Codice Civile art. 38 - Obbligazioni.

Giuseppe Buffone
aggiornato da Annachiara Massafra

Obbligazioni.

[I]. Per le obbligazioni assunte dalle persone che rappresentano l'associazione i terzi possono far valere i loro diritti sul fondo comune [37]. Delle obbligazioni stesse rispondono anche personalmente e solidalmente le persone che hanno agito in nome e per conto dell'associazione [41, 2268, 2317, 2509-bis].

Inquadramento

L'autonomia patrimoniale dell'associazione è piena e perfetta se l'ente è munito di riconoscimento: in difetto, si tratta di autonomia patrimoniale cd. imperfetta. L'autonomia patrimoniale “perfetta” comporta la separazione dei patrimoni (dell'ente e degli associati), di modo che il patrimonio del singolo partecipante è insensibile ai debiti dell'ente e il patrimonio dell'ente è parimenti insensibile ai debiti personali del singolo partecipante. Nell'autonomia patrimoniale imperfetta, pur esistendo un fondo comune (su cui, in primo luogo, i creditori fanno valere i loro diritti), sono anche responsabili solidalmente e personalmente con i propri beni, coloro che hanno agito in nome e per conto dell'associazione medesima.

L'art. 38 enuclea questo regime giuridico, scandito da due distinte regole normative: 1) gli associati rispondono delle obbligazioni assunte dall'associazione nei limiti del fondo comune; 2) gli associati rispondono oltre i limiti del fondo e personalmente se hanno agito in nome e per cono dell'associazione (Galgano, in Comm. S. B., 1988, 215).

Questa disciplina, derogatoria rispetto a quella predicata per le associazioni riconosciute, risponde all'esigenza di tutela dei terzi — creditori, nell'appurata mancanza di un regime di pubblicità legale quale quello derivante dal riconoscimento. “Terzo” suscettibile di accedere a questa tutela è anche lo Stato: infatti, l'art. 38 di applica anche con riguardo ai debiti tributari (Cass. n. 19486/2009; Cass. n. 12473/2015).

Obbligazioni dell'associazione

In base all'art. 38, l'obbligazione dell'associazione non riconosciuta sorge in forza di dichiarazione negoziale resa da chi, agendo in nome e per conto della stessa, sia effettivamente abilitato a spendere il nome dell'associazione (o secondo lo schema dell'immedesimazione organica ex art. 36, o secondo quello tipico della rappresentanza, questione che resta indifferente ai fini qui in esame). La genesi del rapporto obbligatorio non è però collegata alla mera titolarità della rappresentanza dell'associazione, bensì all'attività negoziale concretamente svolta per conto di essa e risoltasi nella creazione di rapporti obbligatori fra questa ed i terzi (Cass. n. 18188/2014). In tal senso, secondo il costante indirizzo della Suprema Corte, alla luce della natura della responsabilità exart. 38, che è personale e solidale, chi invoca in giudizio tale responsabilità è gravato dall'onere di provare la concreta attività svolta in nome e nell'interesse dell'associazione, non essendo sufficiente la prova in ordine alla carica rivestita all'interno dell'ente (ex multis, Cass. n. 8752/2017). La responsabilità in discorso, pertanto, non grava su tutti coloro che, essendo successivamente a capo dell'associazione, ne assumono la rappresentanza, ma riguarda esclusivamente le persone che hanno agito in nome e per conto dell'associazione, a tutela dei terzi che con esse siano venuti in rapporto negoziale, facendo affidamento sulla loro solvibilità e sul loro patrimonio personale; sicché il semplice avvicendamento nelle cariche sociali del sodalizio non comporta alcun fenomeno di successione nel debito in capo al soggetto subentrante (Cass. n. 4266/1992). Corrispondentemente la detta responsabilità permane in capo a chi ha agito anche dopo la perdita del potere di rappresentanza, onde il presidente di un'associazione non riconosciuta è passivamente legittimato all'azione del creditore anche dopo la cessazione dalla carica, con riguardo alle obbligazioni che risalgano al periodo in cui ha esercitato le funzioni di presidente (Cass. n. 455/2005). In questa prospettiva, si rende, allora, imprescindibile l'effettiva sussistenza del potere rappresentativo, posto che, non potendo l'art. 19 (che detta forme di pubblicità legale specificamente per le persone giuridiche) trovare applicazione analogica alle associazioni non riconosciute, il negozio concluso in difetto (parziale o assoluto) del potere rappresentativo è comunque inopponibile alla stessa associazione, indipendentemente dalla conoscenza dell'anzidetta carenza da parte del terzo contraente (Cass. n. 1451/2015). In quest'ottica rileva la recente Cass. n. 32762/2023 la quale ha affermato che in caso di rinnovazione tacita di un contratto di locazione di immobile adibito ad uso non abitativo (conseguente al mancato esercizio, da parte dell'associazione non riconosciuta conduttrice, del potere di disdetta immotivata alla prima scadenza) delle obbligazioni relative al periodo successivo alla rinnovazione non può essere chiamato a rispondere, ai sensi dell'art. 38 c.c., il soggetto che tale contratto stipulò in nome e per conto dell'associazione medesima, ma che non rivesta più alcun ruolo gestionale nella stessa, avendo egli perso qualsivoglia potere di controllo del successivo corso dei rapporti dell'associazione con i terzi e potendo, conseguentemente, predicarsi la relativa responsabilità unicamente nei confronti di coloro che, in quel momento, rappresentino l'ente o comunque agiscano per esso e siano, quindi, nella condizione di poter consentire ovvero evitare il tacito rinnovo.

