Codice Penale art. 478 - Falsità materiale commessa dal pubblico ufficiale in copie autentiche di atti pubblici o privati e in attestati del contenuto di atti.

Francesca Romana Fulvi

Falsità materiale commessa dal pubblico ufficiale in copie autentiche di atti pubblici o privati e in attestati del contenuto di atti.

[I]. Il pubblico ufficiale [357], che, nell'esercizio delle sue funzioni, supponendo esistente un atto pubblico o privato, ne simula una copia e la rilascia in forma legale, ovvero rilascia una copia di un atto pubblico o privato diversa dall'originale, è punito con la reclusione da uno a quattro anni.

[II]. Se la falsità concerne un atto o parte di un atto, che faccia fede fino a querela di falso [2699, 2700 c.c.], la reclusione è da tre a otto anni.

[III]. Se la falsità è commessa dal pubblico ufficiale in un attestato sul contenuto di atti, pubblici o privati, la pena è della reclusione da uno a tre anni [482, 492, 493].

competenza: Trib. monocratico (udienza prelim. secondo comma)

arresto: facoltativo (primo e secondo comma); non consentito (terzo comma)

fermo: consentito (secondo comma); non consentito (primo e terzo comma)

custodia cautelare in carcere: non consentita (primo e terzo comma); consentita (secondo comma)

altre misure cautelari personali: consentite (primo e secondo comma); non consentite (terzo comma)

procedibilità: d'ufficio

Inquadramento

Il legislatore ha valutato la minore importanza giuridica degli attestati rispetto agli atti pubblici originali ed alle copie autentiche d'atti pubblici o privati e ha, pertanto, deciso di punire la falsità in attestati sotto un titolo distinto e più lieve di quella in atti pubblici o in copie autentiche, ma più grave di quella in certificati o in autorizzazioni amministrative.

La dottrina discute sulla qualificazione della fattispecie come falsità materiale o ideologica, nonostante la rubrica della disposizione la collochi all'interno della categoria di quelle materiali. Secondo un orientamento si tratta di un'ipotesi di falso ideologico, consistente nella falsa attestazione di conformità delle copie all'originale che è, invece, inesistente o difforme (Antolisei, 2008, 112, Cristiani, 1957; 14). Per un altro indirizzo, invece, costituisce una falsità materiale: si osserva, infatti, che nella fattispecie di cui all'art. 478 il pubblico ufficiale agisce al di fuori della legittimazione all'esercizio attuale di pubbliche funzioni di documentazione e, cioè, abusando del potere di rilascio di un atto in forma legale (autenticazione), e si esclude, inoltre, che in questa fattispecie funga da parametro di rilevanza penale la conformità dell'atto al vero come avviene per le falsità ideologiche (Ramacci, 1966, 139).

La giurisprudenza qualifica la fattispecie di cui all'art. 478 come un'ipotesi di falsità materiale integrata dalla falsificazione della copia o dell'attestato (Cass. VI, n. 5342/1984).

Bene giuridico

Cfr. sub art. 476

Soggetti

Soggetto attivo

Si tratta di un reato proprio, che può essere commesso solo dal pubblico ufficiale nell'esercizio delle sue funzioni (per la nozione di pubblico ufficiale cfr. sub art. 357). La punibilità è estesa in base all'art. 482 al privato e al pubblico ufficiale fuori dall'esercizio delle sue funzioni e ai sensi dell'art. 493 al pubblico impiegato incaricato di un pubblico servizio nell'esercizio delle sue attribuzioni.

Per la nozione di “esercizio delle proprie funzioni” cfr. sub art. 476.

Nello specifico la locuzione richiede che il pubblico ufficiale operi nell'ambito dei suoi poteri istituzionali.

Al riguardo la giurisprudenza ha chiarito che non risulta necessaria una specifica competenza dell'agente al rilascio della copia, essendo sufficiente che l'ordinamento gli riconosca il potere di autenticazione (Cass. VI, 8 maggio 1980).

Soggetto passivo

Cfr. sub art. 476.

Elemento oggettivo

 

Oggetto materiale

Oggetto materiale del reato sono le copie autentiche di atti pubblici o privati e gli attestati del contenuto di atti.

Ai fini dell'individuazione dell'ambito di applicazione dell'art. 478 l'espressione atto pubblico, utilizzata nella norma, va intesa nel senso ampio di documento pubblico, comprensivo, quindi, anche dei certificati e delle autorizzazioni amministrative.

