Codice Penale art. 644 - Usura (1).

Roberto Carrelli Palombi di Montrone

Usura (1).

[I]. Chiunque, fuori dei casi preveduti dall'articolo 643, si fa dare o promettere, sotto qualsiasi forma, per sé o per altri, in corrispettivo di una prestazione di denaro o di altra utilità, interessi o altri vantaggi usurari, è punito con la reclusione da due a dieci anni e con la multa da euro 5.000 a euro 30.000 (2).

[II]. Alla stessa pena soggiace chi, fuori del caso di concorso nel delitto previsto dal primo comma, procura a taluno una somma di denaro od altra utilità facendo dare o promettere, a sé o ad altri, per la mediazione, un compenso usurario.

[III]. La legge stabilisce il limite oltre il quale gli interessi sono sempre usurari. Sono altresì usurari gli interessi, anche se inferiori a tale limite, e gli altri vantaggi o compensi che, avuto riguardo alle concrete modalità del fatto e al tasso medio praticato per operazioni similari, risultano comunque sproporzionati rispetto alla prestazione di denaro o di altra utilità, ovvero all'opera di mediazione, quando chi li ha dati o promessi si trova in condizioni di difficoltà economica o finanziaria (3).

[IV]. Per la determinazione del tasso di interesse usurario si tiene conto delle commissioni, remunerazioni a qualsiasi titolo e delle spese, escluse quelle per imposte e tasse, collegate alla erogazione del credito.

[V]. Le pene per i fatti di cui al primo e secondo comma sono aumentate da un terzo alla metà:

1) se il colpevole ha agito nell'esercizio di una attività professionale, bancaria o di intermediazione finanziaria mobiliare;

2) se il colpevole ha richiesto in garanzia partecipazioni o quote societarie o aziendali o proprietà immobiliari;

3) se il reato è commesso in danno di chi si trova in stato di bisogno;

4) se il reato è commesso in danno di chi svolge attività imprenditoriale, professionale o artigianale;

5) se il reato è commesso da una persona sottoposta con provvedimento definitivo alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale durante il periodo previsto di applicazione e fino a tre anni dal momento in cui è cessata l'esecuzione.

[VI]. Nel caso di condanna, o di applicazione di pena ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale, per uno dei delitti di cui al presente articolo, è sempre ordinata la confisca dei beni che costituiscono prezzo o profitto del reato ovvero di somme di denaro, beni ed utilità di cui il reo ha la disponibilità anche per interposta persona per un importo pari al valore degli interessi o degli altri vantaggi o compensi usurari, salvi i diritti della persona offesa dal reato alle restituzioni e al risarcimento dei danni (4).

(1) Articolo così sostituito dall'art. 1, l. 7 marzo 1996, n. 108. La pena era stata così fissata dall'art. 11-quinquies 1a d.l. 8 giugno 1992, n. 306, conv., con modif., nella l. 7 agosto 1992, n. 356. La pena originaria era della reclusione fino a due anni e della multa da lire mille a ventimila. Il secondo comma era stato aggiunto dall'art. 11-quinquies1b d.l. n. 306, cit.

(2) Le parole «da due a dieci anni e con la multa da euro 5.000 a euro 30.000» sono state sostituite alle parole «da uno a sei anni e con la multa da euro 3.098 a euro 15.493» dall'art. 2 l. 5 dicembre 2005, n. 251. Per la confisca di danaro, beni o altre utilità di non giustificata provenienza, nel caso di condanna o di applicazione della pena su richiesta, v. art. 12-sexies d.l. n. 306, cit., aggiunto dall'art. 2 d.l. 20 giugno 1994, n. 399, conv., con modif., in l. 8 agosto 1994, n. 501.

(3) V., in proposito, gli artt. 2, 3 e 10 l. n. 108, cit.

(4) V., circa la nozione di interessi usurari, l'art. 1 1 d.l. 29 dicembre 2000, n. 394, conv., con modif., in l. 28 febbraio 2001, n. 24.

