Codice Penale art. 598 - Offese in scritti e discorsi pronunciati dinanzi alle Autorità giudiziarie o amministrative.

Maria Teresa Trapasso
aggiornato da Angelo Salerno

Offese in scritti e discorsi pronunciati dinanzi alle Autorità giudiziarie o amministrative.

[I]. Non sono punibili le offese contenute negli scritti presentati o nei discorsi pronunciati dalle parti o dai loro patrocinatori nei procedimenti dinanzi all'Autorità giudiziaria, ovvero dinanzi a un'Autorità amministrativa, quando le offese concernono l'oggetto della causa o del ricorso amministrativo.

[II]. Il giudice, pronunciando nella causa, può, oltre ai provvedimenti disciplinari, ordinare la soppressione o la cancellazione, in tutto o in parte, delle scritture offensive, e assegnare alla persona offesa una somma a titolo di risarcimento del danno non patrimoniale [2059 c.c.; 89 2 c.p.c.]. Qualora si tratti di scritture per le quali la soppressione o cancellazione non possa eseguirsi, è fatta sulle medesime annotazione della sentenza [89 c.p.c.].

Inquadramento

La ratio della previsione di cui all'art. 598, comma 1, viene fatta consistere nell'esigenza di garantire alle parti ed ai loro patrocinatori la libertà di discussione e difesa (Fiandaca-Musco, PS, 112). 

Tale “immunità giudiziale” viene variamente qualificata: taluni ne richiamano la natura di “causa di giustificazione” (Cass. V, n. 6701/ 2006; Cass. V, n. 7000/ 2001), altri, quella di “causa di non punibilità” (che incide non sull'illiceità del fatto, ma solo sull'applicazione in concreto della sanzione; in dottrina Antolisei, PS, 224; n tal senso, come precisato dalla Corte cost. n. 128/1979, la sua funzione, diversamente rispetto all'esercizio del diritto di difesa, è quella di escludere la punibilità in concreto per un fatto comunque illecito, che tale resterebbe ove si superassero i limiti stabiliti dall'art. 598, comma 1, come dimostra la possibilità per il giudice di applicare provvedimenti disciplinari o ordinare il compimento delle attività di cui all'art. 598, comma 2).

In sede di legittimità si è precisato come  l'articolo in commento non escluda l'antigiuridicità del fatto, ma solo l'applicazione della pena , e ricomprenda altresì offese non necessarie, ove inserite nel contesto difensivo; mentre l'art. 51, ricollegandosi all'esercizio del diritto di difesa, richiede  il requisito della necessarietà e il rispetto dei limiti di proporzionalità e strumentalità ( Cass. V, n. 14542/2017, così pure Cass. VI,  n. 39918/2018 ). E’ necessario che le espressioni ingiuriose concernano, in modo diretto ed immediato, l'oggetto della controversia ed abbiano rilevanza funzionale per le argomentazioni poste a sostegno della tesi prospettata o per l'accoglimento della domanda proposta, quand'anche non necessarie o decisive (Cass. V, n. 8421/2019).

Soggetti

L'art. 598 trova applicazione solo per le parti ed i loro patrocinatori.

È considerata “parte”: il pubblico ministero; l'indagato (il generico riferimento al “procedimento davanti all'autorità giudiziaria” consente l'estensione anche alla fase delle indagini preliminari, in dottrina Dolcini-Gatta, 163); la persona offesa (che non si sia costituita “parte civile”: in tal senso Cass. V, n. 15525/2008). Quanto a colui che non abbia ancora assunto la qualifica di parte processuale, mentre un orientamento della giurisprudenza nega l'applicabilità dell'esimente nei casi di offese presenti nell'atto di citazione, dunque prima che il convenuto abbia assunto la qualifica di “parte” (Cass. II, n. 14192/1977), giurisprudenza più recente la ammette (Cass. V, n. 40452/2004). Essa non trova applicazione nel caso in cui le espressioni offensive siano contenute in una memoria difensiva inviata ad autorità diverse dal legittimo contraddittore del procedimento (Cass. V,  n. 27936/2018). Non rientrano i soggetti meramente "interessati" al giudizio, né gli appartenenti al personale di cancelleria (Cass. V, n. 38424/2020).

Si esclude il ruolo di “parte” per: il giudice procedente (Fiandaca-Musco, PS, 113); i testimoni; gli ausiliari; non vengono considerati parte i consulenti tecnici (in tal senso, Corte cost. n. 128/1979, che con riferimento ad essi sottolinea la diversità di ruolo rispetto ai patrocinatori).

Materialità

L'offesa deve essere contenuta in scritti presentati o discorsi pronunciati in procedimenti dinanzi all'Autorità giudiziaria o amministrativa; si richieda che essa sia attinente all'oggetto della causa.

Il procedimento, di natura contenziosa, deve essersi già costituito; pertanto le offese contenute in scritti o discorsi compiuti prima della formale costituzione o al di fuori di essi non assumeranno rilevanza ai fini dell'applicabilità dell'esimente in parola (Cass. V, n. 5403/1989, a proposito di una lettera inviata dal difensore e destinata alla pubblicazione a mezzo stampa). In sede di legittimità si è esclusa l'applicazione dell'esimente nel caso di invio di scritti offensivi a soggetti estranei al procedimento (benché indirizzati altresì a “parti” dello stesso, Cass.V, n. 6495/2005) e nei casi di discorsi pronunciati al di fuori dello svolgimento del procedimento (fuori dall'aula d'udienza o durante una pausa della stessa, Cass. V, n. 1335/1968). L'esimente è configurabile anche quando le espressioni offensive siano contenute in una diffida stragiudiziale, prodromica a successive iniziative legali(Cass. V, n. 24452/2019).

