Codice Penale art. 497 ter - Possesso di segni distintivi contraffatti (1).

Francesca Romana Fulvi

Possesso di segni distintivi contraffatti (1).

[I] Le pene di cui all'articolo 497-bis si applicano anche, rispettivamente:

1) a chiunque illecitamente detiene segni distintivi, contrassegni o documenti di identificazione in uso ai Corpi di polizia, ovvero oggetti o documenti che ne simulano la funzione;

2) a chiunque illecitamente fabbrica o comunque forma gli oggetti e i documenti indicati nel numero precedente, ovvero illecitamente ne fa uso.

(1) Articolo inserito dall'art. 10-bis d.l. 27 luglio 2005, n. 144, conv., con modif., in l. 31 luglio 2005, n. 155, come introdotto, in sede di conversione, dall'art. 1-ter 1 lett. b) d.l. 30 dicembre 2005, n. 272, conv., con modif., in l. 21 febbraio 2006, n. 49.

competenza: Trib. monocratico

arresto: facoltativo

fermo: non consentito

custodia cautelare in carcere: consentita

altre misure cautelari personali: consentite

procedibilità: d'ufficio

Inquadramento

Il delitto punito all'art. 497-ter è stato introdotto dall'art. 10-bis d.l. 27 luglio 2005, n. 144, convertito con modificazioni, con l. 31 luglio 2005, n. 155, inserito dall'art. 1-ter d.l. 30 dicembre 2005, n. 272, convertito con modificazioni, con l. 21 febbraio 2006, n. 49. Analogamente all'art. 497-bis costituisce una delle misure predisposte dal legislatore per contrastare il fenomeno del terrorismo internazionale mediante l'individuazione di condotte potenzialmente strumentali rispetto alla realizzazione di delitti terroristici di più grave portata offensiva.

L'art. 497-ter prevede una norma a più fattispecie, tutte caratterizzate dalla specificità dell'oggetto materiale e diversamente sanzionate. Al n. 1, infatti, punisce la condotta di illecita detenzione di segni distintivi, contrassegni o documenti di identificazione in uso ai Corpi di polizia, ovvero di oggetti o documenti che ne simulino la funzione; al n. 2, quella di illecita fabbricazione o formazione degli oggetti e documenti predetti, ed il loro illecito uso. Secondo la dottrina e la giurisprudenza prevalenti, infatti, l'art. 497-ter contempla due diverse e autonome fattispecie di reato, e non un reato circostanziato (Cadoppi-Canestrari-Manna-Papa, 626).

La Cassazione, infatti ha chiarito che le condotte contemplate al n. 2 sono distinte e diverse da quelle previste dal n. 1, e che, in quanto non comprensive degli elementi costitutivi del reato previsto al n. 1 e di un quid pluris, non possono configurarsi come ipotesi aggravate di quest'ultimo reato (Cass. V, n. 26537/2014). Il richiamo operato dall'art. 497-ter alle pene previste nell'art. 497-bis, inoltre, è operato esclusivamente quoad poenam, senza alcun riferimento alla struttura di quest'ultima norma. Prima dell'introduzione dell'art. 497-ter, la condotta di porto abusivo di divise o di segni di un Corpo di polizia poteva acquisire rilevanza ex art. 498 come usurpazione di titoli. A seguito delle modifiche operate dall'art. 1-ter d.l. n. 272/2005 l'usurpazione di titoli opera nei soli casi in cui il fatto non configuri il reato dell'art. 497-ter.

Bene giuridico

In dottrina si è affermato che sebbene la fattispecie ex art. 497-ter s'inserisca nel contesto degli interventi normativi tesi a prevenire il fenomeno del terrorismo è, tuttavia, possibile ritenere, considerando pure la giurisprudenza formatasi sul delitto previsto dall'art. 497-bis introdotto con la medesima riforma, che anche la fattispecie di possesso di segni distintivi contraffatti tuteli la fede pubblica.

