Codice Civile art. 25 - Controllo sull'amministrazione delle fondazioni.Controllo sull'amministrazione delle fondazioni. [I]. L'autorità governativa esercita il controllo e la vigilanza sull'amministrazione delle fondazioni; provvede alla nomina e alla sostituzione degli amministratori o dei rappresentanti, quando le disposizioni contenute nell'atto di fondazione non possono attuarsi; annulla, sentiti gli amministratori, con provvedimento definitivo, le deliberazioni contrarie a norme imperative, all'atto di fondazione, all'ordine pubblico o al buon costume; può sciogliere l'amministrazione e nominare un commissario straordinario, qualora gli amministratori non agiscano in conformità dello statuto e dello scopo della fondazione o della legge (1). [II]. L'annullamento della deliberazione non pregiudica i diritti acquistati dai terzi di buona fede in base ad atti compiuti in esecuzione della deliberazione medesima [1445, 2377 7, 2391 3]. [III]. Le azioni contro gli amministratori per fatti riguardanti la loro responsabilità devono essere autorizzate dall'autorità governativa e sono esercitate dal commissario straordinario, dai liquidatori o dai nuovi amministratori. (1) V. l. 8 novembre 2000, n. 328. InquadramentoL'art. 25 riconosce un importante potere di controllo sull'amministrazione delle fondazioni; potere attribuito all'autorità governativa. Le funzioni amministrative già attribuite all'autorità governativa dalle norme del capo II, titolo II, libro I del codice civile, sono, però, oggi esercitate dalle prefetture ovvero dalle regioni o dalle province autonome competenti (art. 5 comma 1, d.P.R. n. 361/2000). Analoghe funzioni non competono, dunque, alle province (Tar Lazio, 2 dicembre 2010). La norma in commento prevede poteri di controllo e poteri di vigilanza in capo al pubblico esplicitati con dettaglio. In particolare, l'autorità pubblica provvede alla nomina e alla sostituzione degli amministratori o dei rappresentanti, quando le disposizioni contenute nell'atto di fondazione non possono attuarsi; annulla, sentiti gli amministratori, con provvedimento definitivo, le deliberazioni contrarie a norme imperative, all'atto di fondazione, all'ordine pubblico o al buon costume; può sciogliere l'amministrazione e nominare un commissario straordinario, qualora gli amministratori non agiscano in conformità dello statuto o dello scopo della fondazione o della legge. Il potere di controllo affidato alla mano pubblica è, però, di mera legittimità (Cons. Stato n. 291/1974) nel senso che tale indagine non può spingersi fino alla valutazione delle ragioni di opportunità (Cian, Trabucchi, 118). I controlli istituiti dall'art. 25 si giustificano in quanto nelle fondazioni, a differenza che nelle associazioni, manca un organo come quello assembleare che possa monitorare l'andamento dell'impianto organizzativo (Cendon, 709). Il controllo pubblico è dunque funzionale alla protezione dell'interesse dell'ente, in quanto si ricollega alla mancanza di un controllo interno corrispondente a quello delle corporazioni e mira a tutelare il vincolo di destinazione del patrimonio allo scopo voluto dal fondatore (Tar Lombardia n. 4598/2000). Forme di controllo pubblico e limitiPer consolidato orientamento (da ultimo, v. Cons. St., n. 4288/2018), le forme di controllo pubblico cui l'art. 25 assoggetta le fondazioni sono funzionalmente (e restrittivamente) preordinate alla tutela dell'ente, trovando ragione nell'assenza di un controllo interno analogo a quello esercitato nelle associazioni dei membri o da appositi organi a ciò deputati. Questi poteri dell'autorità amministrativa dell'art. 25 esprimono non una funzione di tutela nel merito, o di controllo sulla mera opportunità delle determinazioni o gestionale o di indirizzo, che sarebbero – specie alla luce delle riforme liberalizzatrici del 1997/2000 (art. 13, comma 1, l. n. 127/1997; art. 1, comma 1, l. n. 