Codice Penale art. 481 - Falsità ideologica in certificati commessa da persone esercenti un servizio di pubblica necessità.

Francesca Romana Fulvi

Falsità ideologica in certificati commessa da persone esercenti un servizio di pubblica necessità.

[I]. Chiunque, nell'esercizio di una professione sanitaria o forense, o di un altro servizio di pubblica necessità [359], attesta falsamente, in un certificato, fatti dei quali l'atto è destinato a provare la verità, è punito con la reclusione fino a un anno o con la multa da 51 euro a 516 euro.

[II]. Tali pene si applicano congiuntamente se il fatto è commesso a scopo di lucro.

competenza: Trib. monocratico

arresto: non consentito

fermo: non consentito

custodia cautelare in carcere: non consentita

altre misure cautelari personali: non consentite

procedibilità: d'ufficio

Inquadramento

Il delitto in esame  costituisce un'ipotesi di falsità ideologica, qualificata dalla dottrina come cattivo uso dei poteri documentali di cui il soggetto sia legittimato a servirsi, attraverso il quale egli produce la deviazione dell'atto dal fine cui doveva legittimamente essere indirizzato (Antolisei, 2008, 133).

Bene giuridico

Cfr. sub art. 476. In particolare la fattispecie tutela la presunzione di affidabilità dei certificati e degli attestati provenienti sia da pubblici ufficiali, sia da altri soggetti qualificati, quali gli esercenti privati di servizi di pubblica necessità.

In considerazione dei differenti interessi tutelati dagli artt. 481 e 485 la Cassazione ha dichiarato manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, d.lgs. n. 7/2016, nella parte in cui non prevede, fra i reati da depenalizzare, quello di cui all'art. 481. Ciò in quanto il criterio direttivo di cui all’art. 2, comma 3, lett. a), n. 1 della legge delega 28 aprile 2014, n. 67, ha inteso escludere dalle fattispecie da depenalizzare quelle ipotesi di falsità che non rispondono ad interessi meramente privati fra le quali è annoverabile il delitto in esame (Cass. V, n. 45451/2019).

Soggetti

Soggetto attivo

Si tratta di un reato proprio, che può essere commesso solo da chi esercita una professione sanitaria o forense o un altro servizio di pubblica necessità (per la nozione cfr. sub art. 359).

Soggetto passivo

Cfr. sub art. 476.

Elemento oggettivo

Oggetto materiale

Oggetto materiale del reato sono i “certificati” in cui il soggetto esercente un servizio di pubblica necessità attesta falsamente fatti dei quali l'atto è destinato a provare la verità. Possono essere diretti sia un'Autorità pubblica sia ad un soggetto privato.

Per la nozione di certificati cfr. sub art. 477.

Secondo un orientamento tali certificati si dovrebbero qualificare come scritture private perché non sono formati da pubblico ufficiale o da pubblico impiegato incaricato di un pubblico servizio. L'assimilazione all'atto pubblico deriverebbe dal fatto che sono dotati di maggiore attendibilità e credito rispetto alle comuni scritture private per la posizione qualificata di colui che le rilascia.

Secondo un'altra impostazione la punibilità del fatto previsto dall'art. 481 come falsità ideologica non è un argomento fondante per far propendere per la qualificazione pubblica o quasi-pubblica dei certificati. Il profilo rilevante deve essere, invece, individuato nel fatto che si tratta di un documento indirizzato a fini probatori (Ramacci, 1965, 111). Le attestazioni delle quali l'atto è destinato a provare la verità riguardano i risultati dell'attività professionale svolta dall'autore dell'atto nell'esercizio delle proprie attribuzioni. Il legislatore impiega il termine “certificato” perché il documento redatto dal soggetto esercente un servizio di pubblica necessità “registra” le conclusioni cui quest'ultimo è pervenuto all'esito della sua attività tipica: attività della quale il privato è tenuto per legge a servirsi e senza la quale egli non potrebbe raggiungere i propri fini.

Il certificato ha, quindi, la funzione di rendere più agevole la prova di un fatto che non ha bisogno del certificato per essere rilevante, in quanto potrebbe essere anche ricostruito altrimenti: il certificato serve a rendere noto il rapporto intercorso ad esempio tra il professionista e il cliente e a registrare i risultati dell'attività professionale di quello. Ciò consente anche di cogliere la differenza fra tali documenti e gli atti pubblici, che recano soltanto in sé stessi la prova della situazione preesistente (Ramacci, 1965, 111).

