Codice Civile art. 18 - Responsabilità degli amministratori.Responsabilità degli amministratori. [I]. Gli amministratori sono responsabili verso l'ente secondo le norme del mandato [1710 ss., 2392]. È però esente da responsabilità quello degli amministratori il quale non abbia partecipato all'atto che ha causato il danno, salvo il caso in cui, essendo a cognizione che l'atto si stava per compiere, egli non abbia fatto constare del proprio dissenso [2260 2, 2392 3]. InquadramentoL'ente, in quanto persona immateriale, agisce ed opera per mezzo di un rappresentante che è l'organo. Sulla scorta della elaborazione degli studiosi delle persone giuridiche pubbliche, il meccanismo di rappresentanza dell'ente è quello della cd. “immedesimazione organica”: l'organo si caratterizza per essere inserito nell'organizzazione dell'ente e ne costituisce una parte integrante, immedesimandosi in esso. Per mezzo dell'organo, dunque, le situazioni giuridiche soggettive e i rapporti giuridici sono direttamente riferibili all'ente: attraverso l'organo, l'ente agisce e l'azione svolta dall'organo si considera posta in essere dall'ente. In ciò l'immedesimazione organica si differisce dalla rappresentanza poiché, in quest'ultima, il rappresentato è separato dal rappresentante che agisce in nome e per conto d'altri. L'organo è, quindi, strumento di imputazione (Casetta, 137 e ss). In assenza di una precipua disciplina ex lege, alla immedesimazione organica si applicano, in quanto compatibili, le norme sulla rappresentanza ex art. 1387 e ss: ma il principio non è pacifico in giurisprudenza. La S.C., tuttavia, è sostanzialmente unanime nel ritenere applicabile il disposto dell'art. 1388 che attribuisce «direttamente effetto nei confronti del rappresentato» al contratto concluso in suo nome dal rappresentante, ma soltanto se costui si è mantenuto nei limiti delle facoltà conferitegli; secondo la giurisprudenza, questa disposizione trova applicazione anche nel caso di rappresentanza organica, poiché è nell'essenza dell'uno come dell'altro istituto che un soggetto debba risentire nella propria sfera giuridica le conseguenze dell'operato altrui esclusivamente nei limiti in cui lo abbia consentito (Cass. n. 7724/2000). Nella disciplina dell'ente, organo principale è l'amministratore. L'amministrazione dell'ente può essere affidata a uno o più amministratori: gli amministratori sono l'organo di direzione dell'ente e operano allineando la loro attività allo scopo perseguito dalla persona giuridica. Il nome degli amministratori e il loro potere rappresentativo devono essere indicati nell'atto costitutivo (art. 4 comma 1, d.P.R. n. 361/2000) ove pure, in genere, l'ente indica la durata del ruolo, i compiti e i criteri o le modalità di designazione. L'amministratore può essere investito del ruolo associativo rappresentativo in ragione delle sue particolari competenze professionali: tale elemento è rilevante ai fini dell'eventuale giudizio di responsabilità. Responsabilità dell'amministratoreGli amministratori rispondono secondo le norme del mandato: il rinvio è da intendersi sostanzialmente limitato all'art. 1710 (Cian, Trabucchi, 19): ne consegue che l'amministratore è tenuto a eseguire il proprio compito «con la diligenza del padre di famiglia». Si richiede un parametro diverso, come quello professionale, ove l'amministratore sia titolari di particolare competente tecniche o professionali, tali da avere giustificato la sua investitura. La responsabilità ha natura contrattuale in quanto discende dalla violazione di un obbligo negoziale assunto nei confronti dell'ente, cioè dall'inadempimento di doveri imposti dalla legge o dallo statuto, assolto senza la diligenza richiesta dalla natura dell'incarico o dalle competenze professionali: in ciò richiamandosi l'art. 2392 che si stima applicabile anche alle associazioni riconosciute (Barba A., Pagliantini S., par. 22). In caso di negligente adempimento di un obbligo imposto dalla legge o dallo statuto, gli amministratori sono tenuti al risarcimento dei danni arrecati all'ente: tuttavia, se l'attività è svolta gratuitamente, la responsabilità per colpa è valutata con minor rigore (art. 1710, comma 1). In caso di amministrazione plurima, la responsabilità è esclusivamente degli amministratori che hanno partecipato all'atto dannoso (Lipari, 392). La responsabilità dell'amministratore è configurabile anche per il caso di atti omissivi: come il non aver impedito un evento che si aveva il dovere o lo specifico obbligo di impedire. Gli amministratori sono responsabili non solo verso l'ente ma anche verso i creditori di quest'ultimo: il titolo discende dalla norma generale di cui all'art. 2043 in mancanza di una specifica disciplina di