competenza: Trib. collegiale

arresto: facoltativo

fermo: consentito

custodia cautelare in carcere: consentita

altre misure cautelari personali: consentite

procedibilità: d'ufficio

Inquadramento

La dottrina ha osservato che, con la riformulazione dell'art. 644 in seguito all'entrata in vigore della l. 7 marzo 1996 n. 108 e la riunificazione della fattispecie di usura ed usura impropria disposta con il d.l. n. 306/1992, conv., con modif., in l. n. 356/1992, è stata delineata una figura di reato diversa rispetto a quelle previgenti: si tratta di una norma che, in un'economia mista, che vuole tutelare il corretto esercizio dei pubblici poteri di direzione di importanti settori come quello dell'ordinamento del credito (Insolera). In quest'ottica si parla di un reato plurioffensivo volto ad offrire tutela, non solo alla posizione del singolo contraente, ma anche e soprattutto al regolare funzionamento delle attività connesse all'erogazione del credito. Al riguardo si è individuato il bene giuridico tutelato dall'art. 644 nel sano esercizio dell'attività creditizia, quale possibilità di accedere alle risorse creditizie sulla base di condizioni ordinarie, ritenendo che l'usura viene ad integrare una forma di attentato all'integrità dei mercati finanziari (Cerase). Centrale comunque rimane la tutela del patrimonio della vittima sia nell'ipotesi del tasso usurario ex lege, sia in quella in cui l'usurarietà del tasso deve essere oggetto di concreta determinazione (Fiandaca-Musco, PS II 1997 212).

Soggetti

Soggetto attivo

Soggetto attivo del reato può essere chiunque, trattandosi di un reato comune.

Nella fattispecie di mediazione soggetto attivo del reato è solo il mediatore, cioè colui che, ai sensi dell'art. 1754 c.c., mette in relazione le parti per la conclusione di un affare, senza essere legato da rapporti di collaborazione, di dipendenza o di rappresentanza e ciò an che se l'attività di mediazione sia stata svolta in modo occasionale o abusivo.

Soggetto passivo

Il soggetto passivo del reato di usura è colui che da o promette interessi o altri vantaggi usurari, non avendo più rilievo penale lo stato di bisogno o le condizioni di difficoltà economica o finanziaria in cui venga a trovarsi il soggetto passivo stesso.

La Cassazione ha ritenuto che la configurabilità del delitto di usura non può essere esclusa nei confronti di una società avente personalità giuridica, poiché la norma incriminatrice di cui all'art. 644 c.p. prescinde dalla qualità e dalla natura giuridica del soggetto al quale è rivolta la pretesa usuraria, purché ricorrano gli altri requisiti necessari e cioè lo stato di bisogno in cui versa il promittente gli interessi usurari e la volontà del soggetto attivo di trarre profitto da tale particolare situazione (Cass. II, n. 10942/1988).

Con riguardo all'integrazione della fattispecie di reato cosiddetta di usura in concreto, prevista all'art. 644 comma 3, dovrà essere valutata, oltre alla condizione di difficoltà economica della vittima, esclusivamente la sussistenza dell'eventuale sproporzione fra prestito in denaro e controprestazione in natura, senza che rilevino i parametri di valutazione dell'usura legale (Cass. II, n. 19134/2022).

Elemento materiale

Nella vigente formulazione dell'art. 644 è stata introdotta la determinazione legale dell'interesse usurario ed è stato eliminato l'elemento dell'approfittamento dell'altrui stato di bisogno, originariamente previsto nell'art. 644 e delle condizioni di difficoltà economica o finanziaria che erano alla base della formulazione dell'art. 644 bis. oggi abrogata. Di conseguenza oggi la rilevanza penale del fatto è fondata sull'oggettivo superamento della soglia oltre la quale l'interesse o il vantaggio promesso o dato come corrispettivo della prestazione viene considerato usurario. La nuova fattispecie è stata, quindi, ricostruita in una chiave tendenzialmente oggettiva caratterizzata dalla violazione del rapporto di adeguatezza fra le prestazioni (Palombi) e definita dalla dottrina come sproporzione usuraria (Santacroce).

La Cassazione ha ritenuto che il delitto di usura si configuri come un reato a schema duplice, costituito da due fattispecie — destinate strutturalmente l'una ad assorbire l'altra con l'esecuzione della pattuizione usuraria — aventi in comune l'induzione del soggetto passivo alla pattuizione di interessi od altri vantaggi usurari in corrispettivo di una prestazione di denaro o di altra cosa mobile, delle quali l'una è caratterizzata dal conseguimento del profitto illecito e l'altra dalla sola accettazione del sinallagma ad esso preordinato. Ne consegue che nella prima il verificarsi dell'evento lesivo del patrimonio altrui si atteggia non già ad effetto del reato, più o meno esteso nel tempo in relazione all'eventuale rateizzazione del debito, bensì ad elemento costitutivo dell'illecito il quale, nel caso di integrale adempimento dell'obbligazione usuraria, si consuma con il pagamento del debito, mentre nella seconda, che si verifica quando la promessa del corrispettivo, in tutto o in parte, non viene mantenuta, il reato si perfeziona con la sola accettazione dell'obbligazione rimasta inadempiuta. Ne deriva, in tema di prescrizione, che il relativo termine decorre dalla data in cui si è verificato l'ultimo pagamento degli interessi usurari (Cass. II, n. 38812/2008).

