Codice Civile art. 54 - Limiti alla disponibilità dei beni.

Giuseppe Buffone
aggiornato da Annachiara Massafra

Limiti alla disponibilità dei beni.

[I]. Coloro che hanno ottenuto l'immissione nel possesso temporaneo dei beni non possono alienarli, ipotecarli o sottoporli a pegno, se non per necessità o utilità evidente riconosciuta dal tribunale.

[II]. Il tribunale nell'autorizzare questi atti dispone circa l'uso e l'impiego delle somme ricavate.

Inquadramento

L'immissione nel possesso dei beni pone l'immesso in una situazione quasi corrispondente al diritto di proprietà, quanto meno sotto l'aspetto del godimento che si traduce anche in un potere di amministrazione del patrimonio affidato. Il godimento, però, non è accompagnato da un potere dispositivo altrettanto pieno posto che, nell'interesse dell'assente, sono poste delle limitazioni contenute nell'art. 54. La funzione di questa norma è, dunque, quella di circoscrivere le facoltà di disposizione riconosciute all'immesso con una elencazione di limiti esemplificativa (e non tassativa).

Limiti al potere dispositivo

L'immesso è in facoltà di porre in essere tutti gli atti di ordinaria amministrazione. Gli atti di straordinaria amministrazione possono essere svolti, invece, solo sotto autorizzazione del Tribunale che deve riconoscerne l'utilità evidente o la necessità.

Quando si tratta di gestire il patrimonio altrui, con specifico riguardo ad adulti protetti (come è l'assente), il legislatore sovente distingue tra atto di ordinaria amministrazione e atto di straordinaria amministrazione, proprio al fine di delimitare la facoltà d'azione (libera) del rappresentante (v. ad es., in materia di tutela dell'interdetto, di tutela del minore e di amministrazione di sostegno). Queste categorie concettuali, nella materia degli adulti vulnerabili, esprimono nozioni autonome il cui contenuto non può essere ricavato attingendo tout court al bacino di altri istituti, come la proprietà, la rappresentanza, etc. (Buffone, Volontaria giurisdizione. Tutela dei soggetti deboli, Milano, 2012, 81). Per quanto sin qui osservato, in materia di assenza, ai fini dell'art. 54, per identificare la natura di un atto negoziale (se sia o meno di ordinaria amministrazione) può farsi riferimento alla giurisprudenza formatasi nella materia della protezione degli adulti vulnerabili.

Secondo il preferibile indirizzo pretorile, al di fuori dei casi specificatamente individuati ed inquadrati nella categoria degli atti di straordinaria amministrazione dal legislatore, vanno considerati di ordinaria amministrazione gli atti che presentino tutte e tre le seguenti caratteristiche: 1. siano oggettivamente utili alla conservazione del valore e dei caratteri oggettivi essenziali al patrimonio in questione; 2. abbiano un valore economico non particolarmente elevato in senso assoluto e soprattutto in relazione al valore totale del patrimonio medesimo; 3. comportino un margine di rischio modesto in relazione alle caratteristiche del patrimonio predetto (cfr. Cass. n. 7546/2003). Vanno invece considerati di straordinaria amministrazione gli atti che non presentino tutte e tre le caratteristiche. Sono certamente atti di straordinaria amministrazione, quelli indicati dall'art. 54 ossia l'alienazione, la costituzione di ipoteca, la concessione del pegno.

Rispetto ai diritti per cui gli immessi hanno libera capacità dispositiva, è consentito anche il potere di transigere (Cian, Trabucchi, 150).

Procedimento

L'art. 54 rimette al Tribunale la competenza ad autorizzare gli atti di straordinaria amministrazione: la competenza per territorio spetta all'ufficio giudiziario che ha dichiarato l'assenza (ossia quello dell'ultimo domicilio o dell'ultima residenza dell'assente). L'istanza instaura un procedimento di pura volontaria giurisdizione, per cui non è necessario il patrocinio di un Avvocato. Il Tribunale si pronuncia in composizione collegiale e in camera di consiglio, applicando le norme di cui all'art. 737 c.p.c.

Se sussiste pluralità di immessi, l'istanza deve essere presentata da tutti e, in difetto di comune consenso, è considerato dalla dottrina applicabile l'art. 1105 (Jannuzzi — Lorefice, 2004, 153).

