Codice Penale art. 727 - Abbandono di animali 1 .

Roberto Carrelli Palombi di Montrone

Abbandono di animali 1.

[I]. Chiunque abbandona animali domestici o che abbiano acquisito abitudini della cattività è punito con l'arresto fino ad un anno o con l'ammenda da 1.000 a 10.000 euro. Quando il fatto di cui al primo periodo avviene su strada o nelle relative pertinenze, la pena è aumentata di un terzo 2.

[II]. Alla stessa pena soggiace chiunque detiene animali in condizioni incompatibili con la loro natura, e produttive di gravi sofferenze.

[III]. All'accertamento del reato di cui al primo comma consegue in ogni caso, ove il fatto sia commesso mediante l'uso di veicoli, la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida da sei mesi a un anno 3.

 

[1] Articolo da ultimo così sostituito dall'art. 1 3 l. 20 luglio 2004, n. 189. L'ammenda prevista nel primo comma era stata così aumentata dall'art. 5 comma 5 l. 14 agosto 1991, n. 281

[2] Il periodo «Quando il fatto di cui al primo periodo avviene su strada o nelle relative pertinenze, la pena è aumentata di un terzo» è stato inserito dall'art. 2, comma 1, lett. a), l. 25 novembre 2024, n. 177.

Inquadramento

La formulazione attualmente vigente della contravvenzione prevista dall'art. 727, in entrambe le ipotesi previste, è stata introdotta dall'art. 1 comma 3 l. 20 luglio 2004 n. 189. La fattispecie è stata quindi modificata dall'art. 2 della legge 25 novembre 2024, n. 177, introducendosi, per il reato di cui al primo comma, una circostanza aggravante, nell'ipotesi in cui il fatto sia commesso su strada o nelle relative pertinenze; con il medesimo testo legislativo è stata introdotta la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida da sei mesi ad un anno ove il fatto sia commesso mediante l'uso di veicoli.

Elemento materiale

L'elemento materiale del reato, nell'ipotesi prevista nel comma 1 dell'art. 727, consiste nella condotta di abbandono di animali domestico o di animali che abbiano acquisito abitudini della cattività; nell'ipotesi prevista dal comma 2 è, poi, sanzionata la detenzione di animali in condizioni incompatibili con la loro natura e produttive di gravi sofferenze.

A questo riguardo la Cassazione ha ritenuto che configurano il reato di maltrattamenti di animali, anche nella formulazione novellata di cui all'art. 727, non soltanto quei comportamenti che offendono il comune sentimento di pietà e mitezza verso gli animali destando ripugnanza per la loro aperta crudeltà ma anche quelle condotte che incidono sulla sensibilità dell'animale, producendo un dolore (Cass. III, n. 44287/2007). Nel caso di specie, appunto, il maltrattamento era consistito nella detenzione, all'interno di un canile, di animali obbligati in recinti e gabbie carenti dei requisiti previsti dalla legge ed in condizioni igieniche disastrose. Nella stessa linea interpretativa si è affermato che costituiscono maltrattamenti, idonei ad integrare il reato di abbandono di animali, non solo le sevizie, le torture o le crudeltà caratterizzate da dolo, ma anche quei comportamenti colposi di abbandono e incuria che offendono la sensibilità psico-fisica degli animali quali autonomi essere viventi, capaci di reagire agli stimoli del dolore come alle attenzioni amorevoli dell'uomo (Cass. III, n. 49298/2012). Si è ancora affermato che il reato permanente di cui all'art. 727 è integrato dalla detenzione degli animali con modalità tali da arrecare gravi sofferenze, incompatibili con la loro natura, avuto riguardo, per le specie più note (quali, ad esempio, gli animali domestici), al patrimonio di comune esperienza e conoscenza e, per le altre, alle acquisizioni delle scienze naturali (Cass. III, n. 37859/2014).