L'elemento materiale del reato consiste nel farsi dare o promettere interessi o altri vantaggi usurari in corrispettivo di una prestazione di denaro o altra utilità. Tale altra utilità, introdotta nella nuova formulazione della norma in sostituzione della precedente espressione, che faceva riferimento ad altra cosa mobile, deve necessariamente essere suscettibile di valutazione economica obiettivamente apprezzabile. Con riferimento, invece, alla prestazione dell'usurato si continua a parlare della dazione e della promessa, sotto qualsiasi forma, a favore del soggetto attivo, di interessi o altri vantaggi usurari.

Si tratta, quindi, di un reato di danno, in quanto è sufficiente per l'integrazione dello stesso l'accettazione di una semplice promessa, ottenuta direttamente o per mezzo di interposta persona, e fatta in qualsiasi forma, che si risolva in un'obbligazione e quindi in un onere patrimoniale a carico del soggetto passivo (Manzini, 883).

Al riguardo si è chiarito che la condotta tipica del reato di usura non richiede che il suo autore assuma atteggiamenti intimidatori o minacciosi nei confronti del soggetto passivo, atteso che tali comportamenti caratterizzano la diversa fattispecie di estorsione (Cass. IV, n. 2988/2007). Ed ancora si è precisato che, ai fini dell'integrazione del delitto di usura, non è richiesta una condotta induttiva da parte del presunto usuraio, in quanto rilevano esclusivamente la natura usuraia delle condizioni pattuite e non il fatto che esse siano state volontariamente accettate dalla persona offesa (Cass. II, n. 38551/2019). La Cassazione, al riguardo, ha fatto proprie le argomentazioni della dottrina in base alle quali, ai fini dell'integrazione del reato, nonostante che la norma incriminatrice, utilizzando la formulazione <<si fa dare o promettere>>, sembra fare riferimento ad un'iniziativa dell'usuraio, non esclude che sia proprio il soggetto che ha necessità del prestito a dare il via alla negoziazione usuraia; ciò in quanto la ratio dell'incriminazione sta nell'esigenza di impedire le pattuizioni usuraie e ciò non implica necessariamente un'iniziativa del soggetto attivo, essendo, peraltro, più frequenti i casi in cui è il soggetto passivo a rivolgersi all'usuraio.

Sul piano probatorio la Cassazione ha avuto modo di chiarire che la testimonianza della persona offesa in ordine alla natura esorbitante degli interessi praticati sui prestiti può costituire, di per sé, la prova dell’integrazione dell’elemento oggettivo del reato, senza che sia necessaria, nella motivazione della sentenza, l’indicazione degli elementi di dettaglio del prestito usurario (Cass. II, n. 10191/2024).

È stata considerata manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 644 c.p. per contrasto con gli artt. 3 e 24 Cost., nella parte in cui è prevista identica sanzione per il caso che il soggetto si faccia dare o solamente promettere il pagamento di interessi usurari, in quanto tale scelta rientra nei poteri discrezionali del legislatore (Cass. II, n. 39649/2004).

Il tasso usurario

L'art. 2, comma 4, l. 7 marzo 1996, n. 108, prevede che il limite oltre il quale gli interessi sono sempre usurari è stabilito dalla legge e consiste nel tasso medio risultante dall'ultima rilevazione pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale relativamente alla categoria di operazioni in cui il credito è compreso. Detta previsione viene, quindi, a configurare l'art. 644 come una norma penale in bianco, in quanto la determinazione di uno degli elementi della fattispecie viene ad essere stabilito da un decreto del Ministero del Tesoro — oggi Ministero dell'economia e finanze — all'esito di una complessa procedura.

Al riguardo la Cassazione ha giudicato manifestamente infondata l'eccezione di incostituzionalità del combinato disposto degli artt. 644 comma 3 c.p. e 2 l. 7 marzo 1996, n. 108, per contrasto con l'art. 25 Cost., sotto il profilo che le predette norme, nel rimettere la determinazione del «tasso soglia», oltre il quale si configura uno degli elementi soggettivi del delitto di usura, ad organi amministrativi, determinerebbero una violazione del principio della riserva di legge in materia penale. La Cassazione ha, difatti, osservato che il principio della riserva di legge è rispettato in quanto la suddetta legge indica analiticamente il procedimento per la determinazione dei tassi soglia, affidando al Ministro del tesoro solo il limitato ruolo di “fotografare”, secondo rigorosi criteri tecnici, l'andamento dei tassi finanziari (Cass. II, n. 20148/2003).

In proposito sussiste uno specifico obbligo per il giudice a motivare sulla natura usuraia degli interessi, indicando espressamente a quale rilevazione del Ministero dell'Economia fare riferimento come base peril calcolo del superamento del tasso soglia, avuto riguardo al tempo ed alla durata dei singoli prestiti, nonché alla data dei pagamenti effettuati dalla vittima ( Cass. II, n. 26771/2021).

