Codice Penale art. 480 - Falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale in certificati o in autorizzazioni amministrative.

Francesca Romana Fulvi

Falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale in certificati o in autorizzazioni amministrative.

[I]. Il pubblico ufficiale [357], che, nell'esercizio delle sue funzioni, attesta falsamente, in certificati o autorizzazioni amministrative, fatti dei quali l'atto è destinato a provare la verità, è punito con la reclusione da tre mesi a due anni [487, 493].

competenza: Trib. monocratico

arresto: non consentito

fermo: non consentito

custodia cautelare in carcere: non consentita

altre misure cautelari personali: non consentite

procedibilità: d'ufficio

Inquadramento

Nel delitto in esame la falsità ricade sull' “oggetto” della rappresentazione documentale ed insiste sul contenuto narrativo dell'atto.

Di conseguenza quest'ipotesi di falsità ideologica si sostanzia in una «violazione in concreto del potere documentale» che si realizza in un abuso della «funzione di garanzia» del p.u. rispetto all'obbligo giuridico di attestare documentalmente in modo esatto quanto avvenuto e regolarmente percepito (Mezzetti, 278).

Bene giuridico

Cfr. sub art. 476

Soggetti

Soggetto attivo

Si tratta di un reato proprio, che può essere commesso solo dal pubblico ufficiale nell'esercizio delle sue funzioni (per la nozione di pubblico ufficiale cfr. sub art. 357). La punibilità è estesa ai sensi dell'art. 493 al pubblico impiegato incaricato di un pubblico servizio che rediga un atto nell'esercizio delle proprie attribuzioni.

La dottrina ha osservato che l'ascrivibilità di tale illecito esclusivamente al pubblico ufficiale o al pubblico impiegato, e non al privato, derivi dalla tipologia degli atti tutelati, preordinati a contenere rappresentazioni provenienti unicamente da tali soggetti, anche se formulate sulla scorta di indicazioni fornite dai privati (Nappi, 1989, 149).

Per la nozione di “esercizio delle proprie funzioni” cfr. sub art. 476.

Soggetto passivo

Cfr. supra art. 476.

Elemento oggettivo

Oggetto materiale

Oggetto materiale del reato sono i certificati o le autorizzazioni amministrative.

Per la nozione cfr. sub art. 477.

La locuzione “fatti dei quali l'atto è destinato a provare la verità” qualifica gli atti oggetto di tutela penale. Nell'ambito di applicazione della norma, infatti, rientrano solo alcuni tipi di certificati nei quali la dichiarazione di scienza dell'autore è indirizzata a provare la verità dei fatti attestati (Ramacci, 1966).

Secondo parte della dottrina l'espressione “fatti” contenuta nell'art. 480 deve essere intesa in senso ampio: in essa sono ricompresi tutti gli avvenimenti e le condizioni o le qualità personali alla cui prova è destinato l'atto in virtù del potere certificante del pubblico ufficiale (ad es. il pagamento di una tassa, la qualità di cittadino italiano, l'indigenza, ecc.) (Antolisei, 2008, II, 119) e non solo i fatti in senso proprio.

Per un'altra parte, invece, la locuzione deve essere interpretata nel senso che i fatti rappresentati nel certificato o nell'autorizzazione devono essere giuridicamente rilevanti (cioè potenzialmente produttivi di effetti giuridici) in relazione alla specifica funzione che si manifesta nell'atto (De Marsico, 1967, 588).

La dottrina ha chiarito che la destinazione dell'atto a provare la verità non riguarda la parte dispositiva dell'autorizzazione (cioè l'enunciato performativo “io autorizzo”) che, come tale, non può essere né vera né falsa, ma soltanto gli accertamenti e le singole documentazioni dei requisiti che legittimano il rilascio dell'atto. La falsità, dunque, può essere realizzata solo in riferimento al contenuto implicitamente o esplicitamente dichiarativo dell'autorizzazione (Nappi, 1989, 6; Ramacci, 1966, 104).