192/2000; d.P.R. n. 361/2000) - incompatibili con l'autonomia privata degli enti destinatari; ma piuttosto una funzione di vigilanza, cioè di controllo di legittimità rispetto alla legge e all'atto di fondazione; il quale controllo a sua volta non è astratto e generale, ma funzionale alla salvaguardia dell'interesse interno e istituzionale dell'ente, in rapporto a quanto giustifica la sua esistenza giuridica come tale, cioè alla preservazione del vincolo di destinazione del patrimonio allo scopo voluto dal fondatore e a suo tempo stimato meritevole di separazione di responsabilità con l'atto di riconoscimento giuridico della fondazione (Cons. St. cit.). Secondo la giurisprudenza, in siffatta prospettiva, «è ammissibile una sollecitazione ab extra diretta all'uso del potere di annullamento, mera segnalazione di terzi, inidonea a veicolare (quasi fosse un rimedio concorrente o alternativo), pretese di definizione di contenziosi in relazione all'interesse immediato e diretto del denunziante (interesse che invece ha la sua ordinaria tutela in giustizia e nelle pertinenti sedi). Ma per essere, se del caso, presa in considerazione occorre pur sempre che si inserisca nel margine di un detto controllo e che non ne ecceda». Regime giuridicoLa vigilanza e il controllo sono funzioni pubbliche, esercitate dall'Amministrazione d'ufficio in funzione della tutela delle fondazioni stesse, con esclusione di qualsiasi forma di intervento a tutela dell'interesse dei singoli. Invero, l'autorità vigilante non ha poteri di indirizzo delle fondazioni, né può imporre ad esse modalità organizzative diverse da quelle liberamente prescelte, ma può soltanto intervenire per normalizzarne le situazioni nel caso in cui si verifichi una delle ipotesi contemplate dall'art. 25 e ss. (conf. Cons. St. V, n. 291/1974). La dottrina non ha mancato di segnalare la scarsa applicazione in concreto di questa norma, rimasta isolata a casi rari che consta, dunque, di una ridotta effettiva operatività. L'art. 25 marca, dunque, l'esistenza di controlli da parte di soggetti pubblici e soprattutto istituisce l'ingerenza pubblica nella gestione delle fondazioni di diritto privato dall'art. 25, non soltanto mediante un generico potere di vigilanza, ma anche attraverso la nomina e la sostituzione degli amministratori, espressione di un potere di controllo penetrante (Cons. Stato n. 3820/2012). Gli strumenti di intervento attribuiti all'autorità tutoria ai sensi dell'art. 25, al fine di attuare i necessari interventi laddove ricorrano i presupposti obiettivamente riscontrabili previsti dalla norma, consentono: in caso di accertata inattuabilità delle disposizioni contenute nell'atto di fondazione, di provvedere alla nomina ed alla sostituzione degli amministratori o dei rappresentanti; in caso di accertate situazioni di contrarietà a norme imperative, all'atto di fondazione, all'ordine pubblico o al buon costume di annullare le delibere viziate, in caso di non conformità del comportamento degli amministratori allo statuto ed allo scopo della fondazione od alla legge, di sciogliere l'amministrazione e nominare un commissario straordinario. L'interesse tutelato dal controllo pubblico sulle fondazioni è quello dell'ente (previamente apprezzato dall'autorità tutoria, in sede di riconoscimento della personalità giuridica) e, in senso più lato, quello finalizzato alla salvaguardia della volontà del fondatore. Tale controllo pubblico sull'attività della fondazione può presentare caratteri e modalità diversi rispetto a quello esercitato sull'attività dell'associazione, non soltanto in relazione alle forme ed all'intensità degli interventi dei pubblici poteri, ma anche in relazione alla funzione precipua che l'intervento è destinato ad assolvere. Infatti, a differenza che, per le associazioni, in riferimento alle quali l'intervento dei pubblici poteri è finalizzato ad evitare che l'attività