Sono poi considerati usurari gli interessi che, anche se inferiori al limite fissato dalla legge, avuto riguardo alle concrete modalità del fatto ed al tasso medio praticato per operazioni similari, risultano comunque sproporzionati rispetto alle prestazioni di denaro o altre utilità, ovvero all'opera di mediazione, quando chi li ha dati o promessi si trova in stato di difficoltà economica o finanziaria. In quest'ultima fattispecie, nota come usura in concreto, è, quindi, il giudice a dovere accertare, caso per caso, l'esistenza di una sproporzione fra la prestazione di denaro o di altra utilità da parte del soggetto attivo e gli interessi corrisposto da parte del soggetto passivo, tenendo conto dei tassi medi praticati per operazioni similari e delle concrete modalità del fatto. Per l'integrazione del reato, in questa ipotesi, è richiesto che la persona offesa si trovi in condizioni di difficoltà economica o finanziaria. Al riguardo la giurisprudenza ha chiarito che le «condizioni di difficoltà economica o finanziaria » della vittima devono essere valutate in senso oggettivo, cioè valorizzando i parametri desunti dal mercato, e non in termini meramente soggettivi, ovvero sulla base delle valutazioni personali della vittima, opinabili e di difficile accertamento ex post; segnatamente per l'accertamento della «condizione di difficoltà economica» della vittima deve aversi riguardo alla carenza, anche solo momentanea, di liquidità, a fronte di una condizione patrimoniale di base nel complesso sana, laddove, invece, la «condizione di difficoltà finanziaria» investe più in generale l'insieme delle attività patrimoniali del soggetto passivo, ed è caratterizzata da una complessiva carenza di risorse e di beni beni (Cass. II, n. 26214/2017).  Si è ancora precisato che, in questa particolare fattispecie di cosiddetta usura in concreto, il giudice, oltre alle condizioni di difficoltà economica della vittima, deve valutare esclusivamente la sussistenza dell'eventuale sproporzione fra prestito in denaro e controprestazione in natura, senza che rilevino i parametri dell'usura legale; nel caso si specie, poi, si è ritenuto che la sproporzione non può essere ritenuta attraverso la monetizzazione della prestazione in natura e la successiva riconduzione al concetto di interesse extra-soglia dell'eventuale plusvalore del bene consegnato in pagamento rispetto al bene prestato (Cass. II, n. 19134/2022).

Inoltre le «condizioni di difficoltà economica o finanziaria» della vittima, che integrano la materialità del reato, si distinguono dallo «stato di bisogno», che integra la circostanza aggravante di cui all'art. 644, comma 5 n. 3, perché le prime consistono in un situazione meno grave e in astratto reversibile, che priva la vittima di una piena libertà contrattuale, laddove la seconda consiste invece in uno stato di necessità tendenzialmente irreversibile, che, pur non annientando in modo assoluto qualunque libertà di scelta, comporta un impellente assillo, tale da compromettere fortemente la libertà contrattuale del soggetto, inducendolo a ricorrere al credito a condizioni sfavorevoli. (Cass. II. n. 18778/2014).

L'art. 2 l. 7 marzo 1996 n. 108 stabilisce che il Ministero del Tesoro, sentita la Banca d'Italia e l'Ufficio italiano cambi, rileva, ogni tre mesi, il tasso effettivo globale medio degli interessi praticato per anno dalle banche e dagli intermediari finanziari iscritti negli apposti elenchi nel corso del trimestre precedente per operazioni della stessa natura e ne dispone la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale. Inoltre annualmente sempre con decreto emesso, sentita la Banca d'Italia, le operazioni vengono classificate per categorie omogenee tenendo conto della natura, dell'oggetto dell'importo, della durata, dei rischi e delle garanzie.

Il limite oltre il quale gli interessi sono sempre usurari è fissato nel tasso medio risultante dall'ultima rilevazione pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale relativamente alla categoria di operazioni in cui il credito è compreso, aumentato della metà. In proposito la giurisprudenza ha affermato che il giudice è tenuto ad accertare motivatamente la natura usuraria degli interessi mediante specifico riferimento ai valori determinati dal decreto del Ministero dell'Economia e delle Finanze vigente all'epoca della pattuizione e da aumentare della metà, onde raggiungere il tasso — soglia, ai sensi dell'art. 2 l. n. 108/1996 (Cass. V. n. 8353/2013).