Di conseguenza il reato sarebbe configurabile anche a prescindere da eventuali collegamenti con ambienti eversivi e dalla realizzazione di condotte comunque riconducibili al fenomeno del terrorismo internazionale (Cass. V, n. 9723/2009) e tutelerebbe l'affidabilità dell'identificazione personale (Cass. V, n. 15833/2010).

Soggetti

Soggetto attivo

Il possesso di segni distintivi contraffatti è un reato comune, che può essere commesso da“chiunque”.

Secondo un orientamento dottrinario nel caso in cui la condotta di illecita fabbricazione o formazione sia posta in essere da un pubblico ufficiale o da un incaricato di pubblico servizio il fatto configurerebbe ipotesi tipica di falsità materiale speciale, in virtù del combinato disposto degli artt. 477 e 482 (Marenghi-Padovani, 2014, 3215).

Elemento oggettivo

 

Oggetto materiale

Gli oggetti materiali sono:

a) le tessere d'identificazione (ad es. della Polizia di Stato Cass. V, n. 45126/2019), le uniformi, le placche e gli altri contrassegni che identificano, secondo le disposizioni vigenti, gli operatori appartenenti alle forze di polizia (comprese quelle che hanno competenza locale o variamente circoscritta in ragione delle specifiche attribuzioni). Sono altresì contrassegni identificativi la sciarpa tricolore di cui all'art. 24 r.d. 6 maggio 1940 n. 635 (Approvazione del regolamento per l'esecuzione del r.d. n. 773/1931, delle leggi di pubblica sicurezza) ed i segnali distintivi di cui all'art. 24 d.P.R. 16 dicembre 1992 n. 495 (Regolamento di esecuzione e di attuazione del nuovo codice della strada);

b) i segni distintivi, contrassegni e documenti che, pur senza riprodurre gli originali, ne simulino le funzioni, in quanto idonei a trarre in inganno circa le qualità personali di colui che dovesse utilizzarli e circa l'appartenenza ad un apparato amministrativo che esercita le funzioni di polizia. Si tratta di tutta una serie di strumenti (ad esempio la paletta del vigile urbano utilizzata a fine dell'ingiunzione a fermarsi) che ineriscono all'attività delle forze di polizia, ma non ne esprimono l'identità. Non rientrano nell'ambito di applicazione della norma tutte quelle res che i Corpi di polizia condividono con altri apparati amministrativi (ad es. segnalatori acustici ed audiovisivi). Per quanto attiene al concetto di “documento” secondo un orientamento ricomprenderebbe tutti gli atti scritti con i quali si esprime l'attività di polizia (Cadoppi-Canestrari-Manna-Papa, 626).

La giurisprudenza ha chiarito che non rileva che detti oggetti siano contraffatti o autentici, giacché la norma ne sanziona, in ogni caso, l'illecita detenzione o l'illecito uso. Secondo la dottrina gli oggetti di cui all'art. 497-ter devono essere in uso ad un Corpo di polizia (cioè dotati di attualità), per cui il reato non si configura in riferimento a segni distintivi e contrassegni non più utilizzati da un determinato Corpo (Cadoppi-Canestrari-Manna-Papa, 626.).

La giurisprudenza, invece, ha precisato che il requisito dell'attualità dell'uso è richiesto solo per l'ipotesi di cui all'art. 497-ter  comma n. 1 prima parte (Cass. V, n. 35094/2013).

Condotta

Le condotte descritte nella norma sono le seguenti: a) l'illecita detenzione di segni distintivi, contrassegni o documenti di identificazione in uso ai Corpi di polizia, ovvero di oggetti o documenti che ne simulino la funzione: in tale ipotesi il soggetto è punibile per la sola detenzione dei segni o dei documenti, come conferma anche il n. 2 dell'art. 497 ter che sanziona, invece, l'uso. La detenzione deve essere “illecita”, cioè senza un valido titolo giustificativo.