Non rileva, infine, la distinzione tra atti facenti fede sino a querela di falso e fino a prova contraria, né tra atti interni ed esterni della p.a., essendo entrambe le categorie di atti comprese nella tutela della pubblica fede assicurata dalla norma (Cass. VI, n. 22396/2004).

Condotta

La condotta descritta dalla norma consiste nella falsa attestazione e rientra nel modello generale di falsità ideologica individuato dall'art. 479, discostandosene per alcuni tratti differenziali e peculiari.

La dottrina ha chiarito che affinché si realizzi il delitto di cui all'art. 480 è necessario che i falsi siano stati formati originariamente dai soggetti attivi e l'agente abbia avuto una diretta percezione di essi (Nappi, 1989, 6): nel caso di certificati si tratta di false rappresentazioni di atti o fatti già appartenenti alle conoscenze della P.A., mentre per le autorizzazioni di falsa documentazione di dati contenuti dalla stessa.

La configurazione del fatto tipico si profila parzialmente diverso dal modello legale paradigmatico (l'art. 479) sul piano naturalistico e su quello dell'attitudine offensiva in virtù della particolare tipologia degli oggetti materiali del reato:

a) falso ideologico in certificato: la natura riproduttiva e secondaria dell'atto indica che la condotta criminosa si colloca in un momento logico-cronologico successivo rispetto a quello cui si riferisce il fatto descritto dall'art. 479: mentre quest'ultimo riguarda un'attività originaria, cioè riferita a dati inediti per la P.A., il delitto di cui all'art. 480 concerne operazioni meramente riproduttive di elementi o conoscenze già acquisite in precedenza attraverso l'attestazione rilevante per l'art. 479 (Ramacci, 1966, 97). Inoltre, il carattere secondario del certificato ridimensiona l'intensità del disvalore di evento, giustificando la scelta sanzionatoria più mite. L'immissione, infatti, di contenuti falsi in un documento meramente riproduttivo pregiudica in misura minore l'integrità della prova e la trasparenza del traffico giuridico, che sono comunque salvaguardati dalla sopravvivenza di un documento primario rappresentativo dei medesimi contenuti del certificato.

b) falsità ideologica in autorizzazione: la divergenza tra reale e documentato potrebbe celare l'assenza dei requisiti richiesti dalla legge ai fini della legittima adozione del provvedimento autorizzatorio. In questa ipotesi l'effetto lesivo prodotto dal reato non consiste solo nell'aggressione al bene della «fede pubblica», ma anche nella lesione frontale ad altri preminenti valori quali i principi costituzionali di imparzialità e buon andamento.

La dottrina, inoltre, ha evidenziato che la condotta delittuosa è configurabile non solo quando si affermi in termini contrari al vero l'esistenza di una determinata situazione, ma altresì quando, nel descrivere quest'ultima, si omettano elementi rilevanti di connotazione della medesima. Di conseguenza, anche la falsità ideologica in certificati o autorizzazioni amministrative può concretizzarsi attraverso una diversa descrizione dei fatti (forma attiva), ovvero una descrizione infedele, in quanto parziale, della realtà verificatasi (forma omissiva) (Mezzetti, 2001, 274).

Il falso grossolano

Cfr. sub art. 479.

Elemento psicologico

Il dolo

Il reato è punito a titolo di dolo generico, che si concreta nella volontarietà della dichiarazione falsa, con la consapevolezza del suo carattere non veritiero. Non sono, infatti, rilevanti le ragioni che hanno determinato l'agente ad operare l'attestazione e, quindi, qualsivoglia accertamento in ordine alla sua volontà di favorire sé o altri (Cass. V, n. 41172/2014; Cass. V, n. 34814/2001). Nell'ambito del fuoco del dolo devono rientrare tutti gli elementi costitutivi del reato, tra cui, in particolare, anche la qualifica giuspubblicistica del soggetto attivo. Cfr. sub art. 479.