Le sezioni unite civili della Corte di Cassazione (Cass. n. 22972/2018), con riferimento ai rapporti svoltisi, in tutto o in parte, nel periodo anteriore all'entrata in vigore dell'art. 2-bis d.l. n. 185/2008 inserito dalla legge di conversione n. 2/2009, hanno stabilito che, ai fini della verifica del superamento del tasso soglia dell'usura presunta come determinato in base alle disposizioni della l. n. 108/1996, deve essere effettuata la separata comparazione del tasso effettivo globale di interesse praticato in concreto e della commissione di massimo scoperto (CMS) eventualmente applicata,  intesa quale commissione calcolata in misura percentuale sullo scoperto massimo verificatosi nel periodo di riferimento, rispettivamente con il tasso soglia e con la “CMS soglia”, calcolata aumentando della meta' la percentuale della CMS media indicata nei decreti ministeriali emanati ai sensi dell'art. 2 comma 1 l. n. 108/1996, compensandosi, poi, l'importo dell'eventuale eccedenza della CMS in concreto praticata, rispetto a quello della CMS rientrante nella soglia, con il margine degli interessi eventualmente residuo, pari alla differenza tra l'importo degli stessi rientrante nella soglia di legge e quello degli interessi in concreto praticati.

La Cassazione, con riguardo al tema dei criteri di calcolo del tasso soglia, ha affermato che, sulla base del tenore letterale dell'art. 644 c.p., debbano escludersi dal calcolo degli interessi solo le spese per imposte e tasse che siano collegate all'erogazione del credito, non potendosi ricomprendere nelle stesse quelle spese, peraltro ad imputazione soggettiva, che sono conseguenza della stipulazione (Cass. II, n. 40272/2024).

La mediazione usuraria

L'attuale formulazione dell'art. 644 comma 2 prevede la cosiddetta mediazione usuraria nel senso che punisce chi, fuori dal caso di concorso nel delitto di usura previsto dal comma 1, procura a taluno una somma di denaro o altra utilità facendo dare o promettere, a sé o ad altri, per la mediazione, un compenso usurario. In questa ipotesi di reato è espressamente richiesta, per la punibilità del mediatore, la conclusione del contratto principale; la natura usuraria del compenso per la mediazione dovrà essere valutata sulla base dei parametri fissati nell'art. 644 comma 3.

Deve, in proposito, tenersi presente che l'art. 16 l. 7 marzo 1996, n. 108, ha introdotto una disciplina dell'attività di mediazione o di consulenza nella concessione di finanziamenti da parte di banche o di intermediari finanziari applicabile ai soggetti iscritti in un apposito albo; specificamente al comma 7 del suddetto art. 16 è previsto lo specifico delitto di esercizio abusivo di mediazione creditizia ed al comma 9 è prevista una contravvenzione che punisce, salvo che il fatto costituisca più grave reato, chi, nell'esercizio di attività bancaria, di intermediazione finanziaria o di mediazione creditizia, indirizza una persona, per operazioni bancarie o finanziarie, ad un soggetto non abilitato nell'esercizio dell'attività bancaria o finanziaria.

Elemento psicologico

Nella formulazione della norma vigente, per la configurazione del reato, sul piano soggettivo è sufficiente il dolo generico che deve comprendere la rappresentazione dell'entità del corrispettivo della prestazione di denaro o altra utilità, cioè dell'illiceità dell'interesse o dell'atro vantaggio ricevuto o promesso.

La Cassazione ha affermato che l'errore di diritto scusabile, ai sensi dell'art. 5 è configurabile soltanto in presenza di una oggettiva ed insuperabile oscurità della norma o del complesso di norme aventi incidenza sul precetto penale. Ne consegue che non è scusabile l'errore riferibile al calcolo dell'ammontare degli interessi usurari sulla base di quanto disposto dall'art. 644, trattandosi di interpretazione che, oltre ad essere nota all'ambiente del commercio, non presenta in sé particolari difficoltà (Cass. VI, n. 36346/2003). Nella stessa direzione si è ritenuto che l'ignoranza del tasso di usura da parte di una banca è priva di effetti e non può essere invocata come scusante, risolvendosi in una ignoranza della legge penale (Cass. II, n. 46669/2011). Nel caso concreto la Cassazione ha anche osservato che i presidenti dei consigli di amministrazione delle banche non possono invocare l'inevitabilità del predetto errore sulla legge penale, svolgendo attività in uno specifico settore, nel quale gli organi di vertice hanno il dovere di informarsi con diligenza sulla normativa esistente, poiché i relativi statuti attribuiscono loro poteri in materia di erogazione del credito, rientranti nell'ambito dei più generali poteri di indirizzo dell'impresa, sussistendo in capo ad essi una posizione di garanzia a tutela dei clienti degli istituti bancari quanto al rispetto delle disposizioni di legge in tema di erogazione del credito.

