Codice Civile art. 1 - Capacità giuridica (1).Capacità giuridica (1). [I]. La capacità giuridica si acquista dal momento della nascita [22 Cost.]. [II]. I diritti che la legge riconosce a favore del concepito sono subordinati all'evento della nascita [254, 320, 462, 784]. (1) Gli artt. 1 r.d.l. 20 gennaio 1944, n. 25 e 3 d.lg.lt. 14 settembre 1944, n. 287 hanno abrogato l'originario comma 3 dell'articolo, che recitava: «Le limitazioni alla capacità giuridica derivanti dall'appartenenza a determinate razze sono stabilite da leggi speciali».
InquadramentoL'art. 1 segna l'ingresso dell'individuo nell'ordinamento giuridico (Perlingieri P., 114), introducendo il concetto di «capacità giuridica». La capacità giuridica e la capacità d'agire esauriscono le fondamentali manifestazioni generali della soggettività giuridica (Bilò, Facci, Martino, in Sesta, 220). La capacità giuridica, in particolare, è l'idoneità del soggetto ad essere titolare di diritti e doveri e più in generale di situazioni soggettive (Falzea, 1960, 8). La Dottrina la descrive anche in termini di «attitudine» alla titolarità di poteri e doveri giuridici (Rescigno, 218). Si distingue dalla capacità d'agire definita come l'idoneità del soggetto ad esplicare direttamente la propria autonomia negoziale e processuale (Bianca C.M., 2014, 66). Nel primo caso, si descrive, sostanzialmente, un profilo statico del soggetto («che è») mentre nel secondo caso, viene in rilievo un suo profilo dinamico («che fa»). Gli studi classici hanno approfondito i rapporti tra soggettività e capacità non pervenendo, tuttavia, a soluzioni univoche. Secondo la tesi cd. organica, la capacità giuridica coincide con la soggettività giuridica poiché il soggetto è il punto necessario di riferimento del sistema normativo in generale. Secondo la tesi cd. atomistica, la soggettività — intesa come necessaria presenza di un destinatario per la norma giuridica isolatamente considerata — non è invece sovrapponibile al concetto di capacità giuridica. Il codice del 1865 non conosceva una demarcazione così netta tra capacità giuridica e capacità d'agire e sotto tale aspetto, la codificazione del 1942 rappresenta il tentativo del Legislatore di offrire un concreto contributo alla regolamentazione del soggetto di diritto (Pizzorusso, Romboli, Brescia, De Vita, in Comm. S. B., 1988, 1). La giurisprudenza di legittimità ritiene che le due categorie giuridiche siano differenti ed intende la soggettività giuridica come idoneità ad essere potenziali titolari di diritti ed obblighi giuridici, e la capacità giuridica come la misura della soggettività, cioè l'effettiva titolarità di diritti e obblighi (Cass. n. 14247/2018). Per le persone fisiche, questo dibattito è, comunque, dogmatico perché i due concetti (soggettività giuridica e capacità giuridica) coincidono; al contrario, rimangono distinti per le persone giuridiche. Acquisto e perdita della capacità giuridicaLa dottrina qualifica la capacità giuridica come “generale” in quanto attitudine astratta estesa a tutte le persone e la distingue da quella “speciale”, quale incidenza sulla possibile titolarità delle singole situazioni (Perlingieri, 113). L'acquisto della capacità giuridica è un diritto irrinunciabile dell'individuo tant'è che, assieme al nome e alla cittadinanza, è una di quelle componenti fondamentali della persona di cui «nessuno può essere privato per motivi politici», per dettato costituzionale (art. 22 Cost.).La persona fisica acquista la capacità giuridica con la nascita. La nascita è l'evento che segna l'inizio della vita extrauterina (Bianca C.M., 2014, 67): essa è intesa come sinonimo di vita autonoma, seppur appena iniziata e si traduce nel distacco del feto dall'organismo materno e nel passaggio del polmone dallo stato fetale a quello respirante. Non è necessario l'ulteriore requisito della idoneità fisica alla sopravvivenza (cd. vitalità). Queste caratteristiche (distacco dall'alveo materno e atto respiratorio), eventualmente dimostrate con le cd. prove docimasiche, assumono una indubbia rilevanza poiché, in difetto, il frutto del concepimento sarà nato morto e, dunque, non avrà acquisito la capacità giuridica, diventando persona fisica. Questa impostazione ha radici storiche: nel diritto romano, il nascituro (partus nondum editus) che ancora si trovava nel corpo della madre «homo non recte fuisse dicitur»; non poteva, cioè, dirsi nato (e diventato, dunque, essere umano: Papiniano, D. 35, 2, 9, I). Se il «bambino è nato morto l'ufficiale dello stato civile forma il solo atto di nascita»; forma, invece, anche quello di morte, se il «bambino è morto posteriormente alla nascita» (art. 37, d.P.R. 396/2000). La morte costituisce, invece, il termine finale della capacità (Bilò, Facci, Martino, in Sesta 226). La