Codice Penale art. 723 - Esercizio abusivo di un giuoco non d'azzardo.

Roberto Carrelli Palombi di Montrone

Esercizio abusivo di un giuoco non d'azzardo.

[I]. Chiunque, essendo autorizzato a tenere sale da giuoco o da bigliardo, tollera che vi si facciano giuochi non d'azzardo [721], ma tuttavia vietati dall'Autorità, è punito con l'ammenda da 5 euro a 103 euro (1).

[II]. Nei casi preveduti dai numeri 3 e 4 dell'articolo 719, si applica l'arresto fino a tre mesi o l'ammenda da 51 euro a 516 euro.

[III]. Per chi sia colto mentre prende parte al giuoco, la pena è dell'ammenda fino a 51 euro [720].

(1) V. art. 110 r.d. 18 giugno 1931, n. 773.

Inquadramento

La contravvenzione prevista dall'art. 723 punisce l'esercizio abusivo di giochi non d'azzardo, ma tuttavia vietati dall'autorità. Essa, pertanto, deve essere letta congiuntamente a quanto previsto l'art. 110 r.d. 18 giugno 1931 n. 773 che, al comma 1, stabilisce che in tutte le sale da biliardo o da gioco deve essere esposta una tabella, vidimata dal questore, nella quale sono indicati, oltre ai giochi d'azzardo, anche quelli che l'autorità stessa ritenga di vietare nel pubblico interesse.

La dottrina ha, al riguardo, ritenuto che la nozione di pubblico interesse trova una specificazione ed una naturale delimitazione nello spazio riservato all'autorità di polizia, la quale è in concreto chiamata a tutelare la sicurezza pubblica e l'ordine pubblico (Vigna-Bellagamba, 155).

La Corte costituzionale ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 723 e 110 r.d. n. 773/1931 sollevata con riferimento agli artt. 25 comma 2 e 3 Cost. (Corte cost. n. 80/1972, Corte cost. n. 194/1972, Corte cost. n. 90/1973, Corte cost. n. 69/1974). Si è in proposito affermato che l'elencazione dei giochi non d'azzardo da parte della p.a. risponde ad una valutazione da cui non esula il carattere tecnico e rappresenta legittima manifestazione della sua attività normativa; dette norme, poi, non sono state valutate essere in contrasto con il principio di riserva di legge in materia penale, in quanto indicano con sufficiente previsione i presupposti, il carattere, il contenuto ed i limiti dei provvedimenti dell'autorità amministrativa; si è in presenza, pur sempre, di attività non consentite ai singoli, ma subordinate al rilascio di un'autorizzazione, che può essere negata o limitata per motivi di interesse pubblico e ciò attraverso un procedimento per il quale sono assicurate le garanzia amministrative e giurisdizionali; ed infine il diverso apprezzamento da parte dell'autorità circa la proibizione dei giochi trova la sua giustificazione nella diversità delle situazioni locali (Corte cost. n. n. 113/1972).

Soggetto attivo

Soggetto attivo del reato, nell'ipotesi prevista dal comma 1, può essere solo colui che ha ottenuto l'autorizzazione a tenere una sala da gioco o da biliardo, trattandosi di un reato proprio che presuppone una qualificazione soggettiva del suo autore. In tal senso si è espressa la Corte di Cassazione, affermando che l'ipotesi contravvenzionale prevista dall'art. 723 presuppone che l'agente sia stato autorizzato a gestire una sala da gioco e tolleri che in essa si svolgano giochi vietati ancorché non d'azzardo (Cass. VI, n. 1376/1968).

In dottrina si è anche precisato che soggetto attivo può anche essere un rappresentante del titolare dell'esercizio all'uopo autorizzato e che rileva solo il fatto che l'esercente o il suo rappresentante siano in possesso di un'autorizzazione all'esercizio dell'attività da gioco, a nulla rilevando il luogo all'interno del pubblico esercizio in cui i giochi vengono praticati e la destinazione esclusiva dei locali o meno alle attività del gioco (Pioletti, 96).

La fattispecie di partecipazione al gioco prevista dall'art. 723 comma 3 è chiaramente un reato comune che può essere commesso da chiunque.