Consumazione

Per i profili relativi alla consumazione del delitto di usura vedi art. 644 ter.

Circostanze aggravanti

L'art. 644 comma 5 prevede cinque ipotesi di circostanze aggravanti ad effetto speciale che sono riconducibili alle più diffuse modalità di realizzazione del reato (Melchionda).

La Cassazione ha chiarito che le suddette aggravanti sono applicabili a tutte le ipotesi di usura, ivi comprese quelle disciplinate dal comma terzo, seconda parte, essendo quella di cui all'indicata disposizione incriminatrice una norma a più fattispecie (Cass. II, n. 4906/2024).  

La prima aggravante è prevista dall'art. 644 comma 5 n. 1 per il colpevole che ha agito nell'esercizio di un'attività professionale, bancaria o di intermediazione finanziaria mobiliare. Ora mentre le nozioni di attività bancaria e di attività di intermediazione finanziaria sono espressamente definite dal legislatore nel testo unico bancario (artt. 10 e 16 d.lgs. 1 settembre 1993, n. 385), l'attività professionale viene definita come quella collegata funzionalmente alla formazione di negozi giuridici a contenuto patrimoniale, a nulla rilevando se il soggetto attivo sia o meno abilitato all'esercizio della professione concretamente svolta (Melchionda). Si ritiene generalmente che la circostanza aggravante in esame si comunichi ai concorrenti nel reato che siano in condizioni di conoscere l'attività professionale svolta dal soggetto agente.

L'art. 644 comma 5 n. 2 prevede altra circostanza aggravante se il colpevole ha richiesto in garanzia partecipazioni o quote societarie o aziendali o proprietà immobiliari. La previsione della suddetta aggravante, secondo certa dottrina, trova giustificazione nel collegamento fra attività usuraria e criminalità organizzata finalizzato con conseguimento del controllo di attività economiche (Pisa).

Lo stato di bisogno che, nella formulazione previgente della norma costituiva elemento costitutivo del reato, oggi costituisce un'ulteriore ipotesi di circostanza aggravante prevista dall'art. 644 comma 5 n. 3.

La giurisprudenza ha, al riguardo, precisato che lo stato di bisogno va inteso non come uno stato di necessità tale da annientare in modo assoluto qualunque libertà di scelta, ma come un impellente assillo che, limitando la volontà del soggetto, lo induca a ricorrere al credito a condizioni usurarie, non assumendo alcuna rilevanza né la causa di esso, né l'utilizzazione del prestito usurario (Cass. II, n. 43713/2010). Si è anche precisato che lo stato di bisogno in cui deve trovarsi la vittima per integrare la circostanza aggravante di cui all'art. 644, comma 5 n. 3 può essere di qualsiasi natura, specie e grado e può quindi derivare anche dall'aver contratto debiti per il vizio del gioco d'azzardo, non essendo richiesto dalla norma incriminatrice che il predetto stato presenti connotazioni che lo rendano socialmente meritevole (Cass. II, n. 709/2013). Si è ritenuto poi che la rilevante entità della misura degli interessi pattuiti o corrisposti dà prova anche dello stato di bisogno della persona offesa e della consapevolezza di tale stato da parte dell'agente (Cass. II, n. n. 21993/2017)

L'art. 644 comma 5 n. 4 prevede come quarta ipotesi di aggravante del delitto di usura il fatto commesso in danno di svolge attività imprenditoriale, professionale o artigianale. Al riguardo la Cassazione ha precisato che la circostanza aggravante speciale di cui all'art. 644 comma 5 n. 4 è configurabile per il solo fatto che la persona offesa eserciti effettivamente un'attività imprenditoriale, senza che possa rilevare il dato meramente formale del riconoscimento, in capo alla stessa, dello status di imprenditore (Cass. II, n. 47559/2012). Si è, inoltre, detto che la circostanza aggravante speciale in argomento è configurabile per il solo fatto che la persona offesa eserciti una delle attività protette, a nulla rilevando che il finanziamento corrisposto dietro la promessa o dazione di interessi usurari non abbia alcuna attinenza con le predette attività (Cass. II, n. 31803/2018). Il principio è stato ancora ribadito facendosi riferimento alla ratio dell'aggravante intesa a punire più severamente la condotta di usura quando è consumata nei con fronti di chi destina le somme prestate allo svolgimento di un'attività imprenditoriale (Cass. II, n. 6326/2024).

Ultima ipotesi di circostanza aggravante prevista dall'art. 644 comma 5 n. 5 è costituita dal fatto commesso da persona sottoposta con provvedimento definitivo alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale durante il periodo previsto di e fino a tre anni dal momento in cui è l'esecuzione.