La giurisprudenza ha chiarito che non può escludersi la sussistenza dell'elemento soggettivo nell'ipotesi in cui il medico di base rilasci un certificato medico telefonicamente, in quanto il sanitario è certamente consapevole di aver certificato una patologia medica senza aver effettuato una preventiva verifica, nella immediatezza, attraverso l'esame del paziente (Cass. V, n. 18687/2012).

Consumazione e tentativo

Consumazione

Il delitto si consuma nel momento in cui può considerarsi conclusa la documentazione e perfezionato l'atto, in quanto si è esaurita l'attività di certificazione, ovvero quella di rilascio di un'autorizzazione. A differenza dell'art. 478 la norma non richiede espressamente per la consumazione del reato che gli atti falsificati siano rilasciati all'interessato.

Tentativo

Cfr. sub art. 479.

La giurisprudenza ha chiarito che non si configura il tentativo di falsità ideologica per induzione in errore del pubblico ufficiale (artt. 48, 56, 480) per la sola induzione in errore del pubblico ufficiale (la quale può costituire di per sé diverso ed autonomo reato), ma è necessario che il pubblico ufficiale, una volta tratto in inganno, ponga a sua volta in essere comportamenti finalizzati alla formazione — poi non realizzata — dell'atto contenente la falsità (Cass. V, n. 28945/2012; Cass. V, n. 12034/2007; Cass. V, n. 41205/2002)

Forme di manifestazione

Circostanze comuni

La giurisprudenza ha chiarito che si può applicare la circostanza aggravante di cui all'art. 61, n. 9. Cfr. anche sub art. 479.

Concorso di persone

Cfr. sub art. 479.

Rapporti con altri reati

Disposizioni contro le immigrazioni clandestine ex art. 12 comma 2 d.lgs. n. 286/1998

Il reato di falsità materiale in certificati ed autorizzazioni amministrative non resta assorbito in quello di favoreggiamento della permanenza illegale nel territorio dello Stato, in quanto la condotta del primo costituisce una autonoma attività criminosa, eventualmente idonea ad agevolare la commissione del secondo senza esserne elemento costitutivo (Cass. I, n. 27958/2014).

Abuso d'ufficio

La condotta del pubblico ufficiale che si esaurisca in una falsificazione integra il solo reato di falso (nella specie, ideologico in certificati) e non anche quello di abuso d'ufficio, da considerare assorbito nel primo, non rilevando la diversità dei beni giuridici tutelati dalle due norme incriminatrici (Cass. VI, n. 42577/2009).

Falso in certificazione ex art. 55 quinques d.lgs. n. 165/2001

Il reato di falso in certificazione di cui all'art. 55-quinquies d.lgs. n. 165/2001 commesso da un pubblico dipendente mediante presentazione di un certificato medico falsamente attestante uno stato di malattia a giustificazione dell'assenza dal servizio è in rapporto di specialità rispetto al delitto di falso di cui all'art. 480 c.p., e, pertanto, non concorre con tale delitto che resta assorbito nel primo (Cass. V, n. 22281/2021).

Concorso di reati

Peculato

Il reato di cui all'art. 480 può concorrere con quello di peculato, in quanto gli stessi tutelano beni giuridici diversi e prevedono condotte diverse: la prima fattispecie, infatti, punisce un'azione falsificatrice autonoma e non indispensabile per la configurazione della condotta appropriativa tipica del peculato (Cass. V, n. 30512/2014).

Abusivo esercizio di una professione

Integra i reati di falsità ideologica in certificazioni amministrative (art. 480) e di abusivo esercizio della professione medica la condotta consistente nell'operazione di integrale riempimento, da parte del titolare di una farmacia, dei dati relativi a ricettari di prescrizioni mediche intestati ad un medico convenzionato con il servizio sanitario nazionale, e da quest'ultimo già sottoscritti e timbrati in ogni foglio lasciato in bianco (Cass. VI, n. 13315/2011).