Per quanto riguarda il requisito della destinazione a provare la verità dei fatti attestati non occorre che il certificato faccia piena fede dei fatti medesimi, ma è sufficiente esso sia suscettibile di ingannare la pubblica fede e non rileva che colui al quale il certificato è diretto possa prestar fede o meno a ciò che in esso è attestato.

Condotta

Conformemente allo schema base della falsità ideologica, la condotta tipica si sostanzia nella falsa attestazione di un fatto: nel caso di specie è sanzionata la falsa rappresentazione di fatti giuridicamente rilevanti in relazione al servizio di pubblica necessità esercitato. Il documento deve essere falsificato nel suo contenuto ideale: pur essendo riconducibile a colui che l'ha redatto, dovrà contenere affermazioni non corrispondenti al vero.

In dottrina si discute sul caso in cui il soggetto esercente un servizio di pubblica necessità sia chiamato a redigere atti destinati a provare fatti determinati, assumendo, per disposizione di legge, funzioni di certificazione tipica di altri pubblici ufficiali (ad esempio notai). L'esempio classico è quello della falsa autenticazione della firma del cliente nella procura ad litem.

Secondo un indirizzo dottrinale in tale ipotesi l'esercente un servizio di pubblica necessità è chiamato a svolgere una pubblica funzione certificativa e, pertanto, rivestirebbe la qualità di pubblico ufficiale ex art. 357. Di conseguenza si applicherà la fattispecie del falso ideologico in atto pubblico, e non il reato di cui all'art. 481 (De Marsico, 1967, 588).

La giurisprudenza recente, è, invece, di avviso diverso e ritiene che realizzi la fattispecie di cui all'art. 481 (Cass. V, n. 15556/2011; Cass. V, n. 22496/2005). In particolare, secondo la Cassazione la falsa sottoscrizione di una procura ad litem e la falsa attestazione dell'autenticità di quest'ultima comportano, a carico del difensore che se ne sia reso autore, la configurabilità, rispettivamente, dell'illecito civile di cui all'art. 4 comma 4 lett. a) d.lgs. 15 gennaio 2016, n. 7 (l'abrogato art. 485) e di quello di falsità ideologica commessa da persona esercente un servizio di pubblica necessità (art. 481). Secondo la Corte, infatti, si deve escludere che la seconda falsità possa qualificarsi come falsità ideologica in atto pubblico commessa da pubblico ufficiale laddove essa si sostanzi, come di norma, nella mera declaratoria di genuinità della firma (Cass. II, n. 3135/2002).

La giurisprudenza ha, inoltre, affermato che il delitto di cui all'art. 481 non è configurabile quando l'attestazione, sia pure incompleta, consenta di pervenire all'individuazione del fatto vero (Cass. III, n. 40194/2009).

Falso grossolano

Cfr. sub art. 479.

Elemento psicologico

Il dolo

Il reato è punito a titolo di dolo generico, consistente nella coscienza e volontà di attestare falsamente nei certificati emessi dall'esercente una professione forense, una professione sanitaria o un altro servizio di pubblica necessità, fatti dei quali l'atto è destinato a provare la verità. Secondo un'impostazione dottrinaria non è sufficiente la mera conoscenza e volontà dell'immutatio veri, cioè la consapevolezza e la volontà di attestare fatti contrari al vero, ma, rientra nel fuoco del dolo anche la consapevolezza dell'attitudine ingannatoria del documento (Cadoppi, Canestrari, Manna, Papa, 356).

Consumazione e tentativo

Consumazione

Cfr. sub art. 479.

Tentativo

Cfr. sub art. 479.

Forme di manifestazione

Circostanze speciali

Il secondo comma dell'art. 481 prevede una circostanza aggravante ai sensi della quale se il fatto è commesso a scopo di lucro si applicano congiuntamente, e non alternativamente, la pena della reclusione fino ad un anno o della multa da euro 51 ad euro 516. La circostanza, pertanto, si configura quando la condotta del soggetto agente è sorretta dall'intenzione di perseguire un vantaggio economico, denaro o altra utilità, maggiore o diversa, da quella ottenuta per la compilazione del certificato.