Sussiste piena compatibilità dell'aggravante del metodo mafioso (art. 7 d.l. n. 152/1991, conv. in l. n. 203/1991) con il delitto di usura, in quanto la rappresentazione di potere del gruppo, quale strumento dell'azione associativa per l'acquisizione della gestione di attività economiche comportante una condizione di assoggettamento e di omertà nella quale si sostanzia il metodo mafioso può ben sussistere nella fase della stipula dell'accordo usurario come condizionante l'accordo stesso nella prospettiva del futuro adempimento, ponendo la vittima in condizione di soggezione ulteriore rispetto a quella nascente dalla sua condizione di precarietà economica (Cass. II, n. 47414/2003). Ed ai fini della ricorrenza concreta dell'aggravante si è affermato che, ii fini della configurabilità della circostanza aggravante prevista dall'art. 7 d.l. n. 152/1991, conv. in l. n. 203/1991, è necessario accertare e porre in evidenza sia i concreti tratti esteriori del comportamento criminoso dell'agente, che devono essere connotati dall'efficacia intimidatrice e dalla forza di pressione tipiche degli assetti organizzativi mafiosi; sia anche la diretta incidenza agevolatrice di tale comportamento sulle attività proprie del sodalizio criminale, tanto da risultare oggettivamente funzionale a queste ultime (Cass. VI, n. 8674/2014). Con specifico riferimento al metodo mafioso, si è ritenuto che l'aggravante è configurabile nel caso in cui l'indagato utilizzi come tecnica di intimidazione il riferimento alla provenienza dei capitali da persone legate alla criminalità organizzata (Cass. I, n. 14193/2010).

Rapporti con altri reati

Circa i rapporti con il delitto di favoreggiamento persona e con quello di estorsione, la Cassazione ha precisato che, poiché, a seguito delle modifiche introdotte dalla l. 7 marzo 1996 n. 108, si deve ritenere che il reato di usura sia annoverabile tra i delitti a «condotta frazionata» o a «consumazione prolungata», concorre nel reato previsto dall'art. 644 solo colui il quale, ricevuto l'incarico di recuperare il credito usurario, sia riuscito a ottenerne il pagamento; negli altri casi, l'incaricato risponde del reato di favoreggiamento personale o, nell'ipotesi di violenza o minaccia nei confronti del debitore, di estorsione, posto che il momento consumativo del reato di usura rimane quello originario della pattuizione (Cass. II, n. 41045/2005). Inoltre sussiste il concorso reale dei reati di usura e di estorsione se il soggetto attivo, in un momento successivo al fatto usurario, eserciti sulla vittima violenza o minaccia al fine di ottenere i concordati interessi o altri vantaggi usurari che il soggetto passivo non possa o non voglia più corrispondere (Cass. II, n. 6918/2011).

Non ricorre l'ipotesi del reato complesso - ma è configurabile il concorso materiale – tra il reato di usura e quello di esercizio abusivo di attività finanziaria di cui all'art. 132 del d.lgs. 1 settembre 1993, n. 385, in quanto il reato di cui all'art. 644 c.p. non si realizza esclusivamente mediante l'erogazione di un finanziamento in violazione delle norme che regolano l'attività creditizia, ma anche attraverso la prestazione di utilità diverse dal denaro e con la corresponsione di vantaggi usurari diversi dal pagamento di interessi di somme concesse in prestito (Cass. II, n. 43916/2019; conf. Cass. II, n. 7576/2021).

Confisca

Nell'ultimo comma dell'art. 644 è prevista una specifica ipotesi di confisca obbligatoria relativa ai delitti di usura, applicabile anche nel caso di applicazione della pena ai sensi dell'art. 444 c.p.p. e riferita ai beni che costituiscono prezzo o profitto del reato. È stata introdotta, inoltre, la cosiddetta confisca per equivalente, nel senso che la confisca si estenda anche alle somme di denaro, beni ed utilità di cui il reo ha la disponibilità, anche per interposta persona, per un importo pari al valore degli interessi o degli altri vantaggi o compensi usurari.

Al riguardo si è ritenuto che il profitto confiscabile ai sensi dell'art. 644, ultimo comma, identificandosi secondo la generale nozione di profitto del reato nell'effettivo arricchimento patrimoniale già conseguito, ed in rapporto di immediata e diretta derivazione causale dalla condotta illecita contestata, coincide con gli interessi usurari concretamente corrisposti, per tali intendendosi anche quelli contabilizzati a seguito della stipulazione di un contratto di conto corrente bancario (Cass. II, n. 45642/2015). Nel caso concreto la Cassazione ha confermato l’ordinanza di sequestro preventivo dei conti correnti, mediante i quali la banca contabilizzava a proprio favore la voce passiva degli interessi usurari posti a carico del cliente. Il principio è stato recentemente ribadito (Cass. II, n. 23132/2018).