Resta inteso che l'art. 38 comunque non deroga all'art. 1398, quanto alla sorte dell'attività negoziale realizzata dal falsus procurator. Resta anche inteso che ove l'associazione non riconosciuta, abbia colpevolmente ingenerato nel terzo di buona fede la ragionevole convinzione in ordine all'esistenza di poteri di rappresentanza non corrispondenti a quelli risultanti statutariamente, risponde con il proprio fondo comune, ai sensi dell'art. 38, delle obbligazioni assunte dall'apparente rappresentante.

Giova ricordare che la responsabilità exart. 38 non concerne, neppure in parte, un debito proprio dell'associato, ma ha carattere accessorio, anche se non sussidiario, rispetto alla responsabilità primaria dell'associazione stessa; ne consegue che l'obbligazione, avente natura solidale, di colui che ha agito per l'ente è inquadrabile fra quelle di garanzia "ex lege", assimilabili alla fideiussione, ed è disposta a tutela dei terzi, che possono ignorare la consistenza economica del fondo comune e fare affidamento sulla solvibilità di chi ha negoziato con loro (ex multis, Cass. n. 12508/2015).

Responsabilità dell'associato per i debiti dell'ente

Nell'associazione non riconosciuta la responsabilità personale grava esclusivamente sui soggetti che hanno agito in nome e per conto dell'associazione, attesa l'esigenza di tutela dei terzi che, nell'instaurazione del rapporto negoziale, abbiano fatto affidamento sulla solvibilità e sul patrimonio dei detti soggetti.

Per la giurisprudenza tetragona della S.C. l'obbligazione, avente natura solidale, di colui che ha agito per essa è inquadrabile, come già osservato, tra le garanzie ex lege assimilabile alla fideiussione, con conseguente applicazione dei principi contenuti negli artt. 1944 e 1951 (Cass. n. 29733/2011): per l'effetto, la responsabilità dell'associato (fideiussore) viene meno se il creditore non ha proposto la sua azione entro sei mesi dalla scadenza dell'obbligazione principale, ex art. 1957 (Cian, Trabucchi, 131). In diverse occasioni, la Cassazione ha precisato che questo principio non viola l'art. 3 Cost., in quanto nel disciplinare il fenomeno della rappresentanza degli enti senza personalità richiama uno schema che ordina più compiutamente un altro fenomeno giuridico, con una sorta di avvalimento di una garanzia personale che non menoma alcun diritto; nemmeno viola l'art. 24 Cost., in quanto la previsione di un termine di sei mesi per agire non misconosce la tutela ed in particolare il diritto di azione (Cass. n. 12508/2015).

La giurisprudenza ha, però, riconosciuto anche dei correttivi a questa rigida disciplina. In primis, ad esempio, ha affermato che l'efficacia esecutiva del titolo formatosi contro la sola associazione non riconosciuta in un giudizio di cognizione nel quale il creditore non abbia convenuto, in proprio, anche l'eventuale soggetto responsabile in via solidale con questa ai sensi dell'art. 38, al fine di ottenere l'accertamento della sua responsabilità solidale e la sua condanna, unitamente a quella dell'ente stesso, non si estende automaticamente al predetto soggetto (Cass. n. 12714/2019). Ciò vuol dire che il creditore dell'associazione non riconosciuta, se intende valersi della disposizione di cui all'art. 38, può convenire, nel giudizio di cognizione diretto a ottenere il titolo esecutivo, insieme all'associazione, il soggetto che pretende obbligato in solido con la stessa, in proprio, chiedendo accertarsi la sua responsabilità solidale, onde ottenere la condanna sia dell'associazione che del soggetto solidalmente responsabile per la relativa obbligazione, ai sensi dell'art. 38 (allegando e provando in giudizio, naturalmente, che sussistono i presupposti per siffatta responsabilità).