Di recente, la Cassazione ha chiarito che il fine di lucro non si può presumere alla luce della mera onerosità dell'incarico professionale conferito all'autore della condotta, ma deve essere dimostrato come un risultato concretamente attingibile proprio attraverso la falsa attestazione, indipendentemente da chi ne sia il beneficiario (Cass. fer, n. 41793/2017).

Circostanze comuni

Cfr. sub art. 479.

Concorso di persone

Cfr. sub art. 479.

Rapporti con altri reati

 

Art. 20, comma 13, d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380

Il reato di false dichiarazioni o attestazioni o asseverazioni circa l’esistenza dei requisiti e presupposti per il rilascio del permesso di costruire, previsto all’art. 20, comma 13, d.P.R.  n. 380/2001, ha un ambito applicativo che si sovrappone interamente alla fattispecie contemplata dall’art. 481 e a quella disciplinata all’art. 483, di cui assorbe il disvalore, e si consuma quando oggetto di asseverazione non siano esclusivamente fatti che cadono sotto la percezione materiale dell'autore della dichiarazione, ma giudizi (Cass. IV, n. 29251/2017).

False dichiarazioni o attestazioni in atti destinati all'autorità giudiziaria o alla Corte penale internazionale

Il reato di cui all'art. 374-bis si pone in rapporto di specialità rispetto al delitto previsto all’art. 481, in quanto si differenzia da questo per la funzione della falsa rappresentazione e per la destinazione dell'atto, ivi contemplato, all’autorità giudiziaria (Cass. IV, n. 11540/2017).

Concorso di reati

Truffa

 Cfr. Cass. III, n. 41167/2016.

Casistica

 

Falsità commessa da esercenti una professione sanitaria

Per quanto riguarda le certificazioni rilasciate dagli esercenti un'attività sanitaria la giurisprudenza ha chiarito che si realizza il reato di cui all'art. 481 quando il giudizio diagnostico espresso dal medico certificante si fonda su fatti esplicitamente dichiarati o implicitamente contenuti nel giudizio medesimo, che siano non rispondenti al vero e che ciò sia conosciuto da colui che ne fa attestazione (Cass. V, 16 febbraio 1981; Cass. VI, 24 maggio 1977).

Il certificato medico, in quanto destinato a provare la verità di fatti morbosi a qualsiasi terzo interessato, presuppone necessariamente, anche se implicitamente, che il medico stesso abbia proceduto direttamente all'accertamento della malattia mediante visita del paziente. Di conseguenza risponde del delitto di cui all'art. 481 il sanitario che, non avendo proceduto ad accertare la morte mediante visita della salma, attesti, senza menzione della stessa, il tempo, il luogo e la causa della morte. Non rileva, inoltre, la visita sia stata compiuta poco prima della morte del soggetto, quando questi era in agonia (Cass., V, 14 dicembre 1977).

La giurisprudenza ha stabilito che integrano gli estremi delle fattispecie di cui all'art. 481:

a) la condotta del medico ospedaliero che rediga un referto con false attestazioni diagnostiche, in quanto la diagnosi riportata nel referto ha natura di fede privilegiata, essendo preordinata alla certificazione di una situazione caduta nella sfera conoscitiva del pubblico ufficiale, che assume anche un rilievo giuridico esterno alla mera indicazione sanitaria o terapeutica (Cass. VI, n. 12401/2010);

b) la condotta del medico curante che abbia emesso il certificato anamnestico necessario per il rilascio del porto d'armi attestando, falsamente, l'assenza di disturbi psichici nel paziente che successivamente abbia commesso un omicidio, proprio per la sua alterazione psichica (Cass. IV, n. 22042/2015);

c) la condotta del medico che compili una “ricetta bianca”, attraverso la quale si attesti che l'assistito abbia diritto a quella specifica prestazione o a quel determinato farmaco, a prescindere dalla peculiare modalità con cui l'accertamento medico è stato effettuato (Cass. V, n. 28847/2020);

d) la condotta del medico, operante in una struttura sanitaria privata, che rediga il "foglio unico di terapia" omettendo l'indicazione di taluni farmaci e modificando i dosaggi relativi ad altri medicinali effettivamente somministrati al paziente (Cass. V, n. 15272/2021).