degli organi dell'associazione arrechi pregiudizio ad interessi legislativamente configurati come esterni rispetto all'associazione, per quanto concerne le fondazioni, il controllo pubblico si connota come preordinato soprattutto alla protezione dell'interesse dell'ente (Tar Calabria n. 416/2011). Controversa è la giurisdizione sulle controversie che originino da atti posti in essere nell'esercizio dell'art. 25 È ricorrente l'opinione che rimarca una giurisdizione dell'autorità giurisdizionale ordinaria ove si tratti di sindacare la mera lesione di diritti soggettivi senza alcun sindacato in merito ai poteri amministrativi esercitati dalla p.a.; al contrario, ove il giudizio involga direttamente i provvedimento discrezionali della pubblica amministrazione si predica una competenza giurisdizionale del giudice amministrativo. La giurisdizione ordinaria è predicata affermando che l'art. 25 sarebbe una espressione di attività di “amministrazione pubblica del diritto privato” volta alla tutela di interessi riconducibili unicamente alla sfera del diritto privato, ancorché esplicantesi nella forma dell'atto amministrativo; per tali ragioni, riconducibile alla sfera di giurisdizione del Giudice Ordinario, non potendosi ritenere che l'intervento dell'autorità amministrativa possa determinare il trasferimento o l'ampliamento della giurisdizione del Giudice Amministrativo, in ordine alla tutela di quelle medesime posizioni che vanno sottoposte (Tar Calabria n. 416/2011). Natura del controlloIl controllo dell'autorità investe la legittimità delle deliberazioni degli amministratori (conf. Cass. S.U. , n. 2622/1964) senza spingersi fino a considerare l'opportunità o la convenienza degli atti in relazione allo scopo, e consente la nomina del commissario straordinario, se emerge una divergenza dell'azione degli amministratori rispetto alle norme dello statuto, allo scopo della fondazione, alle stesse previsioni della legge. Il travalicamento del limite segnato dallo scopo determina l'illegittimità dell'intervento pubblico. Ad es., in tempi recenti, in un caso affrontato dal giudice amministrativo (Cons. St. n. 4288/2018), il Collegio giudicante ha annullato l'intervento operato da una Giunta regionale in quanto, anche se pur formalmente ancorato sulla violazione delle disposizioni statutarie sulla composizione degli organi fondazionali, si appalesava in realtà funzionalmente ispirato a un controllo non di legittimità rispetto alle finalità istituzionali ma di contingente convenienza su singoli atti di gestione del personale dipendente, riguardo a una vicenda di licenziamento per giustificato motivo oggettivo. La finalità è pertanto apparsa sviata al G.A. e comunque del tutto eccedente rispetto alle descritte ragioni del circoscritto potere dell'art. 25, e indebitamente compressiva delle autonome determinazioni assunte dall'ente, priva di autentico rapporto funzionale con la salvaguardia degli scopi istituzionali e programmatici dell'ente controllato. BibliografiaBarba A., Pagliantini S. (a cura di), Commentario del codice civile, Torino, 2014; Casetta, Manuale di diritto amministrativo, Milano, 2014; Cendon (a cura di), Commentario al codice civile. Artt. 1 - 142, Milano, 2009; Cerrina Feroni G., Fondazione e banche. Modelli ed esperienze in Europa e negli Stati Uniti, Torino, 2011; Cian, Trabucchi (a cura di), Commentario breve al codice civile, Padova, 2011; Galgano, Trattato di Diritto Civile, Padova, 2014; Iorio, Le trasformazioni eterogenee e le fondazioni, Milano, 2010; Lipari, Diritto Civile, Milano, 2009; Perlingieri P., Manuale di Diritto Civile, Napoli, 2005; Petrelli G., Formulario notarile commentato, Milano, 2011; Sarale, Trasformazione e continuità dell'impresa, Milano, 1996, 88; Sesta M., Codice delle successioni e donazioni, I, Milano, 2011; Sesta (a cura di), Codice della famiglia, Milano, 2015;. Zoppini, Le fondazioni, Napoli, 1995. |