La giurisprudenza ha chiarito che la norma dell'art. 497 ter comma 1 n. 1 si riferisce — come si desume anche dalla rubrica dell'articolo di legge — sia alla detenzione di segni contraffatti o comunque non autentici (posto che la contraffazione, in sé, è condotta rientrante in quelle espressamente descritte nell'ipotesi n. 2 prevista dall'articolo citato), sia alla detenzione illecita di segni distintivi di diversa origine illegale (ad esempio furto) (Cass. V, n. 35094/2013).

b) Illecita fabbricazione o formazione o uso di segni distintivi, contrassegni o documenti di identificazione in uso ai Corpi di polizia, ovvero di oggetti o documenti che ne simulino la funzione degli oggetti e documenti predetti: queste condotte devono essere connotate da illiceità, che nell'ipotesi di fabbricazione o in quella di formazione non potrebbe identificarsi con la semplice mancanza di un titolo abilitativo. Infatti quest'ultima ipotesi sembrerebbe acquisire rilevanza ex art. 28 r.d. 18 giugno 1931, n. 773 ove è punita, salvo che il fatto costituisca più grave reato, tra l'altro, la fabbricazione, l'assemblaggio, la raccolta, la detenzione e la vendita, senza licenza del Ministro per l'interno, di uniformi militari o di altri oggetti destinati all'armamento e all'equipaggiamento di forze armate nazionali o straniere. In merito all'ultimo comportamento sanzionato, quello dell'uso, non sembra rilevante la condotta di chi autorizzato a portare i predetti oggetti o documenti, li utilizzi al di fuori dei casi in cui ne è consentito l'impiego, perché ciò non determinerebbe un problema di identificazione personale.

Secondo un'impostazione dottrinaria, l'avverbio illecitamente non individua una clausola di illiceità speciale, ma identifica un elemento normativo del fatto tramite cui operare un richiamo al regime giuridico degli oggetti, dei contrassegni e dei documenti indicati dalla norma (Bisacci, 274).

 

Elemento psicologico

Il dolo

Il dolo di fattispecie è generico e consiste nella volontaria detenzione o fabbricazione di segni distintivi, contrassegni o documenti di identificazione in uso ai corpi di polizia o documenti che ne simulano la funzione.

Consumazione e tentativo

Consumazione

Il reato si consuma con la detenzione, la fabbricazione, la formazione o l'uso di segni distintivi, contrassegni o documenti di identificazione in uso ai Corpi di polizia, ovvero di oggetti o documenti che ne simulino la funzione degli oggetti e documenti predetti.

Tentativo

Il tentativo sembrerebbe configurabile nel caso di fabbricazione non portata a termine per cause indipendenti dalla volontà del colpevole.

Rapporti con altri reati

Il delitto sanzionato all'art. 28 r.d. n. 773/1931 ha carattere sussidiario e trova applicazione solo quando il fatto non costituisca un più grave reato. Di conseguenza nel caso in cui la condotta evidenziasse una destinazione d'uso dei menzionati oggetti in funzione di una identificazione contra veritatem, con consequenziale pregiudizio per la fede pubblica sarebbe configurabile il delitto ex art. 497 ter e quest'ultimo (in quanto reato più grave) troverebbe applicazione in luogo della fattispecie residuale prevista dall'art. 28 r.d. n. 773/1931 (in dottrina Marinucci-Dolcini, IX, 2011, 580). Infatti, l'art. 28 r.d. n. 773/1931 prevede la pena della reclusione da uno a tre anni e la multa da 3.000 euro a 30.000 euro, mentre il reato di cui all'art. 497 ter la reclusione fino a quattro anni.

Circolazione di mezzi adibiti a servizi di polizia, o antincendio, protezione civile e delle autoambulanze

Non è configurabile il concorso apparente di norme tra la fattispecie prevista dall'art. 497 ter comma 1 n. 1 e quella disciplinata dall'art. 177 d.lgs. n. 285/1992, perché la prima punisce la detenzione di oggetti che simulano la funzione dei corpi di polizia, la seconda sanziona invece l'abuso nell'utilizzo dei dispositivi in questione nella circolazione stradale (Cass. V, n. 6784/2015).