Falsità materiale commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici

I due reati possono concorrere, ad es., nell'ipotesi in cui l'agente, in qualità di titolare di scuola guida, falsifica rispettivamente il registro delle presenze dei frequentanti e l'attestato finale di frequenza dei corsi per il recupero dei punti della patente a seguito di infrazioni del codice della strada (Cass. V, n. 13069/2011).

Casistica

La giurisprudenza ha stabilito che integrano gli estremi delle fattispecie di cui all'art. 480:

a) l'apposizione da parte del medico convenzionato di una data diversa da quella effettiva in un documento attestante la continuazione di una malattia (Cass. V, 4 novembre 1992);

b) il rilascio del certificato (nella specie, di proroga della prognosi di malattia) da parte il medico convenzionato con il servizio sanitario ad un paziente senza averlo previamente visitato, e, quindi, senza alcuna verifica obiettiva delle condizioni di salute. L'effettiva sussistenza della malattia è irrilevante (Cass. V, n. 18687/2012);

c) l'attestazione fatta dal sindaco circa la mancata annotazione di determinati eventi nei registri del Comune (Cass. V, n. 10478/1996);

d) l'attribuzione operata dal funzionario dell'ufficio di collocamento che conferisca, sul nulla-osta per l'avviamento al lavoro, una falsa qualifica all'aspirante lavoratore (Cass. II, 8 novembre 1990);

e) l'indicazione operata dal notaio di dati contrastanti con il contenuto dei relativi rogiti negli atti di autoliquidazione di imposta trasmessi in via informatica all'amministrazione finanziaria (Cass. V, n. 30512/2014);

f) la falsa attestazione della frequenza a un corso di studi al fine di ottenere un provvedimento di rinvio della leva militare (Cass. V, n. 46933/2007);

g) l'allegazione operata dal privato, a corredo della richiesta di concessione edilizia in sanatoria (atto avente natura di autorizzazione amministrativa), di documentazione non veritiera (attestante l'avvenuta demolizione del manufatto e il ripristino dello stato dei luoghi), inducendo così in errore il pubblico ufficiale destinatario della richiesta (Cass. III, n. 7273/2018).

Profili processuali

Gli istituti

 Si tratta di un reato procedibile d'ufficio e di competenza del tribunale in composizione monocratica.

Per la falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale in certificati o in autorizzazioni amministrative:

a) l'azione penale deve essere esercitata nelle forme della citazione diretta ai sensi dell'art. 550 c.p.p.;

b) non sono consentiti il fermo e l'arresto in flagranza;

c) non è consentita l'applicazione della custodia in carcere e delle altre misure cautelari personali.

L'interesse ad impugnare

Cfr. sub art. 476.

La giurisprudenza ha affermato che l'imputato assolto dal reato di cui all'art. 480 perché il fatto non costituisce reato ha interesse ad impugnare la dichiarazione di falsità dell'atto pronunciata dal giudice. L'interesse, infatti, sussiste ogni qualvolta l'impugnazione sia preordinata alla eliminazione di un atto lesivo della sfera giuridica del soggetto interessato, anche se si riferisce ad effetti extrapenali, quali il nocumento personale e sociale. Di conseguenza, se l'imputato non propone impugnazione, la decisione con la quale il giudice di appello ritiene avvenuto il passaggio in giudicato della summenzionata dichiarazione di falsità (in quanto non impugnata) e riforma la sentenza di primo grado, condannando l'imputato, è legittima (Cass. V, n. 17411/2007).

Bibliografia

De Flammineis, Falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale in certificati o in autorizzazioni amministrative, in Trattato di diritto penale, Parte speciale, Reati contro la fede pubblica, vol. X, Milano, 2013; V. anche sub art. 476.

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