In applicazione del medesimo principio, in altra fattispecie, la Cassazione aveva ritenuto confiscabili anche dei titoli di credito corrisposti in pagamento di interessi usurari, irrilevante essendo, invece, che questi ultimi siano stati utilizzati o riscossi, posto che tali documenti, per la loro autonomia rispetto ai diritti incorporati, possono essere comunque oggetto di misura oblatoria (Cass. VI, n. 45090/2014).

Casistica

Persona offesa dal delitto di usura. Esclusione del concorso nella ricettazione del denaro ricevuto

La Cassazione ha affermato che la persona offesa del delitto di usura non può rispondere, in concorso con l'erogatore del prestito usurario, di ricettazione del denaro ricevuto, per l'impossibilità di individuare nella sua condotta il perseguimento di un ingiusto profitto, elemento finalistico del dolo di ricettazione (Cass. II, n. 25828/2007).

Stato di necessità

La Cassazione ha ritenuto che lo stato di necessità è incompatibile con situazioni di pericolo volontariamente cagionate dallo stesso soggetto attivo e richiede l'esistenza di una situazione di pericolo attuale di un danno grave alla persona non altrimenti evitabile (Cass. II, n. 19714/2015). Segnatamente, in una fattispecie di concorso in usura, la Cassazione ha escluso la sussistenza dell'esimente nei confronti del ricorrente, che sosteneva di essere stato costretto a porre in essere la condotta ascrittagli per il timore che il concorrente nel reato, del quale era anch'egli vittima di usura, ponesse all'incasso alcuni assegni, che in precedenza aveva ricevuto a garanzia del debito.

Concorso nel delitto di usura a carico dell'esattore

Risponde del delitto di concorso in usura — reato a condotta frazionata o a consumazione prolungata —, il soggetto che, in un momento successivo alla formazione del patto usurario, ricevuto l'incarico di recuperare il credito, riesce ad ottenerne il pagamento, laddove invece, se il recupero non avviene, l'incaricato risponde del reato di favoreggiamento personale o, nell'ipotesi di violenza o minaccia nei confronti del debitore, di estorsione, atteso che in tali casi il momento consumativo dell'usura rimane quello originario della pattuizione (Cass. V, n. 42849/2014).

Profili processuali

La procedibilità è d'ufficio. È punito con la reclusione da due a dieci anni e con la multa da € 5000,00 ad € 30.000,00.

L'art. 8 comma 1 l. n. 108/1996 ha modificato l'art. 266 c.p.p., estendendo la disciplina delle intercettazioni anche ai reati di usura ed di abusiva attività finanziaria.

L'art. 8 comma 2 l. n. 108/1996, modificando l'art. 1 comma 1 d.l. 31 dicembre 1991, n. 419, conv. con modif., in l. 18 febbraio 1992 n. 172, consente, anche per il delitto di usura, il ritardo nell'esecuzione dei provvedimenti che applicano una misura cautelare personale o reale.

L'art. 4 l. 108/1996 ha sostituito l'art. 1815 c.p., prevedendo che, se sono convenuti interessi usurari, la clausola è nulla e gli interessi non sono dovuti.

L'usura rientra fra i reati per i quali è possibile disporre, ai sensi dell'art. 14 l. 19 marzo 1990 n. 55 così come modificato dall'art. 9 comma 1 l. 108/1996, l'applicazione di misure di prevenzione patrimoniale.

Bibliografia

Cerase, L'usura riformata: primi approcci ad una fattispecie nuova nella struttura e nell'oggetto della tutela, in Cass. pen. 1997, 2614; Ferrari, Sul momento consumativo del delitto di usura, in Giur. it. 2006, 1929; Insolera, Usura e criminalità organizzata, in Riv. it. dir. e proc. pen. 1997, 132; Leto, Usura e ricettazione del denaro ricevuto: ruolo della persona offesa, in Riv. pen. 2008, 506; Marini, Delitti contro il patrimonio, Torino, 1999; Melchionda, Le nuove fattispecie di usura. Il sistema delle circostanze, in Riv. trim. dir. pen. econ. 1997, 733; Palombi, La nuova struttura del reato di usura, in Riv. pen. 1996, 29M Piloni, Usura bancaria e commissione scoperto ed elemento soggettivo del reato, in Dir. pen. e proc. 2012, 730; Pisa, Mutata la strategia di contrasto al fenomeno dell'usura, in Dir. pen. e proc. 1997, I, 419; Santacroce, La nuova disciplina penale dell'usura: analisi della fatiche base e difficoltà applicative, in Cass. pen. 1997, 1529.

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