settore, come accade per le società (Lipari, 392). Con una interessante pronuncia la S.C., al riguardo, ha affermato che l'azione di responsabilità nei confronti degli amministratori di una persona giuridica privata è compromettibile in arbitri, concernendo essa, pur se posta a tutela di un interesse «collettivo», diritti patrimoniali disponibili all'interno di un rapporto contrattuale, senza coinvolgere interessi di terzi estranei, se non in modo eventuale ed indiretto (Cass. n. 3887/2014). Le azioni di responsabilità contro gli amministratori delle associazioni per fatti da loro compiuti sono deliberate dall'assemblea e sono esercitate dai nuovi amministratori o dai liquidatori (v. art. 22). Responsabilità extracontrattualeL'ente risponde degli illeciti commessi dagli amministratori e, quindi, allo stesso è pure ascrivibile una responsabilità aquiliana ex art. 2043 La responsabilità, tuttavia, non si configura là dove l'azione dell'amministratore sia del tutto esorbitante rispetto ai compiti conferiti o si tratti di una condotta posta in essere in modo del tutto scollato dalle funzioni. L'azione ex art. 2043 nei confronti dell'ente può, comunque, essere cumulato con un'azione verso la persona dell'amministratore. È ben possibile che l'ente, per il tramite dei suoi amministratori, si avvalga di terze persone, come commessi o dipendenti, per la esecuzione di particolari compiti: in questi casi, nell'ipotesi in cui venga arrecato danni a terzi, è comunque configurabile una responsabilità ex art. 204. Incarichi amministrativi delle fondazioni e compensiL'orientamento storico e consolidato afferma il principio della gratuità degli incarichi amministrativi delle fondazioni e giustifica questa conclusione per l'esigenza di evitare ogni rischio di depauperamento del patrimonio: ne deriva il divieto di distribuzione degli utili ed anche di erogazione dei compensi agli amministratori, visti come una forma indiretta di distribuzione degli utili. Tuttavia, già nella disciplina tributaria degli enti non commerciali (d.lgs. n. 460/1997), pur ribadendosi il principio relativo al divieto di distribuzione anche indiretta degli utili, all'art. 10, comma 6, lett. c), si prevede la corresponsione ai componenti degli organi amministrativi e di controllo delle Onlus di emolumenti individuali annui “purché non superiori al compenso massimo previsto dal d.P.R. 10 ottobre 1994, n. 645 e dal d.l. 21 giugno 1995, n. 239, convertito con l. 3 agosto 1995, n. 336 e successive modificazioni e integrazioni, per il presidente del collegio sindacale delle società per azioni”. Si riconosce, pertanto, la possibilità di remunerare gli amministratori delle fondazioni entro limiti circoscritti per non derogare alle motivazioni, confermate, che erano sottese al principio di gratuità. Vi è, però, che con la recente approvazione del “Codice del terzo settore”, con riferimento alla questione dei compensi degli amministratori, il d.lgs. n. 117/2017 ha stabilito che, essendo confermato il divieto di distribuzione di utili, si considerano utili indiretti i «compensi individuali non proporzionati all'attività svolta, alle responsabilità assunte e alle specifiche competenze o comunque superiori a quelli previsti in enti che operano nei medesimi o analoghi settori e condizioni». In tal modo si rende possibile (ma non obbligatoria) la corresponsione di compensi più alti rispetto al limite fissato dalla normativa tributaria. Sulla questione qui in esame, in tempi recenti, il Consiglio di Stato, con parere dell'11 luglio 2018, ha affermato, alla luce delle nuove norme, che «nel caso in cui la fondazione non riceva risorse pubbliche è possibile prevedere una limitata remunerazione degli amministratori che potrà essere parametrata anche alle indicazioni contenute nel decreto legislativo n. 117». BibliografiaBarba A., Pagliantini S. (a cura di), Commentario del codice civile, Torino, 2014; Casetta, Manuale di diritto amministrativo, Milano, 2014; Cendon (a cura di), Commentario al codice civile. Artt. 1 - 142, Milano, 2009; Cerrina Feroni G., Fondazione e banche. Modelli ed esperienze in Europa e negli Stati Uniti, Torino, 2011; Cian, Trabucchi (a cura di), Commentario breve al codice civile, Padova, 2011; Galgano, Trattato di Diritto Civile, Padova, 2014; Iorio, Le trasformazioni eterogenee e le fondazioni, Milano, 2010; Lipari, Diritto Civile, Milano, 2009; Perlingieri P., Manuale di Diritto Civile, Napoli, 2005; Petrelli G., Formulario notarile commentato, Milano, 2011; Sarale, Trasformazione e continuità dell'impresa, Milano, 1996, 88; Sesta M., Codice delle successioni e donazioni, I, Milano, 2011; Sesta (a cura di), Codice della famiglia, Milano, 2015;. Zoppini, Le fondazioni, Napoli, 1995. |