e deve intervenire l'accettazione del terzo (Antolisei, 87; Nappi, 2). L'acquisto e la ricezione: si consumano quando si perfeziona il negozio costitutivo del titolo a prescindere dal momento in cui l'agente entra in possesso delle monete. Nel caso della detenzione si realizza un reato permanente e si consuma nel momento e nel luogo in cui s'instaura la signoria di fatto sulle monete ed è in condizione di disporne. La fabbricazione: si consuma nel momento e nel luogo in cui è prodotto il quantitativo di monete eccedente rispetto alle prescrizioni. Tentativo Trattasi di reati di evento per cui dottrina e giurisprudenza maggioritarie ritengono configurabile il tentativo nelle fattispecie di reato quando il fatto descritto dalle singole norme incriminatrici non è realizzato completamente, ma rimane incompiuto (ad es., quando la contraffazione o l'alterazione non sono portate a conclusione Antolisei, 90). Nelle altre ipotesi, la giurisprudenza ha ritenuto non configurabile il tentativo poiché si tratta di reato di pericolo (Cass. V, 27 maggio 1982). Contraffazione. Il tentativo si configura quando non è portata a conclusione ovvero quando il valore è in corso di creazione ed è ancora privo di quegli elementi formali e sostanziali che lo rendono spendibile (Manzini, 530, per il quale l'incompletezza della contraffazione non si identifica con l'imperfezione delle monete falsificate perché se la moneta non è spendibile non è integrato il fatto tipico di contraffazione per difetto di idoneità ad ingannare il pubblico; se, invece, la moneta risulta spendibile nonostante l'imperfezione il reato è da ritenere consumato). Non è sufficiente per la configurabilità del tentativo il mero acquisto delle attrezzature necessarie per porre in essere l'attività illecita (Cadoppi-Canestrari-Manna-Papa, 93). In giurisprudenza: Cass. V, n. 35774/2011. Introduzione. In merito alla configurabilità del tentativo di introduzione nel territorio dello Stato si ravvisano due orientamenti: - secondo il primo tentativo si configura con la scoperta delle res falsificate alla frontiera (Manzini, 473); - per un altro il reato è consumato, perché l’introduzione è già perfezionata se la scoperta è avvenuta alla barriera doganale (che è già territorio dello Stato) e perché il controllo doganale costituisce solo un’eventualità (Fais, 613). Spendita o messa in circolazione. Il tentativo non è configurabile se, ad es., la moneta falsificata è offerta, ma non accettata e non esce dalla sfera giuridica del detentore: l’agente, infatti, risponde del reato consumato di detenzione (Nappi, 1989, 3), che precede logicamente l’offerta di monete false. Detenzione. Il tentativo non è configurabile in quanto la detenzione in sé non è frazionabile (Nappi, 1989, 3); anche una disponibilità per breve tempo consente l’instaurazione del rapporto con le res ed integra la condotta di detenzione consumata. Acquisto. Il tentativo si configura quando il negozio costitutivo non si perfeziona. Ricezione. Il tentativo si configura quando l’atto con cui le monete fuoriescono dalla sfera giuridica del detentore non si perfeziona e l’accipiens non riesce ad entrare in possesso delle monete. Fabbricazione. Il tentativo sembrerebbe non configurabile, perché il delitto si consuma appena l’agente ha prodotto la quantità di moneta in eccesso rispetto alle prescrizione. Forme di manifestazioneCircostanze speciali In riferimento alle fattispecie di cui all'art. 453 è prevista un'aggravante speciale ad efficacia comune. Cfr. sub art. 456. L’art. 52-quater comma 3, d.lgs. n. 213/1998 prevede un’attenuante speciale ad efficacia comune, applicabile esclusivamente alle falsificazioni concernenti l'euro e non anche alla falsificazione di monete in circolazione al di fuori dell'Unione europea (Cass. V, n. 37355/2011, con riferimento ai dollari USA). A seguito dell’introduzione del terzo comma dell’art. 453 ad opera del d.lgs. n. 125/2016 è stata introdotta un’attenuante speciale ad efficacia comune ai sensi della quale la pena è diminuita di un terzo quando le condotte di cui ai commi 1 e 2 hanno ad oggetto monete non aventi ancora corso legale e il termine iniziale dello stesso è determinato.