Falsità commessa da esercenti la professione forense

La giurisprudenza ha chiarito che realizza il reato di cui all'art. 481 la falsa attestazione, da parte del difensore, dell'autenticità della firma figurante in calce ad una procura ad litem (Cass. V, n. 6348/2021) o ad un atto di conferimento di procura speciale apparentemente proveniente dalla persona offesa di un reato, poiché non rileva, ai fini della pretesa innocuità del falso, il fatto che, per errore, l'atto anzidetto sia stato redatto su di un modulo predisposto per l'imputato (Cass. V, n. 15150/2007).

Le Sezioni Unite, inoltre, hanno affermato che configura il reato di falsità ideologica in atto pubblico, e non il reato di cui all'art. 481, la condotta del difensore che documenta e, poi, utilizza processualmente le informazioni delle persone in grado di riferire circostanze utili alla attività investigativa, verbalizzate in modo incompleto o non fedele, in quanto l'atto ha la stessa natura e gli stessi effetti processuali del corrispondente verbale redatto dal p.m. (Cass. S.U., n. 32009/2006).

Falsità commesse da persone esercenti altro servizio di pubblica necessità

La giurisprudenza ha asserito che devono considerarsi esercenti un servizio di pubblica necessità:

a) l'ingegnere ed il tecnico tenuto a disporre gli atti necessari per il rilascio di una concessione edilizia. Infatti, sia il progetto quanto la relazione sono atti professionali che per legge richiedono un titolo di abilitazione e che sono vietati a chi non sia autorizzato all'esercizio della professione specifica (Cass. V, 7 maggio 1986);

b) il progettista che, nella relazione iniziale di accompagnamento di cui all'art. 23 comma 1 d.P.R. n. 380/2001, renda false attestazioni, sempre che le stesse riguardino lo stato dei luoghi e la conformità delle opere realizzande agli strumenti urbanistici e non anche la mera intenzione del committente o la futura eventuale difformità di quest'ultima rispetto a quanto poi in concreto realizzato (Cass. III, n. 27699/2010);

c) l'ingegnere incaricato di predisporre il progetto e la relazione necessari per il rilascio di una concessione edilizia (Cass. V, n. 3146/2007).

Integra il reato di cui all'art. 481:

a) la condotta del tecnico-professionista che, nell'espletamento del servizio di pubblica necessità assegnatogli, indichi, in sede di dichiarazione di inizio di attività (d.i.a.), le opere da realizzare sulla base di una descrizione dello stato presente dei luoghi, non corrispondente al vero (Cass. V, n. 35615/2010);

b) la condotta del tecnico-professionista che rediga la relazione d'asseverazione allegata alla Dia attestando, contrariamente al vero, la conformità delle opere agli strumenti urbanistici (Cass. III, n. 1818/2008);

c) la condotta del professionista che redige planimetrie falsamente descrittive dello stato dei luoghi e la committente che firma la domanda fondata sulla documentazione infedele (Cass. III n. 30401/2009; Cass. V, n. 15860/2006);

d) la condotta del professionista che redige la relazione tecnica, allegata alla domanda di rilascio del permesso di costruire in accertamento di conformità, falsamente attestante la conformità dell'intervento alla normativa edilizia ed urbanistica (Cass.  fer, n. 39699/2018).

Profili processuali

Gli istituti

 Si tratta di un è reato procedibile d'ufficio e di competenza del tribunale in composizione monocratica.

Per la falsità ideologica in certificati commessa da persone esercenti un servizio di pubblica necessità:

a) l'azione penale deve essere esercitata nelle forme della citazione diretta ai sensi dell'art. 550 c.p.p.;

b) non sono consentiti il fermo e l'arresto in flagranza;

c) non è consentita l'applicazione della custodia in carcere e delle altre misure cautelari personali.

L'interesse ad impugnare

Cfr. sub art. 476.

Bibliografia

Borgogno, Falsità ideologica in certificati commessa da persone esercenti un servizio di pubblica necessità, in Trattato di diritto penale, Parte speciale, Reati contro la fede pubblica, vol. X, Milano, 2013; V. anche sub art. 476.

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