Circa i rapporti con la precedente formulazione della norma, la Cassazione ha precisato che, non diversamente da quanto accadeva alla stregua del precedente testo dell'art. 727, anche secondo la nuova formulazione dell'articolo, ai fini della sussistenza dell'elemento materiale dell'ipotesi di incrudelimento verso animali, sono necessari atti concreti di crudeltà, ossia l'inflizione di gravi sofferenze fisiche ad essi senza giustificato motivo. Infatti, è appunto la mancanza di motivi che distingue l'incrudelimento dalla sottoposizione a strazio o sevizie; le crudeltà, inoltre, non possono essere che fisiche. Del resto, proprio per questa ragione, il precedente testo dell'art. 727 nell'ipotesi di crudeltà verso gli animali, a differenza della loro sottoposizione ad eccessive fatiche o torture, non poneva la riserva della necessità, perché l'incrudelimento presuppone concettualmente l'assenza di qualsiasi giustificabile motivo da parte dell'agente: la crudeltà è di per sé caratterizzata dall'assenza di un motivo adeguato e dalla spinta di un motivo abietto o futile; inoltre, è pacifico che nell'ipotesi dell'incrudelimento l'elemento soggettivo consiste nel dolo, cioè nella libera e cosciente volontarietà del fatto di incrudelire verso animali (Cass. III, n. 601/1996).

La Cassazione ha precisato che il delitto di introduzione o abbandono di animali nel fondo altrui per farli pascolare è integrato anche qualora la condotta riguardi un singolo capo di bestiame - purché lo stesso appartenga a quella specie di animali che, se riuniti, formano un gregge o una mandria - atteso che il comma 2 dell'art. 636 prevede la consumazione del delitto anche nel caso in cui gli animali non siano raccolti in gregge o mandria (Cass. II, n. 25771/2017).

Elemento soggettivo

Il reato è punibile, indifferentemente, a titolo di dolo o di colpa.

Al riguardo la giurisprudenza ha chiarito che la detenzione di animali in condizioni incompatibili con la loro natura, prevista come reato dall'art. 727, è configurabile anche in ipotesi di semplice negligenza, atteso che trattasi di contravvenzione non necessariamente dolosa (Cass. III, n. 32837/2005). Più specificamente si è integrato il reato previsto dall'art. 727 nel comportamento, anche colposo, di completo abbandono di animali allevati in libertà se sia tale da determinare per gli stessi condizioni di vita incompatibili con la loro natura (Cass. III, n. 2852/2013). Nella fattispecie concreta si era trattato della detenzione di cavalli di razza maremmana allevati allo stato brado, ai quali non veniva assicurata alcuna cura o assistenza neanche quando le condizioni ambientali e climatiche non permettevano che gli esemplari si approvvigionassero autonomamente per vie naturali, tanto da cadere in stato di forte denutrizione e disidratazione.

Inoltre, ai fini dell'integrazione de reato, non è necessaria la volontà del soggetto agente di infierire sull'animale né che quest'ultimo riporti una lesione all'integrità fisica, potendo la sofferenza consistere in soli patimenti (Cass. III, n. 175/2007).

Consumazione

Trattasi di reato permanente, la cui consumazione permane finché dura la condotta di maltrattamenti.

In proposito la Cassazione ha precisato che il delitto di detenzione di animali in condizioni incompatibili con la loro natura di cui all'art. 727 comma 2 ha natura di reato permanente, la cui consumazione inizia nel momento in cui l'autore del reato tiene gli animali nella condizione vietata e cessa nel momento in cui rimuove detta condizione o ne perde la disponibilità, anche per effetto del sequestro disposto dall'autorità giudiziaria (Cass. III, n. 21460/2015).