Circostanze comuni In dottrina si discute sull'applicabilità alle fattispecie di cui all'art. 453 delle circostanze attenuanti e aggravanti comuni contemplate rispettivamente all'art. 62, n. 4 e all'art. 61, n. 7. Secondo un indirizzo dottrinario, infatti, le summenzionate circostanze richiedono una tipicità di offesa al patrimonio che non sussisterebbe nel falso c.d. nummario (Catelani, 31) e, di conseguenza, non possono essere applicate all'art. 453. In tali ipotesi il danno patrimoniale è assunto come elemento tipico e costante dell'ipotesi criminosa, e non possono essere riferite a reati, come quelli di falso numerario, che solo eventualmente possono determinare conseguenze economiche dannose (Cass. V, n. 23812/2013; Cass. V, n. 49674/2009). Per un'altra impostazione, sostenitrice della plurioffensività del falso, sebbene il falso c.d. nummario non è qualificato come un reato contro il patrimonio, tuttavia, considerata la funzione di circolazione della moneta, può comunque provocare un danno anche sotto il profilo patrimoniale (Cincotta, 194; Fais, 619). La Cassazione ha precisato che, a seguito della modifica dell'art. 62 comma 1 n. 4 ad opera della l. n. 19/1990, è possibile applicare la circostanza attenuante del danno economico di speciale tenuità ad ogni tipo di delitto, a prescindere dalla natura giuridica del bene oggetto di tutela, purché, tuttavia, il fatto risulti comunque commesso per un motivo di lucro, vale a dire per acquisire, quale risultato dell'azione delittuosa, un vantaggio patrimoniale (Cass. V, n. 43342/2005) e la speciale tenuità riguardi sia l'entità del lucro, conseguendo o conseguito, sia l'evento dannoso o pericoloso (Cass. V, n. 27874/2016; Cass. V, n. 36790/2015; Cass. V, n. 26807/2013; Cass. III, n. 9248/2014; Cass. V, n. 44829/2014). In merito all'attenuante della riparazione del danno, di cui all'art. 62 n. 6 prima parte la Cassazione ha chiarito che è astrattamente applicabile a qualsiasi reato che abbia dato luogo a un danno risarcibile, qualunque sia l'oggettività giuridica del reato stesso. La sua ratio si rinviene, infatti, nella diminuita capacità di delinquere del colpevole dimostrata dal comportamento successivo al reato (Cass. S.U., n. 145/1984). In riferimento al delitto di spendita di monete falsificate, l'incriminazione della messa in circolazione può essere attenuata dal totale risarcimento del danno, mentre quella della mera detenzione delle monete (al fine di metterle in circolazione) può essere affievolita soltanto se il soggetto responsabile si è adoperato spontaneamente ed efficacemente per elidere o attenuare le conseguenze dannose o pericolose del reato. Qualora l'imputazione concerne l'una e l'altra configurazione del reato di falso, la circostanza del risarcimento non è applicabile (Cass. S.U., 29 ottobre 1983). Concorso di persone La giurisprudenza ha chiarito che la materiale detenzione delle monete e delle banconote da parte di uno degli imputati risulta imputabile, a titolo di concorso, anche agli altri, se si accerta che anche quest'ultimi erano consapevoli dell'illecito traffico perché per detenzione si deve intendere qualsiasi situazione di fatto che consenta ad un soggetto di disporre, anche per mezzo di altre persone, delle monete contraffatte od alterate (Cass. V, n. 7595/1999). Unità o pluralità di reatiL'art. 453 contiene una disposizione a più norme ciascuna delle quali contempla più fattispecie previste alternativamente. Di conseguenza è escluso il concorso di reati in relazione alle ipotesi tipizzate dalla norma (Cass. V, n. 37632/2012). La spendita delle monete false ad opera dello stesso autore della falsificazione o ogni altra ipotesi di uso dei valori contraffatti o alterati da parte di costui costituisce una tipica ipotesi di “postfatto non punibile” e non incide sul momento consumativo del reato. Dalla «clausola di esclusione» contenuta nel n. 3 dello stesso art. 453 si evince, infatti, che rispetto al falsificatore ed ai concorrenti nei fatti di cui ai nn. 1 e 2, la realizzazione delle fattispecie di cui ai nn. 3 e 4 della stessa disposizione costituisce post fatto non punibile (Mezzetti, 2144). Si può, invece, ipotizzare il concorso tra le condotte di contraffazione ed alterazione di monete diverse e tra più condotte di alterazione, se diversi sono gli effetti sul valore di falsificati (Cadoppi-Canestrari-Manna-Papa, 94). Rapporti con altri reatiSpendita e introduzione nello Stato, senza concerto, di monete falsificate Cfr. sub art. 455. Spendita di monete falsificate ricevute in buona fede Cfr. sub art. 457. Concorso di