Debiti tributari

Per i debiti d'imposta, i quali non sorgono su base negoziale ma "ex lege", è chiamato a rispondere solidalmente, tanto per le sanzioni pecuniarie quanto per il tributo non corrisposto, il soggetto che, in forza del ruolo rivestito, abbia svolto compiti di amministrazione nel periodo considerato, dovendosi presumere che, quale rappresentante, abbia concorso nelle decisioni volte alla creazione di rapporti obbligatori di natura tributaria per conto dell'associazione (v. ex multis, Cass. n. 1602/2019 ; Cass. n. 4747/2020); ); per i debiti d'imposta, pertanto, ben può essere chiamato a rispondere solidalmente, tanto per le sanzioni pecuniarie quanto per il tributo non corrisposto, il soggetto che, in forza del ruolo rivestito, abbia diretto la gestione complessiva dell'associazione nel periodo di relativa investitura (Cass. 25650/2018; da ultimo Cass. n. 36470/2022).

Leggi speciali

L'art. 6-bis l. n. 157/1999 — introdotto dall'art. 34-quaterdecies, comma 2, lett. d, d.l. n. 273/2005, conv., con modif., nella l. n. 51/2006 — ha istituito l'esonero degli amministratori dei partiti e movimenti politici dalla responsabilità per le obbligazioni contratte in nome e per conto di tali organizzazioni (salvo il caso in cui essi abbiano agito con dolo o colpa grave), con una disposizione ritenuta estranea al concetto di aiuti di Stato (Cass. n. 7521/2014) ed esente da profili di incostituzionalità (Cass. n. 14612/2009); va ricordato, però, come la giurisprudenza consolidata ne abbia offerto una lettura restrittiva ritenendo che l'esonero trovi applicazione soltanto se si tratti dei soggetti ai quali la gestione del partito fa capo stabilmente e per incarico istituzionale (Cass. n. 982/2010): ne consegue che l'esonero da responsabilità di cui si sta discutendo è destinato ad operare solo con riguardo alle obbligazioni in concreto assunte, in nome e per conto del partito, da un soggetto che operi in veste tale da poter essere considerato amministratore del partito medesimo in base allo statuto dell'ente, nell'accezione sopra richiamata. Non altrettanto può dirsi per le obbligazioni assunte da chi, essendo invece privo di detta veste statutaria e non potendo perciò qualificarsi come «amministratore», continuerà a risponderne a norma dell'art. 38

Fatti illeciti

L'obbligazione “assunta” dall'ente per effetto della condotta dell'associato può anche trarre linfa da un fatto illecito.

La giurisprudenza ha, in particolare, chiarito che l'associazione non riconosciuta è responsabile del fatto illecito commesso da persona del cui operato debba rispondere, ai sensi dell'art. 38, senza che al terzo danneggiato possano essere opposti eventuali accordi statutari che limitino tale responsabilità (Cass. n. 15394/2011).

Gruppi parlamentari

Le Sezioni Unite hanno affermato che la controversia promossa dai dipendenti dei gruppi parlamentari del Senato della Repubblica per contestare una deliberazione del Consiglio di Presidenza rientra non nella giurisdizione del Senato in sede di autodichia o del giudice amministrativo, bensì in quella del giudice ordinario, quale giudice comune dei diritti che nascono dal rapporto di lavoro, giacché nei confronti dei loro dipendenti i gruppi parlamentari si configurano non come organi dell'istituzione parlamentare, ma come associazioni non riconosciute, e quindi, come soggetti privati (Cass. S.U., n. 27396/2014).

Applicazioni più recenti

Secondo Cass. n. 3402/2016, in tema di recupero dei contributi europei indebitamente percepiti, alla disciplina della responsabilità solidale di cui dell'art. 3 l. n. 898/1986, in base alla quale l'associazione o l'unione dei produttori è tenuta, con i suoi associati, al versamento dell'indebito percetto, si aggiunge anche la responsabilità di coloro che hanno agito in nome e per conto dell'ente, ove si tratti di un'associazione non riconosciuta, in quanto la detta solidarietà è stabilita, secondo le regole generali, dall'art. 38, a garanzia dell'effettività della rimozione delle conseguenze dell'illecito accertato in danno degli interessi della UE. 

Bibliografia

Auricchio, voce Comitati, in Enc. dir., Milano, 1960, 755; Cendon (a cura di), Commentario al codice civile. Artt. 1 - 142, Milano, 2009; Cian, Trabucchi (a cura di), Commentario breve al codice civile, Padova, 2011; De Stefanis, Quercia, Enti non profit, Sant'Arcangelo di Romagna, 2014; Di Giovanni F., Le promesse unilaterali, Milano, 2010; Galgano, Trattato di diritto civile, Milano, 2010; Lipari, Diritto Civile, I, Milano, 2009; Messineo, Manuale di diritto civile e commerciale, Milano, 1957, 239; Perlingieri P., Manuale di Diritto Civile, Napoli, 2005; Ponzanelli, La nuova disciplina sul riconoscimento della personalità giuridica degli enti del libro primo del codice civile, in Foro it. 2001, V, 46 ss.; Torrente, Manuale di diritto privato, Milano, 1985; Zoppini, Riformato il sistema di riconoscimento delle persone giuridiche, in Corr. giur. 2001, 291 ss.

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