Atti compiuti senza autorizzazione

L'art. 54 sottopone ad autorizzazione l'atto di straordinaria amministrazione compiuto dall'immesso. L'autorizzazione è concessa dal tribunale valutando la necessità dell'atto o la sua evidente utilità. La disciplina in materia di assenza non regola la sorte degli atti viziati da difetto di autorizzazione: potendosi collocare l'adulto assente nel novero degli adulti protetti, può farsi riferimento ai principi scanditi dal Legislatore nelle discipline affini. In materia di amministrazione di sostegno, gli atti posti in essere dal rappresentante senza la dovuta autorizzazione sono annullabili su ricorso del Pubblico Ministero, del beneficiario e dei suoi eredi e aventi causa (art. 412). In materia di interdizione, gli atti compiuti dal tutore senza le necessarie autorizzazioni possono essere annullati su istanza dell'interdetto, dei suoi eredi o aventi causa (art. 377 richiamato dall'art. 424). In materia di minore sotto tutela, opera la stessa disciplina (art. 377; ma v. anche art. 378).

Da queste norme - come ha osservato anche la Cassazione - si desume che l'atto senza autorizzazione integra una ipotesi di annullabilità (per cui, peraltro, si stima applicabile l'art. 1442 comma 2, quanto al dies a quo ai fini della prescrizione - v. Cass. n. 2725/1993 - e l'art. 1443 quanto alle conseguenze dell'annullamento, v. Cass. n. 681/1968).

In materia di assenza, valgono, per l'art. 54, le stesse regole poiché, agendo senza autorizzazione, si consuma la violazione di una “norma di protezione” dell'adulto vulnerabile per cui operano i principi già illustrati. L'atto negoziale è, perciò annullabile (Jannuzzi — Lorefice, 2004, 153; Romagnoli, in Comm. S. B., 1970, 292). Non coglie nel segno la tesi che predica la nullità (poiché scollata dai principi generali in materia di patologia del contratto) e non convince quella che discorre di inefficacia degli atti per difetto del potere rappresentativo del soggetto (Cian, Trabucchi, 150). La conseguenza dell'atto non autorizzato (l'annullabilità) non risolve la questione relativa alla natura del vizio. In materia di funzione dell'autorizzazione la dottrina tradizionale ha elaborato almeno quattro tesi principali (per la ricostruzione, v. Preite, Cagnazzo, 200) optando per: 1) autorizzazione come condicio iuris di efficacia del negozio così riconducendo il vizio al piano degli effetti e non della validità dell'atto (De Rosa, La tutela degli incapaci, Milano, 1962, 149); 2) autorizzazione come elemento integrativo della capacità di agire cosicché in suo difetto il rappresentante non avrebbe la facoltà di porre in essere l'oggetto del provvedimento (Coletti, Sulla natura dell'autorizzazione del giudice in ordine alla gestione del patrimonio degli incapaci in Giust. civ. 1952, 344); 3) autorizzazione come elemento attributivo del potere di compiere il singolo atto oggetto di autorizzazione (Braccini, Le autorizzazione giudiziali, 1964, 564); 4) autorizzazione non con funzione costitutiva (integrativa della capacità di agire) bensì permissiva nel senso di rimuovere un limite (Jannuzzi — Lorefice, 2006, 307), al corretto esercizio del potere, per taluni, al prodursi degli effetti giuridici dell'atto per altri. Guardando agli interessi tutelati, emerge che il Legislatore ha istituito un regime autorizzatorio tutte le volte in cui il titolare del diritto non può esercitarlo perché incapace, non identificabile o assente: al fine di “proteggerlo” ha richiesto, per la validità dell'atto, l'intervento dell'Autorità giudiziaria, teso a valutare la rispondenza del negozio che il rappresentante vuole compiere agli interessi del rappresentato (o sostituito).

Al lume di questa considerazione, l'atto posto in essere dal rappresentante senza l'autorizzazione prescritta dalla legge (come quella ex art. 54) è affetto da un vizio determinato dalla sua stipulazione senza le garanzie previste dalla legge nell'interesse del soggetto protetto (Cass. n. 2725/1993) e incide sulla sua validità.

Bibliografia

Callegari, Assenza in Nss. D. I., I, 2, Torino, 1957; Cian, Trabucchi (a cura di), Commentario breve al codice civile, Padova, 2011; Giorgianni, La dichiarazione di morte presunta, Milano, 1943; Jannuzzi - Lorefice, Manuale della volontaria giurisdizione, Milano, 2004; Jannuzzi - Lorefice, La volontaria giurisdizione, Milano, 2006; Montei, Detenzione, in Nss. D. I., V, Torino, 1960; Omodei - Salé, La detenzione e le detenzioni: unità e pluralismo nelle situazioni di fatto contrapposte al possesso, Padova, 2012; Perlingieri, Manuale di Diritto Civile, Napoli, 2005; Preite, Cagnazzo, Atti notarili - Volontaria giurisdizione 1 - Il procedimento. Incapaci, scomparsa, assenza e dichiarazione di morte presunta, Torino, 2012; Sesta (a cura di), Codice della famiglia, Milano, 2015; Zaccaria, Faccioli, Omodei Salè, Tescaro, Commentario all'ordinamento dello stato civile, Sant'Arcangelo di Romagna, 2013.

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