Codice Civile art. 28 - Trasformazione delle fondazioni.

Giuseppe Buffone
aggiornato da Annachiara Massafra

Trasformazione delle fondazioni.

[I]. Quando lo scopo è esaurito o divenuto impossibile o di scarsa utilità, o il patrimonio è divenuto insufficiente, l'autorità governativa, anziché dichiarare estinta la fondazione, può provvedere alla sua trasformazione allontanandosi il meno possibile dalla volontà del fondatore.

[II]. La trasformazione non è ammessa quando i fatti che vi darebbero luogo sono considerati nell'atto di fondazione [16 2] come causa di estinzione della persona giuridica e di devoluzione dei beni a terze persone.

[III]. Le disposizioni del primo comma di questo articolo e dell'articolo 26 non si applicano alle fondazioni destinate a vantaggio soltanto di una o più famiglie determinate.

Inquadramento

L'art. 28 rientra, latu sensu, nelle disposizioni che mirano a conservare il negozio giuridico, istituendo una ipotesi di trasformazione a fronte di una fondazione che, altrimenti, dovrebbe essere attraversata da un fenomeno estintivo. In particolare, quando lo scopo è esaurito o divenuto impossibile o di scarsa utilità, o il patrimonio è divenuto insufficiente, l'autorità governativa, anziché dichiarare estinta la fondazione, può provvedere alla sua trasformazione, allontanandosi il meno possibile dalla volontà del fondatore. Le funzioni amministrative già attribuite all'autorità governativa dalla norma menzionata, sono esercitate dalle prefetture ovvero dalle regioni o dalle province autonome competenti (art. 5, d.P.R. n. 361/2000). La trasformazione non può applicarsi alle fondazioni di famiglia (art. 28, comma 3). La trasformazione, inoltre, non è consentita quando i fatti che vi darebbero luogo sono considerati nell'atto di fondazione come causa di estinzione della persona giuridica e di devoluzione dei beni a terze persone (art. 28 comma 2).

La vicenda trasformativa non interrompe la vita fisiologica della fondazione registrandosi continuità della persona giuridica con conseguente conservazione di tutti i rapporti giuridici preesistenti (Galgano, in Comm. S. B., 1988, 410). La trasformazione dell'ente va tenuta distinta dalla trasformazione della società (v. artt. 2498 ss): in quest'ultimo caso si verifica un mutamento del tipo; nel primo caso, si verifica un cambiamento dello scopo (Sarale, 88). È comune, infatti, in Dottrina l'opinione (condivisibile) nel senso che la trasformazione importi l'assunzione di uno scopo nuovo che deve tuttavia essere analogo a quello originario (Bianca C. M., 2014, 139). La riforma del diritto societario ha pure introdotto una previsione inedita ossia la “trasformazione eterogenea” (v. Iorio, 2010) che consente lo switch tra il tipo societario e la fondazione (art. 2500-septies e viceversa art. 2500-octies).

Trasformazione

La trasformazione risponde all'esigenza di consentire la prosecuzione dell'attività per mezzo di una struttura organizzativa diversa da quella originariamente prescelta, salvaguardando il rapporto originario ed evitando la liquidazione del patrimonio (Cian, Trabucchi, 122). Essa può realizzarsi in modo assai differente: ad esempio tra enti (es. da ente associativo in fondazione) oppure tra ente e società (es. da società di capitali in associazioni non riconosciute o fondazioni), oppure ancora tra comitato e fondazione. Con l'introduzione delle nuove trasformazioni eterogenee, regolate nella disciplina societaria, il termine “trasformazione” si arricchisce di nuovi e importanti significati: l'idea di fondo che anima la disciplina sulle trasformazioni è quella di consentire la continuità del patrimonio e dell'impresa attraverso le forme organizzative ritenute più idonee rispetto ad una determinata contingenza economica e sociale (Iorio, 15). Sulla scorta del vigente diritto positivo è dunque possibile distinguere le vicende trasformative sotto diverse lenti valutative. In ogni caso, al cospetto di una trasformazione dell'ente, resta ferma la responsabilità per i reati commessi anteriormente alla data in cui la trasformazione ha avuto effetto (art. 28, d.lgs. n. 231/2001).