La copia è un documento di secondo grado che riproduce integralmente e fedelmente un documento originale preesistente e che può essere effettuata con qualsiasi mezzo, anche meccanico (ad es. fotocopie ecc.). Può essere semplice, e in tal caso è sfornita di quel valore probatorio necessario a costituirla oggetto materiale del reato di cui all'art. 478, e autentica, se rilasciata da un pubblico ufficiale che ne garantisce la conformità all'originale.

Per la nozione di copia autentica cfr. sub art. 492.

La copia di un documento si distingue dal duplicato, che si deve considerare giuridicamente identico all'originale e la cui falsità, di conseguenza, implica l'inflizione della medesima sanzione prevista per l'originale.

Gli attestati sul contenuto di atti, pubblici o privati, sono invece quei documenti in cui il pubblico ufficiale riproduce sinteticamente o parzialmente il contenuto di un dato atto pubblico o privato esistente. Gli attestati si distinguono dalle copie perché sono una riproduzione non completa, ma riassuntiva. Si differenziano, invece, dai certificati in riferimento al contenuto dell'atto perché sono riproduzioni totali o parziali del tenore, ovvero del testo letterale dell'atto preesistente, mentre il certificato è una dichiarazione di scienza relativa a fatti o situazioni contenuti nell'atto originale (Nappi, 1999, 61).

La giurisprudenza ha affermato che per distinguere gli atti pubblici da quelli derivativi, come le copie e gli attestati, è necessario aver riguardo all'essenza dei documenti ed alla loro funzione nell'ambito dei rapporti giuridici: a differenza degli atti pubblici originali, i documenti che riproducono in modo completo (le copie) ovvero in forma sintetica (gli attestati) il contenuto dei primi hanno ad oggetto fatti non direttamente percepiti o compiuti dal pubblico agente e, quindi, ricollegano la loro forza probatoria all'esistenza dell'atto originale (Cass. V, 26 giugno 1984; Cass. V, 1 marzo 1982; Cass. V, 18 giugno 1981).

Condotta

La norma configura tre diverse modalità di condotta che possono riguardare indifferentemente sia la copia che l'attestato:

a) il rilascio di copia (simulata) di un atto inesistente che, attraverso la copia, si fa apparire esistente;

b) il rilascio di una copia difforme dall'atto originale;

c) il rilascio di un attestato sul contenuto di un atto che non esiste, ovvero il rilascio di un attestato infedele rispetto al contenuto dell'atto esistente.

Il falso realizza l'ipotesi della simulazione di copie legali di atti inesistenti quando le copie dell'atto, pubblico o privato, sono state formate ancor prima della redazione dell'originale ed il loro rilascio sia effettuato prima della formazione dell'atto, mentre concretizza quella di rilascio di una copia difforme dall'atto originale quando il predetto rilascio della copia sia avvenuto posteriormente alla redazione dell'originale.

In merito alle due prime condotte la dottrina ha affermato che si tratta di ipotesi alternative, non cumulabili tra di loro, poiché, per le modalità di realizzazione che le contrassegnano, non possono inserirsi nel medesimo contesto temporale (e, pertanto, si esclude il concorso di reati). Infatti o le copie sono formate prima della redazione dello stesso originale e rilasciate precedentemente alla formazione di quest'ultimo e allora la fattispecie da considerare sarà quella della simulazione di copie legali di atti inesistenti oppure vengono rilasciate copie diverse dall'originale, comportamento che, però, presuppone l'esistenza dell'atto originale stesso, sicché la condotta punibile deve necessariamente realizzarsi in un momento posteriore alla formazione (anche simulata) dell'originale medesimo: in questo secondo caso, evidentemente, si applicherà la seconda fattispecie tra quelle considerate.

In riferimento alla prima ipotesi l'atto di cui si simula la copia non deve essere mai esistito.

Secondo dottrina e giurisprudenza il reato si configura non solo nel caso di inesistenza materiale dell'atto, ma anche quando in quello di inesistenza giuridica (determinata dalla mancanza di qualche elemento essenziale del documento o da altra causa). Se, invece, l'atto è esistito e al momento del fatto manchi, in base all'art. 492 la copia autentica dovrebbe sostituire l'originale ed il fatto dovrebbe ricadere nella previsione dell'art. 476 (Nappi, 1989, 7).

Per quanto attiene alla seconda condotta dottrina e giurisprudenza ritengono indifferente il carattere parziale o totale della difformità nel rilascio di copia difforme dall'originale, purché questa sia giuridicamente rilevante, essendo in grado cioè di modificare il significato sociale dell'atto (Catelani, 1989, 176). In questo caso, inoltre, si presuppone l'esistenza di un originale vero e non falsificato.