Usurpazione di titoli ed onori

Cfr. sub art. 498.

Unità o pluralità di reati

In merito ai rapporti tra le condotte previste al numero 1 e al numero 2 la dottrina ha evidenziato che si tratta di titoli autonomi di reato che non si pongono in rapporto di specialità e, di conseguenza, potrebbero astrattamente concorrere (Cadoppi-Canestrari- Manna-Papa, 626). Un orientamento ha suggerito la possibilità dell'assorbimento del disvalore espresso dalle condotte di detenzione nella tipicità di quelle di cui al n. 2, in particolare rispetto all'uso illecito degli oggetti e dei documenti identificativi in uso alla polizia. Tale soluzione conterrebbe in termini più ragionevole il carico sanzionatorio (Marenghi-Padovani, 2014, 3215).

Casistica

Integra il reato di cui all'art. 497-ter, comma 1, n. 1, seconda parte:

a) la detenzione di un contrassegno quale la paletta segnaletica, anche se attualmente non più in uso alla Polizia, considerato che il requisito dell'attualità dell'uso è richiesto solo per l'ipotesi di cui all'art. 497-ter comma 1 n. 1 prima parte (Cass. V, n. 35094/2013), di un tesserino riferibile alla Guardia di finanza, anche se da questa non in uso (Cass. V, n. 3556/2014).

b) la detenzione di segni distintivi e contrassegni dell'Arma dei Carabinieri e della Polizia di Stato acquistati via internet, trattandosi di materiale la cui diffusione è, ordinariamente, affidata a canali ufficiali o ad esercizi autorizzati alla vendita solo previa verifica del titolo di legittimazione personale (Cass. V, n. 4108/2009);

c) la detenzione di segni distintivi e contrassegni in uso a Corpi di Polizia in riferimento ai quali è per intervenuta scadenza della licenza (Cass I, n. 30457/2011);

d) la detenzione di un lampeggiante del tipo in uso alle Forze di Polizia collocato sul tetto della propria auto da parte di un appartenente alla Guardia di Finanza durante il periodo di godimento delle ferie e senza essere impegnato in alcun servizio (Cass. V, n. 32964/2014)  o di un lampeggiante removibile di colore blu, completo di alimentatore, anche se non più in dotazione alle forze dell'ordine, ma che ne simuli la funzione, poiché è idoneo a trarre agevolmente in inganno i cittadini sulle qualità personali di colui che ne faccia eventuale uso e sul potere connesso (Cass. V, n. 1808/2021);

e) la detenzione illecita di una fotocopia a colori, riprodotta con modalità tali da farla ritenere autentica, di una tessera di riconoscimento rilasciata dal Comando Regionale Carabinieri (e, quindi, di un documento identificativo delle Forza di Polizia Cass. V, n. 13810/2017o di un tesserino riferibile alla Polizia di Stato (Cass. V, n. 45126/2019).

f) la detenzione di una paletta segnaletica identica a quella in uso ai Carabinieri, priva soltanto del numero identificativo seriale, trattandosi di contrassegno comunque idoneo a trarre in inganno i cittadini sulle qualità personali di colui che ne fa uso e sul potere connesso a detto uso (Cass. V, n. 26042/2019).

Profili processuali

Gli istituti

Si tratta di reato procedibile d'ufficio e di competenza del tribunale in composizione monocratica.

Per il possesso di segni distintivi contraffatti:

a) l'azione penale deve essere esercitata nelle forme della citazione diretta ai sensi dell'art. 550 c.p.p. quando ricorre l'ipotesi di cui all'art. 497 ter comma 1;

b) non è consentito il fermo e l'arresto in flagranza è facoltativo;

c) è consentita l'applicazione della custodia in carcere e delle altre misure cautelari personali.

Bibliografia

Bisacci, voce Falsità personale, in Dig. pen., Torino, 2010; Lei, Possesso di segni distintivi contraffatti, in Trattato di diritto penale, Parte speciale, Reati contro la fede pubblica, vol. X, Milano, 2013.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.

Sommario