Codice Penale art. 623 bis - Altre comunicazioni e conversazioni (1).Altre comunicazioni e conversazioni (1). [I]. Le disposizioni contenute nella presente sezione, relative alle comunicazioni e conversazioni telegrafiche, telefoniche, informatiche o telematiche, si applicano a qualunque altra trasmissione a distanza di suoni, immagini od altri dati. (1) Articolo inserito dall'art. 4 l. 8 aprile 1974, n. 98, e successivamente così sostituito dall'art. 8 l. 23 dicembre 1993, n. 547. InquadramentoLa norma in esame, introdotta nella sua attuale formulazione dall'art. 8, l. 23 dicembre 1993, n. 547, ha la funzione di norma di chiusura del sistema sanzionatorio posto a tutela della segretezza, riservatezza e libertà delle comunicazioni a distanza. Una prima formulazione della norma, introdotta con l'art. 4, l. 8 aprile 1974, n. 98, limitava l'estensione della tutela penale alle sole ipotesi di trasmissioni a distanza effettuate «con collegamento su filo o ad onde guidate» (Garavelli, 434). La scelta legislativa di limitare la tutela penale delle comunicazioni a distanze soltanto a quelle effettuate tramite specificate tecnologie comportava, in ragione della determinatezza e frammentarietà del sistema penale, vasti ed irragionevoli vuoti di tutela (Mantovani, 562;Alberti, 323). In particolare, la giurisprudenza formatasi sotto il testo previgente discettava sulla individuazione di quali sistemi di trasmissione potessero o meno rientrare fra quelli «ad onde guidate» limitatamente ai quali era estesa la tutela prevista dagli artt. 617, 617-bis, 617-ter e in parte art. 620 c.p. Risultavano tutelati i soli sistemi di trasmissione fondati su conduttori fisici, quali cavi coassiali, lime bifilari, tubi metallici cavi, su antenne idonee ad essere utilizzate per ponti radio o su fibre ottiche emesse da raggi laser. Venivano invece radicalmente esclusi dall'ambito di applicazione delle predette norme i collegamenti radio ad onde elettromagnetiche non guidate, ossia a propagazione circolare, anche se relativi a frequenze riservate. La più evidente ed irragionevole conseguenza era quella di escludere sistematicamente la possibilità di tutelare ex artt. 617 e 617-bis, in combinato disposto con l'art. 623-bis allora vigente, le comunicazioni via radio intercorrenti tra le sale operative e le unità radiomobili della polizia (Cass. III, 13 gennaio 1982; Cass. V, 29 aprile 1980; Cass. II, 3 luglio 1978). La relativa questione di legittimità costituzionale, sollevata in relazione all'art. 15 Cost., fu dichiarata manifestamente infondata dalla giurisprudenza di merito (App. Roma 10 novembre 1980). Si riteneva infatti che la inapplicabilità della norma in commento alle comunicazioni via radio della polizia non ne escludesse la rilevanza penale ad altro titolo, e più precisamente ai sensi dell'art. 18, r.d. 8 febbraio 1923, n. 1067, come modificato dal r.d. 14 giugno 1923, n. 1488, che sanziona l'intercettazione del contenuto di corrispondenza radiotelegrafica e radiotelefonica (Cass. I, 25 gennaio 1984; Cass. I, 6 giugno 1980; Cass. V, 29 gennaio 1979; contra Cass. II, 3 luglio 1978). La riforma del 1993 ha adottato, allo scopo di colmare le lacune evidenziate dal diritto vivente (Mantovani, 562), una definizione dell'ambito di applicazione della norma fondato sul concetto unificante di trasmissione a distanza di suoni, immagini o altri dati. La nuova formulazione ha destituito di ogni rilevanza le vecchie questioni relative alla compatibilità col dettato normativo delle caratteristiche tecniche proprie dei singoli mezzi di trasmissione, rendendo qualsiasi tecnologia — attuale o anche futura — idonea a garantire la tutela penale delle comunicazioni o conversazioni che attraverso di essa avvengano (Monaco, 1751). Il prezzo del superamento dei particolarismi caratterizzanti la prima formulazione dell'art. 