morte si identifica con la cessazione irreversibile di tutte le funzioni dell'encefalo (art. 1 l. 578/1993). Non è motivo di perdita della capacità giuridica la «rinuncia» che non è ammessa dall'ordinamento e, dunque, non produce alcun effetto. Nemmeno la capacità giuridica può essere oggetto di pattuizioni o stipule intese a modificarne il contenuto o a limitarla (Rescigno, 218). La legge può, però, prevedere delle specifiche incapacità (generali o speciali): ad es., il minore degli anni 15 non può prestare attività lavorativa (incapacità giuridica generale); i parenti in linea retta e i fratelli e le sorelle non possono tra loro contrarre matrimonio (incapacità giuridica speciale). Statuto giuridico del concepitoLa nascita decreta l'esistenza della persona fisica: prima di quest'evento, l'essere umano si trova nella fase primordiale del suo sviluppo biologico (Buffone, 2015, 14). Gli studi della dottrina tendono a distinguere tra “persona” e “soggetto”, con una elaborazione critica della teoria della soggettività (v. Busnelli, 231; Falzea, 1939): questa tematica assume rilevanza proprio per la figura del concepito, che è “vita nascente”. Infatti, assodato che il concepito non è «persona fisica» al lume dell'art. 1 (contra Bianca C. M., 2014, 70 che qualifica il nascituro come “persona”), ormai prevalente è l'opinione che gli attribuisce, comunque, la qualifica di “soggetto” del diritto. In questa direzione, inoltre, si è mosso il Legislatore che, in materia di procreazione medicalmente assistita, ha inscritto il concepito nell'ambito dei “soggetti” (art. 1, comma 1, l. n. 40/2004). Potrebbe trattarsi di una soggettività “tipica”, individuata per singole fattispecie, e ciò potrebbe spiegare razionalmente le previsioni normative che attribuiscono al nascituro dei diritti, già prima della nascita (v. artt. 462 e 784). Sfogliando il diritto pretorile, si registra polifonia interpretativa. In arresti ormai risalenti, la Suprema Corte di Cassazione ha escluso che al concepito possa essere riconosciuta una piena capacità giuridica, che acquisirebbe soltanto con la nascita, pertanto i casi in cui la legge attribuisce una limitata capacità giuridica al concepito avrebbero carattere eccezionale e sarebbero di stretta interpretazione (Cass. n. 3467/1973). Negli arresti più recenti, la Suprema Corte, invece, si è dimostrata orientata a qualificare il concepito come «soggetto giuridico» (Cass. n. 10741/2009) riconoscendogli l'attitudine ad essere titolare di diritti (Cass. n. 17811/2014) in linea con le proposizioni più recenti della dottrina che ripudiano l'idea di una capacità sospensivamente condizionata (Bianca C. M., 2014, 69) e discorrono di «capacità giuridica piena ma caducabile». Restano, comunque, tuttora vitali le tesi che riconoscono ora una capacità provvisoria destinata a divenire definitiva con la nascita , discorrendo dunque di capacità giuridica risolutivamente condizionata dalla nascita stessa (v. Giacobbe, 2003, 39) , ora una fattispecie a formazione progressiva completata solo dall'evento della nascita medesima. A queste tesi si obietta che il soggetto, se è, è senza se e senza ma (Gazzoni, 2016, 19). L'una o l'altra tesi conclude, comunque, per il riconoscimento di situazioni giuridiche soggettive in capo al concepito, al di là di quelle previste espressamente dalla Legge, seppur subordinatamente all'evento della nascita. Sulla questione sono intervenute le Sezioni Unite le quali, con le quali, nell'importante arresto Cass. S.U. , n. 25767/2015, affermando che, tenuto conto del naturale relativismo dei concetti giuridici, alla tutela del nascituro si può pervenire, in conformità con un indirizzo dottrinario, senza postularne la soggettività — che è una tecnica di imputazione di diritti ed obblighi — bensì considerandolo oggetto di tutela (Corte cost. n. 27/1975; Cass. n. 9700/2011; Cass. n. 5881/2000). Secondo le Sezioni Unite «si può essere destinatari di tutela anche senza essere soggetti dotati di capacità giuridica ai sensi dell'art. 1». A composizione del contrasto giurisprudenziale insorto, pertanto, le Sezioni Unite non hanno aderito alla tesi che predica una piena soggettività del concepito. La giurisprudenza di merito ha fatto applicazione di questi principi, stimando ammissibile l'azione cautelare, promossa dalla madre del nascituro, concepito fuori dal matrimonio, dopo la morte del padre, per accedere a materiale biologico del medesimo al fine di conservare elementi di prova da spendere nel futuro giudizio di paternità, da instaurare ex art. 269 (Trib. Milano, 31 maggio 2016). Secondo questo indirizzo pretorile, nell'attuale contesto ordinamentale, la «tutela della vita nascente» è sempre più avvertita come comune valore civile, pure riconosciuto dal Legislatore (v. art. 