Codice Civile art. 44 - Trasferimento della residenza e del domicilio.

Giuseppe Buffone
aggiornato da Annachiara Massafra

Trasferimento della residenza e del domicilio.

[I]. Il trasferimento della residenza non può essere opposto ai terzi di buona fede, se non è stato denunciato nei modi prescritti dalla legge [31 att.] (1).

[II]. Quando una persona ha nel medesimo luogo il domicilio e la residenza e trasferisce questa altrove, di fronte ai terzi di buona fede si considera trasferito pure il domicilio, se non si è fatta una diversa dichiarazione nell'atto in cui è stato denunciato il trasferimento della residenza.

(1) V. d.P.R. 30 maggio 1989, n. 223; l. 27 ottobre 1988, n. 470 .

Inquadramento

La residenza, in senso codicistico, corrisponde a un dato fattuale cioè la dimora abituale. Ne consegue che essa può essere trasferita semplicemente spostando il luogo di abitazione principale. Segnatamente, la residenza è individuata mediante il riferimento a un Comune: il comune di residenza della persona è presuntivamente determinabile sulla scorta delle risultanze anagrafiche, nel senso che la persona che adduca una diversa situazione abitativa rispetto a quella risultante dal certificato anagrafico deve necessariamente offrire adeguato supporto probatorio.

L'art. 44, proprio ai fini della prova, regola il mutamento della dimora abituale, in particolare affinché il trasferimento sia opponibile ai terzi (Cian, Trabucchi, 138). La disciplina codicistica, pertanto, risponde all'esigenza di tutelare i terzi.

Il trasferimento della residenza

Per essere opponibile ai terzi, il trasferimento della residenza deve essere stato denunciato “nei modi prescritti dalla legge”. I “modi” a cui si riferisce l'art. 44 sono quelli di cui all'art. 31 disp. att.: «il trasferimento della residenza si prova con la doppia dichiarazione fatta al comune che si abbandona e a quello dove s'intende fissare dimora abituale. Nella dichiarazione fatta al comune che si abbandona deve risultare il luogo in cui è fissata la nuova residenza».

In base alle norme regolamentari sull'anagrafe della popolazione (art. 16 d.P.R. n. 136/1958 e, successivamente, art. 18 d.P.R. n. 223/1989), la cancellazione dall'anagrafe del comune di precedente iscrizione e l'iscrizione nell'anagrafe del comune di nuova residenza devono avere sempre la stessa decorrenza, che è quella della data della dichiarazione di trasferimento resa dall'interessato nel comune di nuova residenza, sicché la suddetta certificazione anagrafica non fornisce la prova dell'avvenuta tempestiva dichiarazione al comune abbandonato (Cass. n. 17752/2009). La giurisprudenza ha chiarito, in virtù delle norme sopravvenute al codice civile, che, in base al combinato disposto degli artt. 31 disp. att. e art. 44, ai fini dell'opponibilità ai terzi di buona fede del trasferimento di residenza di una persona fisica è necessaria la denuncia di quest'ultima sia al comune di provenienza che a quello di arrivo (da ultimo in argomento Cass. n. 29865/2024), ma non è prescritto che tale doppia dichiarazione debba essere effettuata con distinti atti, poiché, al contrario, gli artt. 13, comma 2, e 18, comma 1, d.P.R. n. 223/1989 — con i quali le predette norme codicistiche devono essere coordinate — stabiliscono che siffatte dichiarazioni, da redigersi utilizzando un «modello conforme all'apposito esemplare predisposto dall'Istituto centrale di statistica», devono essere trasmesse, entro venti giorni, dall'ufficiale di anagrafe che le ha ricevute «al comune di precedente iscrizione anagrafica per la corrispondente cancellazione», restando così previsto che la doppia dichiarazione di trasferimento di residenza sia effettuata mediante un unico documento destinato sia al comune che si abbandona che a quello di nuova residenza, il quale è specificamente incaricato di trasmettere il documento stesso anche al comune della precedente residenza. Il legislatore ha semplificato la procedura sottesa ai cambiamenti anagrafici, introducendo il regime del «cambio di residenza in tempo reale» (v. art. 5 d.l. n. 5/2012 conv. in l. 35/2012).

Il trasferimento in caso di coincidenza tra residenza e domicilio

Il domicilio non è sottoposto a un particolare regime di pubblicità legale come la residenza: ne consegue che esso si presume trasferito con la residenza ove questi coincidano. È questa regola che esprime il comma 2 dell'art. 44: “quando una persona ha nel medesimo luogo il domicilio e la residenza e trasferisce questa altrove, di fronte ai terzi di buona fede si considera trasferito pure il domicilio”; la regola è superata solo da una condotta positiva della persona fisica la quale, per vincere la presunzione, deve fare “un diversa dichiarazione nell'atto in cui è stato denunciato il trasferimento della residenza”. Se, invece, residenza e domicilio non coincidono, il trasferimento della prima non si presume abbia comportato anche il trasferimento del secondo. In ogni caso, non valgono regole inverse: se, cioè, si trasferisce il domicilio, non può presumersi che si sia trasferita anche la residenza.

Trasferimento all'estero

La normativa che disciplina il trasferimento della residenza (artt 44 e 31 disp. att.) ha valore strettamente obbligatorio e, come tale, produttivo di eventuali presunzioni collegate col compimento o l'omissione degli adempimenti da essa prescritti solo nel caso in cui il trasferimento si verifichi tra due comuni dello stesso stato italiano, non già quando si tratti di trasferimento all'estero, non potendo la legge italiana imporre agli uffici comunali esteri i correlativi adempimenti, né dare ai certificati stranieri la stessa efficacia di quelli dell'autorità italiana (v. Cass. n. 5259/1977; Cass. n. 6344/1988).

Per il trasferimento all'estero è quindi sufficiente l'indicazione dell'anagrafe del comune che si abbandona del luogo (e non anche dell'indirizzo) in cui s'intende spostare la propria abituale dimora (Cian, Trabucchi, 138).

Occupazione abusiva di immobile

Il d.l. n. 47/2014, conv., dalla l. n. 80/2014 (e recante “misure urgenti per l'emergenza abitativa, per il mercato delle costruzioni e per Expo 2015”), all'art. 5 prevede che chiunque occupa abusivamente un immobile senza titolo, non può chiedere la residenza né l'allacciamento a pubblici servizi in relazione all'immobile medesimo e gli atti emessi in violazione di tale divieto sono nulli a tutti gli effetti di legge.

Tuttavia, il sindaco, in presenza di persone minorenni o meritevoli di tutela, può dare disposizioni in deroga a questa disciplina, a tutela delle condizioni igienico-sanitarie (art. 5 comma 1-quater, aggiunto dall'art. 11, comma 3-bis, d.l. n. 14/2017, conv., con modif., in l. n. 48/2017). In ogni caso, le disposizione del cennato art. 5 non si applicano alle ipotesi di successione di un fornitore del servizio ad un altro (art. 5, comma 1-quinquies, aggiunto dall'art. 1, comma 70, l. n. 124/2017.

Bibliografia

Cian, Trabucchi (a cura di), Commentario breve al codice civile, Padova, 2011; Perlingieri, Manuale di Diritto Civile, Napoli, 2005; Sesta (a cura di), Codice della famiglia, Milano, 2015.

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