623-bis, tuttavia, si è forse pagato in termini di eccessiva indeterminatezza delle nuova fattispecie (Rinaldi, Picotti, 130; Vitarelli, 394). La giurisprudenza formatasi dopo la riforma del 1993 ravvisa, in aderenza alla ratio dell'intervento, la sussistenza del combinato disposto degli artt. 617-bis e 623-bis nell'ipotesi dell'installazione di un apparecchio ricevente idoneo ad intercettare le comunicazioni degli organi di polizia effettuate tramite la loro centrale operativa, stante il menzionato superamento della previgente limitazione della tutela penale alle sole comunicazioni a distanza realizzate con collegamento su filo o ad onde guidate. In particolare Cass V, n. 5299/2008 ha stabilito che integra il reato di installazione di apparecchiature atte ad intercettare od impedire comunicazioni o conversazioni telegrafiche o telefoniche (art. 617-bis), e non quello di cui all'art. 18, comma 4, r.d. n. 1067/1923 (che sanziona chiunque, senza l'espressa autorizzazione del competente ministero, intercetti e propali con qualsiasi mezzo il contenuto della corrispondenza radiotelegrafica e radiotelefonica), la condotta di colui che installi un apparecchio radioricevente per intercettare le trasmissioni della Centrale operativa dei carabinieri, considerata la modifica del quadro normativo, intervenuta ad opera dell'art. 8 l. n. 547/1993, che ha modificato l'art. 623-bis — eliminando il riferimento alle trasmissioni effettuate «con collegamento su filo o ad onde guidate» — ed ha, pertanto, ampliato l'area di operatività della disciplina dettata dal codice a tutela dell'inviolabilità dei segreti. Cass. I, n. 29515/2008 ha affermato che la messa in opera di un apparecchio radioricevente atto a captare le trasmissioni operative delle forze dell'ordine integra il reato di installazione di apparecchiature al fine di intercettare comunicazioni a distanza, previsto dagli artt. 617-bis e 623-bis. In tal senso anche Cass. VI, n. 1374/2008. Cass. V, n. 3061/2010 ha stabilito che integra il reato di installazione di apparecchiature atte a intercettare od impedire comunicazioni o conversazioni telegrafiche o telefoniche (art. 617-bis e 623-bis), la condotta di colui che installi una telecamera — occultandola all'interno di una scatola di plastica, fissandola a un palo della luce e posizionandola ad alcuni metri dal suolo — con l'obiettivo rivolto all'ingresso di uno stabile, al fine di captare illecitamente immagini, ovvero comunicazioni e conversazioni di terzi. Né ha rilievo, ai fini della configurabilità del reato, l'effettiva intercettazione o registrazione di altrui comportamenti o comunicazioni, dovendosi avere riguardo alla sola attività di installazione e non a quella successiva dell'intercettazione o impedimento delle altrui comunicazioni, che rileva solo come fine della condotta, con la conseguenza che il reato si consuma anche se gli apparecchi installati, fuori dall'ipotesi di una loro inidoneità assoluta, non siano stati attivati o, addirittura, non abbiano funzionato. Cass, IV n. 25821/2018 ha ribadito che in tema di delitti contro l'inviolabilità dei segreti, integra il reato di cui all'art. 617 c.p., la condotta di presa di cognizione delle conversazioni radio tra le pattuglie dei carabinieri in servizio, utilizzando un apparecchio radiotrasmittente sintonizzato sulle frequenze dell'arma dei Carabinieri, in quanto con la norma di cui all'art. 623-bis c.p. la portata delle disposizioni a tutela dell'inviolabilità dei segreti è stata estesa a qualunque trasmissione a distanza di suoni immagini o altri dati BibliografiaAlberti, Le comunicazioni via radio tra tecnica e diritto, 1982; Garavelli, Libertà e segretezza delle comunicazioni, in Digesto pen., VII, Torino, 1993; Rinaldi, Picotti, Commento all'art. 8 l. 23 dicembre 1993 n. 547, 1996; Vitarelli, Tutela della vita privata, in PS, I, 1989, 390. |