reatiFabbricazione o detenzione di filigrane o di strumenti destinati alla falsificazione di monete, di valori di bollo Cfr. sub art. 461. Cause di non punibilitàCfr. sub art. 463. ConfiscaCfr. sub art. 466-bis. L'art. 5 d.lgs. n. 202/2016, modificando l'art. 12-sexies d.l. 8 giugno 1992, n. 306, conv. in l. 7 agosto 1992, n. 356, ha esteso tale ipotesi di confisca anche alla fattispecie di cui all'art. 453. Per il commento cfr. sub art. 240-bis. CasisticaLa giurisprudenza ha stabilito che integrano gli estremi delle fattispecie di cui all'art. 453: a) l'ipotesi in cui le banconote falsificate siano state portate da un'altra persona nel luogo in cui doveva avvenire lo scambio se si è accertato che era stato l'imputato a disporre delle banconote e a farle consegnare al falso acquirente (nella specie, al sovrintendente della questura). In questo caso, infatti, ricorre la condotta di detenzione (Cass. V, 17 marzo 1992). b) l'ipotesi in cui vengano manipolate delle banconote, tagliando una striscia verticale da un primo biglietto (ricongiunto poi con nastro adesivo) che sostituisca una striscia verticale più grande di un secondo biglietto e così via sino ad ottenere quasi mezza banconota che venga congiunta ad altra eguale porzione ottenuta con identica operazione compiuta in senso inverso da altra serie di banconote. Tale alterazione, atteso il valore invariato della banconota-mezzo, può solo costituire atto idoneo diretto in modo inequivoco alla formazione della banconota-fine. Quest'ultima, ricavata in più con le dette manipolazioni, benché composta di parti di banconote genuine, deve ritenersi contraffatta (Cass. V, 8 novembre 1984). La giurisprudenza ha precisato che non ricorre il falso nummario quando l'attività di creazione o la detenzione a fine di circolazione ha ad oggetto monete o carte di pubblico credito non realmente esistenti, né mai esistite nella storia dei rapporti economici, finanziari e commerciali né mai coniati da uno Stato come mezzo di pagamento (Cass. V, n. 4261/2012). Di conseguenza si è esclusa la configurabilità della fattispecie di cui all'art. 453 in riferimento a banconote recanti ciascuna il valore di un milione di dollari nella realtà mai stampato dalla «Federal Reserve» (Cass. V, n. 15962/2015). La giurisprudenza ha chiarito che la condotta di colui che riproduca immagini corrispondenti a quelle di banconote (nella specie di 50 euro) su fogli formato 4, senza provvedere al taglio di ciascuno dei predetti fogli integra il reato tentato di contraffazione di moneta nazionale (Cass. V, n. 35774/2011). Profili processualiGli istituti Si tratta di reato procedibile d'ufficio e di competenza del tribunale in composizione collegiale. Per la falsificazione di monete, spendita e introduzione nello Stato, previo concerto, di monete falsificate: a) sono consentiti il fermo e l'arresto in flagranza; b) sono consentite l'applicazione della custodia in carcere e delle altre misure cautelari personali. L'interesse ad impugnare La Cassazione (Cass. S.U., n. 46982/2007) ha di recente riconosciuto al privato la qualità di persona offesa dei reati di falso e, in quanto tale, la legittimazione a proporre opposizione alla richiesta di archiviazione. Con la sentenza Cass. V, n. 35774/2011 ha ribadito che il delitto di la falsificazione di monete, spendita e introduzione nello Stato, previo concerto, di monete falsificate è un reato plurioffensivo, essendo preordinato non solo alla tutela di interessi pubblici, ma anche di quelli del soggetto privato nella cui sfera giuridica l'atto è destinato ad incidere concretamente. BibliografiaCatelani, I delitti di falso, Milano, 1989; Cincotta, Falsificazione di monete, spendita e introduzione nello Stato, previo concerto, di monete falsificate, in Trattato di diritto penale, Parte speciale, Reati contro la fede pubblica, a cura di Ramacci, vol. X, Milano, 2013; Cristiani, voce Falsità in valori pubblici, in Nss. d.I., Torino, 1961, VII, 27; Cristiani, voce Falsità in monete e valori pubblici, in Dig. d. pen., Torino, 1994, V, 66; Fais, Falsità in monete e carte di pubblico credito, Enc. dir., Milano, 1967, XVI, 601; Mezzetti, Sub art. 453 c.p., in Codice Penale Commentato, a cura di Ronco, Ardizzone, Romano, Torino, 2009, 2142; Nappi, voce Falso nummario, Falsità personale, in Enc. giur. Treccani, Roma, 1989, XIV, 1; Nappi, Falso e legge penale, Milano, 1999. |