Trasformazioni omogenee e trasformazioni eterogenee

La dottrina, guardando al nuovo regime societario (v. art. 2500-septies) tende a distinguere oggi le trasformazioni delle società in omogenee ed eterogenee. Le trasformazioni sono omogenee quando viene modificato il tipo societario permanendo però lo stesso scopo sociale lucrativo; è chiaro che questa tipologia di vicenda modificativa non riguarda gli enti ed è estranea all'art. 28 poiché, come detto, in questo caso non è il “tipo” a essere modificato ma il mero scopo (che comunque non è lucrativo). Nelle trasformazioni eterogenee, invece, c'è un passaggio in cui solo l'origine o la destinazione finale è un tipo societario e, quindi, il mutamento attraversa anche un ente: ad esempio, la trasformazione di una società in fondazione. Sotto quest'aspetto, le nuove norme societarie amplificano la portata dell'art. 28 e sembrano ammettere, come sostiene la Dottrina, che anche le fondazioni e le associazioni possano svolgere attività d'impresa.

Ad ogni modo, la giurisprudenza ha chiarito che la trasformazione di una società in un altro dei tipi previsti dalla legge non si traduce nell'estinzione del soggetto e nella correlativa creazione di uno diverso, ma configura una vicenda meramente evolutivo-modificativa dello stesso soggetto (Cass. S.U., n. 23019/2007): anche in questo caso, dunque, la vicenda modificativa realizza una ipotesi di continuità della soggettività giuridica preesistente poiché si assiste ad una mera mutazione formale di un'organizzazione, che sopravvive alla vicenda della trasformazione senza che si registri la nascita di un nuovo ente. Ad ogni modo, le nuove norme sin qui richiamate, rafforzano l'idea che si sia ormai affermato «un contesto normativo che registra, tra i molteplici tipi sociali, confini sempre più fluidi e ricorrenti occasioni di osmosi» (Corte cost. n. 262/2015).

Trasformazione e fondazioni di famiglia

Le fondazioni di famiglia sono espressamente sottratte alla trasformazione con una scelta normativa che denota lo sfavore del Legislatore per questo tipo di ente.

Come ha messo in evidenza la dottrina, questa impostazione legislativa dipende dalla natura stesse delle fondazioni familiari: essendo il codice dominato dalla figura della fondazione di erogazione, la posizione della fondazione di famiglia risulta del tutto marginale, anche dal punto di vista applicativo essendo le ultime fattispecie assai risalenti (Sesta, 2015, 6).

Bibliografia

Barba A., Pagliantini S. (a cura di), Commentario del codice civile, Torino, 2014; Casetta, Manuale di diritto amministrativo, Milano, 2014; Cendon (a cura di), Commentario al codice civile. Artt. 1 - 142, Milano, 2009; Cerrina Feroni G., Fondazione e banche. Modelli ed esperienze in Europa e negli Stati Uniti, Torino, 2011; Cian, Trabucchi (a cura di), Commentario breve al codice civile, Padova, 2011; Galgano, Trattato di Diritto Civile, Padova, 2014; Iorio, Le trasformazioni eterogenee e le fondazioni, Milano, 2010; Lipari, Diritto Civile, Milano, 2009; Perlingieri P., Manuale di Diritto Civile, Napoli, 2005; Petrelli G., Formulario notarile commentato, Milano, 2011; Sarale, Trasformazione e continuità dell'impresa, Milano, 1996, 88; Sesta M., Codice delle successioni e donazioni, I, Milano, 2011; Sesta (a cura di), Codice della famiglia, Milano, 2015;. Zoppini, Le fondazioni, Napoli, 1995.

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