In merito al rilascio di un attestato sul contenuto di un atto che non esiste, ovvero al rilascio di un attestato infedele rispetto al contenuto dell'atto esistente, la dottrina prevalente considera che il riferimento sintetico contenuto nel secondo capoverso della norma alla “falsità”, vada interpretato come un richiamo ad entrambe le modalità di condotta descritte al primo comma dell'art. 478 (Cristiani, 1957, 14; Nappi, 1989, 7). Un orientamento dottrinario ritiene la formula comprensiva anche della condotta di alterazione dell'attestato commessa dopo il rilascio in forma legale (Catelani, 175).

In dottrina si dibatte in merito al titolo di responsabilità nel caso di alterazione della copia o dell'attestato intervenuta solo dopo il rilascio in forma legale di tali documenti.

Un indirizzo, infatti, ritiene che l'ipotesi sia indicativa di una lacuna legislativa non colmabile attraverso il ricorso all'art. 478 né all'art. 476, e quindi, priva di sanzione penale (De Marsico, 1967, 586). Un'altra impostazione, invece, afferma che ricade nell'ambito di applicazione dell'art. 478 (Ramacci, 1966, 142.).

La giurisprudenza ha sostenuto l'alterazione di copie autentiche sono punibili e, quindi, anche gli attestati sul contenuto degli atti, attraverso l'art. 476, sul presupposto che, esclusi gli atti derivativi dall'area di intervento di tale norma, l'alterazione realizzata dopo il rilascio in forma legale della copia (o dell'attestato) incide su di un atto pubblico non derivativo quale è l'atto di autenticazione (Cass. V, n. 16267/2004).

Il falso grossolano

Cfr. sub art. 476

Falso in atti invalidi o nulli

Cfr. sub art. 476

Elemento psicologico

Il dolo

Il reato è punito a titolo di dolo generico, consistente nella coscienza e volontà di rilasciare la copia autentica o l'attestato di atti inesistenti o difformi dagli atti originali. Deve rientrare nel fuoco del dolo non solo la condotta di falsificazione, ma anche il rilascio quale elemento costitutivo del reato. Poiché l'ipotesi in esame si perfeziona con il rilascio della copia difforme dall'originale, è irrilevante ai fini del dolo la certezza morale che l'atto sarebbe stato in seguito completato con l'apposizione, per esempio, della firma da parte dell'autore (Cass. V, 18 marzo 1982). Cfr. sub art. 476.

Consumazione e tentativo

Consumazione

In tutte le ipotesi descritte dall'art. 478 il reato si perfeziona e si consuma con il rilascio della copia o dell'attestato.

La dottrina ritiene che il rilascio è un elemento costitutivo del fatto (Nappi, 1989, 7).

In giurisprudenza, inoltre, si precisa che il rilascio si verifica nel momento in cui la copia esce dalla sfera individuale dell'autore, per il fatto volontario di questo, in modo che essa cominci ad irradiare nei rapporti esterni quella efficacia probatoria che è attribuita alle copie autentiche vere (Cass. V, 18 marzo 1982).

Tentativo

L'orientamento maggioritario ritiene che il tentativo sia configurabile quantomeno in riferimento alle condotte riconducibili al falso materiale, considerando il rilascio, quale momento finale di perfezionamento del reato, suscettibile di realizzazione parziale (Antolisei, 2008, II, 124; De Marsico, 585). Un altro indirizzo è di avviso contrario (Manzini, 1986, 822) perché qualifica il rilascio come condizione obiettiva di punibilità.

Forme di manifestazione

Circostanze speciali

Secondo l'indirizzo prevalente l'art. 478 prevede un'aggravante speciale (oggettiva) relativa al caso in cui la falsità concerna un atto o parte di un atto che faccia fede fino a querela di falso (per la nozione di atto fidefacente cfr. sub art. 476).

Tale aggravante, inoltre, si ritiene applicabile solo alle ipotesi di falsità in copia e non a quelle concernenti gli attestati, che, infatti, ai fini della legge penale sono considerati distintamente dalle copie (Nappi, 1989, 8). È necessario ricordare che non è la copia a far fede fino a querela di falso, bensì l'originale supposto tale o del quale la copia è in tutto o in parte difforme.

La giurisprudenza ritiene che se, invece, la falsità riguarda l'attestazione di autenticità, tale ipotesi costituisce sempre falsità in parte di atto che fa fede fino ad impugnazione di falso, anche se l'atto copiato in sé non abbia questa qualità, perché la detta attestazione è atto pubblico certificante sino a querela di falso.