Elemento materiale

Mentre la qualificazione del gioco d'azzardo compete al giudice che deve valutare la ricorrenza dei requisiti dell'aleatorietà e del fine di lucro, per la determinazione dei giochi non d'azzardo e proibiti dall'autorità, puniti ai sensi dell'art. 723, la determinazione dell'autorità è vincolante per il giudice (Cass. III, n. 10832/1985).

La dottrina ha, al riguardo, precisato che il provvedimento di divieto può essere sindacato dal giudice solo per vizi di legittimità che, ove ravvisati, possono determinare la disapplicazione dello stesso, non potendosi invece sindacare il provvedimento nel merito, in quanto motivato a tutela dell'ordine pubblico (Mazza, 418). Il sindacato sarà pero ammissibile ove riguardi l'oggetto del divieto, nel senso che ove l'autorità qualificasse e proibisse un'attività di gioco che tale non è, il giudice, ravvisato il vizio di eccesso di potere, potrebbe disapplicare l'atto (Pioletti, 87).

Deve al riguardo tenersi presente che in tema di apparecchi e congegni automatici, semiautomatici ed elettronici, a seguito delle modifiche apportate dalla Legge Finanziaria 2007 (l. 27 dicembre 2006, n. 296) all'art. 110 del r.d. 18 giugno 1931, n. 773, la violazione del divieto di giuoco d'azzardo e l'impiego di apparecchi idonei per il gioco lecito non conformi ai requisiti indicati dal comma sesto del predetto art. 110 r.d. n. 773/1931, non sono più sanzionati da tale ultima disposizione di legge ma dagli artt. 718 e ss. (Cass. III, n. 16660/2007).

La condotta proibita consiste nel tollerare da parte dell'esercente autorizzato che nella sua casa da gioco si pratichino giochi non d'azzardo, ma vietati dall'autorità; si è, al riguardo precisato che tollerare significa non solo consentire, implicitamente o esplicitamente, lo svolgimento di un gioco vietato, ma anche non impedirlo, omettendo la necessaria sorveglianza (Vigna-Bellagamba, 167). Per la punibilità dell'esercente, non è necessaria, a differenza di quanto previsto nell'art. 718, la sorpresa in flagranza; viceversa per la punibilità del partecipante, prevista dall'art. 723 comma 3, è necessaria la sorpresa in flagranza dello stesso.

Le due ipotesi di reato previste dall'art. 723 possono, tra loro, concorrere, nell'ipotesi in cui il gestore della casa da gioco, oltre a tollerare il gioco vietato, partecipi anche allo stesso.

Elemento soggettivo

In entrambe le ipotesi previste dall'art. 723, per integrare l'elemento soggettivo del reato è sufficiente la colpa. Deve, in proposito, tenersi conto che l'ignoranza dell'ordinanza del questore, che vieta l'esercizio di taluni giochi, costituendo elemento integrante dell'art. 723, non incide sulla punibilità, trattandosi di un errore di diritto o dell'ignoranza della legge penale, che non scusa (Vigna-Bellagamba, 168).

Circostanze aggravanti

Le circostanze aggravanti previste nell'art. 723 comma 2 sono applicabili soltanto all'ipotesi prevista dal primo comma del medesimo articolo. Valgono le considerazioni in precedenza svolte in relazione all'art. 719.

Profili processuali

Il reato  è procedibile d'ufficio.

 

Bibliografia

Ariolli, L'esercizio del gioco d'azzardo: caratteri identificativi, principio di uguaglianza e libero convincimento del giudice, in Cass. pen. 1995, 3217; Manzini, Trattato di diritto penale italiano, Torino, 1981; Mazza, Giochi d'azzardo e proibiti nel diritto penale, in Dig. d. pen., V, Torino, 1991; Pioletti, Giochi vietati, in Enc. dir., XIX, Milano, 1970, 71; Ranucci, Gioco d'azzardo e giochi vietati, in Enc. giur., Roma, XV, 1989; Vigna-Bellagamba, Le contravvenzioni nel codice penale, Milano, 1974.

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