La qualificabilità del soggetto come “parte” ha inciso in talune decisioni nell'esclusione dell'esimente (come per le ipotesi di atti di impulso di procedimenti disciplinari: così S.C. con riguardo ad un ricorso al Csm, Cass. V, n. 2066/2008; altra giurisprudenza, attraverso un'interpretazione estensiva di tale nozione, ha incluso invece anche esposti al Consiglio dell'ordine degli avvocati, Cass. V, n. 44148/2006).

È Autorità giudiziaria l'organo che esercita il potere giurisdizionale: giudici penali e civili, giudici conciliatori, giudici di pace, gli arbitri obbligatori (in dottrina, Dolcini-Gatta, 165); vi rientra anche il pubblico ministero (Corte cost. n. 380/1999).

È Autorità amministrativa l'autorità esercente la funzione giurisdizionale, come si deduce dal riferimento alla necessari natura contenziosa del procedimento (con esclusione pertanto dei ricorsi gerarchici o quelli straordinari al Capo dello Stato). Sono tali: i Tribunali amministrativi regionali, le sezioni giurisdizionali della Consiglio di Stato e della Corte dei Conti).

Quanto al requisito dell'attinenza delle offese all'oggetto della causa o del ricorso, benché le offese non debbano essere “necessarie”, soccorrendo in tal caso la scriminante dell'esercizio del diritto, di cui all'art. 51 (in dottrina Mantovani, 234; Cass. V, n. 6701/ 2006), devono comunque essere legate ai fatti oggetto del procedimento in modo diretto (Cass. V, n. 6495/2005), e non ad esso estranee (Mantovani, 235). 

A tal proposito la Corte di Cassazione ha di recente precisato che ai fini dell'applicabilità dell'esimente, non rileva la cancellazione delle espressioni diffamatorie disposta dal giudice civile ex art. 89, comma 2, c.p.c., essendo distinti sia i canoni valutativi cui devono conformarsi quest'ultimo e il giudice penale nell'applicazione delle diverse disposizioni, sia la portata delle stesse, atteso che per offese non riguardanti l'oggetto della causa, ex art. 89 c.p.c., devono intendersi quelle "non necessarie alla difesa", pur se ad essa non estranee, mentre per "offese che concernono l'oggetto della causa", ex art. 598 c.p., devono intendersi quelle che, benché non necessarie, siano comunque strumentali alla difesa (Cass. V, n. 20520/2024).

L'esimente è stata ritenuta non applicabile agli esposti inviati al Consiglio dell'Ordine forense, in quanto l'autore dell'esposto non è parte nel successivo giudizio disciplinare e la previsione di cui all'art. 598 attiene agli scritti difensivi in senso stretto, con esclusione di esposti e denunce (in particolare in sede di legittimità se ne è nei confronti dell'imputato che aveva accusato, con un esposto inviato al Consiglio dell'Ordine forense territoriale, un avvocato, affermando che aveva istruito centinaia di cause basate sul mendacio e definendolo “sua falsità”, Cass. V, n. 39486/2018).

L'esimente non trova applicazione per i casi di affermazioni calunniose contenute negli scritti (Cass. V, n. 31115/2011, da ultimo, Cass. V, n. 32823/2019 ); né per le offese rivolte al giudice del procedimento (integranti la fattispecie di cui all'art. 343).

Casistica

L'esimente è applicabile ad un'istanza di ricusazione proposta nell'ambito del procedimento penale, trattandosi di atto funzionale all'esercizio del diritto di difesa, anche se non direttamente connesso al merito della causa (Cass. V, n. 5384/2002).

È stata riconosciuta l'esimente relativamente ad uno scritto inviato da un dipendente al Collegio di Conciliazione dell'Ufficio provinciale del lavoro (Cass. V, n. 48544/2011).

È stata esclusa la ricorrenza dell'esimente in relazione a frasi oltraggiose pronunziate dall'imputato all'indirizzo del PM in udienza, senza alcun collegamento a specifiche argomentazioni difensive (Cass. VI, n. 14201/ 2009).

Profili processuali

La non punibilità delle esternazioni offensive non impedisce al giudice di applicare sanzioni disciplinari o ordinare la soppressione o la cancellazione dagli atti processuali delle scritture offensive (ex art. 598, comma 2).

Per quanto concerne le sanzioni disciplinari, laddove queste debbano essere applicate al pubblico ministero ed ai difensori, il giudice inoltrerà richiesta rispettivamente al C.S.M. ed al Consiglio dell'ordine (negli altri casi, la normativa di riferimento è rappresentata dagli artt. 470,471,475 c.p.p. e 127, 128 c.p.c.; si v. Dolcini-Gatta, 168).

È altresì prevista la possibilità per il giudice (della causa all'interno della quale si è compiuta la condotta offensiva, Cass. V, n. 36627/2008), di assegnare alla persona offesa una somma a titolo di risarcimento del danno non patrimoniale. La condanna al risarcimento del danno non patrimoniale a carico del soggetto che sia stato prosciolto ai sensi dell'art. 598, comma 1, c.p., può essere inflitta soltanto dal giudice della causa in cui le espressioni diffamatorie scriminate siano state pronunziate o scritte e non dal giudice che ha prosciolto l'imputato (Cass. V, n.24452/2019).

Bibliografia

Dolcini-Gatta, Art. 598, in Codice penale commentato, a cura di Dolcini-Gatta, II, Milano, 2015; La Rosa, Tutela penale dell'onore, in Pulitanò, Diritto penale, Parte speciale, I, Tutela penale della persona, Torino, 2014, 365. V. anche sub sub art. 595.

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