Il comma 3 dell'art. 478 riporta una circostanza attenuante speciale perché sancisce, invece, una diminuzione di pena per le ipotesi di falsità riguardanti un attestato.

Circostanze comuni

Cfr. sub art. 476

Concorso di persone

Cfr. sub art. 476.

La giurisprudenza ha inoltre precisato che nell'ipotesi in cui il privato dopo aver formato la falsa copia dell'atto pubblico ottiene la sua autenticazione da parte del pubblico ufficiale incaricato e quest'ultimo non è in accordo con lui ma è stato indotto in errore dall'agente, non può ravvisarsi un'ipotesi di concorso. Il privato, infatti, risponderà ai sensi degli artt. 48 e 478 (Cass. V, 20 novembre 1986).

Concorso di reati

La giurisprudenza ha chiarito che si ha concorso tra il delitto di cu all'art. 478 e quelli di cui agli artt. 476 e 490 nell'ipotesi in cui oltre e dopo la falsificazione o la soppressione di un atto pubblico originale il pubblico ufficiale rilascia una copia legale del documento falsificato ovvero una copia diversa dall'originale.

Truffa

Cfr. Cass. II, 14 novembre 1989; Cass. II, 19 gennaio 1989.

Casistica

Oggetto materiale

a) È copia ai sensi dell'art. 478: la copia autentica di un inesistente certificato di invalidità civile ottenuta inducendo in errore il notaio; la copia del verbale della deliberazione del consiglio di amministrazione di un ente, affissa nell'albo pretorio, diversa dall'originale in quanto nella stessa si faccia apparire, contrariamente al vero, il verbale sottoscritto dal presidente del consiglio di amministrazione; la copia autentica di un atto pubblico rilasciata da un notaio al cliente che riporta, contrariamente al vero, la menzione dell'avvenuta registrazione dell'atto ad opera dello stesso notaio rogante; la copia del verbale di una seduta della giunta comunale rilasciata dal segretario comunale, difforme dall'originale (Cadoppi, Canestrari, Manna, Papa, 339)

b) Costituisce attestato: il certificato di residenza, di nascita e di libero stato; i certificati scolastici in genere; il certificato di carichi pendenti; il disco contrassegno; la certificazione di eseguita trascrizione che il conservatore dei registri immobiliari deve rilasciare, ai sensi dell'art. 2664 comma 2 c.c., su uno degli originali della nota di trascrizione; il c.d. bollo di circolazione perché è un attestato che fa riferimento al contenuto dell'atto di riscossione della relativa tassa, anche qualora il pagamento di questa sia stato effettuato mediante conto corrente postale (Cadopppi, Canestrari, Manna, Papa, 340).

Profili processuali

Gli istituti

Si tratta di un reato procedibile d'ufficio e di competenza del tribunale in composizione monocratica.

Per la falsità materiale commessa dal pubblico ufficiale in copie autentiche di atti pubblici o privati e in attestati del contenuto di atti:

a) è prevista l'udienza preliminare per l'ipotesi di cui all'art. 478 comma 2, mentre per quella prevista all'art. 478 comma 1 l'azione penale deve essere esercitata nelle forme della citazione diretta ai sensi dell'art. 550 c.p.p. nelle altre ipotesi;

b) il fermo non è consentito in relazione all'ipotesi di cui all'art. 478 comma 1 e comma 3, mentre è consentito in riferimento a quella di cui all'art. 478 comma 2;

c) l'arresto in flagranza non è consentito in relazione all'ipotesi di cui all'art. 478 comma 3, mentre è consentito in riferimento a quella di cui all'art. 478 comma 1 e comma 2;

d) la custodia in carcere non è consentita in relazione all'ipotesi di cui all'art. 478 comma 1 e comma 3, mentre è consentita in riferimento a quella di cui all'art. 478 comma 2;

e) le altre misure cautelari personali non sono consentite in relazione all'ipotesi di cui all'art. 478 comma 3, mentre sono consentite in riferimento a quella di cui all'art. 478 comma 1 e comma 2;

L'interesse ad impugnare

Cfr. sub art. 476.

Bibliografia

 De Flammineis, Falsità materiale commessa dal pubblico ufficiale in copie autentiche di atti pubblici o privati e in attestati del contenuto di atti, in Trattato di diritto penale, Parte speciale, Reati contro la fede pubblica, vol. X, Milano, 2013; V. anche sub art. 476.

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