1, comma 1, l. n. 40/2004) nel bilanciamento con altri valori parimenti protetti (v. Corte EDU, 26 maggio 2011, in materia di interruzione della gravidanza); va dunque favorita una interpretazione tesa ad estendere, piuttosto che ridurre, gli ambiti di protezione del nascituro, come oggetto di tutela. In tempi recenti, la dottrina ha autorevolmente affermato che il problema della qualificazione giuridica del concepito va risolto ricordando che l'ordinamento giuridico può disciplinare determinati valori, primo tra tutti quello della vita umana (v. l. n. 194/1978 sul punto), senza necessariamente presupporre l'esistenza di una soggettività giuridica e modulando la protezione secondo criteri ricavati dall'analisi della fattispecie e degli interessi, eventualmente plurimi, coinvolti (Gazzoni, 2016, 15). Molto dibattito ha suscitato il tema afferente alla tutela del concepito, per il caso in cui la gestante scelga di interrompere la gravidanza (l. n. 194/1978). L'orientamento ormai consolidato assegna prevalenza al soggetto che già persona è, piuttosto che a quello che persona deve ancora diventare: dove sia in gioco la salute, prevale dunque l'interesse della gestante. Ove si tratti di persona di minore età, il giudice tutelare adito per autorizzarla a decidere non ha diritto all'obiezione di coscienza, poiché l'intervento del magistrato ha contenuto «unicamente di integrazione, della volontà della minorenne, per i vincoli gravanti sulla sua capacità d'agire», rimanendo quindi esterno alla procedura di riscontro, nel concreto, dei parametri previsti dal legislatore per potersi procedere all'interruzione gravidica (v. Corte cost. n. 196/2012). Diritto internazionale privatoLa Legge di riforma del diritto internazionale privato ha introdotto due norme di conflitto deputate a regolare l'una la capacità giuridica (art. 20), l'altra la capacità di agire (art. 23). Sulla scorta della normativa richiamata, la capacità giuridica delle persone fisiche è regolata dalla loro legge nazionale (art. 20 l. n. 218/1995): si adotta, dunque, il criterio di collegamento della lex patriae «codificando» quello che era l'orientamento dottrinale e giurisprudenziale prevalente, anche nel regime della preleggi (Baratta, 27). Ai sensi dell'art. 20, comma 2, l. n. 218/1995, «le condizioni speciali di capacità, prescritte dalla legge regolatrice di un rapporto, sono disciplinate dalla stessa legge». In tal modo, le capacità giuridiche speciali sono sottoposte alla legge regolatrice del rapporto giuridico in ordine al quale la capacità va di volta in volta accertata. BibliografiaBaratta, Diritto internazionale privato, Milano, 2010; Bartolini, La commorienza del beneficiario e del contraente-assicurato, in Dir. prat. ass. 1959, 122; Bianca C.M., Diritto civile, I. La norma giuridica. I soggetti, Milano, 2002; Birkhoff, Nozioni di medicina legale. Uno strumento per le professioni medico-sanitarie e giuridiche, Milano, 2011, 52; Breccia, Immagini del diritto privato, I, Teoria generale, fonti, diritti, Torino, 2013; Buffa, Caracuta, Anelli, Il lavoro minorile: problematiche giuridiche, Matelica, 2005; Buffone, Se la favola di Andrea diventa un incubo in Cendon, Buffone, Saccà, Una bimba in Italia può chiamarsi Andrea?”, in Il civilista 2009, 6; Buffone, Anche quando il cognome maritale appaia «famoso» perché ha consentito e consente la frequentazione di ambienti mondani di alto livello o di rango sociale o di censo molto elevati, ciò non basta alla donna divorziata per poterlo conservare in Dir. fam. e pers. 2012, fasc. 2, I, 737; Cendon (a cura di), Commentario al codice civile. Artt. 1 - 142, Milano, 2009; Cian, Trabucchi (a cura di), Commentario breve al codice civile, Padova, 2011; Clarich, Società di mercato e quasi-amministrazioni, in Dir. amm. 2009, 253, ss.; Falzea, Il soggetto nel sistema dei fenomeni giuridici, Milano, 1939; Falzea, Capacità (teoria generale), in Enc. dir., VI, Milano, 1960; Finocchiaro, Diritto all’anonimato: anonimato, nome e identità personale, Padova, 2008; Gazzoni, Scritti giuridici minori, 2016; Giacobbe, Il concepito come persona in senso giuridico, Torino, 2003; Lipari, Diritto civile, 1, Milano, 2009; Perlingieri, Manuale di Diritto Civile, Napoli, 2005; Pizzorusso, Romboli, Brescia, Rescigno, Capacità giuridica, in Dig. civ., II, Torino, 1988; Rescigno, Capacità giuridica, in Dig. civ., II, Torino, 1988; Rossi S., Corpo umano (atti di disposizione sul) in Dig. civ., Torino, 2010; Santoro Passarelli, Dottrina generali del diritto civile, Napoli, 1985; Sesta (a cura di), Codice della famiglia, Milano, 2015; Tozzi, La circolazione dei diritti della persona, Torino, 2013; Trabucchi, «Buon costume», in Enc. dir., VI, Milano, 1959, 700.
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