Rapporti con altri reati

La giurisprudenza ha chiarito che il reato contravvenzionale di abbandono di animali, come modificato dalla l. n. 189/2004, concorre con i reati contravvenzionali previsti dall'art. 30 l. 11 febbraio 1992, n. 157 (Cass. III, n. 41742/2009). Più specificamente la Cassazione ha chiarito che la norma ricavabile dal nuovo testo dell'art. 727 e relativa alla detenzione di animali in condizioni incompatibili con la loro natura non si trova in alcun modo in una situazione di puntuale ed inevitabile contraddizione con la norma della l. n. 157/1992 relativa all'uso degli uccelli in funzione di richiami e la sua applicazione non comporta necessariamente ed in ogni caso la disapplicazione della seconda, dal momento che è possibile una interpretazione delle due disposizioni che consenta una coerente ed armonica applicazione di entrambe. È infatti nozione elementare di teoria generale del diritto che l'abrogazione per incompatibilità (a differenza di quella espressa) intercorre tra le norme e non tra le disposizioni e che essa si verifica non già quando vi sia una generica non conformità fra nuova e vecchia disciplina, bensì soltanto quando fra le due norme vi siano una contraddizione ed un contrasto puntuali ed irresolubili, tali che l'applicazione di una norma implichi necessariamente ed indefettibilmente la disapplicazione dell'altra, il che sta a significare che è canone fondamentale di interpretazione quello secondo cui l'interprete è obbligato a compiere tutti gli sforzi ermeneutici al fine di salvare la vigenza della norma precedente, ossia è obbligato ad interpretare, fin dove è possibile, nuova e vecchia disposizione in modo tale da ricavarne norme non incompatibili e che solo quando ciò non sia possibile, ossia solo quando in nessun modo l'applicazione della nuova norma consenta anche l'applicazione della precedente, l'interprete stesso possa dichiarare l'avvenuta abrogazione della vecchia norma (Cass. III, n. 601/1996).

Circostanza aggravante.

L'art. 2 della legge 25 novembre 2024, n. 177 ha stabilito che la pena sia aumentata di un terzo nell'ipotesi in cui il fatto avvenga su strada o nelle relative pertinenze.

Casistica

Affidamento provvisorio a privati

L'affidamento provvisorio a privati degli animali oggetto di confisca e sequestro, effettuato nel corso del processo in attesa di individuare gli enti ed associazioni che si dichiarino disponibili ad accoglierli, non contrasta con la previsione di cui all'art. 19-quater disp. att. Nella fattispecie concreta il tribunale, nel disporre la confisca, si era riservato di provvedere con separata ordinanza all'affidamento agli enti che ne avrebbero fatto richiesta (Cass. III, n. 22039/2010).

Detenzione di animali con modalità tali da arrecare gravi sofferenze incompatibili con la loro natura

In tema di maltrattamento di animali, il reato permanente di cui all'art. 727 è integrato dalla detenzione degli animali con modalità tali da arrecare gravi sofferenze, incompatibili con la loro natura, avuto riguardo, per le specie più note (quali, ad esempio, gli animali domestici), al patrimonio di comune esperienza e conoscenza e, per le altre, alle acquisizioni delle scienze naturali. Nel caso concreto è stata ritenuta penalmente rilevante la custodia di un cavallo in vano seminterrato angusto, alto meno di due metri e pieno di escrementi, tale da costringerlo a stare con la testa ed il collo continuamente abbassati e a limitarne la possibilità di movimento (Cass. III, n. 6829/2014).

Uso di collare elettronico

L'utilizzo di collare elettronico, che produce scosse o altri impulsi elettrici trasmessi al cane tramite comando a distanza, integra il reato di cui all'art. 727, concretizzando una forma di addestramento fondata esclusivamente su uno stimolo doloroso tale da incidere sensibilmente sull'integrità psicofisica dell'animale (Cass. III, n. 38034/2013).

Profili processuali

Il reato è procedibile d'ufficio.

È ammessa l'oblazione ai sensi dell'art. 162-bis

L'art. 2 della legge 25 novembre 2024, n. 177 ha introdotto la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di  guida da sei mesi ad un anno ove il fatto sia commesso mediante l'uso di veicoli.

Bibliografia

V. sub art. 726.

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